Prospettive assistenziali, n. 104, ottobre-dicembre
1993
Interrogativi
LA
SCUOLA CATTOLICA RIFIUTA GLI HANDICAPPATI
Su "Aggiornamenti
sociali", n. 4, aprile 1993, Gianfranco Garancini, Professore di
storia del diritto dell'Università degli studi di Milano, sostiene la
necessità che alla scuola cattolica venga riconosciuto dallo Stato «un ruolo centrale, non solo di
"partecipante”; ma di vero e proprio protagonista».
Secondo l'Autore, questa richiesta è motivata dal
fatto che gli istitutori/gestori della scuola cattolica sono «suscitatori di personalità e costruttori
di solidarietà».
La situazione reale è molto diversa. Infatti, come
ha affermato Salvatore Nocera, Consigliere nazionale del Movimento Apostolico
Ciechi, alla VII Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio della
Pastorale per gli operatori sanitari sul tema "Le vostre membra sono il
corpo di Cristo - Le persone handicappate nella società" svoltosi a Roma
il 19, 20 e 21 novembre 1992, «purtroppo
si constata ancora che molte scuole cattoliche rifiutano la frequenza ad alunni
con handicap, invitando i genitori ad iscriverli negli istituti speciali nei
quali, pur con le migliori prestazioni professionali, i bambini ed i giovani
perdono la ricchezza degli scambi relazionali, con compagni non handicappati e
vengono posti in un circuito di emarginazione che li escluderà dall'inserimento
sociale».
Che cosa ne pensa Garancini che, nel suo lungo
articolo, non nomina nemmeno una volta gli alunni handicappati?
Perché Garancini li dimentica quando sostiene che «gli studenti sono titolari, in quanto cittadini,
di un diritto uguale a ricevere prestazioni da assicurare loro il pieno
sviluppo della loro personalità, e l'inserimento nel Paese in maniera che
possano, secondo le loro capacità e la loro scelta, svolgere un'attività o una
funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società»?
È proprio vero ciò che sostiene l'Autore e cioè che «la scuola cattolica è forma storica
dell'identità, fedele e originale, della Chiesa in Italia, a servizio di Dio e
dell'Uomo», tenuto conto che sono rarissime, come afferma Nocera, le esperienze
di inserimenti di handicappati? A noi farebbe molto piacere poterle conoscere,
soprattutto quelle che riguardano gli handicappati intellettivi.
Se queste esperienze non ci sono - come temiamo - o
sono eccezioni che confermano la regola, è giusto che lo Stato sostenga la
scuola cattolica con contributi economici?
UN
SORPRENDENTE ARTICOLO DELLA RIVISTA "LINEA"
Roberta Sibona, nell'articolo "Quale progetto
per gli anziani?" apparso sul n. 1, gennaio-marzo 1993, di Linea, rivista della SIP, sostiene che «nell'immaginario di noi tutti, non solo
degli anziani, l'ospedale è un luogo di sfinimento e di fine».
Ma la Sibona o qualche suo congiunto non sono mai
stati ricoverati in ospedale e guariti? Vuol forse insinuare che l'ospedale è
sempre e comunque negativo per gli anziani, mentre vanno bene gli istituti di
assistenza/beneficenza?
Più avanti, l'Autrice sostiene che il costo medio di
una degenza in ospedale è di circa «700
mila lire (valore base 1992)».
Da dove ha preso questa cifra? Perché parla di costo
medio visto che le spese sostenute per un trapianto nulla hanno a che fare con
la retta di una geriatria?
Perché la Sibona sostituisce alla sigla approvata
dal Parlamento "Progetto tutela salute degli anziani", la
denominazione "Progetto assistenza anziani"?
Infine, come mai la stessa Sibona sostiene che la
Sicad (Società italiana per la cura e l'assistenza domiciliare) è «un'associazione senza fini di lucro»
quando dalla documentazione scritta risulta che la Sicad stessa è una «holding finanziaria e operativa», i cui
soci «sono interessati a sviluppare il
business sull'home care, con capitale iniziale previsto in lire 5 miliardi ed
il cui risultato di esercizio è negativo solo nel primo anno mentre diventa
positivo dal 1992 e cresce rapidamente fino a raggiungere quasi nove miliardi
nel 1995. Nel 1993 è previsto un utile netto di circa 15 miliardi».
Prosegue la relazione: «Il ritorno sul capitale è del 25% netto già al secondo anno, del 38%
al terzo anno e addirittura del 177% al quarto anno».
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