Prospettive assistenziali, n. 105, gennaio-marzo 1994
FRANCESCO
SANTANERA
Per poter espellere la signora P.F. (nata nel 1913)
dall'Ospedale Malpighi di Bologna, il Primario dei reparto in cui la paziente
è ricoverata, Prof. Federico Tabarroni, si rivolge all'Unità valutativa
geriatrica (1) le cui deduzioni clinico-geriatriche, stilate il 17 gennaio
1991, sono le seguenti: «La diagnosi
conclusiva è di "Aortomiocardiosclerosi ipertensiva (forse con gli esiti
di un infarto miocardico inferiore) e con gli esiti di un'emiplegia sinistra
complicata da sindrome talamica omologa: infezione cronica dei tratto urinario.
«Sul piano
funzionale il soggetto è totalmente dipendente per gli esiti di un processo
ictale cerebrale che compromettono sia la deambulazione che l'attività
motoria dell'arto superiore sin. Le capacità cognitive sono conservate.
«Il quadro
neurologico è stabilizzato e non richiede attualmente trattamenti
riabilitativi ma attivazione aspecifica da attuarsi in ambiente famigliare od
in struttura protetta.
«La
patologia concomitante (flogosi cronica delle vie urinarie,
aortomiocardiosclerosi ipertensiva) non è di entità tale da richiedere il
ricovero ospedaliero».
Non è certamente nostro compito entrare nel merito
delle valutazioni dell'UVG di natura clinica, anche se rileviamo che nelle
perizie di parte la diagnosi e le indicazioni terapeutiche sono alquanto
diverse (2).
Non
possiamo, però, ignorare che nelle conclusioni dell'UVG vi sono considerazioni
che riteniamo non competano alle UVG che sono state o saranno istituite in
attuazione dei progettoobiettivo "Tutela della salute degli
anziani".
Ci riferiamo all'asserzione dell'UVG di Bologna
circa le attività «da attuarsi in
ambiente familiare o in struttura protetta» e all'affermazione secondo
cui le esigenze curative della signora P.F. sono «di entità tale da non richiedere il ricovero ospedaliero».
A questo proposito, precisiamo che, come dovrebbe
essere ovvio, l'UVG non può assumere decisioni in contrasto con i diritti
sanciti dalle leggi vigenti. Pertanto non può imporre ai congiunti di un
soggetto malato non autosufficiente di curarlo a casa loro (in quanto essi non
hanno alcun obbligo giuridico di farlo), né può trasferire il paziente in una
struttura di assistenza sociale (casa di riposo, residenza protetta) perché i
malati devono essere curati presso strutture sanitarie.
A questo proposito ricordiamo che il Pretore di
Bologna, Dr. Bruno Ciccone, al quale si era rivolto, sulla base della
documentazione fornita dall'UVG in oggetto, l'Amministratore straordinario
dell'USL 28 Bologna Nord per ottenere le dimissioni della signora P.F., nel
provvedimento dei 21 dicembre 1992, ha scritto che la paziente aveva diritto «di poter continuare a beneficiare di
adeguata assistenza sanitaria usufruendo delle prestazioni gratuite del
servizio sanitario nazionale e non di generica assistenza presso istituti di
riposo o strutture equivalenti».
La decisione del Pretore, contro la quale l'USL 28
Bologna Nord non ha assunto iniziative di sorta per ottenerne la modifica o
l'annullamento, afferma l'opposto di quanto sostenuto dall'UVG che indicava,
come soluzioni idonee le cure domiciliari o la struttura assistenziale
protetta.
A questo riguardo è sconcertante che l'assistente
sociale abbia provveduto all'inchiesta di sua competenza senza effettuare una
visita diretta dell'appartamento.
Se l'avesse fatto, avrebbe potuto accertare che le
condizioni abitative erano assolutamente proibitive. Esse sono descritte dal
secondo perito di parte, Dr. Virginio Oddone, recatosi ad esaminare
l'appartamento in data 14 dicembre 1991, come segue: «La casa coniugale è in condizioni a dir poco catastrofiche, ed anzi
di vera e propria inagibilità di fatto. I genitori ed il figlio I. occupano due
piccole unità abitative, in un'ala dell'edificio. L'alloggio di I. è totalmente
disastrato, con la soletta non finita che poggia su pareti ampiamente
fissurate, i cui bordi superiori, sbocconcellati, lasciano a tratti intravvedere
il cielo. L'alloggio dove invece dovrebbe vivere anche la signora P.F. si
compone di un ingresso che funge anche da sala da pranzo, cucinotta non
abitabile al fondo della quale vi è il bagno; al lato opposto la camera da
letto, più ampia. Lo spazio è ulteriormente ridotto da scatoloni accatastati,
masserizie varie; il bagno non è assolutamente agibile per una persona con
emiparesi; la scala di accesso, inoltre, oltre ad essere ingombra, ha anche
un percorso irregolare, con pianerottoli molto stretti (il lato di uno di essi
è di soli cm 77), con assoluta impossibilità al passaggio di carrozzelle e
simili. Anche in questo alloggio sono visibili ampie crepe, molto profonde che
percorrono pareti intere, spie tutte della precarietà delle condizioni
statiche dell'edificio, il quale tra l'altro non pare essere neppure ben
riscaldato».
Osserviamo, altresì, che l'UVG di Bologna non ha
preso in alcuna considerazione la situazione del coniuge, il signor B.G., nato
nel 1908 nei cui riguardi il Dr. Oddone accerta quanto segue: «Al colloquio sono emersi vistosi disturbi
della sfera cognitiva, con rilevanti difficoltà di orientamento temporale:
ignora anno, mese e giorno; non ricorda quando sia andato in pensione, quando
la moglie sia stata ricoverata in ospedale, quando sia stato lui stesso operato
o ricoverato. Non riesce a far calcoli a memoria; non ha il senso delle
grandezze relative (per esempio 25 e 15 sono "più grandi" di 500); la
memoria di cifre è compromessa; riferisce di non uscire quasi più, di riuscire
a fare solo una breve passeggiata fino al mercato perché "non si sente
sicuro" su altri percorsi, e teme di perdersi a spostarsi in altre direzioni».
Dunque, non c'erano assolutamente le condizioni per
sostenere la possibilità che la signora P.F. potesse rientrare in famiglia.
In secondo luogo, è estremamente preoccupante che l'UVG,
su conforme parere dell'assistente sociale (3), abbia sostenuto la praticabilità
del ricovero in una struttura protetta, non tenendo in alcuna considerazione i
diritti degli anziani malati, che - evidentemente - devono essere curati dal
Servizio sanitario nazionale.
Le case protette, invece, fanno parte - com'è noto -
del comparto dell'assistenza/beneficenza che non ha competenza alcuna nel
campo della diagnosi, cura e riabilitazione, come ha anche sentenziato il
Pretore di Bologna.
Conclusioni
Siamo convinti sostenitori della importanza delle
UVG, ma, a nostro avviso, esse non devono svolgere alcun compito diretto
all'estromissione dalla competenza sanitaria degli anziani cronici non
autosufficienti; devono, invece, fornire un servizio "dalla parte dei
pazienti".
(1) L'UVG è composta dei Prof. Sergio
Semeraro (geriatra), Dott.ssa Bruna Pazzaglia e Dott. Giovanni Checchia (fisiatri)
e dall'Assistente sociale Rosanna Vecchietti. La scheda redatta dall'UVG
comprende i seguenti allegati: inchiesta socio-ambientale, valutazione
cognitiva (Mini Mental State), capacità motoria, autonomia (Chrichton modificata),
consulenza fisiatrica, prevenzione lesioni da decubito (Exton Smith).
(2) II perito di parte, dott. Argiuna
Mazzotti, specialista in gerontologia e geriatria, dopo aver visitato in data
15 dicembre 1991 la signora P.F. alla presenza dei Prof. Tabarroni, scrive
quanto segue: «Dall'esame della
documentazione clinica e dell'ammalata, si evince che la Sig.ra è affetta da:
- emiplegia sinistra
massiva con iperalgesia dell'emisoma da sindrome talamica omologa;
- esiti d'infarto
miocardico posteriore in aortomiocardiosclerosi ipertensiva;
- infezione cronica
delle vie orinarie;
-cataratta OS con
perdita subtotale dei visus omolaterale;
- sindrome di
allettamento.
«La paziente in questione è allettata e non è in grado di camminare e di
assumere la posizione eretta per la perdita dei relativi schemi motori. A detta
dei figlio durante la degenza ospedaliera la Sig.ra P.F. ha avuto più episodi
di tipo epilettico non menzionati nel diario clinico anche se è stata soccorsa
dal personale del Reparto.
«Di fronte al quesito se la Sig.ra P.F. sia nelle condizioni di malattia
cronica per le quali non si possa giovare delle cure ospedaliere esprimo il
parere che non può essere dimessa in quanto:
1 - è affetta da
polipatologia cronica a lento decorso ingravescente;
2 - ha bisogno di
ulteriori accertamenti (BEG, TAC) in relazione ai presumibili episodi
comiziali;
3 - necessita di
corretta mobilizzazione attiva e passiva per contrastare la sindrome da
allettamento;
4 - dimostra
sufficienti margini di recupero degli schemi motori per mezzo di ulteriori e
insistenti terapie riabilitative;
5 - ha necessità
d'intervento per cataratta in OS al fine di evitare il rischio della perdita
completa dei visus;
6 - ha bisogno di
terapia cardiovascolare e urinaria in regime di controllo.
«Ogni altro provvedimento al di fuori di quelli ospedalieri sarebbero
pregiudizievoli per la sua salute soprattutto se assunti contro la sua
volontà».
Analoghe sono le considerazioni
svolte dall'altro perito di parte, il Dott. Virginio Oddone, specialista in
medicina legale.
(3) Secondo l'assistente sociale «la soluzione migliore
sarebbe il ricovero in una casa di riposo protetta».
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