LETTERA APERTA SUL
COTTOLENGO DI TORINO (1)
Indirizziamo questa lettera aperta per la rilevante
importanza che riveste una presa di posizione dei dirigenti, degli operatori,
dei volontari e dei sostenitori del Cottolengo per il miglioramento delle
condizioni di vita presenti e future di decine e decine di migliaia di minori
in situazione di abbandono o con famiglie in gravi difficoltà, di
handicappati adulti gravi o gravissimi e di anziani malati cronici non
autosufficienti.
Questa presa di posizione ci sembra essere tanto più
necessaria oggi, poiché alcuni mettono in forse il diritto degli handicappati
più gravi di circolare liberamente e di giocare nei giardini pubblici.
A nostro avviso occorrerebbe che per i minori,
compresi quelli handicappati, venissero concretamente riconosciuti come
prioritari gli interventi di sostegno alle famiglie (innanzitutto la propria o,
a seconda dei casi, quella adottiva o affidataria), come d'altra parte prevede
la legge 4 maggio 1983, n. 184.
Per realizzare una positiva azione a favore degli
handicappati minori e adulti, ci pare che occorra partire dai loro bisogni e
dai loro diritti, riconoscendo che essi hanno l'esigenza vitale di apprendere,
di avere una casa, di lavorare, di ottenere aiuti psico-sociali (e in certi
casi anche economici).
Quindi, Governo, Ministeri, Regioni, Comuni, USL
devono, nell'ambito delle risorse effettivamente disponibili, far funzionare
le strutture sanitarie, la scuola, costruire case popolari, garantire il
collocamento obbligatorio al lavoro degli handicappati che hanno anche solo
una ridotta capacità lavorativa, ma pur sempre proficua per le aziende private
e pubbliche in cui sono inseriti.
L'intervento assistenziale dovrebbe essere riservato
solamente a coloro che, a causa della gravità delle loro condizioni, non sono
assolutamente in grado di svolgere un'attività lavorativa proficua.
Le strutture residenziali devono essere piccole, a
misura delle persone e delle famiglie
Se la struttura di accoglienza per i minori o per gli
handicappati adulti ha 8-10 posti (come una famiglia numerosa) e se è inserita
in modo sparso nel normale contesto territoriale di residenza delle persone,
allora può essere di effettivo aiuto alle famiglie: accoglienza anche solo
diurna, rientro a casa il sabato e la domenica, ecc. Inoltre i minori e gli
handicappati adulti possono utilizzare i servizi del territorio (sanitari,
scolastici, culturali, ricreativi, sportivi, ecc.) senza che si creino
separazioni fra le strutture di accoglienza, la famiglia e la comunità civile.
Il personale
Certamente nessuno di noi mette in dubbio la
dedizione del personale del Cottolengo. Anzi, riteniamo che se il personale
stesso ed i volontari operassero in piccole strutture inserite là dove il
bisogno si manifesta, non solo assicurerebbero agli assistiti - come avviene
oggi al Cottolengo - prestazioni di alto contenuto professionale e umano, ma
influenzerebbero positivamente la società circostante e, in particolare, gli
altri servizi sanitari, assistenziali e sociali in genere.
Anziani cronici non autosufficienti
Il progetto-obiettivo "Tutela della salute degli
anziani", reso esecutivo dal Parlamento il 30.1.1992, stabilisce che per
gli anziani cronici non autosufficienti è competente il settore sanitario come
previsto dalle leggi 692/1955, 132/ 1968 e 833/1978 (e non quello
assistenziale).
Pertanto i servizi sanitari sono obbligati - finalmente - a curare anche le persone
inguaribili. Inoltre il progetto-obiettivo riconosce la priorità degli
interventi sanitari domiciliari (ospedalizzazione a domicilio e assistenza
domiciliare integrata).
Nei casi in cui non sia possibile curare i vecchi a
casa loro, sono previste le RSA, residenze sanitarie assistenziali, con una
capienza massima di 60 posti, elevabili a 120 nelle zone urbane ad alta densità
abitativa.
Conclusioni
L'intervento dei dirigenti, degli operatori, dei
volontari e dei sostenitori del Cottolengo potrebbe favorire l'attuazione di
idonei interventi per i minori e gli handicappati e il rispetto del diritto
alle cure sanitarie degli anziani cronici non autosufficienti.
Proprio coloro che conoscono le sofferenze causate
dal disinteresse e dalle carenze delle istituzioni pubbliche e private
potrebbero fornire indicazioni utili per l'umanizzazione delle prestazioni
rivolte ai minori, agli handicappati, agli anziani e ai loro congiunti.
FERROVIE DELLO STATO: NORME
PER IL TRASPORTO DI PERSONE CON HANDICAP
Il Compartimento di Venezia dell'Ente Ferrovie dello
Stato ha pubblicato la "Guida ai servizi utenti con necessità
speciali".
La guida vuol essere «di aiuto a quanti, viaggiando sulle nostre linee, intendono usufruire
dei servizi offerti dalle stazioni qui riportate».
Il servizio di assistenza in stazione di partenza e
di arrivo da parte delle FS prevede: «la
guida del viaggiatore disabile (con carrozzella propria o FS) nell'ambito della
stazione per:
«- accompagnamento al treno e
operazioni per la salita;
«-
operazione per la discesa con accompagnamento all'uscita della stazione o ad
altro treno coincidente;
«- eventuale acquisto del biglietto; «- richiesta
informazioni;
«- eventuale richiesta di servizio
ristoro in treno direttamente sul posto».
Per usufruire del servizio e per la prenotazione dei
posti riservati, occorre telefonare 24 ore prima della partenza.
Segnaliamo, infine, che le persone con handicap, che
hanno diritto all'accompagnamento, possono usufruire della carta blu (prezzo L.
10 mila, validità 5 anni) mediante la quale il biglietto a tariffa ordinaria è
valido oltre che per l'interessato anche per l'accompagnatore.
QUANTI SONO I VOLONTARI IN
ITALIA: 4 MILIONI O 500 MILA?
Riportiamo
integralmente l'articolo scritto da Leonardo Butelli del Centro Nazionale del
Volontariato, apparso su "Sicurezza
Sociale Oggi - Notizie", n. 23-28,
24-29 gennaio 1993.
La matematica non è un'opinione, questa massima
sembra vera per tutti fuori che per coloro che continuano ad attestare sui 4
milioni i volontari impegnati nelle 13 o 15 mila associazioni presenti oggi
nel nostro Paese.
È pur vero che durante questi anni caratterizzati in
larga misura da una fervida attività di promozione del fenomeno, era richiesto
(ed è tuttora richiesto) agli organismi di studio, di ricerca e di
documentazione di fornire "i dati" che dimostrassero la reale
consistenza numerica del volontariato. Della dimensione qualitativa del fenomeno
si è discusso in sede di convegni, seminari di studio, meeting, ma mai le
sintesi di tali riflessioni hanno avuto sui mass-media lo spazio che si
meritavano.
Che i giornalisti tendano a diffondere i dati relativi
alla dimensione quantitativa non scandalizza nessuno, anzi per certi aspetti
tale azione ha avuto esiti positivi, mostrando all'opinione pubblica e spesso
promuovendo nell'opinione pubblica la valenza positiva dell'azione volontaria.
Quello che al contrario lascia quanto meno perplessi è l'enfasi che taluni
pongono sulla quantità dei volontari mistificando addirittura il dato dedotto
dalla ricerca IREF, che sappiamo già in eccesso in quanto comprende tutta la
famiglia dell'associazionismo.
Colpisce che in una recente ricerca commissionata al
CENSIS dalla Fondazione Italiana per il Volontariato, a pagina 14 si riporti:
«Particolarmente ardua è risultata da parte dei responsabili degli organismi
l'indicazione del numero di persone volontarie impegnate nelle attività, per
un insieme di ragioni che attestano della complessità e della fluidità di
questo fenomeno. L'azione volontaria è molto diversificata in base alla durata
dell'impegno, alla regolarità o irregolarità dell'intervento, all'ordinarietà o
straordinarietà delle occasioni di impegno. Per questi motivi, risulta poco
attendibile la cifra complessiva delle persone impegnate nelle attività.
Conviene quindi attribuire veridicità solo al numero
di volontari che, anche se non è definito con precisione, rispecchia però la
dimensione della forza lavoro volontaria all'interno dell'organismo, così come
dei volontari risulta essere di 43.484, pari ad una media di 42,2 persone per
organizzazione".
Una stima
fondata sulla proiezione di queste cifre porterebbe a quantificare in 548.600 e
633.000 le persone impegnate nel volontariato sociale (in riferimento alla
doppia ipotesi di 13.000 e 15.000 gruppi). Si tratta, evidentemente di un dato
molto lontano dalle cifre solitamente citate.
Dove sono allora i circa 4 milioni di volontari? È la
ricerca della Fondazione condotta dal CENSIS a mostrare limiti oppure sia pure
in buona fede ancora oggi troppe persone, anche dirigenti, diffondono cifre
senza fondamento?
La verità è che in questi anni si sono contati i
volontari impegnati sia nei gruppi di volontariato comunemente intesi (e che
successivamente la legge ha meglio connotato), sia persone, soci di altri tipi
di associazioni, che sia pure con caratteristiche diverse agiscono per
finalità sociali e/o a sostegno di gruppi di persone svantaggiate.
Sarebbe allora opportuno anche con l'aiuto degli
Istituti di ricerca, che si sono fino ad oggi prodigati nelle indagini,
promuovere una riflessione più puntuale su tale versante.
(1) Lettera aperta del CSA
indirizzata agli organizzatori, relatori e partecipanti del convegno di Torino
del 13-15 novembre 1992 sul Cottolengo.
www.fondazionepromozionesociale.it