Prospettive assistenziali, n. 102, aprile-giugno
1993
Notizie
NO
AL COMMERCIO DEI SENTIMENTI
Organizzato
da ASPE e dal Gruppo di Fiesole, il convegno-seminario "Cronaca grigia -
Quale incontro tra mass media e associazionismo" (Torino, 23 e 24 aprile
1993) si è concluso con l'approvazione da parte dei partecipanti - oltre cento,
tra giornalisti e giornaliste della carta stampata, delle radio e delle
televisioni e membri del volontariato e delle associazioni di base - di un comunicato
che contiene proposte concrete su cui lavorare e un appuntamento tra un anno
per la verifica dello sviluppo di questo programma. Pubblichiamo integralmente
il testo del comunicato finale.
"No al commercio dei sentimenti". Le
associazioni di base e i giornalisti e le giornaliste che si sono riuniti a
Torino il 23 e 24 aprile per iniziativa dell'Agenzia ASPE e del Gruppo di
Fiesole denunciano l'utilizzazione troppo spesso pietistica e
sensazionalistica che in televisione e sulla stampa viene data del disagio
sociale.
Una rappresentazione attenta e non distorta delle tematiche
dell'emarginazione, della pace e dell'ambiente passa attraverso la correzione
dei meccanismi di funzionamento del sistema dell'informazione, che oggi non
rispetta i diritti di chi si trova ad essere oggetto della cronaca e che non
garantisce reale possibilità di espressione alle molte voci del panorama
informativo estranee alla logica del duopolio televisivo e dei grandi gruppi
editoriali.
Dal convegno di Torino sono emerse le seguenti linee
di lavoro:
- un incontro con i rappresentanti della categoria
giornalistica (Ordine, Federazione della Stampa, Direttori dei giornali) per
creare sedi stabili di confronto tra associazionismo, operatori e operatrici
sui problemi della qualità dell'informazione, della formazione, dell'accesso
(scuole di giornalismo, corsi di aggiornamento, ecc.);
- sulle questioni deontologiche (diritti di riservatezza,
tutela dei soggetti deboli, applicazione puntuale della rettifica) le
associazioni chiederanno a Ordine e Federazione che la Carta nazionale
recentemente elaborata preveda strumenti e organismi che assicurino il
rispetto sostanziale delle norme. Da parte sua, l'associazionismo annuncia
che incrementerà il ricorso agli strumenti esistenti (lettere al direttore e il
telefono verde da poco istituito dall'Ordine nazionale) e diffonderà in una
periodica "rubrica degli orrori" le prove della sistematica
violazione dei diritti dei cittadini e delle cittadine.
INFORMAZIONI
GRAVEMENTE INESATTE DELL'ASSOCIAZIONE VIDAS
Nella pubblicità "Il
suo prossimo assegno potrebbe essere il più importante della sua vita",
l'Associazione VIDAS (Assistenza domiciliare gratuita agli inguaribili di
cancro), richiede denaro alla gente sostenendo che i contributi sono destinati
«a dare una mano ai malati di cancro
soli, poveri, non più assistiti dagli ospedali perché il ciclo terapeutico si
è esaurito».
In un altro annuncio, VIDAS sostiene che «ogni anno in Italia oltre 140.000 malati
terminali di cancro vengono abbandonati al loro destino. Sono inguaribili e in
ospedale per loro non c'è più posto».
È noto, invece, che le cure sanitarie devono essere
fornite ai malati acuti, cronici, convalescenti e lungodegenti per tutto il
tempo necessario in base alle esigenze delle persone malate (1).
In un'altra pubblicità, la stessa associazione
sostiene: «contate su VIDAS anche per i
prossimi 100 anni».
Ritiene forse VIDAS che i servizi pubblici di
ospedalizzazione a domicilio o quelli privati convenzionati con le USL non
devono essere istituiti?
Ma non è compito del volontariato fornire notizie
esatte sui diritti delle persone e sollecitare gli enti a istituire i relativi
servizi?
IL
PARCHEGGIO ESTIVO DEGLI ANZIANI NON ESISTE
Il GIFA, Gruppo di studio della Società italiana di
gerontologia e geriatria, ha compiuto due serie di indagini, nel 1988 e nel
1992, su tutti i pazienti ospedalizzati presso 40 Divisioni ospedalieri e
Istituti universitari per verificare la qualità degli interventi forniti agli
anziani.
Fra l'altro, come risulta dal n. 3/1992 di Anziani oggi, Bollettino pubblicato
dall'Università Cattolica del Sacro Cuore, è emerso quanto segue: «I ricoveri ospedalieri in tutte le classi
d'età tendono a ridursi, fatta eccezione per quelli degli ultraottantenni che
aumentano mediamente di oltre il 2% l'anno. Tale risultato si può spiegare su
base demografica - gli ultraottantenni costituiscono la classe d'età che
aumenta percentualmente più di tutte le altre - ed epidemiologica - la
comorbidità e la dipendenza mostrano un aumento crescente ad andamento
logaritmico dopo i 75 anni d'età;
«la quota di
ospedalizzazione non necessaria per cause esclusivamente sociali è minima, non
si modifica nel mese di agosto ("il parcheggio estivo" degli anziani
in ospedale è un fenomeno inesistente) ed è prevalente nei grandi centri urbani
rispetto alle città di dimensioni medio-piccole e ai centri rurali».
L'ESPERIENZA
DI UN SERVIZIO ODONTOIATRICO PER PORTATORI DI HANDICAP
Difesa
sociale, n. 6, novembre-dicembre
1992, pubblica un articolo di M.P. Giulietti (Assistente della Clinica odontoiatrica
di Modena), G.P. Palazzi (Vice Direttore sanitario dell'USL 16 di Modena), C.
Bonini (Dirigente dell'Assistenza infermieristica dell'ULS 16 di Modena) in
cui viene analizzata l'attività svolta a pazienti portatori di handicap nel
periodo dal 1977 al 1989 dalla Clinica Odontoiatrica di Modena.
Le conclusioni degli Autori sono le seguenti: «Dai dati raccolti si sono sfatati arcaici
tabù e si sono evidenziate due grandi strade che si sono dimostrate
percorribili:
a) anche ai
pazienti disabili è possibile elargire le stesse prestazioni come ad una
popolazione sana;
b) un centro
odontoiatrico, se ben organizzato, non è di costo superiore a parità di
prestazioni».
I
PRIMI DIECI ANNI DEL CNCA
Il C.N.C.A. (Coordinamento Nazionale delle Comunità
di Accoglienza) ha recentemente celebrato il decennale della propria
costituzione e per l'occasione ha pubblicato lo "Year-book 1993", in cui sono presentati i gruppi
federati.
Attualmente fanno parte del C.N.C.A. circa cento
gruppi (con questo termine sono compresi centri di accoglienza, comunità
residenziali, cooperative di lavoro, centri studi e formazione, servizi
terapeutici, a volte attivi insieme nelle realtà più grandi) che operano
nell'ambito dell'emarginazione e del disagio. All'interno dello Year-book ci sono dati, informazioni
sulla storia e l'attività da essi svolta nel 1992 e riferimenti per
contattarli.
Si tratta di esperienze diverse rispetto a vari
ambiti del disagio. Tutte le esperienze però hanno qualcosa in comune: la
condivisione e la sperimentazione di progetti umani, cioè progetti tesi alla
ricerca di nuove forme di convivenza, come risposta alla tossicodipendenza, ai
minori in difficoltà, ai portatori di handicap, a chi ha problemi di salute
mentale, ai carcerati, in una parola alla sofferenza.
EMIGRAZIONE
DI HANDICAPPATI DAL SUD AL NORD
Dai dati a disposizione e dalle testimonianze dei
diretti interessati emerge una realtà sconcertante: centinaia di handicappati
dal sud risalgono ogni anno la nostra penisola per cercare quei servizi e
quell'assistenza che non trovano nelle loro regioni.
Alcuni vogliono cure mediche e riabilitative
particolari, altri vogliono studiare o lavorare. Nel numero di gennaio la
rivista HP affronta il fenomeno con un'inchiesta dove vengono intervistate persone
handicappate che hanno già intrapreso questi "viaggi della
speranza". «Sono andata via dalla
Sardegna - afferma Patrizia Lai - per
via delle barriere architettoniche che presentava la facoltà di medicina di Cagliari;
arrivando a Parma ho risolto il mio problema».
Per altri emigrare significa cercare una casa; Maria
Di Chiera, handicappata fisica, era ricoverata in un istituto a Reggio
Calabria: «Non potevo vivere in quelle
condizioni, assieme ai malati mentali, passavo tutto il tempo chiusa nella mia
stanza; così ho cercato e ho trovato nel Nord Italia un nuovo posto dove
abitare».
Anche le associazioni confermano questa tendenza: «Il Nord ci sembra una specie di Svizzera
- conferma Giovanni Bembo, presidente di un Coordinamento di famiglia campane -
c'è il desiderio diffuso di risalire la
penisola per trovare una maggiore organizzazione dei servizi, per vivere in un
luogo dove sia già radicata la cultura dell'handicap».
Le Regioni meridionali che sono più interessate alle
ondate migratorie sono la Basilicata, la Sardegna, la Campania, il Molise e la
Puglia. Parallelamente stanno aumentando gli handicappati che si iscrivono
nelle liste di collocamento obbligatorio delle province settentrionali: «Si iscrivono nelle nostre liste - Sostiene
Concetta Stella, responsabile del collocamento obbligatorio a Bologna - perché hanno più possibilità di lavoro; si
tratta comunque di un fenomeno limitato».
(da "Centro documentazione sull'handicap", Via
degli Orti 60, 40139 Bologna, tel. 05116234945 - fax 051/6232291)
ASSUNZIONI
OBBLIGATORIE E TIROCINI PER PERSONE CON HANDICAP
L'art. 42 del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n.
29 “Razionalizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della
disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della legge
23 ottobre 1992 n. 421” stabilisce quanto segue:
«1. Le
assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed
enti pubblici dei soggetti di cui all'articolo 1 della legge 2 aprile 1968, n.
482, come integrato dall'articolo 19 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento
sulla base delle graduatorie stabilite dagli uffici provinciali del lavoro e
della massima occupazione, previa verifica della compatibilità della
invalidità con le mansioni da svolgere.
«2. Le
amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, sulla base delle direttive
impartite dalla presidenza del consiglio dei ministri - dipartimenti della
funzione pubblica e degli affari sociali, promuovono o propongono alle
commissioni regionali per l'impiego, ai sensi degli articoli 5 e 17 della legge
28 febbraio 1987, n. 56, programmi di assunzioni per portatori di handicap,
che comprendano anche periodi di tirocinio prelavorativo pratico presso le
strutture delle amministrazioni medesime, realizzati dai servizi di cui
all'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 104».
APPROVATA
LA CONVENZIONE INTERNAZIONALE DELL'AJA SULL'ADOZIONE
Il 29 maggio 1993 è stata approvata a L'Aja da 66
Paesi, fra i quali l'Italia, la convenzione della cooperazione internazionale e
la protezione dei minori in materia di adozione internazionale (2).
Il trattato configura un sistema per coordinare le
procedure nazionali in materia di adozione e per evitare il traffico dei minori
ed i conflitti di competenza fra i diversi sistemi e autorità.
Si calcola che ogni anno siano circa 20.000 le
adozioni internazionali. La maggior parte dei bambini adottati provengono
dall'Asia e dall'Africa, mentre le famiglie adottive risiedono prevalentemente
nell'Europa occidentale e negli Stati Uniti.
La convenzione firmata a L'Aja non standardizza le
leggi per l'adozione nei differenti Paesi, ma stabilisce un approccio
coordinato per facilitare il processo di unificazione dei principi. Le linee
guida del trattato istituiscono delle autorità centrali per le adozioni in ogni
Paese, autorità che devono provvedere alle indagini sugli aspiranti genitori e
i bambini adottabili e quindi agire come luoghi di mediazione per lo scambio di
informazioni su genitori e bambini.
Lo spirito del trattato è quello di unificare l'approccio
al problema delle adozioni internazionali e di spostarne l'accento da un punto
di vista che le considera problemi strettamente legati all'immigrazione, che
era stato l'atteggiamento prevalente finora, alla considerazione della questione
nella sua complessità.
(1) Cfr. "Causa vinta sul
diritto degli anziani cronici non autosufficienti alle cure ospedaliere",
in Prospettive assistenziali, n. 101, gennaio-marzo 1993.
(2) Lo schema del progetto di
convenzione è stato pubblicato nel n. 99, luglio-settembre 1992, di Prospettive assistenziali.
www.fondazionepromozionesociale.it