Prospettive assistenziali, n. 100, ottobre-dicembre 1992

 

 

L'ADOZIONE "FAI DA TE", IL CASO GREGORY E DUE TURPI VICENDE

 

 

Più volte Furio Colombo ha insegnato all'ANFAA, alle altre associazioni, ai magistrati, ai giuristi, alla gente, insomma a tutti, che l'adozione deve essere realizzata come avviene negli Stati Uniti: chi vuole adottare un bambino è libero di andarselo a scegliere.

Adesso, a seguito della vicenda di Gregory, abbiamo appreso che vi è un'altra forma di "fai da te" ed è quella del minore che chiede al giudice di essere allontanato definitivamente dai propri genitori e di essere adottato da una nuova famiglia.

L'alto livello di civiltà raggiunto dagli Stati Uniti in materia di tutela dei diritti dei minori in situazione di abbandono ha costretto Gregory, non ancora dodicenne, ad attivarsi in prima persona e a diventare il protagonista di un processo, trasmesso dalla televisione, in cui sono state date in pasto a milioni di spettatori le vicende personali della madre e del padre di Gregory e del minore stesso, come se tutto ciò non fosse contrario alla dignità delle persone e al loro di­ritto alla riservatezza.

Anzi si è scavato in profondità sul comporta­mento della donna, non solo per accertare - co­me è giusto - la situazione oggettiva dei rapporti esistenti fra il minore e la sua famiglia d'origine, ma per distruggere la personalità della genitrice, fatto che era ritenuto dai legali una condizione favorevole per ottenere la permanenza di Gre­gory presso i genitori adottivi. Resta da verifica­re quali possono essere le ripercussioni psico­logiche negative per Gregory e per l'ambiente sociale derivanti dall'infangamento della genitri­ce del ragazzo.

Non si può tralasciare di tener conto che Gre­gory, anche se solo dopo 12 anni dalla nascita, è stato in grado di autodifendersi, mentre, nella stragrande maggioranza dei casi, i bambini in situazione di abbandono materiale e morale, so­prattutto quelli con handicap, non sono capaci di far sentire la loro voce di sofferenza e di ri­chiesta di aiuto.

A parte la spettacolarizzazione del processo, è preoccupante che la civiltà giuridica degli Sta­ti Uniti non preveda una procedura in base alla quale l'autorità giudiziaria sia tenuta ad interve­nire fin dal momento in cui si manifesta una si­tuazione di abbandono materiale e morale da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provve­dervi, com'è stato sancito in Italia dalla legge 5 giugno 1967 n. 431 e successivamente, dalla n. 184 del 4 maggio 1983.

Ed è altrettanto preoccupante che negli Stati Uniti non sia l'autorità giudiziaria a ricercare la famiglia adottiva più idonea in rapporto alle esi­genze dei singoli bambini in situazione di ab­bandono, ma che ciò avvenga in base al princi­pio del "fai da te" degli adulti.

 

Due turpi vicende

In data 1° settembre 1992, il giornale "La Stampa", di cui Furio Colombo è uno dei com­ponenti del Consiglio di amministrazione, riporta quanto segue: «Da eroi nazionali a inquisiti per molestie sessuali e maltrattamenti. È la triste pa­rabola dei coniugi Nason, fino a pochi anni fa ce­lebrati dalla televisione e dai giornali per aver adottato e cresciuto settantasei bambini, quasi tutti con handicap fisici e psichici. Durante un processo di affidamento, alcuni dei 76 figli hanno infatti denunciato di essere stati picchiati e colpiti con un pungolo per animali. Una ragazza di 27 anni, adottata quando ne aveva dieci, ha detto che Nason l'aveva molestata e aveva cercato di avere rapporti con lei. Ha anche raccontato di es­sere stata costretta a mangiare una tavoletta di sapone e di essere stata picchiata durante i pasti perché mangiava troppo lentamente.

«Stephen Massey, 21 anni, ha testimoniato che altri due bambini sarebbero addirittura morti per­ché costretti a vivere in condizioni igienicamente non tollerabili».

Inoltre i giornali (1) hanno segnalato un altro tragico fatto: «Un fulgido esempio di altruismo. Una vita dedicata all'amore per i bambini che soffrono. Una missione meravigliosa. Nancy Rea­gan non aveva badato a complimenti; aveva dato fondo a tutta la retorica più bigotta e melliflua nel conferire quel premio a Yvenne Eldridge. Ma era­no altri tempi. Nel 1986 la first-lady tiranneggiava ancora alla Casa Bianca; e soprattutto Yvenne sembrava veramente una "madre esemplare"; degna di ricevere ogni onore, per quella sua ca­sa di Walnut Creek, una località nella California settentrionale, tutta rigurgitante di ragazzini adot­tivi, di cui molti erano malati, alcuni persino di Aids.

«Oggi, la realtà appare molto diversa. Spiega­no i collaboratori del procuratore generale della Contea Contra Costa: "Tutto lascia pensare che la signora Eldridge sarà rinviata a giudizio nelle prossime due o tre settimane per l'avvelenamen­to di sette dei suoi figli adottivi, di cui tre sono morti».

Come ha scritto Giorgio Pallavicini, Presidente dell'ANFAA, Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (2), sorge il dubbio che Fu­rio Colombo «non abbia ancora voluto capire che i bambini non possono essere venduti e comprati a discrezione degli adulti».

Forse le vicende sopra riportate lo aiuteranno a comprendere che, per evitare conseguenze deleterie per i minori adottati, occorre impedire ogni forma di "fai da te", il che significa, per l'Ita­lia, il pieno rispetto delle leggi vigenti, come han­no giustamente fatto i magistrati nella vicenda della piccola Serena (3).

 

 

 

(1) Cfr. La Repubblica, 30 settembre 1992.

(2) Cfr. Prospettive assistenziali, n. 94, aprile-giugno 1991.

(3) Cfr. Pier Giorgio Gosso, Il caso di Serena e la difesa dell'illegalità, in Prospettive assistenziali, n. 86, aprile-giu­gno 1989; Serena e i bambini senza faccia e senza nome di Natalia Ginzburg, Ibidem, n. 89, gennaio-marzo 1990; Sere­na, le adozioni, la verità e la giustizia, Ibidem.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it