Prospettive assistenziali, n. 105, gennaio-marzo 1994
MODIFICATO IL DECRETO LEGISLATIVO N. 502/1992 SULLA SANITA
Sul supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n.
293 del 15 dicembre 1993 è stato pubblicato il decreto legislativo 7 dicembre
1993 n. 517 “Modificazioni al decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502
recante riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1
della legge 23 ottobre 1992 n. 421”.
Anche dopo l'entrata in vigore del d.l. 517/1993,
confermiamo le critiche che abbiamo espresso al d.l. 502/1992 nell'articolo
"Dall'analisi della controriforma della sanità l'esigenza dei referendum
abrogativi", pubblicato sul n. 101, gennaio-marzo 1993, di Prospettive assistenziali.
Estromessi i Comuni dalla tutela della
salute dei loro cittadini
Anche nel nuovo testo il ruolo dei Comuni nella
programmazione e gestione dei servizi è praticamente nullo. Infatti l'USL,
com'è stabilito dall'art. 4 del suddetto decreto, continua ad essere una
«azienda dotata di personalità giuridica, di autonomia organizzativa,
amministrativa, patrimoniale, contabile e tecnica»; non è prevista alcuna
partecipazione diretta degli enti locali. Nello stesso articolo è scritto che
resta fermo «il diritto-dovere degli
organi rappresentativi (dei Comuni, nd.r.) di esprimere il bisogno socio-sanitario delle comunità locali»,
senza che siano indicati gli strumenti che rendono cogente il sopra richiamato
diritto-dovere. In sostanza si tratta di una dichiarazione di principio vuota
di qualsiasi contenuto operativo.
Nel n. 101 di Prospettive
assistenziali, circa l'inconsistenza dei poteri attribuiti ai Sindaci,
abbiamo scritto quanto segue: «Mentre
(...) si afferma che il sindaco provvede alla definizione delle linee di
indirizzo, si precisa nello stesso articolo che tale funzione è esercitata
nell'ambito della programmazione regionale. Pertanto i sindaci non hanno in
concreto alcun potere reale. Inoltre, viene stabilito che il sindaco esamina il
bilancio di previsione e il conto consuntivo, limitando queste funzioni
all'invio alla Regione delle sue "osservazioni". Assolutamente
irrilevante è, altresì, il compito attirbuito al capo dell'Amministrazione
comunale per quanto concerne l'andamento generale dell'attività in quanto,
anche in questo caso, può solamente trasmettere le proprie valutazioni e
proposte al direttore generale (dell'USL n.d.r.) e alla Regione. Le funzioni
del sindaco (e così pure quelle della conferenza dei sindaci e dei presidenti
delle circoscrizioni) sono così marginali che il direttore generale dell'USL
non è nemmeno tenuto ad inviare loro le delibere, fatto che può anche essere
interpretato sia come disprezzo nei confronti dell'istituzione (il Comune) da
sempre la più rappresentativa delle esigenze di cittadini, sia come mezzo per
togliere alla popolazione ogni possibilità di intervenire, tramite il proprio
rappresentante più diretto, nei confronti dell'impostazione, organizzazione e
funzionamento dei servizi sanitari».
Troppo grandi le nuove USL
Il d.l. 517 conferma, inoltre, la rilevante estensione
della dimensione territoriale delle USL al punto che deve essere previsto «per ciascuna un ambito territoriale,
coincidente di norma con quello della provincia».
Questa norma, com'è ovvio, crea oggettivamente
notevoli difficoltà alla partecipazione dei cittadini: è un'altra conferma che
la controriforma della sanità è stata varata contro le esigenze della
popolazione.
Inoltre, alle USL territoriali è sottratta ogni
competenza riguardante:
a) gli ospedali «di
rilievo nazionale e di alta specializzazione»;
b) i presidi «in
cui insiste la prevalenza del percorso formativo del triennio clinico delle
facoltà di medicina e chirurgia»;
c) «le
strutture di pertinenza dell'Università, nonché gli ospedali destinati a centro
di riferimento della rete dei servizi di emergenza, dotati del dipartimento di
emergenza».
Separazione fra servizi territoriali e
ospedali
A questo riguardo ripetiamo quanto abbiamo già
scritto e cioè che «la separazione dei
suddetti ospedali dai servizi territoriali risponde alla pretesa di
moltissimi medici di abbandonare sempre più la cura globale dei malati,
soprattutto di quelli inguaribili, a favore della medicina di organo (v.
trapianti) e delle prestazioni superspecialistiche che riguardano pochi
pazienti, molti medici e infermieri e soprattutto costosissime terapie e dispendiose
attrezzature. Di qui l'appoggio delle case farmaceutiche e delle ditte
costruttrici di apparecchiature sanitarie. Se questa linea avrà la possibilità
di svilupparsi, è assai probabile che dagli ospedali vengano espulse le
medicine e le geriatrie, da molti medici già oggi considerate strutture
sanitarie di serie 8. Certamente non siamo contrari ai trapianti e alla
specializzazione degli interventi, ma riteniamo che un adeguato spazio
operativo e culturale debba sempre essere riservato alle "normali"
medicine e geriatrie. Circa la sottrazione di gran parte degli ospedali dalle
competenze programmatorie e gestionali delle USL, c'è non solo il rischio che
agli interventi intramurari sia riconosciuta la priorità in termini di
prestigio e di finanziamenti, ma anche che vengano scisse attività che, in base
alle esigenze dei pazienti, dovrebbero continuare ad essere fornite in modo
unitario e con lo stesso personale». Ci riferiamo, ad esempio, agli
interventi psichiatrici, all'ospedalizzazione a domicilio, alla dialisi e alla
nutrizione artificiale e alla riabilitazione intra ed extramurarie.
Aumentano gli organi di governo
Viene affermato che l'estensione territoriale delle
USL è stata aumentata per ridurre gli organi di governo e quindi le spese, ma
non c'è alcuna ricerca, avente dignità scientifica, che lo comprovi. È,
invece, possibile che la creazione di USL con vastissimi ambiti territoriali ne
riduca le capacità di direzione e controllo sui servizi e sul relativo
personale, e provochi un aumento delle spese stesse.
D'altra parte, mentre il numero delle USL viene
ridotto, molti ospedali acquisiscono la personalità giuridica: nuovi enti che
rompono l'unitarietà del Servizio sanitario nazionale. Inoltre, rileviamo che
la sottrazione ai Comuni di ogni potere reale nella gestione delle USL, sta
determinando il ritiro delle deleghe rilasciate dai Comuni stessi alle USL in
materia di assistenza sociale (1). Conseguentemente o i Comuni gestiranno i
servizi direttamente o tramite convenzioni, oppure si creeranno nuovi enti, al
limite tanti quanti sono gli attuali organi di governo delle USL.
La rifondazione dei Comuni
Da decenni è stata rilevata l'impossibilità assoluta
e incontrovertibile della stragrande maggioranza dei Comuni di programmare e
gestire in modo efficace ed efficiente i servizi e le attività di loro
competenza, in quanto non posseggono una adeguata dimensione demografica, come
risulta dalla tabella 1.
Pertanto, se si vogliono veramente riformare in modo
positivo i Comuni, e cioè gli enti più a diretto contatto con i cittadini,
occorre avviare il processo per l'unificazione di quelli che hanno una
popolazione insufficiente a garantire adeguati servizi, siano essi pubblici o
privati (3). È evidente che Comuni con poche centinaia o migliaia di persone, e
quindi anche con bilanci estremamente limitati, non sono in grado di istituire
i servizi occorrenti per l'assistenza sociale, il diritto allo studio, la
cultura, e per le attività economiche (artigianato, commercio, agricoltura).
D'altra parte le spese per il funzionamento dei Comuni piccoli sono rilevanti.
Anche solo da questi elementi parziali, emerge in
modo certo che i Comuni piccoli sono nell'assoluta impossibilità di fornire
(direttamente o tramite enti privati) prestazioni che rispondano a criteri di
efficacia ed efficienza.
Nell'immediato occorrerebbe garantire una idonea
collocazione ai servizi di assistenza sociale, per la istituzione,
programmazione e gestione dei quali è auspicabile la creazione di nuovi
organismi che uniscano i Comuni piccoli, previa individuazione di un territorio
di ampiezza idonea (spesso proprio quello delle USL che i d.l. 502 e 517
smantellano!), in cui possano essere istituiti tutti i servizi (scuola,
sanità, casa, ecc.) e le attività di base necessari per lo sviluppo delle
comunità locali.
In questi nuovi enti potrebbero confluire in futuro
tutte le altre funzioni che i Comuni della zona non sono in grado di assolvere
da soli.
In sostanza i d.l. 502/1992 e 517/1993 fanno riemergere
le motivazioni che avevano spinto i movimenti di base del Piemonte a presentare
nel 1978 la proposta di legge regionale "Riorganizzazione dei servizi
sanitari e assistenziali e costituzione delle unità locali di tutti i
servizi".
L'art. 2 della suddetta proposta di legge stabiliva
che venissero riordinate «le funzioni
gestibili a livello delle unità locali di tutti i servizi», e cioè i
servizi sanitari e socio-assistenziali, nonché i compiti riguardanti le
seguenti materie: assetto del territorio, urbanistica, assistenza scolastica,
istruzione artigiana, e professionale, musei e biblioteche, agricoltura e
foreste, artigianato, lavori pubblici, turismo e industria alberghiera, viabilità,
acquedotti, tranvie e linee automobilistiche, navigazione e porti lacuali,
fiere e mercati, acque minerali e terminali, cave e torbiere, protezione
della fauna (4).
Lo scopo era proprio quello di promuovere la
creazione di nuovi enti (all'incirca 700 in Italia) in sostituzione della
miriade di Comuni (8.100) e delle Province (100) esistenti.
Il direttore generale delle USSL: un
"boss" con poteri assoluti
È confermata dal d.l. 517 l'istituzione di un vero e
proprio "boss", il direttore generale, al quale spettano «tutti i poteri di gestione e la rappresentanza
dell'unità sanitaria locale»; nonché la nomina dei direttori sanitario e
amministrativo. Si tratta di poteri smisurati, di natura politica e operativa,
in netto contrasto con l'indirizzo della separazione dei compiti in materia.
Inoltre, l'assunzione da parte del direttore generale
di compiti di controllore-controllato può determinare comportamenti di stampo
mafioso e favorire la permanenza di interessi acquisibili tramite tangenti o
favori di vario genere.
Forme integrative di assistenza
Unico aspetto positivo del d.l. 517 è l'abrogazione
delle «forme differenziate di assistenza»
di cui all'art. 9 del d.l. 502, sostituite da «forme integrative di assistenza»,
finalizzate queste ultime «a fornire
prestazioni aggiuntive rispetto a quelle assicurate dal Servizio sanitario
nazionale» (5).
È, quindi, ridotta la possibilità di creare un
servizio sanitario parallelo a quello nazionale. Ne deriva, giustamente a
nostro avviso, che tutti i cittadini devono continuare a finanziare, sulla base
dei loro redditi, la sanità pubblica (dai servizi di emergenza a -quelli diagnostici, curativi e
riabilitativi). Di conseguenza sono ridotte, ma purtroppo non annullate le
preoccupazioni circa la discriminazione delle fasce più deboli della
popolazione: malati di AIDS, tossicodipendenti, adulti e anziani cronici non
autosufficienti, ecc.
La negativa proposta di legge della
CGIL
A questo proposito non si può certo ignorare che la
CGIL, invece di sostenere i cittadini aventi maggiori problemi sanitari, ha
raccolto le firme necessarie per la presentazione al Parlamento di una proposta
di legge in cui è previsto che le Regioni e le Province autonome stabiliscono «i limiti e i criteri di erogazione, nonché
le eventuali forme di partecipazione alle spese degli assistiti, per le prestazioni
di tipo riabilitativo che necessitano di trattamenti prolungati ad alta
intensità assistenziale» (6).
Negato il ruolo promozionale e di
controllo del volontariato
Anche a seguito del d.l. 517, continua ad essere
ridicolizzata la partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni di
volontariato, ai quali non è riconosciuto (cfr. l'art. 14) alcun effettivo
ruolo promozionale e di controllo, essendo le organizzazioni di volontariato
obbligate a concordare i programmi con i direttori generali delle USL e delle
aziende ospedaliere. È evidente, infatti, che il volontariato non potrà
assumere iniziative contrastanti con l'operato dei direttori generali.
Proponiamo un nuovo referendum
Riteniamo che occorra avviare al più presto le
iniziative occorrenti per l'indizione di un referendum abrogativo delle norme
risultanti a seguito dell'emanazione dei d.l. 502/1992 e 517/1993, perché nel
loro complesso sono estremamente negative per i cittadini e, in particolare,
per la fascia più debole della popolazione (7).
Prospettive
assistenziali è disponibile a collaborare
sia per la raccolta delle firme necessarie per la presentazione del referendum
abrogativo, sia per l'organizzazione di dibattiti in modo che agli operatori,
ai volontari e ai cittadini interessati sia fornita una informazione
esauriente sul futuro della sanità.
Comuni con
popolazione inferiore ai 15.000 abitanti n.
7.470 (2) 92,2%
Comuni con
popolazione da 15.001 a 65.000 abitanti n.
545 6,7%
Comuni con
popolazione superiore ai 65.001 abitanti n.
85 1,1%
Totale
Comuni Italiani n.
8.100 100.0
Tab. 1
(1) In base ai d.l. 502 e 517 i
Comuni, nel caso di delega alle USL, sono obbligati a versare alle USL stesse
tutti i fondi necessari per l'istituzione e gestione dei servizi socio-assistenziali.
(2) In particolare i Comuni con popolazione inferiore ai 500
abitanti sono 823
quelli da 501 a 1.000 1.145
da 1.001 a 2.000 1.710
da 2.001 a 3.000 1.006
da 3.001 a 4.000 720
da 4.001 a 5.000 505
da 5.001 a 15.000 1.561
Totale Comuni con popolazione
inferiore ai 15.001 abitanti n.
7.470
(Dati tratti da Il potere
locale, n. 6/7, giugno-luglio 1993).
(3) Purtroppo nella legge 8 giugno
1990 n. 142 "Ordinamento delle autonomie locali", il problema - di
fondamentale importanza - del superamento dei Comuni piccoli non è stato
affrontato.
(4) Cfr. Prospettive assistenziali, n. 43, luglio-settembre 1978.
(5) Questa possibilità era già
prevista dalla legge di riforma sanitaria a proposito della mutualità
volontaria (art. 46 della legge 23 dicembre 1978 n. 833).
(6) Cfr. l'editoriale del n. 102,
aprile-giugno 1993 di Prospettive
assistenziali, in cui è riportato integralmente l'art. 2 del testo della
proposta CGIL.
(7) La Corte di Cassazione ha
dichiarato superati i due referendum indetti sul d.l. 502/92, in quanto il
testo relativo sarebbe stato sostanzialmente modificato dal d.l. 517/93.
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