Prospettive assistenziali, n. 105, gennaio-marzo 1994
L'INSERIMENTO LAVORATIVO DI HANDICAPPATI INTELLETTIVI:
IL CASO DI
SETTIMO TORINESE
VANNA LORENZONI (*)
È interessante ragionare di questa esperienza perché
ha origine da una contrattazione sindacale e da una gestione in cui il
sindacato è stato promotore e motore, insieme ad altri soggetti, di tutto il
percorso. È una esperienza che sta producendo risultati positivi. È quindi da
sostenere e valorizzare, perché possa diffondersi in tutto il territorio
piemontese. Va infatti evitato il suo isolamento che potrebbe produrre
scoraggiamento e demotivazione nelle persone che l'hanno condotta e bloccare
l'indispensabile completamento del progetto.
II contesto economico
Gli inserimenti di cui parliamo, hanno ancora più
valore perché avvengono, tra l'altro, in una fase economica italiana, che viene
considerata da tutti la più grave del dopo-guerra, soprattutto in una regione,
come il Piemonte, che sta subendo un forte processo di deindustrializzazione
e di declino economico (settori che spariscono o si ridimensionano fortemente,
fabbriche che chiudono, stabilimenti soppressi, milioni di ore di cassa
integrazione...).
Alcuni dati servono a chiarire la situazione: nei
primi sei mesi del '93, in Piemonte si sono persi 45.000 posti di lavoro, i
disoccupati iscritti al collocamento sono 225.000, di cui 25.000 transitati
dalla lista di mobilità, dopo il licenziamento, di cui solo una minima parte ha
ritrovato un lavoro.
Sono circa 300 le aziende coinvolte da processi di
crisi e ristrutturazione, in maggioranza sono le medie e grandi aziende dei
settori portanti della nostra economia. Inoltre, un numero elevatissimo di
imprese utilizza la cassa integrazione ordinaria.
Gli avviamenti al lavoro sono diminuiti del 20%, e le
espulsioni dal lavoro superano di molto gli avviamenti (in ogni caso, in
Piemonte, gli avviamenti - 130.000 nel '93 - continuano ad essere consistenti,
anche se la maggior parte di essi sono per posti di lavoro precari e 1/3 appartiene
a qualifiche basse).
Il contesto politico
La fase politica è di transizione, tra il vecchio
regime che muore (quello dei partiti e del sistema delle imprese che
attraverso il sistema tangentizio hanno occupato lo Stato, hanno alterato le
regole del mercato a proprio vantaggio e usato il debito pubblico come leva del
loro potere, sfasciando sia lo Stato che l'economia) e il "nuovo che
avanza" che non dà poche preoccupazioni.
Alcune forze politiche si riferiscono ad uno stato
sociale minimale, ai "forti" che pensano per sé e, in questo quadro,
per gli handicappati propone i laboratori protetti, e, poiché ritiene che le
donne debbano "tornare a casa" per consentire la piena occupazione
degli uomini, è conseguente che pensi che l'handicap possa essere affrontato e
risolto "in casa".
Il contesto sociale e sindacale
La rottura delle solidarietà, purtroppo, non attiene
solo a quella parte della popolazione che ha votato certe forze politiche (e
che in Piemonte, comunque, si stanno avvicinando ad un terzo degli elettori),
ma rischia di pervadere anche strati consistenti di cittadini, di lavoratrici e
lavoratori e dei loro rappresentanti (i delegati e le strutture sindacali).
Nella crisi economica e sociale esistente può
determinarsi, non nelle parole e nei discorsi, ma nei fatti, una pesante
rottura di solidarietà tra forti e deboli: che si affermi il "si salvi chi
può".
Non sono infrequenti i casi in cui dalle fabbriche
viene la richiesta dei dipendenti di privilegiare i propri figli nelle
assunzioni: «Siamo disposti a lavorare il sabato e anche la notte, se l'azienda
ne fa richiesta, purché i nuovi assunti siano i nostri figli». È certo,
inoltre, che un pensiero percorra molte menti: «Se non c'è lavoro per quelli
"normali", figuriamoci per gli handicappati». Così anche nelle
aziende si comincia ad assumere, magari perché la svalutazione al 30% della
lira ha ridato fiato alle esportazioni, non si contratta o si contratta
formalmente in modo discutibile (per i figli), oppure, nelle aziende in cui si
espelle manodopera, non ci si oppone alla esclusione dei soggetti più deboli,
a partire dagli invalidi o dagli inidonei, considerando tale fatto un prezzo da
pagare per la maggior efficienza delle imprese.
Ritorniamo a Settimo Torinese
Valutando il contesto si capisce meglio, quanto sia
importante questa esperienza, anche per il messaggio etico, culturale, sociale
e sindacale che lancia.
Innanzitutto il portatore di handicap, anche intellettivo, con capacità lavorativa è un disoccupato
che ha diritto al lavoro tanto quanto gli altri disoccupati, che contrattare
l'inserimento lavorativo per un handicappato intellettivo è fattibile anche in
questa fase e che tale scelta non attiene solo a periodi economici di
sviluppo. Un handicappato "non ruba" il posto ad un altro disoccupato,
perché è un cittadino che deve avere almeno diritti pari agli altri; invece,
in questa fase, I'handicappato rischia di vedere negato nei fatti il diritto al
lavoro.
DESCRIZIONE DEL CASO DI SETTIMO TORINESE
L'accordo
Questa vicenda nasce nel maggio
'89 da un accordo sindacale nel settore penne di Settimo Torinese. L'accordo
viene siglato dalle Organizzazioni sindacali unitarie di categoria (FILTEA -
FILTA - UILTA) e dall'Associazione delle piccole industrie (API) per le aziende
del settore penne, che sono concentrate nell'area territoriale di Settimo
Torinese.
L'intesa prevede un impegno
delle imprese ad inserire dopo una adeguata formazione professionale,
portatori di handicap intellettivo, attraverso tirocini formativi e lavoro
vero e proprio.
Viene previsto il coinvolgimento
dell'USSL 28, dei Centri di formazione professionale e di altri enti necessari
al perfezionamento del progetto.
Le assemblee svolte nelle
fabbriche delle penne accolgono con favore i termini dell'intesa e si produce
un importante momento di sensibilizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori
sulla tematica dell'handicap intellettivo e del diritto al lavoro dei soggetti
portatori di tale handicap.
La USSL 28
Viene innanzitutto coinvolta la
USSL 28 che con una delibera individua un percorso di formazione
professionale, con stages, tirocini e borse di studio, per l'inserimento
lavorativo di soggetti adolescenti ultra quattordicenni portatori di handicap
intellettivo di grado medio e medio lieve.
La metodologia
La metodologia dell'intervento
ha come obiettivo il raggiungimento da parte dei ragazzi e delle ragazze
handicappate di un sufficiente grado di autonomia per raggiungere il luogo di
lavoro e per muoversi in un contesto lavorativo, in modo compatibile con esso,
oltre che del recupero da parte dei soggetti portatori di handicap della
consapevolezza delle possibilità e capacità lavorative.
L'ottica con cui viene
affrontato il problema attiene all'intero progetto di vita del soggetto interessato,
affinché sia possibile recuperare, da parte del soggetto in questione, un ruolo
sociale attivo.
È quindi necessario il lavoro,
come uno dei fattori più importanti per l'affermazione dell'essere umano e
della sua identità, ma un lavoro che va svolto in un contesto "ricco"
di "normalità" e non segregato, attraverso l'integrazione nel
contesto sociale del territorio ed una formazione professionale adeguata,
tirocini formativi e un corretto inserimento al lavoro (inserimento guidato da
un tutor, in un ambiente attento all'accoglienza).
Gli strumenti
Una intesa locale con più
soggetti diventa necessaria per rendere possibile l'esperienza. Il Comune di
Settimo diventa nei fatti il comune capofila del progetto e delibera la messa a
disposizione di risorse finanziarie e umane: una persona che si dedica alla
realizzazione del progetto è indispensabile.
Si arriva alla definizione di un
protocollo di intesa sull'handicap per la costituzione di un
"Coordinamento politico istituzionale Handicap e Lavoro" tra i Comuni
di Settimo Torinese, Volpiano, Leinì, San Benigno, l'USSL 28, l'ENAIP Piemonte
(Ente di formazione professionale), la Sezione circoscrizionale per l'impiego,
il CO.GE.HA. (Associazione dei genitori con figli handicappati), le
Organizzazioni sindacali di categoria (FILTEA-CGIL, FILTA-CISL, UILTA-UIL) e
le Associazioni dei datori di lavoro, quali l'API (Associazione delle piccole
imprese), l'ASCOM (Associazione dei commercianti), la CNA (Associazioni degli
artigiani).
Tale coordinamento ha il compito
di sovraintendere al progetto, di seguire le diverse fasi favorendone la
realizzazione attraverso la sensibilizzazione dell'ambiente, il miglioramento
delle relazioni, la ricerca e l'individuazione delle realtà lavorative idonee
ai tirocini formativi e agli inserimenti lavorativi veri e propri.
Per il raggiungimento degli
obiettivi operativi e per dare attuazione al programma di inserimento vero e
proprio si costituisce una "commissione tecnica" formata dagli
operatori della USSL 28 e dai formatori del Centro di formazione di Settimo
Torinese e dell'ENAIP Piemonte.
Le fasi dell'inserimento
Vengono individuati tre stadi
per l'inserimento mirato al lavoro: una fase formativa con stages in azienda,
il tirocinio formativo da 6 a 12 mesi al massimo nella stessa azienda con borsa
di studio finanziata dagli enti locali,
e quindi, 1'inserimento lavorativo vero e proprio, con reale rapporto di
lavoro.
Il progetto formativo
Finalmente nel maggio '91 la Regione Piemonte
delibera l'inserimento nel piano corsi del progetto proposto dell'ENAIP di
Settimo Torinese e nell'ottobre '91 inizia il corso.
È rivolto ad otto adolescenti con handicap intellettivo
di grado medio o medio lieve, quattro maschi e quattro femmine; l'inserimento
paritario viene scelto per offrire pari opportunità alle ragazze che
sicuramente avrebbero rischiato la doppia discriminazione: per l'handicap e per
il sesso. Si progetta un corso di 1600 ore.
Il corso si propone l'acquisizione di abilità e
conoscenze sociali e lavorative che configurano professionalità semplici
(operaio addetto a mansioni semplici, commesso, usciere, addetto alle pulizie).
Sono previsti due filoni formativi: uno didattico da
svolgersi al centro di formazione per potenziare le capacità residue su piano
linguistico-espressivo, logico-matematico e tecnico-pratico e l'altro
destinato agli stages in azienda (due mezze giornate alla settimana).
L'inserimento in azienda consente di verificare le
abilità lavorative e la capacità di stare in modo compatibile con l'ambiente dì
lavoro.
Questa parte di stage è la più importante perché
apre alla socializzazione, alla organizzazione del proprio tempo fuori dalla
scuola e prepara l'integrazione reale nella vita, oltre che nel lavoro.
Durante lo stage gli operatori dell'USSL e i docenti
seguono gli allievi. La copertura assicurativa è a carico dell'USSL. L'azienda
non instaura un rapporto di lavoro con il portatore di handicap e non è
obbligata ad impegnarsi alla sua assunzione. II concetto è: provare per far
cadere i pregiudizi.
Tredici tra enti pubblici e privati hanno accettato
l'attivazione di stages.
Le Organizzazioni sindacati hanno avuto un grosso
ruolo nella individuazione delle aziende ed enti disponibili ad attivare gli
stages e a sensibilizzare i lavoratori e le lavoratrici per creare un ambiente
favorevole all'accoglienza del soggetto handicappato.
Al termine del primo biennio di corso, il giudizio
dato dalla commissione tecnica è stato positivo ed anche i ragazzi hanno dato
una buona valutazione della loro esperienza e si sono dichiarati spiaciuti di
doverla terminare.
Le situazioni lavorative coinvolte dagli stages hanno
migliorato il cosiddetto "clima aziendale": la presenza dei ragazzo o
della ragazza portatrice di handicap ha spesso prodotto un clima più
affettuoso di simpatia e maggiore allegria.
Anche l'associazione dei genitori, coinvolta fin
dalle prime fasi del progetto, ha svolto un ruolo importantissimo.
Le altre fasi
Le altre fasi del progetto di inserimento hanno avuto
maggior difficoltà, anche per le inadempienze, a cui siamo abituati, dell'API.
Due tirocini su otto attivati hanno avuto un buon
esito, tanto da consentirne la trasformazione in assunzione con contratto di
formazione e lavoro in fabbriche dei settore penne. Le caratteristiche di tali
contratti sono: la durata di 24 mesi, con inserimento al primo livello, l'assunzione
a tempo indeterminato al 2° livello.
Ciò è dovuto alla tenacia di due nostri compagni
delle Segreterie di categoria (Enrica Colombo e Giovanni Baratta), che
ringraziamo, a cui va l'apprezzamento per questo loro impegno (1).
È un risultato di straordinaria importanza, perché
indica una strada molto dignitosa e percorribile alla contrattazione
sindacale.
L’esperienza di Biella
A Biella, invece, si è rischiato un accordo territoriale
discutibile (per gli inserimenti al lavoro di handicappati intellettivi si
prevedeva un periodo imprecisato di tirocinio formativo, poi l'avviamento al
lavoro con contratto di formazione e lavoro al 1° livello per 24 mesi e con
salario al 60%, rispetto ai normali contratti di formazione, quindi un ulteriore
anno di contratto a termine con retribuzione all’80% e alla fine di tutto questo
percorso, l'azienda poteva decidere se confermare o meno il soggetto).
Sarebbe stato il primo accordo in Italia in pesante
deroga al ribasso alle norme sul contratto di formazione lavoro, già molto
favorevoli per le aziende.
Si sarebbe sfondato un principio: forte taglio del
salario "all'ingresso" per gli handicappati intellettivi, ma anche
per i soggetti a disagio in carico alle USSL (ex tossicodipendenti).
Il messaggio sarebbe stato: chi è in difficoltà, per
essere assunto, deve pagare una tangente all'ingresso al lavoro.
Un accordo che non contemplava nemmeno la garanzia
che, a fronte di tali pesanti condizioni, un consistente numero di
handicappati trovasse effettivamente un lavoro. Molti di noi sindacalisti
hanno ritenuto inaccettabile e non civile consentire che, in quanto più deboli
sul mercato del lavoro, gli handicappati dovessero sottostare a diritti più
deboli, di serie B, rispetto a quelli di altri disoccupati. Per noi il concetto
va rovesciato, se un soggetto è debole deve essere tutelato di più, deve avere
diritti più forti.
Vi sarebbe stato, quindi, il rischio di concedere
molto e ottenere poco o niente.
Gli impegni non rispettati dall'API di
Torino
Una esperienza analoga è già stata fatta nel 1988 con
l'API di Torino, quando, a fronte dell'impegno (mai mantenuto) delle aziende
aderenti a tale associazione, di assumere 32 handicappati intellettivi, si
concessero contratti a termine, la possibilità di assunzioni nominative ecc.
anche per altri lavoratori. Le imprese utilizzarono di quell'accordo-quadro
solo quello che a loro interessava e non assunsero i soggetti handicappati. È
una esperienza che ancora brucia, che non vogliamo più ripetere.
Conclusioni
La strada contrattuale che si è costruita a Settimo
Torinese è quella più corretta e su questa impostazione lavorano, in molti
territori del Piemonte, sindacalisti e operatori del servizio pubblico.
La rilevanza del caso di Settimo Torinese sta nel
profondo, convinto e tenace impegno del Sindacato di categoria a portare avanti
il progetto descritto.
Per sostenere e diffondere esperienze come questa,
all'inizio del '93, si è costruito un gruppo di lavoro unitario CGIL - CISL -
UIL Piemonte e CSA (Coordinamento sanità e assistenza dei movimenti di base), a
cui partecipano operatori delle USSL che si occupano di inserimenti lavorativi.
Per ora il gruppo ha messo in relazione diverse
situazioni territoriali, e il confronto ha fatto emergere le difficoltà e le
problematiche che richiedono di essere affrontate e risolte, e che sollecitano
il sindacato ad un maggiore impegno. ha elaborato una piattaforma sindacale da
presentare alla Regione Piemonte per una puntuale applicazione della legge
104/1992 e una piattaforma nei confronti del Comune di Torino. II gruppo ha
evidenziato la necessità di costruire in tutti i territori intese locali tra i
soggetti privati e pubblici, le Associazioni ed i sindacati per la gestione
degli inserimenti mirati.
Una grande difficoltà che il gruppo ha registrato
riguarda la presenza non continuativa dei sindacati territoriali e,
soprattutto, l'assenza di importanti sindacati di categoria.
Tra le diverse ipotesi in discussione nel gruppo c'è
quella di affrontare il problema rapportandoci alle "categorie" non
più genericamente, ma sottoponendo loro i dati delle assunzioni dei progetti di
formazione e lavoro formulati dalle aziende, anche per togliere loro il solito
alibi della crisi e dimostrare che in certe aziende si assume e che tali
assunzioni vanno contrattate.
Quando si individuano aziende che intendono assumere
più di 10 giovani, si possono avvertire i delegati sindacali e le strutture di
categoria competenti per chiedere loro la contrattazione di tali assunzioni: la
presenza di donne e uomini ed uno spazio per gli invalidi e, in parti idonee,
per gli handicappati intellettivi, psichici o fisici gravi.
È una strada ancora tutta in salita, ma l'esperienza
di Settimo Torinese ci aiuta, con il suo esempio, a costruire una pratica
contrattuale corretta e a dare finalmente delle possibilità di lavoro e di
effettivo inserimento sociale a persone in grande difficoltà, quali sono gli
handicappati di cui ci occupiamo. È un messaggio positivo per tutti.
(*) Responsabile delle politiche
attive del lavoro della CGIL Piemonte.
(1) Cfr. l'articolo di G. Baratta,
“Inserimenti al lavoro di un portatore di handicap intellettivo”, in Prospettive assistenziali, n. 103,
luglio-settembre 1993.
www.fondazionepromozionesociale.it