Prospettive assistenziali, n. 102, aprile-giugno
1993
IL CONTRIBUTO DEI MEDICI DI MEDICINA GENERALE E DELLA MEDICINA DI GRUPPO
ALLE CURE DOMICILIARI PER GLI ANZIANI
GIANLUIGI PASSERINI (*)
La medicina di base oggi in Italia (1)
Il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) nel nostro
paese prevede che l'assistenza sanitaria di primo livello venga erogata dal
medico di medicina generale (MG). Questa scelta appare razionale in base alle
raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale ha affermato
che ogni servizio sanitario, sia nei paesi industrializzati che in quelli in
via di sviluppo, dovrebbe essere così organizzato per ottimizzare i rapporti
costo/efficacia e costo/beneficio, essendo nel contempo in grado di dare
risposte adeguate alla maggior parte dei problemi di salute delle popolazioni
utilizzando le risorse disponibili in maniera razionale. La medicina di base
(MB) deve garantire adeguati livelli di:
(1) Accessibilità. Ciò significa che non devono
essere frapposti ostacoli all'accesso al proprio medico per gli utenti. La MB
si colloca in una posizione ottimale in quanto più vicina ai problemi della
popolazione rispetto all'ospedale.
(2) Continuità della cura. Ciò è la base per una
razionale assistenza sanitaria ed assume particolare importanza per le
patologie/problemi cronici.
(3) Rapporto medico/paziente individuale, stabile e
fiduciale.
La MB in Italia garantisce queste condizioni in
quanto:
(1) È prevista la possibilità di inserimento di un MG
per ogni 1000 abitanti (rapporto ottimale). In questo modo è favorita la
distribuzione capillare dei MG nel territorio, ad es. anche nei comuni più
piccoli, nelle frazioni o nei territori montani disagiati (attualmente operano
circa 67.000 MG con una media nazionale di 836 pazienti per medico). Spesso
non ci si rende conto di quale potenzialità operativa ciò permetta (in Gran
Bretagna, a parità di popolazione, operano circa 30.000 MG e la media europea è
di circa un MG per 2000-2600 abitanti) e di come una parte di essa sia
attualmente sprecata per mancata implementazione di normative ad hoc e per mancato coordinamento
operativo di questo esercito di medici.
(2) È previsto un numero di pazienti assistibili
(massimale di scelte) non superiore a 1.500 (1.800 per i MG già convenzionati
prima del 1978) per i MG che operano a tempo pieno, ridotto a 500 per quelli
che lavorano anche a tempo definito in altre strutture ospedaliere e/o
pubbliche. Ciò favorisce da parte dei medici una effettiva copertura delle
esigenze assistenziali dei pazienti, sia in senso quantitativo che qualitativo.
(3) I MG sono retribuiti a "quota
capitaria", cioè ricevono un compenso fisso per paziente/per anno che è
indipendente dal numero di accessi da parte dei pazienti. Una normativa che è
stata recentemente attuata prevede un pagamento aggiuntivo per gli accessi
domiciliari del medico a pazienti "non deambulanti" e quindi
costretti a casa.
Inoltre l'assistenza di base è gratuita per i pazienti,
altro elemento che favorisce l'accessibilità e la continuità delle cure.
Il MG si trova quindi nella posizione ottimale per
attuare la "cura globale della persona", che tenga conto non solo
degli aspetti strettamente medici ma anche di tutti quelli contestuali (culturali,
familiari, sociali ed economici), ovviando ai rischi (senza volerne sminuire
tuttavia i benefici!) degli interventi specialistici sul territorio (centri
antidiabetici o dell'ipertensione, ecc.) che si limitano all'approccio medico-tecnologico.
In base a questi presupposti è pensabile che sia
possibile coprire adeguatamente l'assistenza alla popolazione nel territorio,
inclusa anche quella domiciliare limitando così il ricorso alle strutture
ospedaliere e/o di ricovero di secondo livello.
Esistono tuttavia alcuni problemi che attualmente
limitano alla MB la completa estrinsecazione della propria potenzialità
operativa.
In particolare si possono citare:
(1) Un'ampia variabilità di conoscenze, competenza,
mansionario, performance, esperienze
ed obiettivi professionali tra i vari MG. Questo rende difficile la definizione
di un livello medio di "performance
professionale"; in particolare rispetto a problemi più complessi,
quali quello della cura globale domiciliare dei pazienti.
(2) Carenze organizzative nelle modalità del lavoro,
che condizionano molto l'outcome e dipendenti
in parte da una mancanza di "ideazione individuale" in tal senso e
molto dal SSN che non ha recepito nella pratica il concetto di "ruolo
centrale della MW e quindi non ne ha favorito lo sviluppo culturale (mancata
implementazione di dipartimenti universitari per attivare l'insegnamento
pre-laurea, l'insegnamento specifico ed il tirocinio vocazionale post-laurea, e
la ricerca nel settore) ed una adeguata strutturazione organizzativa (non
incentivi a dotarsi di migliori ambulatori, meglio organizzati e dotati di strumentazioni/servizi,
non incentivi/facilitazioni a personale aggiunto di tipo infermieristico e/o
segretariale).
(3) Isolamento professionale progressivo nel tempo, a
cui segue un ridotto livello di comunicazione/collaborazione con gli altri
servizi sanitari e socio-assistenziali.
A ciò consegue un livello di credibilità sociale del
MG ancora non adeguato alle aspettative, con limitazione anche della
credibilità professionale. Nonostante questa credibilità sia in aumento (nel
nostro paese così come all'estero, non solo per la crisi del modello medico
specialistico), una recente indagine del CENSIS [1] ha messo in evidenza come
di fronte ad un problema di salute ritenuto importante il 65% degli intervistati
ha risposto che preferisce in prima istanza consultare un medico specialista. È
però possibile affermare che è in corso nella MB italiana un trend positivo
nella qualità dell'assistenza erogata, a cui corrisponde un miglior giudizio
da parte della popolazione.
L'attività di un MG
Un MG con una popolazione assistita di 1.500 persone
può attendersi una distribuzione per età e sesso dei suoi assistiti tale che
[2]:
- gli anziani oltre i 60 anni sono circa 270 (17%) di
cui 150 donne e 120 uomini;
- i pazienti affetti da ipertensione arteriosa e da
diabete mellito (malattie prese ad esempio di problemi cronico-degenerativi ad
alta prevalenza) sono rispettivamente circa 180 e 60 (calcolati su una
prevalenza stimata del 12% e 4%);
- i pazienti costretti a casa (per malattie o perché
intrasportabili), per i quali è quindi richiesta un'assistenza domiciliare
continuativa, sono circa 40 (2,6%).
Questi dati possono variare in relazione alla
differente composizione per età e sesso delle popolazioni assistite dai singoli
MG.
Il carico di lavoro medio per anno consiste in circa
6.000 visite ambulatoriali, 400-800 visite domiciliari (questo dato dipende
molto dalla disponibilità del MG), ed in 4.000-5.000 contatti indiretti o non
clinici (es. telefonate, prescrizioni, certificazioni) [2].
In sintesi circa 4-6 contatti all'anno (per visite)
che diventano 8-10 per le classi d'età anziane e per le persone affette da
malattie rilevanti (è descritto che ogni anziano ha in media almeno tre
problemi di salute di vario tipo).
Le visite domiciliari in MG sono in ordine di
frequenza utilizzate per seguire periodicamente pazienti costretti in casa, poi
per patologie acute infettive e per le urgenze. Il primo gruppo è costituito
in buona parte da anziani.
Un ambulatorio ben organizzato (per es. ove le visite
vengono erogate per appuntamento [3]) comporta una riduzione delle richieste di
visite domiciliari, così come nelle aree rurali tendono invece ad incrementarsi
a causa della carenza di mezzi di trasporto per i pazienti.
Inoltre queste rappresentano per il MG un onere
molto maggiore rispetto a quelle ambulatoriali, sia perché richiedono molto più
tempo, sia perché l'ambulatorio è in ogni caso il luogo ideale e più idoneo
per erogare le cure. La conoscenza del paziente a casa fornisce tuttavia
informazioni utili ad un suo miglior inquadramento globale rispetto alla sola
visita ambulatoriale.
La medicina di gruppo, cioè due o più MG che erogano
in maniera coordinata e complementare l'assistenza sanitaria alle loro
popolazioni di assistiti, rappresenta una modalità ottimale di intervento
efficace sugli anziani, permettendo di garantire più facilmente alcuni servizi
che al MG sono possibili ma non facili.
Le tabelle 1 e 2 riportano alcuni dati di accesso
della popolazione anziana al loro medico.
Tabella
1 [4]
Percentuale di anziani visitati a casa
da un medico negli ultimi 12 mesi (media uomini/donne)
Nazione Età
65-75 75-80 › 80
Firenze 45 60 70
Bruxelles 40 58 64
Tampere 40 80 60
Zagabria 20 28 30
Bucarest 19 31 40
Grecia rurale 25 28 45
Pirenei 40 55 79
Tabella
2 [4]
Percentuale di anziani che sono andati
dal medico nei 12 mesi precedenti (media uomini/donne)
Nazione Età
65-75 75-80 › 80
Firenze 80 72 71
Bruxelles 65 58 43
Tampere 80 75 78
Zagabria 40 40 42
Bucarest 77 90 52
Grecia rurale 60 62 70
Pirenei 64 57 40
Il problema “anziani”
Gli anziani oggi fanno notizia. Esperti di ogni tipo,
epidemiologi, geriatri e gerontologi, statistici, psichiatri, sociologi,
economisti, amministratori e certamente molti altri si stanno interessando
della terza età come non mai in passato.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha portato
importanti contributi alla discussione (R.L. Kane, J. Grimley Evans, D.
Macfadyen: "Improving the health of
older people. A world view". WHO-Oxford Univ. Press, 1990).
Perché questo aumento di interesse per gli anziani?
Le ragioni sono molteplici. La prima è che il numero
degli anziani nel mondo sta aumentando. L'allungamento della speranza di vita,
dovuto ai mutati tassi di mortalità, sta rapidamente spostando le piramidi
d'età delle popolazioni verso le fasce più anziane.
In Europa i prossimi dieci anni vedranno un notevole
aumento della proporzione di anziani, in particolare dei "grandi
anziani" oltre i 75 anni. In letteratura è oggi entrata in uso la tendenza
a studiare separatamente gli anziani (60-75 anni) dai grandi anziani (oltre
75), in quanto questi due gruppi evidenziano differenze di tipo sociale,
medico e di autonomia funzionale.
La ricerca in molti paesi sta procedendo verso la
definizione dei fattori di rischio responsabili della perdita di autonomia e
di autosufficienza.
Il prevedibile aumento del numero di anziani non
autosufficienti richiederà un'assistenza praticamente a tempo pieno ed in
molti paesi i servizi sanitari e sociali non sono in grado di rispondere
adeguatamente ai bisogni attuali e quindi sembrano prevalentemente impreparati
a rispondere ad un loro aumento.
In Italia la maggior parte delle risposte ai problemi
di salute degli anziani vengono dalla famiglia, dal MG e dai servizi
socio-assistenziali, mentre in senso quantitativo gli ospedali vedono meno
casi.
La terza età è sempre stata considerata sinonimo di
malattia. Certamente una parte degli anziani è portatore di patologie croniche
degenerative, ma gli anziani hanno minor incidenza di malattie infettive acute
rispetto ai giovani.
Molti addetti ai lavori stimolano alla dipendenza ed
alla rinuncia all'attività, avendo limitate aspettative circa le risorse e le
capacità dei loro pazienti anziani. Per esempio la depressione clinica spesso
non è diagnosticata né trattata in quanto i suoi sintomi sono ritenuti parte
normale della terza età.
Di contro sono stati fatti anche importanti progressi,
per esempio nello studio della malattia di Alzheimer, nel trattamento medico
del morbo di Parkinson e nella disponibilità di terapie mediche e chirurgiche
per le malattie cardiovascolari e molte malattie o inabilità, in precedenza
considerate inevitabili, sono ora curabili e prevenibili. Inoltre maggiore
attenzione è dedicata all'assistenza domiciliare quale alternativa più
efficace rispetto a quella istituzionale.
Il più grosso e principale problema non è medico, ma
economico, e consiste nel garantire ad ogni anziano un adeguato reddito.
Studi recenti effettuati nel Regno Unito ed in Canada
hanno evidenziato che gli anziani di bassa condizione socio-economica hanno
un'aspettativa di vita senza disabilità di circa 3 anni inferiore rispetto a
quelli di migliori condizioni economiche. Anche il grado di disabilità è
risultato molto più basso nei laureati rispetto a chi ha studiato meno di 8
anni.
La situazione italiana è tuttora caratterizzata da un
approccio piuttosto restrittivo, prevalentemente medico e mirato alle
situazioni di malattia. La promozione della salute, gli interventi per ritardare
la perdita di autonomia che segue alla comparsa di disabilità ed in parte anche
la prevenzione della malattia non sono ancora considerati parte integrante
dell'approccio globale ai problemi degli anziani.
L'atteggiamento culturale degli operatori sanitari,
inoltre, è più orientato ad una valutazione su base anatomo-patologica, diretta
a porre una diagnosi di tipo medico, che alla valutazione su base funzionale,
mirante cioè a rilevare le differenze tra ciò che l'anziano vuole o deve fare
per star bene e ciò che effettivamente è in grado di fare.
La causa di perdita di funzione spesso non è una
malattia ma una situazione, esterna alla persona, che ne limita lo svolgimento
delle attività della vita quotidiana, o uno stato emotivo, o il risultato di
carenze di risorse socio-economicheambientali.
L'approccio "funzionale" completa la definizione
della diagnosi "medica" e permette una più precisa stima della
prognosi e del programma di assistenza.
Esso può anche ridurre i rischi di etichettare
l'anziano come "malato", a cui consegue un rischio oggettivo di
eccesso di indagini/terapie farmacologiche/ricoveri ed uno soggettivo di
perdita di sicurezza del proprio stato di benessere.
In tutto questo giocano un ruolo fondamentale la
formazione specifica di tutti gli operatori, la sensibilizzazione della società
e dei mass media ai problemi degli anziani ed un rigoroso piano di allocazione
razionale delle risorse esistenti nel Sistema Sanitario Nazionale.
Prima intervenire a casa: verso chi?
Esistono molti casi per i quali è ipotizzabile
un'assistenza a casa.
In assoluto il gruppo più numeroso è rappresentato
dagli anziani affetti da malattie croniche, sia perché spesso la loro
condizione è "soggettivamente avvertita come patologica", sia perché
la prevalenza di condizioni patologiche di rilievo e ad andamento cronico nella
terza età è elevata. Il complesso sintomatologico che consegue al fisiologico
invecchiamento dei vari organi ed apparati è spesso condizione sufficiente a
causare un livello di patologia/inabilità che portano alla non
autosufficienza, tale da richiedere l'attuazione di un piano di assistenza
domiciliare globale.
Nonostante l'allungamento dell'età media abbia fatto
sì che in età anziana si possano incontrare sempre più anche patologie e
quadri clinici complessi, nella pratica prevalgono delle condizioni che un MG
con una buona preparazione clinica di base è normalmente in grado di affrontare,
avendo inoltre il vantaggio di conoscere a fondo i pazienti, cosa questa che
permette una decisione più mirata e secondo una scala di priorità
clinica-funzionale e prognostica dei pazienti.
Molti di questi pazienti, in specie nella fase
cronica della loro malattia, preferirebbero soggettivamente essere curati a
casa.
Solo il 26% dei pazienti morti a casa dopo essere
stati dimessi dall'ospedale hanno riferito sintomi "molto
disturbanti" tipo dolore, insonnia, vomito ed inappetenza, stipsi, ulcere
da decubito e mancanza di respiro [5].
Oggettivamente ciò rappresenta un aiuto a guarire
prima e meglio senza incorrere in ulteriori complicanze (come ad es. le
broncopolmoniti che spesso colpiscono gli anziani ospedalizzati per altri
motivi). Ciò non è solo spiegabile in base a meccanismi strettamente medici, ma
anche con il fatto che a casa il paziente migliora il suo atteggiamento
positivo rispetto alla propria malattia.
Le cure domiciliari agli anziani:
quando?
Il concetto di assistenza domiciliare implica un
atteggiamento di "cura globale extra ospedaliera", che è più
estensivo di quello di "curare il paziente al suo domicilio". Molte
condizioni di salute potrebbero essere adeguatamente curate a casa nel senso di
"fuori dall'ospedale o in generale dal luogo di cura istituzionale",
in collaborazione con i geriatri e gli altri servizi sociosanitari
territoriali.
In letteratura medica esistono addirittura lavori
che dimostrano una miglior prognosi per i pazienti anziani curati a casa a
seguito di infarto miocardico rispetto a quelli ospedalizzati.
È indubbio che esistano delle situazioni acute, e
molto meno frequentemente croniche, in cui si rende oggettivamente necessario
un ricovero ospedaliero. In altri casi ciò avviene o perché il ricovero è
percepito come necessario (e quindi spinto) da parte del paziente o dei
parenti, o perché il modello culturale medico spinge a farlo (ad es. in Italia
l'ictus cerebrale viene quasi sempre ricoverato a differenza di molti altri paesi
europei dove ciò avviene in pochissimi casi).
Spesso il MG ospedalizza per altri motivi non
strettamente medici, quali:
(1) per problemi assistenziali;
(2) per diminuire il carico assistenziale (fisico,
psicologico) gravante sui familiari, anche se ampiamente disponibili;
(3) su richiesta dei parenti per:
3.1 - difficoltà a tollerare l'equilibrio psicologico
e psicorelazionale che si crea con il malato;
3.2 - per un tentativo dei familiari di "scaricare"
il malato alla struttura pubblica (in genere parenti non collaboranti o che
"non hanno tempo" per motivi di lavoro);
(4) su richiesta del paziente (quando, sentendosi
male ed in peggioramento, spera che un ricovero possa significare nuova
diagnosi e nuove cure).
Il principale deterrente per parenti a curare a casa
è probabilmente la paura, largamente giustificata, che possa venir meno il
supporto assistenziale.
Spesso non è neppure vero che gli ammalati a casa
vengono aiutati dai medici, questi dagli infermieri e questi dai parenti; nella
mia esperienza è esattamente il contrario: i professionisti, quando vengono
coinvolti, svolgono semplicemente compiti marginali e lasciano ai parenti
l'onere di assistere in prima linea, 24 ore su 24.
È importante tener conto di tutti gli aspetti che
entrano in gioco nel decidere un'ospedalizzazione se si vuole capire il
problema e se lo si vuole reimpostare diversamente. Appare riduttivo il
giudizio di "scarsa competenza" o "scarso impegno
professionale" che spesso viene dato ai MG dai colleghi ospedalieri, in
occasione di ricoveri.
La medicina di gruppo
La medicina di gruppo permette al MG di ampliare le
proprie competenze, di integrarsi funzionalmente con altre figure nello stesso
ambiente fisico e quindi di ampliare la possibilità di dare risposte alle
domande assistenziali degli anziani.
Per medicina di gruppo si intende una modalità di
erogazione dell'assistenza in medicina di base per cui due o più MG operano
assieme, integrando conoscenze, esperienze e strutture, inserendo nell'équipe
altre figure di operatori (infermiere professionale, segretario), con pari
dignità, diritti e doveri rispetto agli assistiti, per garantire l'assistenza
nel rispetto della singola professionalità e del rapporto individuale medico-paziente
[6] [7] [8].
Ciò non significa che il raggiungimento di più ampi
livelli di obiettivi assistenziali sia esclusivo della medicina di gruppo
rispetto al medico singolo, ma semplicemente che un tale modello operativo lo
rende più fattibile.
In particolare ciò favorisce la possibilità di dare
risposte ai molteplici e differenti problemi di salute che caratterizzano
l'anziano.
La medicina di gruppo è già molto diffusa in altri
paesi ed in alcuni di essi rappresenta la principale modalità di erogazione
dell'assistenza, essendo anche incentivata da parte dei servizi sanitari
pubblici. In Italia esistono poche esperienze che, seppur numericamente non
consistenti, rappresentano delle sperimentazioni molto positive che
evidenziano la sua fattibilità nel nostro contesto e stanno producendo interessanti
esperienze sperimentali.
I suoi obiettivi generali sono i seguenti:
a) garantire un più ampio accesso ai pazienti (in
particolare a quelli più abbisognevoli di cure, come gli anziani);
b) ampliare le possibilità diagnostiche;
c) inserire personale infermieristico e segretariale;
d) favorire l'integrazione di conoscenze e l'interscambiabilità
di fronte ai pazienti;
e) rendere più fattibili la prevenzione e l'educazione
sanitaria, la ricerca e l'integrazione con il distretto socio-sanitario.
Questo modello operativo favorisce l'inserimento di
personale aggiunto (per condivisione delle spese), permette di rendere la
struttura ambulatoriale più idonea e stimola l'utilizzo degli stessi sistemi
informativi (cartella clinica, registri per problemi, ecc.) oltre che la
disponibilità di strumentazioni ed apparecchiature tecnologiche per la
diagnosi ambulatoriale (esami di laboratorio, ecg, audiometria, ecc.). Inoltre
permette di mantenere aperto l'ambulatorio per più ore nel corso della
giornata, favorendo l'accesso dei pazienti e modalità di erogazione delle visite
più razionali, come quella di effettuarle "per appuntamento".
Nel contesto della medicina di gruppo cambia in modo
evidente il modello organizzativo del lavoro rispetto a quello classico del
MG. L'interscambiabilità dei medici e la delega di mansioni "non
strettamente mediche", come le prestazioni burocratiche, al personale
segretariale o quelle assistenziali all'infermiere professionale, favorisce la
realizzazione di una équipe sanitaria di base che amplia la possibilità di dare
risposte agli utenti e riduce la delega agli specialisti ed il ricorso al
ricovero ospedaliero degli anziani.
La funzione infermieristica permette di fornire una
serie di prestazioni che il medico solitamente non riesce a garantire, sia
perché non strettamente di propria competenza che per limiti di tempo. La
possibilità di eseguire in ambulatorio semplici procedure, quali iniezioni e
medicazioni o la monitorizzazione periodica dei valori di pressione arteriosa o
della glicemia, permette di rispondere efficacemente ad alcuni dei bisogni più
frequenti degli anziani, tenendo conto che l'ipertensione ed il diabete hanno
nelle fasce d'età oltre i 60 anni delle prevalenze rispettive circa del 20-25%
e del 4-5% e che problemi tipo le ulcere degli arti inferiori richiedono
frequenti e sistematiche medicazioni e supervisione per giungere a guarigione.
L'infermiere inoltre è in grado di aiutare l'anziano nella scelta dei problemi
da sottoporre al medico e di rassicurarlo rispetto ad altri di limitata
rilevanza oggettiva.
Della funzione segretariale sono da sottolineare
quella "di ascolto", utile di conseguenza anche al medico, e quella
definita come "tipo assistente sociale"; nella mia esperienza essa è
molto utile per gli anziani in specie rispetto alla riprescrizione dei farmaci
in corso di terapie croniche e nel dare informazioni circa le modalità di
accesso ai servizi specialistici (dove, come, prenotazione, ecc.) o circa
quelle per ottenere l'esenzione dal ticket, per inoltrare domanda di pensione o
la fornitura di presidi terapeutici vari (materiali di medicazione, pannoloni,
ecc.).
Analisi di una esperienza
Nella fase iniziale dell'applicazione della medicina
di gruppo erano sorti alcuni dubbi circa la sua comprensione ed accettazione da
parte degli anziani, temendo che il nuovo sistema potesse apparire loro più
impersonale e complicato. In realtà, dopo una fase iniziale di rodaggio,
proprio gli anziani hanno mostrato alti indici di gradimento e di soddisfazione
rispetto alle risposte ottenute, che li fa sentire "globalmente più
curati".
Dopo 12 anni di esperienza personale chi ha
maggiormente usufruito di questa esperienza di medicina di gruppo sono stati in
particolare gli anziani, con una riduzione pressoché totale dei ricoveri e con
migliori livelli dì controllo periodico delle loro patologie croniche senza
delegarle alle strutture specialistiche di secondo livello. In particolare
l'ipertensione arteriosa ed il diabete mellito sono stati posti sotto controllo
sistematico attraverso l'istituzione di due ambulatori per problemi specifici
ed in cui la proporzione di anziani assistiti è molto elevata.
Questi enunciati possono essere ritenuti i due
indicatori principali per misurare l'efficacia della pratica di gruppo,
rispetto al MG singolo, nell'erogazione dell'assistenza agli anziani.
Nell'ambito della prevenzione è stato avviato un
censimento con lo scopo di individuare sottogruppi di anziani definibili
"a maggior rischio per problemi medici e socio-assistenziali" utilizzando
i registri per età e sesso (desunti dai tabulati regionali degli assistiti) e
tutte le informazioni note ai medici, all'infermiere ed al segretario. Sono
stati utilizzati i seguenti criteri:
1. età oltre 75 anni (grandi anziani)
2. il vivere da soli;
3. la bassa condizione socio-economica;
4. l'essere costretti sempre in casa per qualunque
motivo (indice di grado elevato di non autosufficienza);
5. la presenza di malattie organiche di rilievo.
Questo approccio ha permesso dì definire il gruppo ad
alto rischio verso cui indirizzare in via prioritaria l'assistenza, nel
tentativo di richiamarli periodicamente nel caso non si presentassero ai
controlli come previsto in cartella clinica.
È stato anche predisposto un registro dei casi per i
quali è indicata la profilassi vaccinale antinfluenzale con invito telefonico
a sottoporvisi nel caso che non vi si sottoponessero spontaneamente, ed è
stato possibile gestire direttamente da noi tutto il problema delle esenzioni
di ticket per patologia, andando noi dagli specialisti e poi alla USSL anziché
mandare i pazienti.
Il ruolo di sintesi del medico di
medicina generale
Per favorire l'intervento a casa è fondamentale
superare il concetto di "medico quale unico erogatore di assistenza".
L'attuazione di un piano di assistenza globale a domicilio richiede la
disponibilità di diverse competenze professionali, al fine di dare risposta a
tutte le esigenze del soggetto malato, che non sono solo mediche ma anche
sanitarie, sociali, economiche e psicologiche.
Questa équipe sanitaria dovrebbe includere, oltre al
MG, il geriatra (nel ruolo di consulente del MG), l'infermiere professionale,
l'assistente sociale, i volontari, la colf, ed in base ai bisogni specifici
anche altre figure quali ad es. il fisioterapista o lo psicologo.
L'approccio al malato a casa richiede lo sviluppo di
un modello interprofessionale di comprensione e di differenti relazioni
professionali.
È importante attivare un lavoro di équipe multidisciplinare
in cui nessuna figura diventi dominante rispetto alle altre ed in cui l'embricazione
di competenze sia "dinamica". Ciò richiede la disponibilità di un
sistema informativo (cartella) adeguato, un preciso processo di comunicazione
ed un sistema di verifica a cui tutti i diversi livelli professionali devono
contribuire.
Al MG spetta il compito di valutare lo stato di
salute generale, lo stato funzionale e di inquadrare la patologia in atto
definendo i problemi clinici, le priorità e gli obiettivi terapeutici. Tutti
gli operatori che seguono il caso dovrebbero essere messi al corrente di questi
ultimi. Su sua indicazione dovrebbe essere possibile richiedere anche
l'intervento domiciliare del medico specialista.
Due
aspetti vanno sottolineati:
(1) il ruolo fondamentale, e complementare a quello
del MG, dell'infermiere professionale, figura che sta acquisendo un ruolo
professionale sempre più rilevante ed autonomo;
(2) II ruolo insostituibile del volontariato che è in
grado di "tappare molti buchi", spesso i veri nodi del piano di
assistenza, laddove gli operatori del SSN non riescono ad arrivare. Attualmente
in Italia il volontariato sta portando avanti le esperienze più innovative ed
avanzate, dimostrando la fattibilità e l'efficacia dell'approccio domiciliare
alle cure.
Il MG, oltre ad essere il curante in senso clinico,
può e dovrebbe assumere il ruolo di riferimento e coordinamento per
l'assistenza domiciliare.
Il suo ruolo può essere quello di punto di collegamento
delle varie figure professionali. Ciò richiede una disponibilità a prendersi
in carico i casi ed alla comunicazione con i servizi sociosanitari di USL per
coordinare tutti gli altri interventi che si rendessero necessari. Molto (o
forse moltissimo, nel caso specifico di malattie croniche e/o di anziani) di
ciò che si fa in ospedale può essere fatto a casa.
Nel settore delle cure domiciliari si può ottenere
un notevole recupero di "job
satisfaction" [soddisfazione lavorativa] e di ruolo/credibilità
professionale da parte del MG. Ciò può contribuire anche a ridefinire il
rapporto con gli specialisti ed a valorizzarne la comunicazione ed integrazione.
Conclusioni
L'efficacia e l'efficienza dell'intervento curativo
domiciliare sono verosimilmente migliori rispetto all'ospedalizzazione.
I costi derivanti per il SSN sono da ritenersi più
contenuti a fronte di un beneficio per i pazienti per lo meno sovrapponibile a
condizione che esso individui questa modalità di erogazione dell'assistenza
come una priorità ed organizzi adeguati servizi deputati a questo scopo che
devono includere diverse competenze professionali.
La medicina di gruppo rappresenta una modalità
ottimale per favorire l'efficacia dell'intervento del MG sugli anziani.
Il MG riveste un ruolo cardine nella gestione di tali
programmi a condizione che sia professionalmente disponibile e motivato a
fungere da elemento di sintesi e collegamento tra il paziente, la sua
famiglia, il livello medico specialistico e l'équipe socio-sanitaria di USL. La
logica razionale della integrazione territoriale del geriatra deve essere
quella della "complementarietà„ dell'intervento del MG e non quella della
"mutua esclusività".
Bibliografia
[1] La domanda di salute in Italia. Comportamenti e
valori dei pazienti degli anni 80. Censis,
materiali di ricerca, F. Angeli Editore, Milano, 1989.
[2] G.L. Passerini, "Rapporto annuale
dell'attività 1988", Dati non pubblicati.
[3] G.L. Passerini, "La visita per appuntamento
in medicina generale". The Practitioner (Edizione Italiana),
101, aprile 1987, pp. 88-98. -
[4] The Elderly in
11 countries-a Sociomedical Survey, Public Health in Europe n. 21, WHO, 1983.
[5] A. Cartwright,
L. Hockey, J. Anderson, Life before death,
Routledge and Kegan Paul, 1973.
[6] G.L. Passerini, M. Tam, V. Caimi, La pratica di
gruppo inserita nell'assistenza di primo livello, Il Polso, 2, pp.71-76, 1986.
[7] 131. Passerini, M. Tam, V. Caimi, Pratica di
gruppo in medicina generale. Le esperienze pilota in corso in Italia, Il Polso, suppl. al n. 10, pp. 66-75,
1986.
[8] G.L. Passerini, M. Tam., V. Calmi, A. Tudori, Il
ruolo dell'infermiere professionale nella medicina di base, La Rivista dell'Infermiere, 3, pp.
168-171, 1983.
(*) Medico di Medicina generale,
USSL 22, Sondrio - Unità di ricerca in Medicina generale, Istituto Mario Negri,
Milano - Relazione tenuta al convegno «Il progetto obiettivo "Tutela della
salute degli anziani": una svolta per i servizi sanitari e assistenziali»,
svoltosi a Torino il 30-31 ottobre 1992, organizzato da Prospettive assistenziali.
(1) Quanto descritto in questo
capitolo è sub judice, alla luce dei provvedimenti sulla sanità in discussione
in questi giorni in Parlamento. Eventuali modifiche che rendano più difficile
l'accesso dei pazienti ai medici di fiducia, es. privatizzazione o tickets o
limitazione del numero degli accessi gratuiti, colpirebbero più pesantemente
proprio gli anziani.
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