Prospettive assistenziali, n. 103, luglio-settembre
1993
INSERIMENTO
AL LAVORO DI UN PORTATORE DI HANDICAP INTELLETTIVO
GIOVANNI BARATTA (*)
Bruno ha finito a giugno il corso di formazione; dal
1° settembre 1993 a fine anno farà un tirocinio, poi sarà assunto con
contratto di formazione-lavoro per due anni e infine confermato con
l'inquadramento al secondo livello contrattuale.
Bruno ha 19 anni; è un portatore di handicap
intellettivo, è colpito anche da altre menomazioni fisiche, per cui gli è
stata assegnata una invalidità del 100%. Bruno è seguito dai servizi socio-assistenziali
da quando frequentava la terza elementare.
In un momento in cui il nostro sistema produttivo
espelle migliaia di lavoratori - come è noto i primi ad uscire sono i più
deboli, e si calcola che il tasso di disoccupazione supererà il 12% - questa di
Bruno non è una favola a lieto fine, ma il frutto di un lavoro continuo che
dura da anni.
Un po' di storia
Nel maggio dell'89 i sindacati di categoria del
settore tessile firmavano un accordo con l'API (Associazione Piccole e Medie
Imprese) in rappresentanza di 15 aziende di penne del territorio di Settimo
Torinese. L'accordo prevedeva, oltre ai classici aumenti dei premi, la
disponibilità delle aziende a sperimentare tirocini formativi e inserimenti
lavorativi per portatori di handicap.
Nel luglio dello stesso anno l'USSL 28, competente
nel territorio di Settimo Torinese, deliberava interventi delle sue strutture
socio-assistenziali rivolti a portatori di handicap ultraquattordicenni da
inserire in contesti lavorativi. Allo scopo veniva istituito un gruppo
operativo politico-istituzionale in rappresentanza della USSL stessa, dei
quattro Comuni della zona della Commissione circoscrizionale per l'impiego, dei
Sindacati, delle Associazioni imprenditoriali, del Centro di formazione professionale
e delle Associazioni degli utenti.
Pochi mesi dopo il Comune di Settimo Torinese
stanziava alcuni fondi da utilizzare come borse di lavoro per gli inserimenti
lavorativi.
Il gruppo di lavoro politico-istituzionale ha via via
avuto la partecipazione attiva degli altri Comuni del territorio: Leinì,
Volpiano, S. Benigno.
Dopo alcune riunioni maturava un orientamento comune
sulla metodologia da seguire per la formazione professionale mirata e gli
inserimenti lavorativi dei portatori di handicap, ritenendo indispensabile
attivare un corso di formazione sul territorio.
Nel giugno del '90 veniva sottoscritto un protocollo
d'intesa tra USSL 28, il Comune di Settimo, il Centro di formazione
professionale ENAIP, CGIL-CISL-UIL della categoria dei tessili. Si chiedeva
alla Regione Piemonte l'istituzione di un corso di "formazione al lavoro
per giovani portatori di handicap intellettivo".
Il corso è stato autorizzato dalla Regione a partire
dall'anno scolastico 91-92, per otto allievi, per un totale di 1.600 ore e
l'impiego di un insegnante a tempo pieno e uno a metà tempo. È terminato il
primo biennio e deve partire il secondo.
Con grande difficoltà si sono cercati i
"posti" nei luoghi di lavoro per effettuare gli stages; alcuni sono
stati individuati nel settore pubblico (asilo nido, biblioteca, uffici del
Comune), altri presso aziende private del commercio e del settore penne. Uno
di questi si è trasformato in assunzione definitiva, quella di Bruno presso
una media azienda produttrice di penne. È un posto di lavoro vero, sperimentato
nello stage non il risultato di una contrattazione politica. Altri ragazzi
sono attualmente in tirocinio senza l'impegno della assunzione definitiva.
Abbiamo imparato
L'esperienza del lavoro di commissione e dei corso di
formazione ha evidenziato che, se si vuole favorire l'inserimento al lavoro di
portatori di handicap intellettivo, bisogna darsi strumenti stabili: la
commissione politico-istituzionale dove tutte le parti si incontrano, il corso
di formazione sul territorio, un gruppo di lavoro tecnico che cerchi gli
stages e i tirocini e solleciti il coordinamento politico sono tre strumenti
essenziali per non effettuare interventi episodici.
Allargare il numero delle aziende, dei funzionari
dei Comuni, dei politici, dei sindacalisti che capiscono il problema, lo
giudicano importante e vi dedicano una parte del loro tempo di lavoro sono
piccoli risultati rispetto all'impegno profuso, ma è inutile iniziare senza
gli strumenti sopra richiamati.
Ne vale la pena
Tre anni di lavoro di molti per un solo posto di
lavoro definitivo: ne valeva la pena? È quasi banale ricordare che le
battaglie per affermare i diritti dei più deboli sono sempre faticose, non appassionano
le "masse" e danno sempre scarsi risultati; anzi a volte si rischia
di fare un passo avanti e due indietro. Nella nostra società si pensa che chi è
handicappato, anche se ha capacità lavorative, non deve lavorare; in un periodo
come questo di crisi dell'occupazione si rischia di ritenere che gli handicappati
al lavoro rubino il posto ai cosiddetti sani.
È necessario continuare ad affermare con le parole e
soprattutto con i fatti che gli handicappati hanno il diritto al lavoro,
sancito dalla Costituzione, come tutti i cittadini italiani. Inoltre ogni
handicappato che esce dal circuito assistenziale fa risparmiare soldi alla
collettività consentendo ai servizi assistenziali di occuparsi di casi più
gravi.
Con l'assunzione di Bruno è maturata la consapevolezza
di avere aperto una strada e di averla aperta con i necessari supporti
operativi per impedire che venga troppo facilmente sbarrata. È sicuramente
necessario continuare e fare di più, ma al punto in cui si è arrivati basta un
sindacalista in più, un politico in più, un imprenditore in più che capiscano
e operino per riuscire a collocare al lavoro, con tutta la gradualità prima
ricordata, alcuni di questi giovani handicappati, dando così una risposta di
lavoro vero. Non sarà una risposta totale ma sufficiente se rapportata alla
crisi occupazionale che stiamo attraversando.
Quando Bruno ha iniziato lo stage presso la ditta
Lecce Pen diceva che lui non era lì per poche ore ma che in quella fabbrica
avrebbe lavorato. Di fronte alle nostre cautele lui insisteva convinto e
determinato: la determinazione di chi vuole essere autonomo e finalmente adulto
riconosciuto, una determinazione che arrivava da lontano, credo da quando
aveva otto anni e ì suoi genitori giravano i servizi per chiedere aiuto.
Questo inserimento lavorativo può essere giudicato
un caso isolato, ma ci stimola a continuare ora che c'è anche il caldo sorriso
di Bruno.
(*) FILTEA CISL - Componente del Gruppo operativo dell'USL
28 per l'inserimento lavorativo degli handicappati.
www.fondazionepromozionesociale.it