Prospettive assistenziali, n. 103, luglio-settembre
1993
Libri
AA.V.V.,
La Chiesa di Torino, il Cottolengo e
l'emarginazione, Cultura Nuova Editrice, Firenze e Torino, pp. 110, L.
10.000
Il testo contiene alcuni degli interventi presentati
nel corso del convegno del 29 aprile 1992 sul ruolo e sulle attività del
Cottolengo. Tra questi l'unico che, a nostro parere, merita attenzione per
gli spunti di riflessione che suggerisce è quello a cura di Don Gianni
Ambrosio, docente di sociologia della religione alla Facoltà teologica di
Milano.
Nell'analizzare le
«Principali tendenze dell'odierno "pensiero sociale" rispetto a cui
si colloca l'opera "ecclesiale"», l'Autore rivolge una
particolare attenzione al rapporto tra Welfare state e carità.
Egli sottolinea come sia importante non tanto «ritornare alla carità smantellando lo Stato
sociale: esso è una struttura irrinunciabile delle demo-crazie pluraliste
europee. Si tratta di impostare una diversa politica come risposta alla crisi
dello Stato sociale, una politica che mira a nuove prospettive di solidarietà.
In questa prospettiva occorrerà che nella Chiesa vi sia maggior attenzione
alle forme attraverso cui viene attuata la carità. Con uno sguardo rapido al
passato, si può affermare che troppo poco la carità ha insegnato alla
coscienza civile dei cattolici e dei cittadini; troppo poco la carità ha
concorso a far crescere nella coscienza civile complessiva l'attenzione al bene
della persona, al volto del più debole».
Prosegue, affermando che «guardando all'oggi, la carità cristiana ha davanti a sé compiti alti
e gravi: non tanto e non solo nei confronti dei casi di emarginazione, di
povertà vecchia e nuova, di sofferenza, di handicap. Ma gravi, ingenti e alti
compiti soprattutto nei confronti dell'immagine stessa di uomo in questa
socio-cultura: una carità che interpella e riguarda tutti, perché tutti sofferenti,
nella complessità sociale, della mancanza della "parola",
dell'ascolto, e quindi del senso della condivisione, perché tutti disattenti al
volto dell'altro, e in particolare al volto di chi è debole e povero, su cui è
espressa la qualità umana della vita sociale e non solo lo stimolo per la benevolenza».
Infine, Don Ambrosio ha rilevato che «in secondo luogo la carità come forma
dell'agire, può e deve diventare, in un contesto pluralistico e dai riferimenti
multipli, il criterio interpretante capace di legare tra loro i vari aspetti
della vita associata. Solo alla luce di questo criterio - che sempre pone la
domanda: come farmi prossimo? - si può capire e progettare la propria esistenza
ed affermare la libertà personale e la responsabilità sociale».
Vi è da rilevare che, da parte dello stesso Don
Ambrosio e negli altri interventi, all'analisi corretta dell'evolversi del
concetto di carità, non fa seguito una conseguente riflessione sul nuovo concetto
di solidarietà/giustizia. Manca infatti un preciso riferimento ai diritti delle
persone in situazione di bisogno e alla necessità di intervenire, dunque,
anche nei confronti della comunità sociale, perché vi sia sempre meno bisogno
di opere di carità e maggior certezza di veder soddisfatti i propri bisogni da
parte di chi è tenuto a provvedervi.
OLIVIERO
ARZUFFI, Emarginazione 1 - 2 - Guida
pratica ai problemi, alle istituzioni, alla legislazione, Edizioni Piemme,
Casale Monferrato (AL), 1991, pp. 516, L. 50.000
Il
testo è una guida completa e aggiornata, al mondo complesso dell'emarginazione.
Nella prima parte c'è una trattazione analitica delle
sei grandi aree dell'emarginazione contemporanea: anziani, bambini in
difficoltà, carcerati, handicappati, immigrati, tossicodipendenti; ogni volta
analizzate con scansione tripartita: con un taglio pedagogico, tecnico-operativo,
amministrativo-legislativo.
La seconda parte è un vero e proprio rubricario
della quasi totalità dei problemi che definiscono il mondo dell'emarginazione.
Nella presentazione, Mons. Giuseppe Pasini, direttore
della Caritas italiana, sottolinea che le principali aree di emarginazione
delle fasce più deboli della popolazione sono legate da «una filosofia di progressiva disattenzione e di disaffezione sociale
e politica, di cui esse sono vittime. Nonostante il proliferare di leggi e
leggine, nazionali o regionali, di tipo per altro quasi solo settorializzante,
l'area della povertà in Italia, pur essendo consistente, conta sempre meno, è
sempre meno componente di progettualità sociale, e diventa invece destinataria
di attenzioni solo residuali e di tipo assistenzialistico (...). Nelle grandi
scelte di politica economica (occupazione, abitazione, sanità, assistenza,
cultura...), nella definizione del bilancio dello Stato e nella destinazione
delle risorse, nella priorità di dibattito e approvazione delle leggi, i
poveri e le fasce deboli della popolazione, non hanno voce: conta la cosiddetta
"società dei due terzi"; quella, cioè, delle componenti garantite, in
grado di farsi sentire, di organizzare il consenso, di determinare le pubbliche
decisioni».
Mons. Pasini pone l'interrogativo: «Come far maturare la volontà politica di
assicurare ai poveri il diritto di cittadinanza, trasformando la solidarietà
da sentimento personale a scelta strutturale, traducendola poi in sistema
integrato di servizi territoriali?» e propone «un'alleanza nuova tra le forze
di volontariato e le altre forze sociali, culturali e politiche che hanno
veramente a cuore le sorti della persona umana».
GIANCARLO
CROCIANI, Da "paziente" a
"cittadino", stampato dalla Cartografia Artigiana, Ferrara,
1991, pp. 335, senza indicazione di prezzo.
Il volume di Giancarlo Crociani, Da "paziente" a "cittadino", descrive le
esperienze del Tribunale per i diritti del malato di Ferrara e riferisce in
merito alle 194 segnalazioni pervenute al Tribunale stesso nel periodo giugno
'88 - giugno '90.
Da parte nostra abbiamo esaminato quelle relative
agli anziani degenti in ospedale, contrassegnate dai numeri 11, 18, 21, 30 e
36.
Si tratta di anziani malati ricoverati in ospedali,
le cui vicende allucinanti sono state segnalate dai familiari al Tribunale per
i diritti del malato nei seguenti termini:
- «la Signora
S.C. si è recentemente rivolta a noi per chiedere se è giusto che un paziente
(nel suo caso il marito) venga dimesso in fase terminale e che l'unica forma
di assistenza domiciliare offerta sia quella di un infermiere che va a fare
qualche iniezione, nell'ambito di un orario di lavoro, però, che va dalle 8.00
alle 14.00: nessun intervento,
dunque, nelle ore pomeridiane o serali o nei giorni festivi!»;
- «dichiara
che il padre V.F. di anni 85, ricoverato in ospedale per broncopolmonite
"ha sempre la febbre". Ha molte piaghe da decubito in tutto il
corpo; deve tenere il catetere e questo gli ha provocato a detta del Prof. D.
una infezione renale. Inoltre è paralizzato da quattro anni e quindi ha bisogno
di un'assistenza continua anche in condizioni normali. Il reparto lo vuole dimettere
perché ritiene che la patologia per cui è stato ricoverato sia guarita»;
-«mio padre,
che pesa attualmente 42 kg verrà oggi dimesso dal reparto nonostante abbia un
tumore in fase avanzata!»;
- «mentre
mio marito (non vedente, n.d.r.) ha bisogno di me, io rimango in sala
d'attesa per ore per il fatto che la clinica allontana i familiari dalla stanza
di degenza nelle ore non previste per la visita»;
- «mia
madre, purtroppo è morente (...). Mi viene continuamente impedito di starle
accanto proprio negli ultimi momenti della sua vita».
La lettura del libro è particolarmente importante
poiché dimostra che, di fronte alla gravità delle situazioni denunciate e della
incontestabile violazione delle leggi vigenti e dei principi fondamentali
della dignità umana, le iniziative del Tribunale per i diritti del malato sono
state assolutamente inadeguate.
La prefazione di Giancarlo Quaranta, Presidente del
Movimento federativo democratico e di Teresa Petrangolini, Segretaria nazionale
del Tribunale per i diritti del malato, ignorano il problema dei diritti
violati.
EDMUND
D. PELLEGRINO - DAVID C. THOMASMA, Per
il bene del paziente - Tradizione e innovazione nell'etica medica,
Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1992, pp. 410, L. 28.000
Per il bene
del paziente: non si tratta di una
generica esortazione a introdurre buoni sentimenti e nobili intenzioni nelle
pratiche sanitarie rivolte alla cura della salute. Il libro di Pellegrino e
Thomasma è un punto di arrivo nella riflessione sulla filosofia della medicina
che da almeno due decenni sta avvenendo intensamente negli Stati Uniti, sotto
il nome di bioetica. Gli Autori prendono una chiara posizione nei confronti
delle tendenze a rifiutare il rapporto tradizionale tra medico e malato, per
promuovere l'autodeterminazione del paziente. Si tende a considerare come
sospetto l'orientamento a fare "il bene del paziente", come
espressione di un paternalismo non più conciliabile con l'autonomia che spetta
all'individuo, anche in condizione di malattia. II modello di "beneficità
nella fiducia" proposto da Pellegrino e Thomasma si pone invece come via
intermedia tra il paternalismo della medicina ippocratica e l'autonomismo di
quella contemporanea. Pur accettando i valori dell'autonomia, vuol conservare
il particolare significato del rapporto che si crea tra medico e paziente
nella condizione di malattia.
La traduzione italiana di quest'opera importante di
filosofia della medicina apre una prospettiva di dialogo con il patrimonio
della tradizione europea. «Ci sentiamo autorizzati a sperare che, come
prodotto di questo dialogo transculturale, avremo alla fine una medicina più
ricca di contenuto umano. E perciò una medicina più capace di guarire»
(dall'Introduzione di Sandro Spinsanti).
EDO BRUNO, L'albero diverso della vita, Quaderni
Percorsi, Mantova, 1992, pp. 59, L. 12.000
L'Albero
diverso della vita di Edo Bruno è
una raccolta di "temi" scritti negli ultimi due anni, durante la sua
permanenza al Centro socio-educativo di Guidizzolo (Mantova).
Nel libro, Edo, che ha 25 anni ed è colpito da
spasticità, ci comunica il suo coraggio di vivere e di affrontare ogni giornata
con un'altalena di sentimenti che coinvolgono le persone sensibili.
È, altresì, la denuncia dei danni rilevanti causati
dal ricovero in un istituto specializzato in riabilitazione, ma dove, precisa
Edo, «di terapia facevo poco e niente,
non mi mettevano in piedi sul girello, non volevano proprio che io provassi a
camminare: dicevano che non era ancora arrivato il momento».
Abbandonato «quel
postaccio», come lo definisce l'Autore, finalmente frequenta un Centro
diurno dove, insieme agli operatori, sta lavorando per la sua crescita
personale e per la sua autonomia.
Il volume è disponibile nelle librerie di Mantova e
presso il Centro socio-educativo di Guidazzolo, Via S. Cassiano 4/f, tel.
0376-818253.
ANNA
CHIODINI - MARIA GRAZIA PEDRETTI (a cura di), I soggiorni estivi: esperienze socioeducative con handicappati
mentali, Calderini, Bologna 1992, L. 30.000, distribuito da Azzurro-prato/Anffas,
via S. Isaia 20/A, Bologna
Il tempo libero del portatore di handicap presenta
da sempre segni vistosi di contraddizione: questo essenzialmente perché nella
nostra cultura il tempo libero è degli altri, dei non-handicappati, di coloro
che a pieno titolo sono inseriti nel mondo del lavoro, della produzione e del
consumo. E, a pensarci bene, per l'handicappato il tempo può essere tutto
libero, se si considera il suo non inserimento al lavoro.
Al problema dell'organizzazione di esperienze
significative di tempo libero per i portatori di handicap (con particolare
attenzione al cosiddetto tempo di vacanza) è dedicato il volume I soggiorni estivi: esperienze
socioeducative con handicappati mentali curato da A. Chiodini e M.G.
Pedretti, all'interno della collana "Politica sociale e cultura dei
servizi".
Le Autrici non improvvisano il loro discorso: lo
testimonia la loro attività all'interno dell'ANFFAS di Bologna e lo garantisce
il patrimonio di riflessioni e di documentazione riversato nel volume.
Il loro punto di vista è nello stesso tempo semplice
e impegnativo: la costruzione di modelli di intervento significativi per il
tempo libero dell'handicappato è un problema da affrontare nel concreto, a
partire dalla cultura dell'handicap già positivamente sedimentata nei servizi
del tempo "normale" e sulla base di un rispetto per la dignità del
portatore di handicap (del suo diritto a vivere tutte le esperienze
dell’"uomo") che non ha bisogno soltanto di ulteriori elaborazioni
teoriche, ma dell'impegno operativo delle istituzioni, delle associazioni,
degli operatori che a diverso titolo in esse lavorano.
Da questo punto di partenza discende l'analisi
metodologica dei possibili strumenti di un progetto di fattibilità del tempo
libero per l'handicappato: strumenti che tendono ad evitare che la vacanza
diventi spazio/tempo subordinato, in funzione di mero scarico di tensione, e a
garantire al contrario un tempo di vacanza veramente pieno di opportunità per
arricchire l'individuo su specifici piani di socializzazione e apprendimento.
a cura di Anna
Draghetti
VIRGILIO
GRANDI, Accanto ai malati della parrocchia,
Edizioni Camilliane, Torino, 1992, pp. 105, L. 11.000
L'Autore si rivolge ai fedeli che, all'interno della
propria parrocchia, offrono la loro disponibilità all'assistenza dei malati.
Con il termine "malati" l'Autore intende «designare e includere non solamente gli
inermi per malattia fisica e mentale, ma anche gli anziani che per età avanzata
soffrono acciacchi, gli handicappati e invalidi che per limitazione fisica necessitano
di servizi particolari, i disadattati, gli emarginati o abbandonati socialmente
per le loro condizioni di vita e di salute, come i tossicodipendenti, gli
psicopatici, le vittime dell'AIDS, ecc.».
Oltre ad esaminare i vari aspetti della vita pastorale,
che possono fornire utili spunti di incontro ai parrocchiani che sono malati,
egli non tralascia di indicare anche «l'aiuto,
la difesa, l'assistenza sanitaria, la promozione umana e la liberazione dalle
situazioni negative» quale altro compito importante cui deve rispondere la
comunità parrocchiale.
«È un
compito ineludibile perché malati, cronici, anziani soli e non
autosufficienti, vittime dell'AIDS, psichici, disadattati, ecc. non mancano in
nessuna comunità cristiana. Per loro dunque dev'essere instaurata la pastorale
della salute nella parrocchia».
Utile sarebbe stato a questo punto un richiamo ai
volontari perché, di fronte alle esigenze degli ammalati, non dimentichino di
sollecitare al proprio dovere e al rispetto delle leggi vigenti tutti gli enti
(siano essi pubblici o privati) e i servizi sanitari, che devono intervenire
nella cura dell'ammalato, anche se inguaribile.
www.fondazionepromozionesociale.it