RUOLO DEL VOLONTARIATO PER LA
PROMOZIONE DEI DIRITTI DEGLI HANDICAPPATI
LUCIANO TAVAZZA (*)
Il 30 marzo di quest'anno a Torino Sir Ralf
Dahrendorf ricevendo il 3° premio internazionale destinato ai più prestigiosi
uomini di cultura - da parte della Fondazione Agnelli - concludeva il suo
discorso pronunciando una frase che voglio mettere al centro della
illustrazione del come sia possibile "promuovere" i diritti degli
handicappati.
Affermava Dahrendorf: «Ma coloro per i quali la scelta rimane una cinica promessa senza alcun
riscontro reale non sono uomini liberi. La libertà negativa può diventare
infatti la libertà di pochi di arricchirsi senza limiti. La libertà come
opportunità di fare o di non fare una cosa è non solo un diritto generale, ma
deve diventare soprattutto un diritto reale».
Il nostro problema di oggi, con il titolo che ci è
stato affidato "Ruolo del volontariato per la promozione dei
diritti", dinanzi ad una legge che i Francesi definirebbero di "orientation générale" induce
non tanto ad affrontare alcuni articoli, ma a proporre dinanzi a questa "orientation" giuridica
l'orientamento dialettico del volontariato, indicandolo con estrema chiarezza.
Ciò appare tanto più necessario in questo momento in cui il volontariato è
sottoposto ad una strategia di omologazione strisciante, quindi avviato verso
la sua possibile scomparsa. Occorre individuare le linearità degli orientamenti
per i quali, secondo noi, può esistere
o non può esistere autentica promozione. Partiamo da una prima considerazione.
Può esistere vera promozione da parte
del volontariato se lo Stato anzitutto garantisce i diritti. Ricordo quanto
abbiamo detto al convegno di Assisi: il volontariato può lavorare seriamente
solo dove lo Stato funziona al meglio, altrimenti il volontariato è portato ad
assumersi dei compiti che non sono suoi e che pertanto non può portare innanzi
con una risposta di qualità. Allora non esiste oggi in Italia la piena
possibilità di promozione dei diritti da parte del volontariato perché il
volontariato non è in grado di garantirli; la garanzia dei diritti spetta
infatti allo Stato e solo quando esiste questa garanzia da parte del pubblico,
il volontariato può lavorare al meglio, rivendicandone l'attuazione, la
promozione nelle politiche e nei servizi. In caso contrario non promuove, ma
surroga l'inesistente.
Seconda considerazione: cosa vuol dire allora
"promuovere", quali sono le possibilità limitate e fragili del
volontariato, che possono diventare invece importantissime se si sceglie non
tanto il funzionamento dei servizi quanto la adozione di una precisa
strategia. Promuovere da parte del volontariato vuol dire infatti chiedere
l'applicazione di quanto lo Stato promette di garantire attraverso la
Costituzione e le leggi sociali che ne traducono la realizzazione nel quotidiano.
E siccome in questa legge che stiamo esaminando ci
sono molti "possono", una serie di "possono": i comuni
possono, le province possono, le regioni possono; occorre che la promozione
possibile consista nel chiedere - nell'immediato - l'attuazione massima di ciò
che la legge afferma che potrebbe già essere fatto. Promuovere vuol dire anche
sensibilizzare l'opinione pubblica perché la sua pressione porti al
perfezionamento di questa legge. Vuol dire sperimentare subito il nuovo negli
spazi che ci sono concessi, anticipando l'intervento dello Stato.
La funzione del volontariato infatti non si adempie
assumendo quello che invece lo Stato deve assicurare come Stato di diritto, ma
anticipando quello che noi possiamo progettare per poi passare alle
istituzioni la nostra esperienza, perché l'esperienza positiva di una parte
diventi il patrimonio di tutti.
Infine vuol dire integrare capillarmente e qualitativamente
i servizi dello Stato e denunciare con forza le eventuali inadempienze. Ricordo
che Monsignor Nervo in un incontro della Caritas a Collevalenza (1991), ha
sostenuto che tale istituzione ecclesiale in Italia aveva molti meriti, però
non tutti quelli possibili per la mancanza di un tempestivo costume profetico
di denuncia dei diritti dei deboli quando venivano illegittimamente coartati.
Se questo dunque vuol dire promuovere, l'orientamento del volontariato moderno
tende ad anticipare lo Stato cogliendo le emergenze; a chiedere l'attuazione
dei diritti acquisiti di cittadinanza; a sensibilizzare l'opinione pubblica; a
sperimentare il nuovo; ad integrare i servizi dello Stato; a denunciare le
inadempienze e gli eventuali soprusi delle istituzioni; a respingere la
"delega selvaggia" come alibi dei politici per la propria incapacità
amministrativa, per rovesciare sul volontariato i servizi a minor costo in modo
da impegnare i fondi residui in altre spese secondarie visto che tanto c'è un
gruppo di "stupidelli" dediti alle azioni gratuite che fanno opere
buone.
Promuovere vuol dire non cedere alla delega, per meri
fini economici o caritativi ma stimolare il mutamento e la realizzazione di
quanto la legge ha disposto.
Occorre dire con chiarezza ai gruppi di volontari
che possono morire di convenzioni! C'è chi muore di tangenti. Il mondo del
volontariato può morire di convenzioni, perché nella misura in cui si lascia
attrarre dal sistema dei servizi e non si sofferma sul problema di cosa
significa l'attuazione di un determinato servizio, quando non è richiesto in
un quadro di limpide politiche sociali, in quel momento indebolisce lo
"stato sociale". Si comporta rispetto ai poveri, forse non volendolo
- per incoscienza o per incultura - consumando una beffa di apparente
solidarietà.
Di fronte ad una "legge di orientamento"
com'è quella che stiamo esaminando, non si possono che adottare dei precisi
orientamenti di scelte politiche del volontariato chiamato ad agire a livello
nazionale e sul territorio dando vita ad una strategia efficace ed efficiente.
Oggi "promuovere" vuol dire per il volontariato liberarsi dall'idea
del protagonismo, sapendo che la sua azione è valida nella misura in cui opera
all'interno del "terzo sistema" e capisce che si possono sconfiggere
le emarginazioni, rimuovere le cause anche del mondo dell'handicap, soltanto
se associazionismo, volontariato, cooperative di solidarietà sociale,
sindacati, operano in una visione d'insieme perché nessuna di queste forze ha
capacità di influire separatamente sul Parlamento, sul Governo, sul mercato.
Vi faccio un esempio: poco prima di partire per
Milano ho incontrato Giuseppe Lumia, che come sapete è il presidente del
Movimento di Volontariato italiano. Mi ha comunicato, che in previsione di
questo incontro, si era rivolto al Ministro segnalandogli che riteneva errato e
provocatorio l'atteggiamento scelto dall'Amministrazione per quanto riguarda
il funzionamento delle commissioni di esame per l'invalidità dei portatori di
handicap; richiedeva al Ministro un intervento urgente, convinto come era che
al convegno nazionale organizzato a Milano oggi 6 giugno il problema sarebbe
esploso alla presenza di 300 operatori, esperti, famiglie. La risposta è
giunta con tempestività ieri sera. Scrive il dottor Bertolaso, responsabile del
dipartimento competente del Ministero degli Affari Sociali: «A proposito desidero confermare che il
Ministro condivide pienamente le preoccupazioni da lei espresse e ne ha fatto
oggetto di accurato approfondimento nel corso della prima riunione del
comitato nazionale dell'handicap con i suoi colleghi della pubblica
istruzione, del lavoro e della sanità. Il Ministro ha pertanto impartito le
opportune disposizioni affinché si provveda alla emanazione di una norma
esplicativa che chiarisca le procedure necessarie all'accertamento dell'handicap,
che assicuri tempestivi esami da parte delle commissioni laddove il loro
intervento non sarà evitabile e comunque che risolva in via definitiva senza
il coinvolgimento delle suddette commissioni il diritto allo studio degli
handicappati salvaguardando quanto disposto dall'art. 12 della medesima legge».
Sono convinto che se non ci fosse stata la pressione di questo convegno e non
avessimo agito insieme con tutte le forze del collegamento, questa immediata
presa di posizione non ci sarebbe stata.
Promuovere vuol dire ancora rendersi conto che siamo
oggi dinanzi ad una legge di settore: non può uscire un quadro organico
innovativo da leggi di settore. Infatti i promotori di questo incontro hanno
affrontato invece l'argomento con la prospettiva di una legge generale, di riordino
dei servizi sociali, in cui si delinei anche la logica dell'intervento sul
mondo dell'handicap. Ecco, l'aspirazione era quella che non nascesse un'altra
legge speciale ma che i diritti dell'handicappato fossero raccolti nelle leggi
generali, così come hanno chiesto nei loro interventi Don Benzi e il prof.
Dogliotti.
La strada percorsa è stata un'altra. II volontariato
si trova dinanzi alla scelta di questa strada. Non può dire ai portatori di
handicap: ci rivedremo quando il sistema funzionerà alla perfezione. Deve
invece fare delle scelte immediate con il senso della storia.
Quali sono le due possibili scelte: una di carattere
strumentale, cioè di carattere tradizionale, di accettazione della logica
della delega. Potrebbe allora servirsi esclusivamente degli articoli 9. comma
2, 18, comma 1, 38, per considerarsi quasi il "terminale esecutivo"
del pubblico. Il terminale del pubblico, quindi per quanto riguarda
l'inserimento e l'integrazione lavorativa per i "centri di lavoro
guidato", per quanto riguarda l'art. 38 dove tutti appaiono convenzionabili.
Ecco, il volontariato potrebbe prestarsi ad un
disegno che secondo me avrebbe la logica del passato. Oppure optare per una
scelta innovativa, sia pur limitata come ha sottolineato il prof. Dogliotti.
Senza farci grandi illusioni, ma riconoscendo che esiste una serie di articoli
(il 5, il 6 lettere a, c, i, il 7 comma 1 lettera a, l'art. 13 lettere h, i,
l, m) da cui potremmo ripartire per fare un salto in avanti. Ve li indico,
senza entrare nei particolari perché il moderatore mi ricorda che il mio tempo
è scaduto.
Allora quanto all'art. 5, i principi generali proclamati,
li facciamo attuare tempestivamente o non li facciamo attuare dalla
amministrazione? Chiediamo che per l'art. 6 almeno, siano applicati, non so, i
punti a, c, i. Per l'art. 7, cosa suggeriamo per quanto riguarda la
riabilitazione? E per l'art. 13 sugli accordi di programma vogliamo seguirne
l'applicazione con precisi stimoli e rispetto delle scadenze? Vogliamo fare una
campagna perché questi punti, almeno queste tappe, diventino realtà o lasceremo
trascorrere i termini come se non esistessero del tutto?
Ecco, la concretezza ci dice che il nostro intervento
deve essere graduale, ma nello stesso tempo che occorre sperimentare tutto il
nuovo possibile. Qui qualche cosa di nuovo si può intravedere. Si può
intravedere, per esempio, nel coordinamento fra scuola ed extra scuola.
Il volontariato in questo può essere promozionale,
ma non da solo, ma insieme al corpo scolastico, certamente. Così come si può
pensare ad un coordinamento indicato dalla legge, sia pure tenuamente, sui
servizi territoriali (art. 39) ad una programmazione prevista dall'art. 41 per
quanto riguarda il comitato nazionale per le politiche sull'handicap.
E qui per esempio, per quanto riguarda questo
comitato, la legge prevede che debba riunirsi prima della finanziaria. Ecco mi
pare che occorrerebbe intanto affrontare questa battaglia perché veramente la
finanziaria è la legge chiave che condiziona tutte le altre. Occorre una nostra
presenza incalzante su questo punto. Le altre due sedute previste ci
interessano fino ad un certo punto, ma la prima, che può decidere in positivo o
in negativo il nostro lavoro per un anno, questa sì che è fondamentale.
Ecco, mi pare che in questo quadro di riferimento,
noi spostiamo la nostra attenzione dai singoli articoli, alle condizioni
necessarie per rispondere ad una "legge di orientamento" con nostre
scelte di significato in modo che tutto ciò che di nuovo si può fare per una
autentica promozione, sia tentato e tutto ciò che dobbiamo respingere con
forza, perché riteniamo che appartenga al passato, sia denunciato non solo ai
livelli governativi, ma ai livelli di opinione pubblica. Giacché senza una
azione popolare coordinata dì terzo sistema io non credo che si possa uscire
dalla presente situazione di impasse.
Come sostiene Sir Ralf Dahrendorf «la nostra libertà di fare o di non fare
deve tradursi in diritto reale» in una scelta di batterci per il mutamento
con senso realistico e ferma determinazione.
(*) Relazione tenuta da Luciano
Tavazza, Segretario Generale della Fondazione per il volontariato, al convegno
di Milano del 6 giugno 1992, organizzato da Prospettive
assistenziali e da Handicap &
Scuola sul tema: "La legge-quadro sull'handicap: una occasione
mancata? Proposte per l'affermazione di diritti esigibili".
www.fondazionepromozionesociale.it