Prospettive assistenziali, n. 103, luglio-settembre
1993
Notizie
SUCCESSO
DEI REFERENDUM SULLA SANITÀ
Sono state raccolte un milione e trecentomila firme
per l'indizione dei due referendum per l'abrogazione del decreto legislativo
502/1992, iniziativa alla quale ha aderito anche Prospettive assistenziali (cfr. il n. 101, gennaio-marzo 1993).
È stato inferto un duro colpo alla controriforma
varata dall'ex Presidente del Consiglio dei Ministri, Amato, e dall'ex Ministro
della sanità, De Lorenzo, ex Ministro che sta collezionando un numero altissimo
di avvisi di garanzia per accuse estremamente gravi.
Adesso si pone il problema di seguire gli sviluppi
del referendum e di elaborare una valida proposta di riordino del servizio
sanitario nazionale.
DICHIARAZIONI
INESATTE RILASCIATE DAL MOVIMENTO FEDERATIVO DEMOCRATICO
In data 13
agosto 1993 il CSA - Comitato per la difesa dei diritti ha inviato alla
Presidenza del Movimento federativo democratico la lettera che riproduciamo
integralmente.
In merito al comunicato stampa del Movimento
federativo democratico "Anziani e ospedali: Ferragosto, nonno mio non ti
conosco" del 12.8.1993, questo Comitato, che opera ininterrottamente dal
1970, deplora che il MFD abbia recepito acriticamente le informazioni da alcuni
medici che segnalano l'esistenza del parcheggio estivo degli anziani.
AI riguardo questo Comitato fa presente che l'MFD ed
i medici non sono in grado di citare una sola ricerca avente dignità
scientifica che confermi il loro assunto.
Questo Comitato ricorda l'indagine svolta dal GIFA,
Gruppo di studio della Società italiana di geriatria e gerontologia, al quale
hanno aderito oltre 40 Divisioni ospedaliere o Istituti universitari, indagine
da cui risulta che «il parcheggio estivo degli anziani in ospedale è un
fenomeno inesistente» (cfr. "Anziani Oggi", Università Cattolica
del Sacro Cuore, Roma, n. 3, 1992, pag. 28).
D'altra parte è noto che la legge ospedaliera del
1968 fornisce ai Primari tutti gli strumenti concreti per allontanare dagli
ospedali le persone - comprese quelle anziane - che non abbisognano di cure
ospedaliere.
La realtà dei fatti è che vi sono ancora molti medici,
anche ospedalieri, che non vogliono prestare agli anziani malati cronici non
autosufficienti le cure sanitarie - comprese quelle ospedaliere - come sancito
dalle leggi vigenti.
A questo proposito il Comitato per la difesa dei
diritti degli assistiti ricorda il provvedimento del Pretore di Bologna del
21.12.1992 in cui è scritto che è conforme alle leggi vigenti la richiesta
della Signora PF, di anni 80, ricoverata in ospedale dal 1986 «di poter
continuare a beneficiare di adeguata assistenza sanitaria usufruendo delle
prestazioni gratuite del servizio sanitario nazionale presso una struttura
ospedaliera e non di generica assistenza presso istituti di riposo o strutture
equivalenti».
Da notare che l'USL Bologna 28, che aveva richiesto
al Pretore un provvedimento di allontanamento della Signora PF dall'ospedale
Malpighi, non ha presentato ricorso alla sopracitata sentenza.
Ciò premesso, questo Comitato auspica che finalmente l'MFD-Tribunale
per i diritti del malato, operi concretamente perché i servizi sanitari -
ospedali compresi - rispettino le leggi vigenti riconoscendo che anche e
soprattutto le persone con malattie inguaribili hanno l'esigenza e il diritto
di essere curate prioritariamente a casa loro usufruendo delle necessarie
prestazioni mediche e infermieristiche e, occorrendo, in ospedale o in altre
strutture sanitarie.
Questo Comitato auspica, inoltre, che il MFD -
Tribunale per i diritti del malato si faccia carico delle situazioni disumane
subite troppo spesso dagli anziani ricoverati in istituti di assistenza/
beneficenza.
Infine, questo Comitato fa presente che si rispetta
la dignità degli anziani, non si affibbia loro il termine dispregiativo di
"nonno".
IL
DIFENSORE CIVICO DELLA LIGURIA E DIRITTI DEGLI ANZIANI
Nella relazione sulla attività svolta negli anni 1991
e 1992, il Difensore civico della Regione Liguria, N. Perrazzelli, ha scritto
quanto segue:
La Liguria è
notoriamente una regione in cui la popolazione anziana rappresenta una
percentuale molto elevata rispetto alla popolazione attiva, sia per il
bassissimo livello d'incremento demografico regionale, sia per il tradizionale
afflusso, soprattutto dalla Padania, di persone che, al termine del ciclo
lavorativo, si trasferiscono stabilmente, per ragioni climatiche, nella riviera
ligure.
Infatti la
popolazione ultrasessantacinquenne residente in Liguria al 1° gennaio 1991
ammontava a 356.390 persone su di una popolazione di 1.844.799 abitanti.
Questa particolare connotazione della popolazione ligure rende più grave e di
più urgente soluzione il problema degli anziani, con specifico riferimento
agli anziani malati cronici non autosufficienti, sì che il Difensore civico
della Liguria, trovandosi ad operare in un siffatto contesto demografico e
sociale ed essendo stato investito dalla legge regionale n. 27/85 del!a tutela
del malato nelle strutture sanitarie, non può non portare il suo esame su tale
questione che, peraltro, costituisce uno dei problemi più gravi emergenti
dall'attuale società, come stanno a dimostrare i numerosi convegni sul tema e
la considerevole bibliografia scientifica dedicata all'argomento.
D'altronde
l'elevata percentuale di anziani, che è riscontrabile nel pubblico che ricorre alla
civica difesa per ottenerne l'intervento su questioni riguardanti il proprio
"status" di anziani (assistenza sanitaria, assistenza sociale,
questione abitativa, ecc.) offre un'eloquente concreta riprova dell'entità e
della preminenza sociale del fenomeno.
Recentemente
si è svolto a Roma un convegno per analizzare i contenuti del progetto
"Tutela della salute degli anziani”; in gran parte coincidenti con le
indicazioni della proposta di legge "Riordino degli interventi sanitari a
favore degli anziani cronici non autosufficienti e realizzazione delle
residenze sanitarie assistenziali" depositata, con iniziativa popolare,
ai Consigli regionali dell'Emilia-Romagna, della Lombardia e del Piemonte e
dai Consiglieri Giancarlo Mori, Laura Scalabrini e Cristina Monami
rispettivamente ai Consigli regionali della Liguria, del Lazio e della Valle
d'Aosta.
Va ricordato
che nel settore in questione in Liguria è significativamente presente il
volontariato che, attraverso soprattutto il Comitato Ligure Ospedalizzazione
domiciliare (C.L.O.D.) ed il tribunale per i diritti del malato del Movimento
Federativo Democratico, tiene desta l'attenzione della pubblica opinione sul
grave problema dell'anziano, anticipando soluzioni che stanno ormai
guadagnando terreno anche nelle sedi istituzionali.
Ed invero il
progetto, che è stato l'oggetto del convegno romano, partendo dalla
considerazione che agli anziani cronici non autosuffícienti dev'essere
riconosciuta la condizione di malati, afferma il loro diritto alle prestazioni
sanitarie di prevenzione, di terapia e di riabilitazione, come per tutti gli
altri cittadini. E poiché una notevole quota di anziani è dipendente dall'aiuto
degli altri per sopravvivere, va riconosciuta la priorità degl'interventi
domiciliari che sono certamente preferiti dagli anziani, che non dovranno assoggettarsi
al traumatismo dell'ospedalizzazione, e sono inoltre molto più vantaggiosi per
il sistema sanitario che, privilegiando gli interventi domiciliari, realizza
un sicuro e cospicuo risparmio.
Il Servizio
Sanitario Nazionale deve quindi istituire l'ospedalizzazione a domicilio degli
anziani cronici non autosufficienti.
Gli Enti
locali e le Regioni, nei loro ambiti di competenza, dovranno in tal senso
orientare le rispettive risorse, in quanto molte persone, per le loro
condizioni di salute, potrebbero, anche se non autosufficienti, restare nelle
loro case se fosse approntato un servizio domiciliare adeguato. La mancanza di
tali servizi costringerebbe molti ad una istituzionalizzazione che non
vorrebbero e che subirebbero come "ultima ratio".
La ricerca
scientifica ha ampiamente dimostrato quanto la possibilità di rimanere a casa
propria abbia un alto valore terapeutico e quanto, invece, i soggetti
istituzionalizzati si trovino a vivere una condizione di rischio maggiore per
l'interagire di numerose concause.
Dall'osservatorio
della civica difesa, che tanti quotidiani contatti ha con i cittadini anziani,
non può, pertanto, non partire una convinta e vibrante esortazione agli organi
competenti a realizzare al più presto, sia nel settore sanitario che in quello
assistenziale, le strutture necessarie affinché agli anziani cronici vengano
approntate !e cure previste nel progetto in questione.
IL
SINDACATO PENSIONATI CISL IGNORA GLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI
Nel mese di giugno 1993 è uscito il volume "La
sanità che hai e che vorresti" a cura di Ettore M.S. Conti e Luigi
Merolla, edito dalla Federazione Nazionale Pensionati CISL.
Il volume raccoglie i dati relativi alla prima indagine
nazionale condotta dalla stessa Federazione sullo stato di salute dell'anziano
e sulle sue problematiche sanitarie e assistenziali.
Per l'effettuazione dell'indagine è stato individuato
un campione di 5353 anziani iscritti al Sindacato pensionati CISL, ai quali è
stato recapitato un questionario tramite le strutture sindacali e regionali
della CISL stessa.
Non ci sembra che il campione scelto sia attendibile
in quanto molto difforme rispetto alla situazione della popolazione italiana;
infatti i residenti in grandi aree urbane scelti dall'indagine ammontano solo a
757 soggetti, mentre quelli residenti in piccole e medie città risultano essere
4.556.
Ma, quel che è più grave, è la constatazione che nel
questionario utilizzato non vi è alcun riferimento al problema degli anziani
cronici non autosufficienti e alla massiccia violazione sia delle esigenze dei
vecchi malati, sia delle vigenti norme di legge.
Addirittura orientata a giustificare l'espulsione
degli anziani malati dagli ospedali è la domanda n. 40, così formulata: «Ritiene che il ricovero in ospedale sia un
metodo necessario per un anziano che ha bisogno di assistenza anche quando la
sua malattia non è grave?».
Aprioristicamente scontate sono, quindi, le
conclusioni della ricerca: «Il problema
sanitario dell'anziano è un problema che non può essere relegato solo alle
Amministrazioni sanitarie, ma deve prevedere sempre più il coinvolgimento delle
amministrazioni deputate al miglioramento del servizio sociale»,
conclusioni, d'altra parte, scorrette in quanto non trovano alcun sostegno
nelle risposte fornite dai 5.335 anziani intervistati.
Nell'indagine sono ignorati problemi che angustiano
gli anziani e le loro famiglie come, ad esempio, gli oneri economici posti a
carico dei vecchi malati cronici e dei loro congiunti.
LA
FONDAZIONE FLORIANI: BENEFICENZA, NON DIRITTI
La Fondazione Floriani ha organizzato a Milano dal
24 al 28 maggio 1993 una settimana densa di iniziative «per sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema dei malati terminali».
Nell'occasione, ha diffuso un dépliant in cui viene
dato per scontato che i malati inguaribili siano «dimessi dalle strutture pubbliche e rimandati alle loro case». Ci
sembra estremamente grave che la Fondazione Floriani non rilevi che, da un lato,
si tratta molto spesso di dimissioni selvagge imposte ai malati e ai familiari
in violazione dei diritti sanciti dalle leggi vigenti e che, d'altro canto, a
domicilio il malato è pressoché abbandonato dal Servizio sanitario nazionale
(assolutamente insufficiente è l'intervento dei medico di base).
Nello stesso dépliant, la Fondazione Floriani segnala
che «offre gratuitamente il suo intervento» e che l'ente «si finanzia con i proventi della donazione iniziale, con offerte
private e pubbliche, e con le iniziative promozionali organizzate
dall'Associazione Amici della Fondazione Floriani, alla quale tutti possono
aderire». Pertanto, per la Fondazione Floriani il riferimento continua ad
essere la beneficenza pubblica e privata, e non il diritto del cittadino malato
alle cure, prioritariamente a quelle domiciliari.
UN
LIBRO DI ADRIANO OSSICINI A FAVORE DI UN ISTITUTO DI RICOVERO
Riportiamo
la nota redatta da Fabio Ragaini, pubblicata sul numero di marzo-aprile 1993 di
"Appunti", vivamente allarmati anche noi a causa
della inaccettabile presa di posizione di A. Ossicini a favore di un istituto
che ricovera 400 handicappati.
«È davvero difficile capire come Adriano Ossicini
possa inserire nel suo libro dedicato ai problemi dell'handicap, Oltre le barriere,
Bariletti, Roma, 1991, un capitolo dedicato alle Marche (Verso un sistema
integrato: il modello Marche) nel quale si porta come modello di integrazione
tra pubblico e privato l'istituto S. Stefano di Porto Potenza Picena (MC).
«Alcune delle sue affermazioni meritano di essere
citate:
- l'attività del S. Stefano... fornisce infatti una
valida risposta ai problemi dell'handicap...
- la scuola per terapisti interna all'Istituto si
avvale della presenza di docenti Universitari...
- visitando le Marche ho più volte constatato come
l'handicap faccia realmente parte della vita di tutti i giorni e il merito di
questo va in parte al S. Stefano che ha saputo inserire gli handicappati nel
mondo del lavoro e della società attraverso la creazione di cooperative e case
comunitarie...
ma l'intero capitolo andrebbe riportato per leggere
l'entusiasmo con cui Ossicini descrive l'esperienza di questo Istituto.
«Nelle affermazioni di Ossicini non è del tutto
assente la verità, quello che manca è la descrizione del contesto, ossia della
vita di un Istituto che ospita più di 400 persone molte delle quali sono lì da
tantissimi anni.
«La maggior parte delle persone che vi vivono non
hanno alcuna prospettiva di vita, sono lì per i motivi più vari e vi resteranno
fino alla morte. Per queste persone, che sono la maggioranza, la qualità della
vita è pessima, una condizione da non augurare veramente a nessuno. Per molti
di loro, soprattutto i meno dotati intellettivamente, è un problema anche
uscire per qualche giorno... ma si sa, ci sono le rette e le assenze costano.
«Lunga potrebbe essere la descrizione della vita
dell'Istituto, tante potrebbero essere le notizie a dimostrazione dell'abbaglio
preso da Ossicini, basterebbe far raccontare la propria storia a qualche
"ospite", quello che sarebbe importante che però Ossicini capisse è
che l'unico augurio che si può fare al S. Stefano è di scomparire. Perché gli
handicappati di tutto hanno bisogno meno che di istituti e specialmente di
quello di cui si parla, che, soprattutto, non c'è peggior mistificazione che
dare un velo di scientificità a ciò che di fatto favorisce l'emarginazione.
«Caro Ossicini, non porti più il S. Stefano come
esempio, dica, con tristezza, che oggi purtroppo rimane ancora una tragica
scelta per molte famiglie che spesso non hanno sufficiente aiuto dalla società
per tenere i figli a casa, che il privato speculativo (il S. Stefano è una SpA)
non è la stessa cosa del privato sociale, dica queste cose altrimenti in molti
finiremo per pensare che veramente a Porto Potenza non c'è mai stato, che le
hanno fatto vedere un'altra cosa, oppure che parla di handicap dimenticando che
le persone handicappate hanno gli stessi diritti di tutte le altre persone».
UNA
FAMIGLIA A CHI NON L'HA
In risposta ad una lettera a firma
"Giuseppe", Don Oreste Benzi, Fondatore dell'Associazione Papa
Giovanni XXIII, ha inviato al giornale "Avvenire" la lettera che
riproduciamo integralmente (1).
«Carissimo Giuseppe, ciò che mi dici nella lettera è
verità amara, ma verità. La crescita morale della società e il grado di fede
di una comunità si misurano da come vengono considerati i bambini senza
famiglia, i miserabili, i deboli che non hanno potere di contrattazione, gli
oppressi, i vecchi, gli handicappati, gli zingari, gli extracomunitari, gli
ammalati di Aids. La società, le comunità che li abbandonano a se stessi o che
si difendono da loro eliminandoli o relegandoli in strutture emarginate ed
emarginanti, o che si limitano a dare qualcosa, dimostrano di non avere
ancora capito bene il problema dell'uomo.
«Nessuno ha le mani pulite di fronte alla massa di
miserabili e oppressi che popolano il mondo. C'è qualcosa di più grave oggi.
Ci sono comportamenti crudeli verso certe categorie di poveri. Lasciare un
bambino, un minore, specialmente handicappato o malato di Aids in un istituto,
accudito da inservienti meravigliosi se vuoi, ma senza chi faccia loro da babbo
o da mamma realmente, è un delitto di cui tutti coloro che ne sono a conoscenza
sono complici.
«La nostra coscienza di uomini e di credenti in
Cristo deve insorgere. Contro chi? Contro noi stessi prima di tutto. Solo se
riusciamo a dimostrare che ci è impossibile accoglierli in famiglia siamo
scagionati dalla colpa. Prima però dobbiamo mettere in crisi tutti i motivi
che ci fanno dire di no all'accoglienza. Comunque anche se fossimo liberi dalla
colpa non lo saremmo mai di fronte al problema.
«Se non ci impegniamo a rimuovere queste situazioni
siamo colpevoli. Contro l'ente pubblico e i servizi sociali, che ancora
collocano in istituto i minori senza prima interessarsi se ci sono famiglie
disponibili ad accoglierli.
«Contro i Comuni nei casi in cui questi sottraggono
minori alle loro famiglie con la motivazione che queste sono prive di mezzi di
sostentamento. Contro quei giudici che non credono al valore dell'affidamento
e collocano per principio i bambini in istituto. Contro quegli istituti che per
fare soldi impediscono l'affidamento. I migliori istituti sono quelli che
chiudono e si rendono inutili perché cooperano all'affidamento.
«Ripeto che dovremmo insorgere contro noi stessi. C'è
una via per dare una famiglia a chi non l'ha: applicare rigorosamente la legge
184 del maggio 1983, che è una buona legge sull'affidamento e adozione. Come?
È semplice. Occorre formare dei gruppi di genitori disponibili all'accoglienza
di minori senza famiglia o con famiglia temporaneamente inidonea. Presentarsi
ai servizi sociali responsabili dei minori istituzionalizzati, ai direttori
degli istituti, ai tribunali per i minorenni, invocando la legge 184 che
sancisce il diritto di ogni minore a crescere in famiglia. In tal modo viene a
cadere la giustificazione dello stato di necessità che questi responsabili adducono.
«Se tra coloro che leggono questo articolo ci fossero
famiglie disponibili, mi contattino. Con l'associazione Papa Giovanni XXIII
svilupperemo il movimento che stiamo portando avanti per dare una famiglia a
chi non l'ha. Questa è l'ora dell'azione, o dobbiamo aspettare che anche per i
minori sorga un Di Pietro? È venuta l'ora che fa la verità su coloro che rubano
contro la legge. Non è ancora arrivata per coloro che rubano protetti dalla
legge. Così pure arriverà l'ora per coloro che sfruttano i minori, che guadagnano
su di loro impedendo di fatto che essi abbiano chi faccia loro da padre e da
madre. Arriverà l'ora per coloro che soffocano il grido dei piccoli, che
implorano una famiglia. Grido che sale verso Dio. Chi l'ascolta è con il
Signore che ha stabilito il padre e la madre o almeno uno dei due per i figli».
(1) Cfr. Avvenire del 7 agosto 1993.
www.fondazionepromozionesociale.it