CENTRI
SANITARI DIURNI PER MALATI DI ALZHEIMER E SINDROMI CORRELATE (*)
LAURA MARTELLI (**)
Prima di entrare nel merito dell'argomento che ci sta
a cuore, è necessaria una premessa di carattere generale.
La stragrande maggioranza delle persone affette da
demenza vive in famiglia e rappresenta l’80-90% della totalità dei casi noti.
D'altra parte anche i dementi istituzionalizzati risultano essere stati
assistiti precedentemente in casa per circa sei anni. In cifre ciò significa:
1116 ore x 365 giorni x 6 anni = 35.000 ore di assistenza.
La famiglia combatte, come si vede, una battaglia in
prima linea che la vede perdente in partenza per la mancanza di sufficienti
supporti sanitari e socio-assistenziali (leggi, servizi domiciliari domestici
ed infermieristici generici).
Quali
sono le risposte sanitarie a domicilio esistenti?
Escludendo il medico di famiglia, le USL offrono
servizi carenti e disomogenei come risulta da un'indagine realizzata dall'AIMA
a Torino e che verrà resa nota entro breve tempo.
L'assistenza domiciliare integrata (ADI), pure
prevista, è di fatto bloccata a livello regionale. L'ospedalizzazione a
domicilio è praticata in una sola delle USL torinesi.
A livello sanitario intermedio, il day-hospital per anziani funziona in due
USL, gestito dai reparti geriatrici ospedalieri.
Centri diurni non ne esistono, benché a Torino
l'esperienza realizzata a favore degli insufficienti mentali ultraquindicenni
abbia dimostrato la validità di questo tipo di interventi sia sul piano terapeutico
che sul piano economico, visto che riduce il numero dei ricoveri in istituto.
È questo il tipo di struttura extra-ospedaliera che
interessa in modo particolare i soci dell'AIMA; ma prima di affrontare questo
problema, esaminiamo le caratteristiche del paziente demente e del suo caregiver (ovvero la persona che assiste
il malato) quali risultano da una ricerca che la nostra Associazione ha
patrocinato e che è stata realizzata con l'aiuto essenziale del Dipartimento di
geriatria dell'Università cittadina.
Evidenziamo dalla ricerca i dati che più ci interessano
chiedendo scusa agli estensori per eventuali inesattezze.
I malati
Risulta dall'universo indagato che gli affetti da
demenza hanno una età media di 65 anni se uomini e 76 se donne, e che l'83% di
essi vive al proprio domicilio e il 17% presso parenti per lo più figli.
Nel 59,5% dei casi, all'assistenza del malato
collabora personale retribuito in maggiore o minore misura a seconda che sia o
meno presente il coniuge.
Nel 64,9% dei casi il malato necessita di assistenza
24 ore su 24. L'assistenza prestata da personale retribuito è mediamente di 6
ore al giorno (le ore sarebbero maggiori se i costi non fossero proibitivi per
la maggior parte delle famiglie); quella dei parenti di 16,6 ore al giorno.
I primi sintomi di demenza notati sono almeno due:
perdita di memoria e disorientamento. Alla perdita di memoria si accompagnano
spesso disturbi della personalità e di funzioni, compresa la capacità di
maneggiare denaro. I primi sintomi compaiono per lo più nell'arco di 3-7 anni e
si evolvono in modo abbastanza rapido.
Il parente, pertanto, ad un certo stadio della
malattia, si scontra con una totale perdita di autonomia del malato, a cui
concorrono incapacità ad esprimersi e di coordinare i movimenti, perdita di
memoria e di orientamento.
Il peso di assistere un simile paziente è quasi
sempre aggravato da sintomi che vanno dalle cadute, all'incontinenza fecale e/o
urinaria, disturbi del sonno. In numerosi casi si aggiungono alterazioni del
comportamento e del carattere quali: urinare dove capita, vagabondare, manifestare
aggressività e/o turpiloquio.
Di qui il grave stress dei parenti che, a causa di
questi comportamenti, non "riconoscono" più il proprio familiare.
In rapporto all'età media abbastanza elevata nei
soggetti di sesso femminile, che costituiscono la stragrande maggioranza del
campione, la demenza si presenta nel 59% di casi associata ad altre patologie.
La loro presenza giustifica la demenza come malattia "inguaribile" ma
"curabile" dando al termine cura un significato che va ben oltre
quello terapeutico-medico.
Tra le molte responsabilità di chi assiste un malato
demente c'è anche la somministrazione dei farmaci prescritti. Solo il 28% non
assume alcun farmaco; nel 58% dei casi i farmaci assunti appartengono alla
categoria dei cerebroattivi e degli psicofarmaci.
Volendo riassumere le caratteristiche prevalenti del
campione di malati esaminati, si può dire che vi è una prevalenza determinante
di donne in età avanzata, che vivono in casa propria con il coniuge e/o con
figli e che sono assistite pressoché in continuazione anche se in molti casi
con l'aiuto di personale retribuito; presentano sintomi vari associati ad
altre patologie; in complesso sono assai compromesse l'autonomia e la capacità
cognitiva.
I parenti
I dati che riguardano il parente più coinvolto
nell'assistenza al malato demente evidenziano che si tratta di persone di età
media di 55 anni, in prevalenza di sesso femminile, per lo più coniugate.
Il demente assistito è nella maggior parte dei casi
il genitore, poi il coniuge e solo eccezionalmente un altro parente.
Nell'assistenza risulta in prevalenza coinvolto il sesso femminile specie nella
categoria figli.
Delle 16 ore giornaliere di assistenza prestate in
media al paziente, in grandissima parte sono svolte dai parenti, che nel 35%
dei casi assistono il loro malato 24 ore su 24.
L'analisi delle ore dedicate alle varie funzioni
assistenziali evidenzia che la maggior parte del tempo è dedicato alla
compagnia e/o controllo; insieme all'igiene della persona, questa è la funzione
assistenziale definita dai caregivers
come quella che crea maggiori problemi.
Infatti essa interferisce pesantemente sulla loro
vita quotidiana (difficoltà ad allontanarsi ed a mantenere relazioni sociali
anche a livelli modesti), nonché sulla loro salute fisica e psichica.
Nonostante l'onere di questa opera di assistenza
così prolungata e faticosa, i parenti ritengono preferibile mantenere il
proprio malato in casa. È indispensabile però il rafforzamento di servizi
sanitari e socio-assistenziali a domicilio, nonché la creazione di centri
diurni con caratteristiche ben precise (non secondo le vaghe indicazioni del
progetto-obiettivo "Tutela della salute degli anziani", che pur
valutiamo positivamente), centri diurni che, come accennato in precedenza,
sono inesistenti nella realtà torinese.
Alla domanda: «Ti aiuterebbe disporre di un centro
diurno?», risponde affermativamente oltre il 50% del campione.
Le funzioni attribuite al centro in prevalenza sono: .
-
stimolare le capacità residue del malato (24%) ;
-
aiutare a risolvere problemi e/o ottenere informazioni aggiornate (18%);
-
custodia/sollievo (16%);
-
non hanno risposto (40%).
Riassumendo le caratteristiche principali del
campione dei caregivers, si può
affermare che si tratta per lo più di donne poco più che cinquantenni,
coniugate, casalinghe e/o pensionate in buona salute che assistono un genitore
o il coniuge per un numero elevato di ore al giorno coprendo la maggior parte
del tempo di assistenza richiesto dal malato.
La
funzione assistenziale che prende loro più tempo è quella di
compagnia/controllo.
Tra i problemi più difficili da affrontare lamentano
soprattutto l'assistenza al malato e il mantenimento di una vita privata e
sociale ad un livello minimo di normalità.
Dai risultati descritti emerge la gravità della
sintomatologia presente nelle demenze e gli enormi problemi sanitari e
assistenziali che ne derivano. Ciò nonostante, i parenti ritengono la casa il
luogo ideale per i malati e non desiderano sottrarsi alla responsabilità di
curarli, bensì chiedono che i servizi sanitari e socio-assistenziali esistenti
vengano migliorati e che vengano realizzate le strutture che ancora non ci
sono, secondo le precise esigenze dei malati affetti da demenza e delle
famiglie.
Sulla base dei risultati ottenuti dalla ricerca e
dalla esperienza vissuta dai parenti-caregivers,
la creazione dei centri diurni risulta essere di assoluta urgenza.
Il centro diurno
Il centro diurno per malati affetti da demenza deve
configurarsi il più possibile come il prolungamento della propria casa; il suo
scopo principale è il miglioramento della vita sia del malato che dei parenti
con lui conviventi.
La giornata tipo del centro deve svolgersi secondo i
normali ritmi e le attività del vivere quotidiano, associati ad interventi che
possano influenzare positivamente l'autonomia e le capacità di interazione
sociale del malato.
Il centro diurno non è un contenitore a struttura
anarchica, ma un luogo saldamente collegato agli altri servizi per interventi
domiciliari sanitari e assistenziali, di ricovero intermedio (day-hospital) e
tradizionale (reparti per acuti e lungodegenti) secondo un modello operativo
che privilegi lo stadio della malattia e i bisogni di «quel malato, in quel
momento».
L'unità
operativa geriatrica costituisce il modello di riferimento.
Le dimensioni del centro devono essere contenute,
con una capacità di accoglienza non superiore alle 20 persone
contemporaneamente; struttura duttile, periferica, aperta almeno 8 ore al
giorno per 5 giorni alla settimana.
Il
malato potrà accedervi a tempo pieno o parziale secondo le esigenze sue e
della famiglia. Gli obiettivi del centro sono:
1)
il malato;
2)
il parente;
3)
le attività complementari.
Criterio di
accesso preferenziale: la presenza
in contemporanea di più bisogni del malato e del parente che possano essere
soddisfatti dall'attività del centro stesso.
Il malato: nel momento dell'accoglimento verrà fatta una
valutazione delle esigenze del malato demente, la loro natura, nonché i
livelli di autonomia residua onde poter identificare le figure professionali
che dovranno intervenire.
I dati così rilevati potrebbero essere utilizzati
dalle USL per la programmazione e incentivazione dei servizi.
Successivamente il paziente verrà introdotto nelle
attività di stimolazione psico-sensoriale e motoria (leggi: laboratori
artigianali, corsi di attività ludico-motoria, Reality Orientation ecc.),
come avviene già da tempo nelle istituzioni di questo tipo meglio
organizzate.
Saranno resi possibili interventi sanitari minori
diagnostici (accertamenti ematochimici, misurazione della pressione arteriosa)
e terapeutici (terapia iniettiva, interventi podologici, ecc.).
Problemi
di maggior rilievo verranno dirottati alle strutture sanitarie funzionalmente
collegate. Infine, cosa non meno importante, il centro diurno si occuperà, ove
occorra, dell'igiene personale del paziente (pedicure, manicure, parrucchiere
compresi) e del trattamento dietetico onde evitare casi di malnutrizione non
infrequenti laddove il caregiver
coincida con un coniuge anziano.
Sarà possibile da parte del centro diurno una
funzione anche di custodia temporanea del malato qualora il caregiver abbia
necessità di allontanarsi da casa. L'accesso dovrà essere programmato con i
responsabili del centro.
Il parente: una valutazione delle risorse psicofisiche e delle
capacità di capire ed affrontare i problemi del malato demente è indispensabile
anche per il parente/caregiver.
Conseguentemente il centro cercherà di sviluppare una attività di supporto
psicologico e di counseling nei
confronti dei parenti che potranno in tal modo gestire al meglio le
problematiche che di volta in volta si presenteranno loro.
La formazione di gruppi di auto-aiuto, unitamente
alle attività succitate, permetterà ai familiari di evitare, per quanto
possibile, che la demenza del malato diventi «malattia della famiglia» o,
come altri sostengono, che la demenza sia causa di «distruzione della
famiglia».
Altre
attività complementari:
-
fornire informazioni utilizzabili per la programmazione di servizi
socio-sanitari;
-
divenire palestra di addestramento per il volontariato.
Gestione del centro diurno
Responsabile del centro diurno per dementi dovrà
essere una figura sanitaria paramedica da individuarsi, caodiuvata da personale
ausiliario a tempo pieno o parziale.
Il medico e lo psicologo eserciteranno la supervisione
sui programmi, l'assistente sociale controllerà l'insorgenza di eventuali stati
di disagio sia nei malati che nei parenti e sarà il collegamento fra questi e
i servizi competenti.
Occorrono anche operatori specializzati per gli ateliers, le attività ludico-ginniche e
fisio-terapiche, un impiegato amministrativo, un servizio di trasporto con autista
più accompagnatore, o, forse, in alternativa, il servizio taxi.
Un centro così concepito ha costi rilevanti, ma
riteniamo che dando spazio al volontariato, coinvolgendo, ove possibile, i
familiari, la spesa dovrebbe essere affrontabile e la struttura realizzabile
con le caratteristiche necessarie.
L'AIMA, con questo intervento svolto a nome di tutti
i suoi iscritti, ha voluto dare voce a chi voce non ha se non attraverso
quella flebile dei parenti. Spera in questo modo che essa diventi così forte da
essere udita da tutti coloro che hanno il potere di decidere.
Chiede pertanto all'Assessore regionale alfa sanità
del Piemonte ed ai responsabili delle USL di voler considerare urgente e
prioritaria la creazione di centri diurni per gli affetti da demenza.
Risulta che la Regione Piemonte detiene dei fondi
statali destinati alla sanità, bloccati per motivi ignoti; inoltre il
progetto-obiettivo "Tutela della salute degli anziani" parla di
centri diurni per anziani inserendoli, senza ragioni chiare, fra i servizi
socio-sanitari specialistici.
Riteniamo, pertanto, che approfondendo la tematica
in questione, sulla base della ricerca realizzata dal Dipartimento di geriatria
e dalle esperienze della nostra associazione, nulla dovrebbe ostare a che i
centri diurni diventino una realtà, tenendo conto che una struttura così fatta
consente una riduzione apprezzabile dei ricoveri in istituto e di conseguenza
della spesa pubblica.
(*) Relazione tenuta al convegno «II
progetto obiettivo "Tutela della salute degli anziani": una svolta
per i servizi sanitari e assistenziali?», Torino, 30-31 ottobre 1992.
(**) Presidente dell'AIMA (Associazione italiana malati di
ALzheimer) di Torino.
www.fondazionepromozionesociale.it