Prospettive assistenziali, n. 101, gennaio-marzo 1993

 

 

SOLIDARIETÀ A DISTANZA: UNA INIZIATIVA POSITIVA DA NON CONFONDERE CON L'ADOZIONE

 

 

In questi ultimi tempi stanno sempre più moltiplicandosi iniziative tese ad aiutare bambini e famiglie in difficoltà nei paesi del terzo mondo.

È estremamente positiva l'opera di persone e di gruppi che si attivano per informare e per sensibilizzare l'opinione pubblica in merito alle miserrime condizioni di vita di centinaia di milioni di persone e che avviano in conseguenza iniziative di sostegno e di aiuto alle famiglie in diffi­coltà affinché possano provvedere direttamente e nel modo più adeguato possibile ai loro figli.

Riteniamo che queste iniziative debbano par­tire dal riconoscimento che:

1) diritto fondamentale di ogni bambino - compresi i bambini handicappati o malati - è quello di crescere in famiglia: innanzitutto quella in cui è nato, che deve essere aiutata dalla comunità a svolgere il suo compito educativo. Quando ciò non è possibile, il bambino ha diritto a crescere in una famiglia affidataria o adottiva che deve essere prioritariamente reperita nel suo paese d'origine;

2) le differenze etniche, culturali e sociali di ogni paese non possono prescindere da queste esigenze di fondo di ogni bambino, anche se è necessario tenerne conto rispetto, ad esempio, ad una concezione allargata della famiglia;

3) la vastità del fenomeno dell'abbandono ma­teriale e morale e della morte per fame e per indigenza dei bambini in certe aree del mondo, non può essere positivamente affrontata agendo unicamente sugli effetti. È necessario infatti operare sulle cause socio-economiche e politi­che che la determinano, intervenendo soprattut­to per il cambiamento delle politiche internazio­nali che causano un sempre maggior sfrutta­mento dei paesi ricchi nei confronti di quelli po­veri. A questo riguardo, pare opportuno richia­mare l'importanza del ruolo della cooperazione internazionale e del volontariato che deve agire nell'ottica del superamento di queste situazioni di sfruttamento;

4) l'adozione internazionale è una risposta positiva ai bisogni di quei bambini in situazione di abbandono materiale e morale che non posso­no trovare all'interno della comunità di appartenenza una soluzione di tipo familiare.

L'azione dei gruppi e delle associazioni italia­ne operanti nei paesi del terzo mondo deve quindi privilegiare la promozione del diritto di ogni minore a crescere in una famiglia, soste­nendo e aiutando anche economicamente le fa­miglie in difficoltà, ed avviando iniziative tese a favorire la crescita di una cultura di solidarietà e di accoglienza dei bambini soli da parte della comunità locale.

Partendo da questi principi, riteniamo che non possano essere sostenute e condivise quelle iniziative dirette a finanziare la costruzione di nuovi istituti di ricovero.

Infatti il diritto del bambino a crescere in una famiglia nasce dal fatto che è ormai universalmente riconosciuto che ogni bambino, per poter raggiungere uno sviluppo psico-fisico equilibrato, ha bisogno di cure personali e con­tinue.

Il contesto psicologico ed educativo che può garantire al bambino il soddisfacimento dei suoi bisogni fisici e psicologici è l'ambiente familiare, pur nelle sue diverse caratterizzazioni a secon­da dei vari contesti culturali e sociali.

Qualsiasi soluzione istituzionale (istituti tradizionali, villaggi, ecc.) non può essere una rispo­sta adeguata alle esigenze fondamentali di ogni bambino, indipendentemente dalla cultura e dall'etnia cui appartiene.

La drammaticità e l'emergenza delle situazio­ni, l'enorme entità del bisogno in certi paesi del terzo mondo, non possono giustificare la ripro­posizione di soluzioni istituzionali.

Proprio l'immensità del bisogno deve indiriz­zare l'opera di aiuto verso soluzioni che siano ri­spettose dei diritti delle persone coinvolte e che favoriscano il soddisfacimento dei bisogni fon­damentali di queste persone, e ciò a maggior ra­gione allorché si tratti di bambini.

Le ricerche scientifiche condotte da oltre 50 anni in tutte le parti del mondo, hanno infatti di­mostrato i danni anche irreversibili che la caren­za di cure familiari provocano sullo sviluppo dei bambini.

Inoltre non possiamo dimenticare che gli in­terventi alternativi al ricovero in istituto sono di gran lunga meno onerosi e consentono di aiuta­re un maggior numero di persone (bambini e fa­miglie), oltre che di rafforzare il concetto di fami­glia e il valore del legame familiare, che sono certamente la più efficace prevenzione dell'ab­bandono.

Da ultimo queste forme di solidarietà e di aiu­to non possono, a nostro avviso, essere - co­me spesso avviene - chiamate "Adozioni a di­stanza".

Infatti l'adozione è l'atto sociale e giuridico in base al quale i bambini diventano figli a tutti gli effetti di genitori che non li hanno procreati e, parallelamente, i genitori diventano padre e ma­dre di un figlio non nato da loro.

Molti considerano ancora come sinonimi i due termini "nato da" e "figlio di". Sappiamo, invece, che la personalità non è determinata tanto dall'apporto ereditario, quanto dall'ambiente, in particolare dall'ambiente familiare che educa il figlio (procreato o adottivo), forma gli aspetti es­senziali del carattere e costruisce in sostanza la base della sua personalità.

Ciò premesso, se si considera il rapporto di adozione come un vero e proprio rapporto di fi­liazione, ne deriva l'esigenza che la denomina­zione "Adozione a distanza" non debba essere più usata e che ne sia scelta una, ad esempio "Solidarietà a distanza", che non comporti con­notazioni riduttive per l'adozione e metta in risal­to gli aspetti positivi dell'aiuto disinteressato che persone e gruppi realizzano nei confronti di co­loro che sono in situazione di grave indigenza.

 

www.fondazionepromozionesociale.it