Prospettive assistenziali, n. 103, luglio-settembre
1993
Editoriale
COMMERCIANTI, ARTIGIANI, AGRICOLTORI E VOLONTARI
CHIEDONO L'ATTUAZIONE DEL PROGETTO OBIETTIVO ANZIANI
Nell'editoriale dello scorso numero
di Prospettive assistenziali, dopo
aver segnalato i non indifferenti passi innanzi compiuti per ottenere il
concreto riconoscimento del diritto degli anziani cronici non autosufficienti
alle cure sanitarie (1), avevamo rilevato che dall'approvazione del progetto
obiettivo anziani da parte del Parlamento (30 gennaio 1992) «è trascorso un anno e mezzo, senza che a
livello operativo siano state assunte concrete e non marginali iniziative per
la sua attuazione. Di conseguenza, gli anziani cronici non autosufficienti,
anche se colpiti da gravi patologie in atto e non curabili a domicilio, continuano
ad essere dimessi dagli ospedali, i servizi di ospedalizzazione a domicilio non
decollano, l'assistenza domiciliare integrata è quasi ovunque organizzata in
modo da consentire ai medici di base di introitare fino a 5-6 milioni al mese
in più rispetto agli attuali emolumenti senza che gli utenti ne ricavino
vantaggi significativi, vi sono Regioni (come ad esempio il Piemonte) che riconoscono
come RSA (residenze sanitarie assistenziali) istituti di
assistenza/beneficenza, violando le norme del progetto obiettivo, le quali
stabiliscono che la RSA è una "struttura propria del Servizio sanitario
nazionale". Vi è, dunque, l'urgente necessità che il progetto obiettivo
"Tutela della salute degli anziani" venga correttamente attuato».
Aggiungevamo che per ottenere l'approvazione
del progetto obiettivo «è urgente
predisporre iniziative a livello regionale e locale; se necessario bisogna
avviare vertenze vere e proprie, unendo anche in questo caso tutte le forze disponibili:
i sindacati (in particolare quelli dei pensionati), le organizzazioni di
categoria (commercianti, artigiani, coltivatori diretti, ecc.), gli operatori geriatrici, l'associazionismo, i gruppi di volontariato, le personalità della
cultura».
In questa direzione si pone il
documento, che riproduciamo integralmente, inviato in data 16 luglio 1993
all'Assessore alla sanità della Regione Piemonte, al Sindaco e all'Assessore
all'assistenza del Comune di Torino dalle seguenti organizzazioni:
Federazione Nazionale Artigiani Pensionati della Confederazione Nazionale
dell'Artigianato e della Piccola Impresa, CSA - Coordinamento Sanità e
Assistenza tra i Movimenti di base, Federazione Italiana Pensionati Attività
Commerciali della Confesercenti, Fondazione Oltre l'Età, Istituto Nazionale di
Assistenza e di Patronato per l'Artigianato, Patronato ENASCO della
Confcommercio, Patronato Enasco/ Ascom, Patronato dell'Istituto Nazionale Assistenza
Contadini.
È auspicabile che quanto prima si
muovano a livello nazionale, regionale e locale anche i Sindacati dei
pensionati CGIL, CISL, UIL, in particolare per la difesa dei casi individuali.
Infatti, la situazione è sempre più
allarmante. Citiamo due esempi di incredibile disumanità e di palese violazione
delle leggi vigenti.
1. Da tre anni, essendo in coma irreversibile,
il signor A.L. di 43 anni è ricoverato in un istituto di
assistenza/beneficenza di Marlia, gestito direttamente dal Comune di Capannori
(Lucca). I giornali (cfr. La Stampa e
la Repubblica del 26 agosto 1993) informano che l'interessato «rischia di dover lasciare la casa di
riposo perché nessuno paga la retta».
Non riconoscere che una persona in
coma sia un malato che ha diritto al ricovero ospedaliero senza limiti di
durata è un fatto sconvolgente. Inoltre, chiediamo all'Autorità giudiziaria se la
casa di riposo è in possesso della preventiva autorizzazione a funzionare come
struttura sanitaria ai sensi dell'art. 193 della legge 1265/ 1934, la cui
inosservanza è un reato.
2. La signora L.M. (cfr. Avvenire e Unità del 28 agosto 1993) ha chiesto all'Amministratore
straordinario dell'USL di Sant'Omero (Teramo) l'autorizzazione a sopprimere il
padre Carlo, invalido di guerra, di anni 72, precisando quanto segue: «Mi è stato impedito di recuperare a una
vita dignitosa mio padre. A questo essere umano posso prestare solo le cure di
una figlia, che non è medico, né infermiere. lo posso solo nutrirlo, lavarlo,
guardarlo di giorno in giorno diventare un vegetale. Di lui nessuno si fa
carico, né per le visite mediche domiciliari, né per i prelievi specifici, né
per i controlli».
L'Amministratore straordinario
dell'USL ha asserito che «è un genere di
assistenza domiciliare che noi non possiamo garantire».
Ricordiamo, al riguardo, che il CIPE
ha assegnato alla Regione Abruzzo per l'assistenza domiciliare integrata 2
miliardi e 350 milioni in data 16 febbraio 1990 e 3 miliardi 176 milioni il 31
gennaio 1992, finanziamenti che temiamo siano finora rimasti nei cassetti della
stessa Regione Abruzzo.
DOCUMENTO DEL 16 LUGLIO 1993
Le sottoscritte organizzazioni
segnalano all'Assessore alla sanità della Regione Piemonte, agli
Amministratori straordinari delle USSL e al Sindaco di Torino l'urgenza delle
seguenti iniziative:
1) nei confronti degli ospedali - Piena attuazione della circolare
dell'Assessorato regionale alla sanità n. 0267/140 del 21.2.1984 secondo cui
non possono essere dimessi dagli ospedali:
a) i soggetti con malattie a
prognosi infausta, ai quali la dimissione nella fase terminale della vita,
fatta salva diversa richiesta dei pazienti e dei familiari e nel caso in cui
non siano forniti adeguati interventi sanitari domiciliari, non garantisce la
possibilità di continuare le cure quando anche queste siano limitate alle
terapie generali di supporto e alla terapia del dolore;
b) i pazienti non ancora
completamente guariti, tenendo presente che l'ospedale è tenuto a fornire
anche le necessarie prestazioni riabilitative. Resta inteso che gli ospedali
devono assicurare le necessarie prestazioni affinché non insorgano le piaghe
da decubito. In ogni caso, se esse si manifestassero, l'ospedale è tenuto a non
dimettere i pazienti fino a quando le stesse siano state curate ed eliminate;
2) superamento della distinzione fra assistenza domiciliare integrata e
ospedalizzazione a domicilio (aggiornamento giustamente avviato dalla
delibera G.R. 3.5.1993 n. 214-24814) mediante una legge regionale che
disciplini gli interventi sanitari domiciliari. In particolare, il servizio
deve garantire l'erogazione delle prestazioni tutti i giorni (festivi compresi)
nell'arco dell'intera giornata o almeno dal mattino alla sera. Il servizio
deve articolare le proprie funzioni con il concorso di ruoli medici,
infermieristici, riabilitativi organizzati in équipe e giovandosi anche di
personale privato convenzionato;
3) istituzione delle UVG, Unità valutative geriatriche;
4) trasferimento della competenza ad intervenire nei confronti degli
anziani cronici non autosufficienti dal settore dell'assistenza sociale a
quello della sanità, conformemente a quanto previsto dal progetto obiettivo
"Tutela della salute degli anziani", reso esecutivo dal Parlamento
il 30.1.1992. Ciò deve comportare la ristrutturazione degli edifici
disponibili, in particolare quelli già utilizzati per gli anziani
autosufficienti;
5) revisione delle autorizzazioni concesse per l'apertura della RSA di
Via Valgioie e per le altre RSA, dando attuazione alla raccomandazione del
Commissario di Governo del 15.10.1992 concernente il passaggio delle competenze
gestionali al Servizio sanitario nazionale;
6) attivazione di centri diurni sanitari aperti 5 giorni alla settimana per 40 ore complessive per i malati di Alzheimer o colpiti da altre forme di demenza senile, in modo da fornire sostegni concreti ai pazienti e ai familiari che li accolgono a casa loro.
- Federazione Artigiani Pensionati della Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola Impresa
- CSA - Coordinamento Sanità e Assistenza fra i Movimenti di base
- Federazione Italiana Pensionati Attività Commerciali della Confesercenti
- Fondazione Oltre l'Età
- Istituto Nazionale di Assistenza e di Patronato per l'Artigianato
- Patronato ENASCO/ASCOM
-
Patronato dell'Istituto Nazionale Assistenza Contadini
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