IL
PROGETTO OBIETTIVO ANZIANI: UNA SVOLTA PER I SERVIZI SANITARI E ASSISTENZIALI
Nei giorni
30 e 31 ottobre 1992 ha avuto luogo a Torino il convegno «Il progetto obiettivo
"Tutela della salute degli anziani": una svolta per i servizi
sanitari e assistenziali?» alla presenza di oltre 300 partecipanti.
Le relazioni
e gli interventi hanno confermato la sostanziale validità del progetto
obiettivo e sottolineato l'esigenza di una sua sollecita e piena attuazione,
in primo luogo per quanto concerne:
- il riconoscimento
della competenza del comparto sanitario per la cura e la riabilitazione degli
anziani cronici non autosufficienti;
- la priorità degli interventi sanitari
domiciliari e dei centri diurni (1).
In questo
numero riportiamo integralmente la relazione introduttiva di Carlo Hanau,
Docente di economia sanitaria presso l'Università di Bologna e di Francesco
Santanera, Redattore di Prospettive
assistenziali.
RELAZIONE DI C. HANAU E F. SANTANERA
Prima di entrare nel vivo del tema del convegno,
riteniamo opportuno proporre una corretta interpretazione del fenomeno relativo
all'invecchiamento della popolazione italiana, un fenomeno epocale che
coinvolge il mondo intero.
Crediamo di dover rilevare che, negli ultimi decenni,
insieme al notevole aumento della durata media della vita, vi è stato un
altrettanto rilevante miglioramento delle condizioni di salute e di
autosufficienza dei "nuovi vecchi", tanto che la situazione generale
di un settantenne dei nostri giorni è paragonabile a quella di un sessantenne
dell'inizio del secolo.
Questo significa che l'aumento della durata della
vita è andato tutto a vantaggio della vita attiva, mentre è rimasto pressoché
invariato il periodo caratterizzato da malattia grave e perdita
dell'autosufficienza, che nella norma si mantiene sulla media di un anno di
vita, quello che precede la morte.
Diventa sempre più problematico fissare una età
anagrafica che segni l'ingresso nella vecchiaia biologica: gli Autori scelgono
età sempre più elevate, chi 65, chi 70, chi 75 anni, ed alcuni sentono la
necessità di istituire una nuova categoria, quella della quarta età (gli old
old), che inizierebbe a 85 anni. Al di là dei problemi di classificazione,
resta evidente per tutti che attualmente, a differenza di un tempo, numerosi
sono i lavoratori dipendenti, gli artigiani, i commercianti, i coltivatori
diretti, i professionisti che a 75 anni continuano ad essere attivamente impegnati.
I medici ospedalieri (chirurghi compresi) possono lavorare nelle strutture
pubbliche fino ai 70 anni; la stessa età è stabilita per il pensionamento dei
magistrati.
Il progetto obiettivo "Tutela della salute degli
anziani" ha fissato a 65 anni l'inizio dell'età anziana. Sarebbe stato,
forse, più aderente alla realtà che l'inizio dell'età anziana fosse stabilito
ai 70-75 anni.
A nostro avviso, ha una certa importanza, ai fini
dell'organizzazione dei servizi, rilevare che l'età adulta, intesa come
proponiamo, può comprendere una sola oppure due oppure tutte le tre seguenti
fasi: preparazione al lavoro, attività lavorativa, pensionamento.
Per quanto riguarda gli anziani cronici non
autosufficienti, la loro percentuale aumenta con l'aumentare dell'età.
Tuttavia, negli ultimi anni, l'incremento del numero di questi casi sembra
essere inferiore a quello dell'aumento degli ultrasettantacinquenni. È molto
probabile che tale andamento permanga anche nei prossimi anni. In sostanza, non
siamo di fronte ad un incremento smisurato del numero delle persone colpite
da cronicità e da. non autosufficienza e vi sono fondate speranze che la
medicina e la prevenzione possano ottenere risultati positivi.
Circa la provenienza sociale degli anziani cronici
non autosufficienti ricoverati in strutture di assistenza e beneficenza (case
di riposo e residenze protette), si osserva che sempre più elevata è la
percentuale e il numero delle persone già appartenenti al ceto medio
(commercianti, artigiani, insegnanti, impiegati, ecc.) che diventano
"sanitariamente poveri".
Il percorso tipo è il seguente. Una persona è colpita
da malattie che per la loro gravità e per mancanza di riabilitazione diventano
inguaribili e le cui conseguenze si prolungano nel tempo, determinando un
radicale peggioramento delle condizioni di salute e limitazioni notevoli della
autonomia (impossibilità di camminare, incapacità di alimentarsi da solo,
incontinenza urinaria e/o sfinterica). Si tratta dunque di persone che, a causa
della gravità delle loro condizioni fisiche e/o psichiche, hanno bisogno di
cure sanitarie e nello stesso tempo non sono in grado di provvedere a se
stesse se non con l'aiuto totale e permanente di altri soggetti.
Nei casi più gravi, il malato cronico non autosufficiente
ha bisogno dell'intervento di altre persone per soddisfare esigenze che non è
nemmeno in grado di manifestare (fame, sete, caldo, freddo, ecc.).
A causa della situazione sopra descritta, i familiari
ricorrono ai servizi privati anche perché quasi tutti gli ospedali, in
violazione alle leggi vigenti, dimettono gli anziani cronici non autosufficienti.
Le rette delle strutture private ammontano a 4-6
milioni al mese; a volte, viene anche richiesta una sorveglianza notturna,
sorveglianza il cui costo è di circa 3 milioni al mese.
Quando i redditi non sono sufficienti a coprire le
spese, si intaccano i beni. Esauriti i fondi disponibili, viene richiesto il
ricovero in una struttura di assistenza e beneficenza gestita dall'ente
pubblico, la cui retta si riduce a 1-2 milioni al mese, sempre che non sia
necessario assicurare la sorveglianza notturna a proprie spese. Alla rovina
della salute si aggiunge così anche quella finanziaria.
Un ultimo problema preliminare. Occuparsi oggi di
anziani significa predisporre servizi per i nostri congiunti e per noi stessi
nei casi in cui si sia colpiti da malattie croniche e da non autosufficienza.
Molte sono le personalità della cultura che hanno
sofferto di cronicità e di non autosufficienza (ad esempio, gli ex Presidenti
del Consiglio Parri e Segni, gli scrittori Bacchelli e Morante).
Dunque, nessuno di noi ha la certezza di non cadere
nella stessa situazione. Se non siamo miopi, non dobbiamo essere restrittivi
verso gli altri, per non correre il rischio di dover subire noi stessi ed i
nostri familiari le conseguenze negative.
Il progetto-obiettivo "Tutela della salute degli
anziani" si propone di cambiare radicalmente questa situazione sulla base
del riconoscimento che l'anziano cronico non autosufficiente è un malato e che,
in quanto tale, la sua cura compete al comparto sanitario (e non a quello
dell'assistenza sociale).
In altre parole, l'anziano inguaribile e non autosufficiente
deve essere curato per la sua malattia e le sue sequele.
Dopo 37 anni, il progetto obiettivo ribadisce quanto
stabilito dalla legge 4 agosto 1955 n. 692, la quale sanciva che gli anziani
malati, compresi quelli colpiti da cronicità e da non autosufficienza,
dovevano essere curati senza limiti di durata, sia a domicilio, sia -
occorrendo - in ospedale o in altre strutture sanitarie.
Il diritto alle cure sanitarie, senza limiti di durata,
comprese quelle praticate in ospedale o in altre strutture sanitarie, è stato
riconfermato dalla legge 12 febbraio 1968 n. 132 la quale stabilisce:
1) che le Regioni dovevano e devono programmare i
posti letto tenendo conto delle esigenze dei pazienti acuti, cronici,
lungodegenti o convalescenti;
2) che il criterio di ammissione e dimissione dagli
ospedali deve far riferimento alla necessità del cittadino. La legge non fa
alcun cenno alla presenza o meno di uno stato di malattia acuta.
Il progetto obiettivo "Tutela della salute degli
anziani", reso esecutivo dal Parlamento in data 30 gennaio 1992, se
attuato, costituisce certamente una svolta sostanziale nel campo degli
interventi rivolti agli anziani cronici non autosufficienti in quanto:
1) la competenza ad intervenire è attribuita
completamente al settore sanitario. Di qui, fra l'altro, il problema delle
modalità e dei tempi del passaggio dal settore assistenziale a quello sanitario
degli anziani cronici non autosufficienti ricoverati nelle residenze protette e
nelle case di riposo, del relativo personale e dell'adeguamento delle
strutture. (Questo tema sarà trattato domani mattina sia per quanto concerne
gli aspetti edilizi, sia in merito alle questioni relative al personale);
2) la priorità degli interventi deve essere rivolta
ai servizi sanitari domiciliari. A questo proposito, oggi pomeriggio avrà
luogo una tavola rotonda in cui saranno dibattuti i problemi relativi
all'ospedalizzazione a domicilio, all'assistenza domiciliare integrata e alla
medicina di gruppo. A disposizione dei convegnisti c'è un documento in cui
vengono poste a confronto l'ospedalizzazione a domicilio e l'assistenza
domiciliare integrata.
Per consentire la permanenza a domicilio dell'anziano
cronico non autosufficiente non sono sufficienti i servizi di cui sopra. Su
questo tema è prevista per domani mattina una relazione sui centri sanitari
diurni per i malati di Alzheimer e per le persone colpite da altre forme di demenza;
3) resta, ovviamente, confermato dal progetto
obiettivo il pieno diritto dell'anziano malato alle necessarie cure
ospedaliere, alle prestazioni degli ospedali di giorno, alla riabilitazione. A questo
riguardo ricordiamo che le leggi vigenti prevedono l'obbligo di destinare posti
letto ospedalieri per servizi di riabilitazione e di rieducazione funzionale e
che la legge 412 del dicembre 1991 impone almeno un posto letto ogni 2.000
abitanti per la lungodegenza, dando per avviata l'istituzione delle RSA;
4) il progetto obiettivo stabilisce che le residenze
sanitarie assistenziali (RSA) «costituiscono
una forma di risposta alle situazioni di bisogno sanitario di persone
ultrasessantacinquenni non autosufficienti o a grave rischio di non autosufficienza».
Le RSA devono essere destinate esclusivamente alle
persone che non possono essere curate a domicilio.
La caratterizzazione sanitaria delle RSA è ribadita
dal progetto obiettivo con la seguente affermazione: «La denominazione di "residenza sanitaria assistenziale" è
stata preferita rispetto ad altre dizioni perché l'aggettivo
"sanitaria" sottolinea che si tratta di una struttura propria del
SSN, a valenza sanitaria, di tipo extra ospedaliero (residenza), la cui
gestione è finanziabile con il fondo sanitario nazionale e di cui le USL possono
garantire direttamente la gestione; l'aggettivo "assistenziale"
rimarca che la residenza ha anche una valenza socio-assistenziale inscindibilmente
connessa alla valenza sanitaria, il che legittima l'impiego da parte del SSN
di figure professionali di tipo sociale, in assenza di assegnazioni da parte
degli enti locali, con assunzione degli oneri relativi, sia pure sotto obbligo
di contabilizzazione separata»;
5) il progetto obiettivo prevede l'istituzione delle
Unità valutative geriatriche (UVG) con il compito di:
a) «selezione
degli anziani che hanno necessità di assistenza domiciliare integrata o di
Day-hospital riabilitativo o di strutture residenziali»;
b) «programmazione
e controllo di qualità dell'assistenza geriatrica nella rete integrata dei
servizi».
Secondo la risoluzione approvata dal Parlamento il
30.1.92 «all'inizio sarà indispensabile
poter contare almeno su una équipe per ogni USL nel cui ambito operi un reparto
di geriatria per creare esperienze formative per il personale».
Progetto obiettivo e proposta di legge di iniziativa
popolare
Se si confrontano il progetto obiettivo "Tutela
della salute degli anziani" e il testo della proposta di legge di
iniziativa popolare "Riordino degli interventi sanitari a favore degli
anziani cronici non autosufficienti e realizzazione delle residenze sanitarie
assistenziali" si riscontra che moltissimi sono i punti in comune, in
particolare: competenza del settore sanitario, assunzione diretta delle valenze
sociali da parte dei servizi sanitari risolvendo in tal modo positivamente il
difficile e controverso problema dell'integrazione. Altri aspetti comuni
riguardano l'UVG, la priorità degli interventi domiciliari, la creazione di
centri diurni.
Ricordiamo che la proposta è stata presentata con
iniziativa popolare in Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte e dai Consiglieri
Scalabrini (Verdi), Monami (Pds) e Mori (Dc) rispettivamente ai Consigli delle
Regioni Lazio, Valle d'Aosta e Liguria.
Proposte operative
1. Per la corretta attuazione del progetto obiettivo
"Tutela della salute degli anziani" a nostro avviso occorre che in
primo luogo vengano istituiti i servizi domiciliari sanitari sia per rispettare
quanto previsto dall'articolo 20 della legge 67/1988 in cui è stabilito che le
RSA devono essere destinate esclusivamente agli anziani che non possono essere
curati a domicilio, nei presidi poliambulatoriali extraospedalieri e negli
ospedali di giorno, sia per risparmiare le ingenti spese di investimento (un
posto letto costa circa 100 milioni) occorrenti per le strutture residenziali
(e non per i servizi domiciliari). Gli interventi sanitari domiciliari previsti
dal progetto obiettivo devono essere estesi almeno a tutti quei casi dove
l'alternativa del ricovero in istituzione determinerebbe maggiori spese
correnti.
2. Sempre allo scopo di favorire la permanenza a
casa propria degli anziani cronici non autosufficienti è urgente l'istituzione
in tutte le USL di centri diurni destinati soprattutto a malati di Alzheimer e
persone colpite da forme diverse di demenza senile. Al riguardo, occorre tener
presente che nel progetto obiettivo è stabilito che i centri diurni fanno
parte dei servizi socio-sanitari di tipo specialistico. Non si tratta,
pertanto, di strutture meramente custodialistiche, ricreative o di assistenza
sociale, ma di un servizio specializzato con compiti di:
-
ricerca scientifica;
-
valutazione delle esigenze curative, familiari e ambientali dei malati;
- riattivazione delle funzioni dei pazienti, in modo
da consentire ai pazienti stessi il mantenimento della massima autonomia
possibile;
-
consulenza e sostegno psico-sociale ai familiari.
3. È urgente, altresì, la creazione di ospedali di
giorno sempre al fine di evitare ricoveri 24 ore su 24, ingiustificati.
4. Il funzionamento dei servizi ospedalieri di
riabilitazione e di rieducazione funzionale e di letti per la lungodegenza ove
effettuare la riabilitazione dopo la fase acuta della malattia, consentirebbe
finalmente di ridurre in tutta la misura del possibile il numero (attualmente
assai elevato) di anziani che diventano non autosufficienti a causa della
mancanza o insufficienza di servizi riabilitativi. A questo riguardo occorre
rilevare che la stragrande maggioranza delle Regioni non ha rispettato le
prescrizioni in materia di servizi riabilitativi stabilite dalla legge 595 del
1985 e dal decreto ministeriale del 13.9.1988.
5. Per quanto riguarda le RSA vi è l'esigenza di
attuare al più presto il programma di interventi edilizi previsti nel primo
triennio e di stipulare le convenzioni con le USL per le RSA a gestione
indiretta.
Il fabbisogno quantitativo finale (era previsto in
140.000 posti) dovrà essere calcolato tenendo conto dell'evoluzione dei
bisogni e delle riduzioni derivanti dalla istituzione di servizi sanitari
domiciliari, di centri diurni, di ospedali di giorno e dei servizi
riabilitativi.
Occorrerebbe inoltre che venisse attentamente
ridefinito il ruolo degli ospedali, compresi i dipartimenti di accettazione e
emergenza. A questo riguardo è molto significativo l'appello in favore dei
malati cronici non autosufficienti promosso dall'Associazione per i diritti
degli anziani e sottoscritto dal Premio Nobel Rita Levi Montalcini, dal
Senatore a vita Norberto Bobbio, da Giorgio Benvenuto, allora Segretario generale
della UIL, dal Sociologo Achille Ardigò, da Mons. Giovanni Nervo e da altre
personalità, appello che è a disposizione dei convegnisti.
Gli standards del personale previsti per le RSA nel
protocollo di intesa Ministro della Sanità - Sindacati dei Pensionati
costituiscono un minimo necessario, valido per l'intero territorio nazionale,
ma le Regioni, in primo luogo quelle più ricche, devono aumentare le
disponibilità per meglio far fronte alle esigenze di questi malati.
Infine riteniamo di dover ribadire ancora una volta
che le RSA non devono diventare un nuovo ghetto, come si verificherebbe se in
dette strutture venissero ricoverati, anche se in nuclei specifici di 20
persone, anziani cronici non autosufficienti, anziani autosufficienti,
handicappati adulti o addirittura minorenni, malati psichici,
tossicodipendenti, malati di AIDS come è purtroppo già previsto da alcune
delibere.
6. Una attenzione particolare deve essere rivolta
alla trasformazione di case di riposo e residenze protette in RSA.
Vi
sono, al riguardo, atti preoccupanti.
Segnaliamo, in particolare, che l'art. 24 della legge
2 settembre 1992 n. 42 della Regione Toscana inserisce le RSA fra le strutture
di assistenza sociale.
A sua volta, la Regione Piemonte ha approvato
l'apertura di RSA come strutture del settore dell'assistenza sociale.
Queste e altre iniziative sono estremamente
preoccupanti in quanto non solo sono in netto contrasto con le decisioni del
Parlamento, ma sono dirette alla negazione dello status di malati degli anziani
malati cronici non autosufficienti e quindi della loro stessa dignità di
persone malate, necessitanti pertanto di cure, di riabilitazione, di
riattivazione, di terapia contro il dolore.
Circa la trasformazione delle case di riposo e case
protette assistenziali di natura privata in residenze sanitarie, occorre tener
conto che nella circolare inviata alle Regioni e alle USL in data 7 agosto 1992
dal Ministro della sanità è previsto che le residenze sanitarie private devono
avere le caratteristiche strutturali e gestionali fissate per quelle pubbliche.
Per consentire una ordinata e celere trasformazione
delle case di riposo e case protette in RSA, occorre che le Regioni blocchino
il riconoscimento di nuove strutture residenziali assistenziali siano essere
pubbliche e private.
7. È estremamente urgente che le USL ed i Comuni
concordino le procedure per la trasformazione delle strutture residenziali per
anziani cronici non autosufficienti in RSA. Allo scopo riteniamo molto
positiva la delibera approvata il 2.10.1992 dall'USSL Torino VIII con la quale
viene istituita una commissione medica avente lo scopo di accertare le
condizioni di salute degli anziani ricoverati negli istituti di assistenza di
Torino al fine di individuare quelli malati da trasferire alla competenza del
comparto sanitario.
Segnaliamo altresì che la legge 20/1982 della Regione
Piemonte consente l'utilizzo di posti letto assistenziali a fini sanitari. In
questo modo è possibile che gli anziani cronici non autosufficienti continuino
a restare ricoverati nelle strutture assistenziali, mentre la gestione dei
pazienti è assunta dal comparto sanitario.
Finanziamenti
È incomprensibile che, di fronte alle continue
lamentazioni delle Regioni circa la carenza di mezzi economici, le Regioni stesse
non utilizzino tempestivamente i finanziamenti messi a disposizione dallo
Stato tramite il progetto-obiettivo.
Per i fondi in conto capitale di cui alla legge 67
del 1988, occorre ricordare che le Regioni hanno subito cercato di ottenere i
finanziamenti per strutture assolutamente inidonee, strutture che oltre tutto
avrebbero dovuto far riferimento al comparto assistenziale invece che a quello
sanitario. Questo comportamento scorretto ha notevolmente ritardato
l'approvazione dei progetti delle RSA da parte del nucleo di valutazione
istituito presso il Ministero della sanità, nucleo che ha giustamente respinto
questi tentativi.
Inoltre la stragrande maggioranza delle Regioni non
ha utilizzato i fondi stanziati dal CIPE nel gennaio 1991 e 1992 per l'assistenza
domiciliare integrata (100 miliardi per il 1991 e 135 per il 1992) e per la
gestione di RSA convenzionate (74 miliardi per il 1992 corrispondenti a 2.000
letti ai prezzi 1990-91). Contestualmente altri 10 miliardi sono stati
stanziati nel 1992 per la formazione del personale.
Ricordiamo che per il 1993 gli stanziamenti statali
previsti dal progetto obiettivo "Tutela della salute degli anziani"
sono 180 miliardi per l'ADI, 32 per l'ospedalizzazione a domicilio, 111 per le
RSA convenzionate, 20 per vari interventi di carattere generale nel settore
assistenziale, 12 per l'educazione sanitaria, 10 per la formazione, 1 per gli
osservatori e 1 per il sistema informativo.
Per il 1994 gli stanziamenti statali previsti ammontano
a 225 miliardi per l'ADI, 64 per l'ospedalizzazione a domicilio, 185 per le
RSA convenzionate, 20 per interventi vari nel campo assistenziale, 12 per
l'educazione sanitaria, 10 per la formazione.
Infine il progetto obiettivo stabilisce che l'onere
relativo al 1994 per la gestione delle RSA pubbliche verrà determinato in
rapporto al grado effettivo di realizzazione delle strutture approntate.
In materia di finanziamenti non si comprende nemmeno
per quale motivo i Comuni continuino a sopportare spese, fra l'altro rilevanti,
per la cura degli anziani cronici non autosufficienti, quando si tratta di
materia non di competenza dei Comuni ma delle USL.
Conclusioni
Per la promozione di servizi sanitari adeguati alle
esigenze degli anziani di oggi e di quelli di domani (e cioè di noi stessi), vi
è stata una convergenza culturale e operativa fra uomini e donne di cultura,
parlamentari, amministratori regionali e locali, operatori sanitari e sociali,
gruppi di volontariato.
La realizzazione del progetto obiettivo "Tutela
della salute degli anziani" esige, a nostro avviso, che la suddetta
convergenza culturale e operativa continui, anzi si intensifichi a livello
nazionale, regionale e locale con l'attiva partecipazione delle organizzazioni
di massa: sindacati (in particolare quelli dei pensionati), associazioni di
commercianti, artigiani, coltivatori diretti e altre categorie professionali.
Ognuno di noi, come dicevamo all'inizio di questa
relazione, dovrebbe operare in primo luogo per la tutela del proprio diritto
alle cure sanitarie, diritto che è e deve essere pienamente esigibile anche nei
casi di cronicità e di non autosufficienza.
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