PROPOSTA
DI LEGGE PER IL TRASFERIMENTO DELLE FUNZIONI ASSISTENZIALI DALLE PROVINCE AI
COMUNI (1)
Riportiamo
integralmente il testo della proposta di legge n. 1567 presentata in data 17
settembre 1992 alla Camera dei deputati dall'On. Gabriele Salerno con
l'auspicio che - finalmente - il Parlamento corregga le gravissime carenze
della legge 8 giugno 1990 n. 142, approvata senza tener in nessun conto le
esigenze degli assistiti.
RELAZIONE
Onorevoli colleghi! - La legge 8 giugno 1990, n. 142,
ha stabilito la cessazione di ogni attività assistenziale da parte delle
province, attività che avrebbero dovuto essere assunte e svolte dai comuni fin
dalla data di entrata in vigore della legge suddetta.
Data l'impossibilità assoluta di effettuare con
immediatezza il trasferimento delle funzioni dalle province ai comuni, il
Ministero dell'interno ha emanato le circolari n. 15900/1/BSI/L142 del 15
dicembre 1990, e n. 8 del 15 aprile 1990, e la Corte dei conti con
deliberazione (n. 1 del 1991) ha rinviato il termine del trasferimento al 31 dicembre
1991, stabilendo che le province dovevano assicurare la continuità degli
interventi assistenziali. A sua volta il Governo ha approvato, in data 16
gennaio 1992, un primo decreto-legge, non convertito in legge dal Parlamento,
e successivamente, il decreto-legge 17 marzo 1992, n. 223, recante
"Disposizioni urgenti in materia di finanza locale per il 1992".
Al momento dell'entrata in vigore della legge 8
giugno 1990, n. 142, le province esercitavano le seguenti competenze
assistenziali nei confronti di:
a) ciechi e sordomuti ai sensi dell'articolo 144,
lettera g), numero 3), del testo unico della legge comunale e provinciale
approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 (abrogato dall'articolo 64
della legge 8 giugno 1990, n. 142);
b) minori figli di ignoti, minori esposti (e cioè
trovati in luogo pubblico e dì cui non si conoscono i genitori), minori
riconosciuti dalla sola madre, gestanti e madri nubili (regio decretolegge 8
maggio 1927, n. 798, e regio decreto 29 dicembre 1927, n. 2822, e successive
modificazioni e integrazioni). Al riguardo sì segnala che numerose gestanti
nubili e madri (spesso si tratta di ragazze di 14-15 anni) hanno l'esigenza di
supporti particolari di natura socio-assistenziale allo scopo di provvedere
coscientemente al riconoscimento o meno del proprio nato e di acquisire gli
strumenti necessari per il proprio reinserimento sociale. Inoltre si precisa
che, al fine di salvaguardare la vita e il futuro dei bambini, le leggi
vigenti consentono giustamente alle donne nubili di partorire in condizioni di
assoluta segretezza quando non intendano riconoscere il loro nato. In questi
casi l'atto di nascita del neonato è redatto con la dizione «nato da donna che
non consente di essere nominata» e l'ufficiale di stato civile, dopo aver
attribuito al neonato un nome e un cognome, procede entro dieci giorni dalla
formazione dell'atto alla segnalazione al tribunale per i minorenni per la
dichiarazione di adottabilità ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184.
Sovente l'intervento assistenziale è necessario anche per le gestanti e le
madri coniugate in situazioni personali e familiari difficili. Se questi
servizi funzionassero, verrebbe certamente ridotto il numero dei bambini
abbandonati nei cassonetti delle immondizie o uccisi alla nascita;
c) minori, gestanti e madri già di competenza
dell'Opera nazionale per la maternità e l'infanzia (legge 23 dicembre 1975, n.
698).
Inoltre si ricorda che alcune province, alla data di
entrata in vigore della legge n. 142 del 1990, esercitavano di propria
iniziativa funzioni in materia di assistenza agli handicappati intellettivi,
funzioni che le province stesse non avevano trasferito ai comuni nonostante le
disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n.
616.
La presente proposta di legge viene presentata per
definire una normativa al livello nazionale per i seguenti motivi:
- le competenze in materia di gestanti e madri nubili
non possono essere affidate a tutti i comuni, se non si vuole gettare allo
sbaraglio bambini e madri, tenuto conto che i comuni piccoli non sono né
saranno in grado di svolgere adeguatamente tali funzioni;
- occorre fare in modo che agli assistiti sia
assicurata una base di interventi che risponda alle loro esigenze;
- rinviare tutte le decisioni alle regioni significa
non tener conto che molte di esse non hanno ancora oggi dato attuazione al
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
Si ritiene inoltre necessario estendere l'assistenza
alle gestanti, alle madri e ai minori stranieri in stato di necessità comunque
presenti in Italia.
Tenuto conto delle non rinviabili esigenze dei minori
e degli adulti assistiti (ciechi, sordi, handicappati, eccetera) e delle
gestanti e madri nubili, coniugate, separate e divorziate che necessitano di
servizi di appoggio per poter procedere responsabilmente al riconoscimento o
al non riconoscimento dei loro nati, si confida nella sollecita approvazione
della presente proposta di legge, anche al fine di evitare proposte e realizzare
iniziative estremamente preoccupanti, quale quella diretta alla reintroduzione
della "ruota" di medioevale memoria.
TESTO DELLA PROPOSTA DI
LEGGE
Art. 1
1. Fino e non oltre il 31 dicembre 1992 le funzioni
di assistenza di cui all'articolo 144, lettera g), numero 3) del testo unico
della legge comunale e provinciale approvato con regio decreto 3 marzo 1934,
n. 383, le funzioni di assistenza di cui al regio decreto-legge 8 maggio 1927,
n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e successive
modificazioni, le funzioni di assistenza ai minori in stato di bisogno di cui
al la legge 23 dicembre 1985, n. 698, e successive modificazioni, nonché le
altre eventuali funzioni assistenziali già svolte dalle province anteriormente
alla data di entrata in vigore della legge 8 giugno 1990, n. 142, continuano ad
essere esercitate dalle province stesse, salvi i casi in cui esse siano
trasferite a comuni singoli o associati. Le funzioni suddette sono estese alle
gestanti, madri e minori in stato di necessità comunque presenti in Italia.
2. Il trasferimento delle funzioni assistenziali di
cui al comma 1 dalle province ai comuni comprende anche il trasferimento di:
a)
tutto il personale addetto ai servizi, compreso quello amministrativo e dei
servizi generali;
b)
le strutture e le attrezzature utilizzate per i suddetti servizi;
c) le risorse e i finanziamenti in misura almeno pari
a quelle effettivamente impiegate nel 1989, con l'incremento progressivo delle
percentuali di aumento dei trasferimenti erariali per il 1990, 1991 e 1992.
3. Nei casi in cui il trasferimento non sia stato
effettuato o completato entro il 31 dicembre 1992, le regioni, non oltre il 31
gennaio 1993, nominano commissari ad acta
per le province inadempienti, con il compito di realizzare il trasferimento di
cui al presente articolo nel termine perentorio di tre mesi.
4. Entro e non oltre sei mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, le regioni individuano gli ambiti territoriali
in cui i comuni sono tenuti, a livello singolo o associato, ad esercitare le
funzioni assistenziali, ivi comprese quelle già di competenza della provincia.
5. Entro il 31 dicembre 1992 le funzioni di assistenza
sociale alle gestanti, alle madri nubili e ai loro figli sono trasferite ai
comuni capoluogo di provincia, i quali le esercitano con riferimento al
territorio provinciale.
(1) Sulla vicenda del trasferimento
delle competenze assistenziali dalle Province ai Comuni Prospettive assistenziali ha pubblicato i seguenti articoli:
- "La nuova legge sulle autonomie locali ignora gli
assistiti", n. 94, luglio-settembre 1990;
- "Trasferimento delle funzioni
assistenziali dalle Province ai Comuni: una proposta di legge", n. 93,
gennaio-marzo 1991;
- "Ancora in alto mare il
trasferimento delle funzioni assistenziali dalle Province ai Comuni e alle
USSL", n. 93, gennaio-marzo 1991;
- "Trasferimento delle funzioni assistenziali dalle
Province: una vicenda tormentata", n. 96, ottobre-dicembre 1991.
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