Prospettive assistenziali, n. 101, gennaio-marzo 1993

 

 

CENTRI SANITARI DIURNI PER MALATI DI ALZHEIMER E SINDROMI CORRELATE (*)

LAURA MARTELLI (**)

 

 

Prima di entrare nel merito dell'argomento che ci sta a cuore, è necessaria una premessa di carattere generale.

La stragrande maggioranza delle persone affette da demenza vive in famiglia e rappresenta l’80-90% della totalità dei casi noti. D'altra parte anche i dementi istituzionalizzati risultano essere stati assistiti precedentemente in casa per circa sei anni. In cifre ciò significa: 1116 ore x 365 giorni x 6 anni = 35.000 ore di assistenza.

La famiglia combatte, come si vede, una battaglia in prima linea che la vede perdente in partenza per la mancanza di sufficienti supporti sanitari e socio-assistenziali (leggi, servizi domiciliari domestici ed infermieristici generici).

Quali sono le risposte sanitarie a domicilio esistenti?

Escludendo il medico di famiglia, le USL offrono servizi carenti e disomogenei come risulta da un'indagine realizzata dall'AIMA a Torino e che verrà resa nota entro breve tempo.

L'assistenza domiciliare integrata (ADI), pure prevista, è di fatto bloccata a livello regionale. L'ospedalizzazione a domicilio è praticata in una sola delle USL torinesi.

A livello sanitario intermedio, il day-hospital per anziani funziona in due USL, gestito dai reparti geriatrici ospedalieri.

Centri diurni non ne esistono, benché a Torino l'esperienza realizzata a favore degli insufficienti mentali ultraquindicenni abbia dimostrato la validità di questo tipo di interventi sia sul piano terapeutico che sul piano economico, visto che riduce il numero dei ricoveri in istituto.

È questo il tipo di struttura extra-ospedaliera che interessa in modo particolare i soci dell'AIMA; ma prima di affrontare questo problema, esaminiamo le caratteristiche del paziente de­mente e del suo caregiver (ovvero la persona che assiste il malato) quali risultano da una ri­cerca che la nostra Associazione ha patrocinato e che è stata realizzata con l'aiuto essenziale del Dipartimento di geriatria dell'Università citta­dina.

Evidenziamo dalla ricerca i dati che più ci in­teressano chiedendo scusa agli estensori per eventuali inesattezze.

 

I malati

Risulta dall'universo indagato che gli affetti da demenza hanno una età media di 65 anni se uo­mini e 76 se donne, e che l'83% di essi vive al proprio domicilio e il 17% presso parenti per lo più figli.

Nel 59,5% dei casi, all'assistenza del malato collabora personale retribuito in maggiore o mi­nore misura a seconda che sia o meno presente il coniuge.

Nel 64,9% dei casi il malato necessita di assi­stenza 24 ore su 24. L'assistenza prestata da personale retribuito è mediamente di 6 ore al giorno (le ore sarebbero maggiori se i costi non fossero proibitivi per la maggior parte delle fa­miglie); quella dei parenti di 16,6 ore al giorno.

I primi sintomi di demenza notati sono almeno due: perdita di memoria e disorientamento. Alla perdita di memoria si accompagnano spesso disturbi della personalità e di funzioni, compresa la capacità di maneggiare denaro. I primi sintomi compaiono per lo più nell'arco di 3-7 anni e si evolvono in modo abbastanza ra­pido.

Il parente, pertanto, ad un certo stadio della malattia, si scontra con una totale perdita di au­tonomia del malato, a cui concorrono incapacità ad esprimersi e di coordinare i movimenti, perdi­ta di memoria e di orientamento.

Il peso di assistere un simile paziente è quasi sempre aggravato da sintomi che vanno dalle cadute, all'incontinenza fecale e/o urinaria, di­sturbi del sonno. In numerosi casi si aggiungono alterazioni del comportamento e del carattere quali: urinare dove capita, vagabondare, manife­stare aggressività e/o turpiloquio.

Di qui il grave stress dei parenti che, a causa di questi comportamenti, non "riconoscono" più il proprio familiare.

In rapporto all'età media abbastanza elevata nei soggetti di sesso femminile, che costituisco­no la stragrande maggioranza del campione, la demenza si presenta nel 59% di casi associata ad altre patologie. La loro presenza giustifica la demenza come malattia "inguaribile" ma "cura­bile" dando al termine cura un significato che va ben oltre quello terapeutico-medico.

Tra le molte responsabilità di chi assiste un malato demente c'è anche la somministrazione dei farmaci prescritti. Solo il 28% non assume alcun farmaco; nel 58% dei casi i farmaci as­sunti appartengono alla categoria dei cerebro­attivi e degli psicofarmaci.

Volendo riassumere le caratteristiche preva­lenti del campione di malati esaminati, si può di­re che vi è una prevalenza determinante di don­ne in età avanzata, che vivono in casa propria con il coniuge e/o con figli e che sono assistite pressoché in continuazione anche se in molti casi con l'aiuto di personale retribuito; presen­tano sintomi vari associati ad altre patologie; in complesso sono assai compromesse l'autono­mia e la capacità cognitiva.

 

I parenti

I dati che riguardano il parente più coinvolto nell'assistenza al malato demente evidenziano che si tratta di persone di età media di 55 anni, in prevalenza di sesso femminile, per lo più co­niugate.

Il demente assistito è nella maggior parte dei casi il genitore, poi il coniuge e solo eccezional­mente un altro parente. Nell'assistenza risulta in prevalenza coinvolto il sesso femminile specie nella categoria figli.

Delle 16 ore giornaliere di assistenza prestate in media al paziente, in grandissima parte sono svolte dai parenti, che nel 35% dei casi assisto­no il loro malato 24 ore su 24.

L'analisi delle ore dedicate alle varie funzioni assistenziali evidenzia che la maggior parte del tempo è dedicato alla compagnia e/o controllo; insieme all'igiene della persona, questa è la fun­zione assistenziale definita dai caregivers come quella che crea maggiori problemi.

Infatti essa interferisce pesantemente sulla lo­ro vita quotidiana (difficoltà ad allontanarsi ed a mantenere relazioni sociali anche a livelli mode­sti), nonché sulla loro salute fisica e psichica.

Nonostante l'onere di questa opera di assi­stenza così prolungata e faticosa, i parenti riten­gono preferibile mantenere il proprio malato in casa. È indispensabile però il rafforzamento di servizi sanitari e socio-assistenziali a domicilio, nonché la creazione di centri diurni con caratte­ristiche ben precise (non secondo le vaghe indi­cazioni del progetto-obiettivo "Tutela della salu­te degli anziani", che pur valutiamo positivamen­te), centri diurni che, come accennato in prece­denza, sono inesistenti nella realtà torinese.

Alla domanda: «Ti aiuterebbe disporre di un centro diurno?», risponde affermativamente oltre il 50% del campione.

Le funzioni attribuite al centro in prevalenza sono:        .

- stimolare le capacità residue del malato (24%) ;

- aiutare a risolvere problemi e/o ottenere in­formazioni aggiornate (18%);

- custodia/sollievo (16%);

- non hanno risposto (40%).

Riassumendo le caratteristiche principali del campione dei caregivers, si può affermare che si tratta per lo più di donne poco più che cinquan­tenni, coniugate, casalinghe e/o pensionate in buona salute che assistono un genitore o il co­niuge per un numero elevato di ore al giorno co­prendo la maggior parte del tempo di assistenza richiesto dal malato.

La funzione assistenziale che prende loro più tempo è quella di compagnia/controllo.

Tra i problemi più difficili da affrontare lamen­tano soprattutto l'assistenza al malato e il man­tenimento di una vita privata e sociale ad un li­vello minimo di normalità.

Dai risultati descritti emerge la gravità della sintomatologia presente nelle demenze e gli enormi problemi sanitari e assistenziali che ne derivano. Ciò nonostante, i parenti ritengono la casa il luogo ideale per i malati e non desidera­no sottrarsi alla responsabilità di curarli, bensì chiedono che i servizi sanitari e socio-assisten­ziali esistenti vengano migliorati e che vengano realizzate le strutture che ancora non ci sono, secondo le precise esigenze dei malati affetti da demenza e delle famiglie.

Sulla base dei risultati ottenuti dalla ricerca e dalla esperienza vissuta dai parenti-caregivers, la creazione dei centri diurni risulta essere di assoluta urgenza.

 

Il centro diurno

Il centro diurno per malati affetti da demenza deve configurarsi il più possibile come il prolun­gamento della propria casa; il suo scopo princi­pale è il miglioramento della vita sia del malato che dei parenti con lui conviventi.

La giornata tipo del centro deve svolgersi se­condo i normali ritmi e le attività del vivere quoti­diano, associati ad interventi che possano in­fluenzare positivamente l'autonomia e le capaci­tà di interazione sociale del malato.

Il centro diurno non è un contenitore a struttu­ra anarchica, ma un luogo saldamente collegato agli altri servizi per interventi domiciliari sanitari e assistenziali, di ricovero intermedio (day-ho­spital) e tradizionale (reparti per acuti e lungo­degenti) secondo un modello operativo che pri­vilegi lo stadio della malattia e i bisogni di «quel malato, in quel momento».

L'unità operativa geriatrica costituisce il mo­dello di riferimento.

Le dimensioni del centro devono essere con­tenute, con una capacità di accoglienza non su­periore alle 20 persone contemporaneamente; struttura duttile, periferica, aperta almeno 8 ore al giorno per 5 giorni alla settimana.

Il malato potrà accedervi a tempo pieno o par­ziale secondo le esigenze sue e della famiglia. Gli obiettivi del centro sono:

1) il malato;

2) il parente;

3) le attività complementari.

Criterio di accesso preferenziale: la presenza in contemporanea di più bisogni del malato e del parente che possano essere soddisfatti dall'attività del centro stesso.

Il malato: nel momento dell'accoglimento ver­rà fatta una valutazione delle esigenze del mala­to demente, la loro natura, nonché i livelli di au­tonomia residua onde poter identificare le figure professionali che dovranno intervenire.

I dati così rilevati potrebbero essere utilizzati dalle USL per la programmazione e incentivazio­ne dei servizi.

Successivamente il paziente verrà introdotto nelle attività di stimolazione psico-sensoriale e motoria (leggi: laboratori artigianali, corsi di atti­vità ludico-motoria, Reality Orientation ecc.), co­me avviene già da tempo nelle istituzioni di que­sto tipo meglio organizzate.

Saranno resi possibili interventi sanitari mino­ri diagnostici (accertamenti ematochimici, misu­razione della pressione arteriosa) e terapeutici (terapia iniettiva, interventi podologici, ecc.).

Problemi di maggior rilievo verranno dirottati alle strutture sanitarie funzionalmente collegate. Infine, cosa non meno importante, il centro diurno si occuperà, ove occorra, dell'igiene per­sonale del paziente (pedicure, manicure, par­rucchiere compresi) e del trattamento dietetico onde evitare casi di malnutrizione non infre­quenti laddove il caregiver coincida con un co­niuge anziano.

Sarà possibile da parte del centro diurno una funzione anche di custodia temporanea del ma­lato qualora il caregiver abbia necessità di allon­tanarsi da casa. L'accesso dovrà essere pro­grammato con i responsabili del centro.

Il parente: una valutazione delle risorse psico­fisiche e delle capacità di capire ed affrontare i problemi del malato demente è indispensabile anche per il parente/caregiver. Conseguente­mente il centro cercherà di sviluppare una attivi­tà di supporto psicologico e di counseling nei confronti dei parenti che potranno in tal modo gestire al meglio le problematiche che di volta in volta si presenteranno loro.

La formazione di gruppi di auto-aiuto, unita­mente alle attività succitate, permetterà ai fami­liari di evitare, per quanto possibile, che la de­menza del malato diventi «malattia della fami­glia» o, come altri sostengono, che la demenza sia causa di «distruzione della famiglia».

Altre attività complementari:

- fornire informazioni utilizzabili per la pro­grammazione di servizi socio-sanitari;

- divenire palestra di addestramento per il vo­lontariato.

 

Gestione del centro diurno

Responsabile del centro diurno per dementi dovrà essere una figura sanitaria paramedica da individuarsi, caodiuvata da personale ausilia­rio a tempo pieno o parziale.

Il medico e lo psicologo eserciteranno la su­pervisione sui programmi, l'assistente sociale controllerà l'insorgenza di eventuali stati di disa­gio sia nei malati che nei parenti e sarà il colle­gamento fra questi e i servizi competenti.

Occorrono anche operatori specializzati per gli ateliers, le attività ludico-ginniche e fisio-tera­piche, un impiegato amministrativo, un servizio di trasporto con autista più accompagnatore, o, forse, in alternativa, il servizio taxi.

Un centro così concepito ha costi rilevanti, ma riteniamo che dando spazio al volontariato, coinvolgendo, ove possibile, i familiari, la spesa dovrebbe essere affrontabile e la struttura rea­lizzabile con le caratteristiche necessarie.

L'AIMA, con questo intervento svolto a nome di tutti i suoi iscritti, ha voluto dare voce a chi vo­ce non ha se non attraverso quella flebile dei parenti. Spera in questo modo che essa diventi così forte da essere udita da tutti coloro che hanno il potere di decidere.

Chiede pertanto all'Assessore regionale alfa sanità del Piemonte ed ai responsabili delle USL di voler considerare urgente e prioritaria la creazione di centri diurni per gli affetti da de­menza.

Risulta che la Regione Piemonte detiene dei fondi statali destinati alla sanità, bloccati per motivi ignoti; inoltre il progetto-obiettivo "Tutela della salute degli anziani" parla di centri diurni per anziani inserendoli, senza ragioni chiare, fra i servizi socio-sanitari specialistici.

Riteniamo, pertanto, che approfondendo la te­matica in questione, sulla base della ricerca realizzata dal Dipartimento di geriatria e dalle esperienze della nostra associazione, nulla do­vrebbe ostare a che i centri diurni diventino una realtà, tenendo conto che una struttura così fat­ta consente una riduzione apprezzabile dei rico­veri in istituto e di conseguenza della spesa pubblica.

 

 

 

(*) Relazione tenuta al convegno «II progetto obiettivo "Tutela della salute degli anziani": una svolta per i servizi sanitari e assistenziali?», Torino, 30-31 ottobre 1992.

(**) Presidente dell'AIMA (Associazione italiana malati di ALzheimer) di Torino.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it