Prospettive assistenziali, n. 101, gennaio-marzo 1993

 

 

Notizie

 

 

LETTERA APERTA SUL COTTOLENGO DI TORINO (1)

 

Indirizziamo questa lettera aperta per la rilevante importanza che riveste una presa di posi­zione dei dirigenti, degli operatori, dei volontari e dei sostenitori del Cottolengo per il miglioramento delle condizioni di vita presenti e future di decine e decine di migliaia di minori in situazio­ne di abbandono o con famiglie in gravi difficoltà, di handicappati adulti gravi o gravissimi e di anziani malati cronici non autosufficienti.

Questa presa di posizione ci sembra essere tanto più necessaria oggi, poiché alcuni metto­no in forse il diritto degli handicappati più gravi di circolare liberamente e di giocare nei giardini pubblici.

A nostro avviso occorrerebbe che per i minori, compresi quelli handicappati, venissero concretamente riconosciuti come prioritari gli interventi di sostegno alle famiglie (innanzitutto la propria o, a seconda dei casi, quella adottiva o affidata­ria), come d'altra parte prevede la legge 4 mag­gio 1983, n. 184.

Per realizzare una positiva azione a favore degli handicappati minori e adulti, ci pare che occorra partire dai loro bisogni e dai loro diritti, riconoscendo che essi hanno l'esigenza vitale di apprendere, di avere una casa, di lavorare, di ottenere aiuti psico-sociali (e in certi casi anche economici).

Quindi, Governo, Ministeri, Regioni, Comuni, USL devono, nell'ambito delle risorse effettiva­mente disponibili, far funzionare le strutture sani­tarie, la scuola, costruire case popolari, garantire il collocamento obbligatorio al lavoro degli han­dicappati che hanno anche solo una ridotta ca­pacità lavorativa, ma pur sempre proficua per le aziende private e pubbliche in cui sono inseriti.

L'intervento assistenziale dovrebbe essere ri­servato solamente a coloro che, a causa della gravità delle loro condizioni, non sono assoluta­mente in grado di svolgere un'attività lavorativa proficua.

 

Le strutture residenziali devono essere piccole, a misura delle persone e delle famiglie

Se la struttura di accoglienza per i minori o per gli handicappati adulti ha 8-10 posti (come una famiglia numerosa) e se è inserita in modo sparso nel normale contesto territoriale di resi­denza delle persone, allora può essere di effetti­vo aiuto alle famiglie: accoglienza anche solo diurna, rientro a casa il sabato e la domenica, ecc. Inoltre i minori e gli handicappati adulti possono utilizzare i servizi del territorio (sanitari, scolastici, culturali, ricreativi, sportivi, ecc.) sen­za che si creino separazioni fra le strutture di accoglienza, la famiglia e la comunità civile.

 

Il personale

Certamente nessuno di noi mette in dubbio la dedizione del personale del Cottolengo. Anzi, ri­teniamo che se il personale stesso ed i volontari operassero in piccole strutture inserite là dove il bisogno si manifesta, non solo assicurerebbero agli assistiti - come avviene oggi al Cottolengo - prestazioni di alto contenuto professionale e umano, ma influenzerebbero positivamente la società circostante e, in particolare, gli altri ser­vizi sanitari, assistenziali e sociali in genere.

 

Anziani cronici non autosufficienti

Il progetto-obiettivo "Tutela della salute degli anziani", reso esecutivo dal Parlamento il 30.1.1992, stabilisce che per gli anziani cronici non autosufficienti è competente il settore sani­tario come previsto dalle leggi 692/1955, 132/ 1968 e 833/1978 (e non quello assistenziale).

Pertanto i servizi sanitari sono obbligati - fi­nalmente - a curare anche le persone inguaribili. Inoltre il progetto-obiettivo riconosce la priori­tà degli interventi sanitari domiciliari (ospedaliz­zazione a domicilio e assistenza domiciliare in­tegrata).

Nei casi in cui non sia possibile curare i vecchi a casa loro, sono previste le RSA, residenze sa­nitarie assistenziali, con una capienza massima di 60 posti, elevabili a 120 nelle zone urbane ad alta densità abitativa.

 

Conclusioni

L'intervento dei dirigenti, degli operatori, dei volontari e dei sostenitori del Cottolengo potreb­be favorire l'attuazione di idonei interventi per i minori e gli handicappati e il rispetto del diritto alle cure sanitarie degli anziani cronici non au­tosufficienti.

Proprio coloro che conoscono le sofferenze causate dal disinteresse e dalle carenze delle istituzioni pubbliche e private potrebbero fornire indicazioni utili per l'umanizzazione delle presta­zioni rivolte ai minori, agli handicappati, agli an­ziani e ai loro congiunti.

 

 

FERROVIE DELLO STATO: NORME PER IL TRASPORTO DI PERSONE CON HANDICAP

 

Il Compartimento di Venezia dell'Ente Ferrovie dello Stato ha pubblicato la "Guida ai servizi utenti con necessità speciali".

La guida vuol essere «di aiuto a quanti, viag­giando sulle nostre linee, intendono usufruire dei servizi offerti dalle stazioni qui riportate».

Il servizio di assistenza in stazione di partenza e di arrivo da parte delle FS prevede: «la guida del viaggiatore disabile (con carrozzella propria o FS) nell'ambito della stazione per:

«- accompagnamento al treno e operazioni per la salita;

«- operazione per la discesa con accompa­gnamento all'uscita della stazione o ad altro tre­no coincidente;

«- eventuale acquisto del biglietto; «- richiesta informazioni;

«- eventuale richiesta di servizio ristoro in tre­no direttamente sul posto».

Per usufruire del servizio e per la prenotazio­ne dei posti riservati, occorre telefonare 24 ore prima della partenza.

Segnaliamo, infine, che le persone con handi­cap, che hanno diritto all'accompagnamento, possono usufruire della carta blu (prezzo L. 10 mila, validità 5 anni) mediante la quale il biglietto a tariffa ordinaria è valido oltre che per l'interes­sato anche per l'accompagnatore.

 

 

QUANTI SONO I VOLONTARI IN ITALIA: 4 MILIONI O 500 MILA?

 

Riportiamo integralmente l'articolo scritto da Leonardo Butelli del Centro Nazionale del Volon­tariato, apparso su "Sicurezza Sociale Oggi - No­tizie", n. 23-28, 24-29 gennaio 1993.

 

La matematica non è un'opinione, questa massima sembra vera per tutti fuori che per co­loro che continuano ad attestare sui 4 milioni i volontari impegnati nelle 13 o 15 mila associa­zioni presenti oggi nel nostro Paese.

È pur vero che durante questi anni caratteriz­zati in larga misura da una fervida attività di pro­mozione del fenomeno, era richiesto (ed è tutto­ra richiesto) agli organismi di studio, di ricerca e di documentazione di fornire "i dati" che dimo­strassero la reale consistenza numerica del vo­lontariato. Della dimensione qualitativa del feno­meno si è discusso in sede di convegni, semina­ri di studio, meeting, ma mai le sintesi di tali ri­flessioni hanno avuto sui mass-media lo spazio che si meritavano.

Che i giornalisti tendano a diffondere i dati re­lativi alla dimensione quantitativa non scandaliz­za nessuno, anzi per certi aspetti tale azione ha avuto esiti positivi, mostrando all'opinione pub­blica e spesso promuovendo nell'opinione pub­blica la valenza positiva dell'azione volontaria. Quello che al contrario lascia quanto meno per­plessi è l'enfasi che taluni pongono sulla quanti­tà dei volontari mistificando addirittura il dato dedotto dalla ricerca IREF, che sappiamo già in eccesso in quanto comprende tutta la famiglia dell'associazionismo.

Colpisce che in una recente ricerca commis­sionata al CENSIS dalla Fondazione Italiana per il Volontariato, a pagina 14 si riporti: «Particolar­mente ardua è risultata da parte dei responsabili degli organismi l'indicazione del numero di per­sone volontarie impegnate nelle attività, per un insieme di ragioni che attestano della comples­sità e della fluidità di questo fenomeno. L'azione volontaria è molto diversificata in base alla dura­ta dell'impegno, alla regolarità o irregolarità dell'intervento, all'ordinarietà o straordinarietà delle occasioni di impegno. Per questi motivi, ri­sulta poco attendibile la cifra complessiva delle persone impegnate nelle attività.

Conviene quindi attribuire veridicità solo al numero di volontari che, anche se non è definito con precisione, rispecchia però la dimensione della forza lavoro volontaria all'interno dell'orga­nismo, così come dei volontari risulta essere di 43.484, pari ad una media di 42,2 persone per organizzazione".

Una stima fondata sulla proiezione di queste cifre porterebbe a quantificare in 548.600 e 633.000 le persone impegnate nel volontariato sociale (in riferimento alla doppia ipotesi di 13.000 e 15.000 gruppi). Si tratta, evidentemente di un dato molto lontano dalle cifre solitamente citate.

Dove sono allora i circa 4 milioni di volontari? È la ricerca della Fondazione condotta dal CEN­SIS a mostrare limiti oppure sia pure in buona fede ancora oggi troppe persone, anche diri­genti, diffondono cifre senza fondamento?

La verità è che in questi anni si sono contati i volontari impegnati sia nei gruppi di volontariato comunemente intesi (e che successivamente la legge ha meglio connotato), sia persone, soci di altri tipi di associazioni, che sia pure con caratte­ristiche diverse agiscono per finalità sociali e/o a sostegno di gruppi di persone svantaggiate.

Sarebbe allora opportuno anche con l'aiuto degli Istituti di ricerca, che si sono fino ad oggi prodigati nelle indagini, promuovere una rifles­sione più puntuale su tale versante.

 

 

 

(1) Lettera aperta del CSA indirizzata agli organizzatori, relatori e partecipanti del convegno di Torino del 13-15 novembre 1992 sul Cottolengo.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it