Prospettive assistenziali, n. 105, gennaio-marzo 1994
Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie
adottive e affidatarie
NO ALLA RUOTA DI MEDIOEVALE
MEMORIA
Riportiamo
integralmente il comunicato stampa della Presidenza Nazionale dell'ANFAA emesso
il 5 gennaio 1994 in occasione dell'iniziativa del Movimento per la vita di
ripristinare ad Aosta la ruota degli esposti.
Il Movimento per la vita continua a riproporre la
ruota di medioevale memoria per gli esposti ignorando che le donne che non
intendono riconoscere il proprio nato hanno diritto di partorire in assoluta
segretezza anche negli ospedali e nelle altre strutture sanitarie e di essere
quindi seguite dal punto di vista medico-infermieristico come tutte le altre
partorienti, assicurando anche al neonato le cure necessarie.
Inoltre, dal 1927 le Province e la Regione Autonoma
della Valle d'Aosta sono obbligate ad assistere a livello sociale le gestanti
in difficoltà, assicurando i necessari interventi prima, durante e dopo il
parto.
Al riguardo si segnala che numerose gestanti nubili e
madri (spesso si tratta di bambine di 14/15 anni) hanno l'esigenza di supporti
particolari di natura socio-assistenziali allo scopo di poter provvedere
coscientemente al riconoscimento o non riconoscimento del proprio nato e di
acquisire gli strumenti necessari per il proprio reinserimento sociale. In
questi casi non è accettabile che la partoriente venga lasciata sola prima e
dopo il parto e che ci si preoccupi solamente di salvaguardare la
sopravvivenza dei neonato.
Nel caso in cui non sia stato effettuato il riconoscimento,
l'atto di nascita del bambino è redatto con la dizione "nato da donna che
non consente di essere nominata" e l'ufficiale di stato civile, dopo
avergli attribuito un nome e un cognome, procede entro dieci giorni alla segnalazione
al Tribunale per i minorenni ai fini della dichiarazione di adottabilità ai
sensi della legge 184/1983.
Così, a pochi giorni dalla nascita, il piccolo viene
inserito in una famiglia adottiva, scelta dal Tribunale fra quelle che hanno
presentato domanda di adozione al Tribunale stesso.
L'ANFAA sollecita, ancora una volta, le istituzioni
preposte: Ministero della Sanità, Dipartimento agli Affari Sociali della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Assessori all'assistenza delle Regioni
e degli Enti locali a svolgere un'azione informativa a livello nazionale su
questi temi, in modo che tutti conoscano le norme vigenti e le funzioni dei
servizi obbligatori per legge.
TELEFONO AZZURRO FA MARCIA
INDIETRO SUL PROGETTATO GHETTO DI MONZA
Riproduciamo integralmente il
comunicato stampa del 5 febbraio 1994.
A seguito del comunicato stampa "No al ghetto
del Telefono azzurro", emesso dalle organizzazioni scriventi e ampiamente
ripreso dalla stampa (*), il Prof. Ernesto Caffo, presidente del Telefono
azzurro, non avendo evidentemente argomentazioni da contrapporre, lancia
insinuazioni: l'ANFAA (organizzazione di volontariato che opera
ininterrottamente dal 1962) non offrirebbe «alcun
servizio specifico e concreto» e non avrebbe «alcuna esperienza coi bambini» (cfr. "Il Giorno" del 3.2.1994) dimenticando che proprio grazie alle
leggi promosse dall'ANFAA (n. 431/1967 e n. 184/83) sono stati adottati più di
50.000 bambini, già ricoverati in istituto perché in situazione di abbandono
materiale e morale. Altre iniziative dell'ANFAA sono state la promozione degli
aiuti economici e sociali alle famiglie di origine e degli affidamenti
familiari a scopo educativo.
Il Prof. Caffo si permette di affermare che l'ANFAA
avrebbe preso posizione contro il progettato ghetto di Monza per «qualche intento politico pre-elettorale o
strumentale» (cfr. "Il Giorno"
del 3.2.1994) non fornendo - anche in questo caso - alcuna prova al riguardo.
È invece vero che dopo il comunicato stampa
dell'ANFAA, del CSA e della Lega per il diritto al lavoro degli handicappati,
il Prof. Caffo ha fatto una rapida marcia indietro.
Infatti, sui numeri di novembre e dicembre 1993 di "Child", organo ufficiale di
Telefono azzurro, è scritto che il centro di Monza «ospiterà un massimo di 15 pazienti ricoverati notte e giorno nelle
microstrutture familiari, e arriverà sino a 20/25 bambini che necessitano di un
regime ambulatoriale o di day-hospital».
Invece su "Il
Giorno" del 3.2.1994, e quindi successivamente al comunicato stampa
dell'ANFAA, del CSA e della Lega per il diritto al lavoro degli handicappati,
il Prof. Caffo dichiara che i posti letto sono ridotti a 4-5 e che i minori
saranno tutti "provenienti da Monza e dintorni", precisazione
quest'ultima che modifica profondamente quanto si desumeva in modo chiaro dai
due articoli apparsi su "Child"
e cioè che il centro avrebbe accolto minori residenti in qualsiasi parte
del nostro paese.
Su "Il
Giorno" del 3.2.1994 è scritto che il Prof. Mario Bertolini, primario
di Neuropsichiatria infantile dell'Ospedale di Monza non solo «prende le distanze dal progetto», ma
afferma che «il reparto che io dirigo
non è coinvolto nell'iniziativa» di Telefono azzurro, smentendo
clamorosamente quanto pubblicato sul numero di dicembre 1993 di "Child" dove si dichiarava che
il centro sarebbe stato «gestito da
Telefono azzurro e dalla Clinica di Neuropsichiatria infantile dell'Università
di Milano, distaccata presso l'Ospedale di Monza e diretta da Mario Bertolini».
Vogliamo, inoltre, sottolineare che, a tutt'oggi, non
ci risulta che sia stata approvata alcuna delibera che confermi che «il Comune di Monza abbia trovato la sede
della nuova struttura, una cascina da ristrutturare», come scritto su "Child" del novembre scorso.
Le organizzazioni firmatarie, nel prendere atto con
soddisfazione delle significative modifiche della progettata struttura
preannunciata dal Prof. Caffo, ribadiscono l'esigenza che anche per i bambini
vittime di abusi, per i quali si renda necessario l'allontanamento delle
proprie famiglie, siano privilegiati, a seconda delle situazioni,
l'affidamento familiare a scopo educativo, l'adozione e le comunità alloggio
con capienza limitata (non più di 8-10 posti), inserite nel normale contesto
abitativo, che accolgano tutti i minori (e non solo quelli abusati) e che
operino in stretto rapporto con l'Ente locale.
Grati della pubblicazione della presente le organizzazioni
firmatarie confermano la piena disponibilità a confronti seri, rivolti a
tutelare effettivamente le esigenze ed i diritti dei minori in difficoltà.
ANFAA -
Presidenza Nazionale, via Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011-8122327, fax
011-8122595 e Donata Micucci, Vice Presidente, Via Caccini 12, 20052 Monza,
tel. 039321263; CSA (Coordinamento Sanità-Assistenza fra i movimenti di base)
Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti - Via Artisti 36 - 10124
Torino; Lega per il diritto al lavoro degli handicappati - Via Vanchiglia 6 -
10124 Torino.
VIOLATA ANCORA UNA VOLTA LA
CARTA DI TREVISO
Riportiamo
integralmente la lettera inviata il 2 febbraio 1994 dal Presidente nazionale
dell'ANFAA a Gianni Faustini, Presidente Ordine dei Giornalisti; Vittorio
Roidi, Presidente Federazione Nazionale Stampa Italiana; Giuseppe Santaniello,
Garante per la Radio-diffusione e l'editoria; Alfredo Carlo Moro, Consiglio
Consultivo degli Utenti RAi-TV; Comitato Nazionale di Garanzia e, per
conoscenza, ai Presidenti degli Ordini dei Giornalisti del Trentino Alto Adige
e della Liguria e dell'Associazione nazionale dei giudici per i minorenni.
I mezzi di informazione hanno riferito negli ultimi
giorni in merito ad alcune situazioni di minori allontanati dalle loro
famiglie d'origine, a seguito di provvedimenti dei Tribunali per i minorenni.
Le notizie sono state riportate dai mass-media
fornendo nomi, cognomi, recapiti e fotografie dei bambini, in aperta violazione
di quanto previsto dalla Carta di Treviso e dalla Carta dei doveri dei
giornalisti.
Spesso, poi, sono stati espressi giudizi sui
provvedimenti dei Tribunali senza conoscerne i contenuti, "sparando"
dei titoli molto forti e riportando con ampio risalto la versione data dai
genitori dei piccoli coinvolti.
Non compete certamente a noi difendere l'operato dei
magistrati minorili coinvolti nei fatti di cui sopra. Riteniamo che quando i
giudici sbagliano vadano giustamente stigmatizzate le loro decisioni.
Riteniamo inoltre necessario che siano definite le
modalità di allontanamento dei minori dalle loro famiglie, allontanamento che
dovrebbe essere deciso solo quando è assolutamente indispensabile.
Utilizzare poi polizia e carabinieri e ricoverare
minori in istituti sono interventi dannosi per i bambini, a cui ricorrere solo
in casi estremi. Né vanno dimenticate le conseguenze negative
dell'istituzionalizzazione sulla vita dei minori.
Comunque, i mezzi di informazione prima di riferire
in merito a situazioni che coinvolgono bambini (ma questo vale per tutti),
dovrebbero verificare le notizie e accertare i fatti.
Inoltre, siamo vivamente preoccupati soprattutto
delle nefaste conseguenze sui bambini per le campagne ricorrenti di stampa che
presentano i giudici minorili e gli operatori sociali come "ladri di
bambini". AI riguardo ricordiamo ancora una volta, che finora questa
Associazione non ha mai avuto conoscenza di provvedimenti assunti per sottrarre
i figli ai genitori solo perché poveri.
Vorremmo al riguardo ricordare che nel 1992 sono
stati dichiarati in Italia adottabili 1078 minori, di cui 390 non riconosciuti
alla nascita. Non si tratta, evidentemente, di 1078 "furti" di
bambini poveri. Queste campagne di stampa rischiano di produrre contraccolpi
molto gravi e ingiustificabili e cioè di ridurre ulteriormente le segnalazioni
degli operatori sociali e sanitari alla magistratura minorile dei minori in
stato di abbandono, i quali temono di essere attaccati proprio perché
rispettano le leggi vigenti.
È noto che l'abbandono morale e materiale produce
disadattamenti anche gravi che emergono soprattutto durante l'adolescenza. È
poi inaccettabile che ci si scandalizzi quando si vengono a scoprire situazioni
di bambini abusati o maltrattati, di cui tutti sapevano, ma che nessuno aveva
segnalato.
Su questi problemi vorremmo conoscere le iniziative
che i destinatari della presente intendono assumere per rendere operativi i
contenuti delle Carte sopra richiamate; al riguardo vorremo anche segnalare
che i consiglieri dell'ANFAA che hanno scritto ai direttori di quotidiani che
avevano violato le norme in esse contenute sono stati scherniti (vedi
allegati): un risultato non molto incoraggiante e che dimostra a nostro parere
anche scarsa professionalità e sensibilità.
I SEI FRATELLI ALLONTANATI
DALLA LORO FAMIGLIA D'ORIGINE
Riportiamo
il comunicato stampa del 1° febbraio 1994, emanato dalla Presidenza nazionale
dell'ANFAA.
In merito alla vicenda dei sei fratelli allontanati
dalla famiglia d'origine e ricoverati in istituto, l'ANFAA deplora vivamente
che i mezzi di comunicazione abbiano diffuso e commentato la vicenda senza
conoscere il provvedimento dei Tribunale per i minorenni di Campobasso e le
relative motivazioni che hanno determinato l'allontanamento dei bambini dai
loro genitori.
Questo deplorevole comportamento dimostra, purtroppo,
che i servizi giornalistici sono stati fatti non per aiutare i minori e la loro
famiglia, ma per creare scandalo e sconcerto nell'opinione pubblica.
Inoltre l'ANFAA sottolinea, ancora una volta, che
sono state apertamente violate le norme della Carta di Treviso e dei doveri dei
giornalisti con gravi conseguenze negative sulla vita presente e futura dei bambini,
conseguenze che potevano essere evitate operando in modo onesto.
Infine l'ANFAA ribadisce la necessità che l'allontanamento
dei minori dai genitori venga disposto dall'Autorità minorile solo nei casi di
assoluta necessità, salvaguardando le esigenze psico-affettive dei minori
stessi, tenuto conto delle conseguenze negative dell'istituzionalizzazione
sulla vita dei bambini.
(*) Il testo integrale è stato pubblicato su Prospettive assistenziali, n. 104, ottobre-dicembre
1993.
www.fondazionepromozionesociale.it