Libri
VITTORE
MARIANI, L'handicappato mentale adulto,
Editrice Elle Di Ci, Leumann (To), 1992, pp. 119, L. 10.500.
L'Autore affronta un tema ancora poco esplorato:
quello dei l'handicappato mentale adulto. È evidente e palpabile una conoscenza
diretta da parte dell'Autore delle persone di cui parla, perché ogni tema è
sviluppato con competenza e con cognizione di causa.
A partire dal primo capitolo dove con semplicità e
chiarezza è definito l'handicappato mentale adulto, che non è, per intendersi,
né il disadattato sociale, né colui che soffre dì disturbi di natura
psichiatrica, ma quello che noi - di Prospettive
assistenziali - chiamiamo handicappato intellettivo.
L'Autore si sofferma su questo tipo di handicap
perché riconosce il grande passo realizzato nell'integrazione sociale per
questi soggetti nell'età evolutiva, soprattutto per quanto riguarda la scuola
dell'obbligo, e il grande vuoto invece con cui ci si scontra a partire dai
16-17 anni.
Con lucidità evidenzia il rischio all'isolamento cui
è sottoposta la famiglia che ha scelto, dopo le gravi sofferenze intuibili, di
mantenere all'interno del proprio nucleo il figlio handicappato. Descrive i
problemi della madre, del padre, della coppia, dei fratelli e sorelle, ma
fornisce anche un quadro di azioni positive e comportamenti che la famiglia può
(e deve) adottare per combattere l'emarginazione del figlio e di se stessa dal
contesto sociale.
Non manca neppure un richiamo al ruolo politico che
la famiglia deve imparare a svolgere per rimuovere gli ostacoli anche
legislativi che impediscono la piena realizzazione dei diritti delle persone
handicappate intellettive.
Alcuni
capitoli sono dedicati:
- all'inserimento lavorativo, per quanti ne hanno la
capacità, anche se ridotta, con un'analisi del ruolo della cooperazione;
- ai centri diurni per chi, a causa della gravità
delle condizioni, non può essere avviato al lavoro, ma necessita di interventi
educativi/socializzanti continui;
- alle comunità di accoglienza, quale risposta
"al dopo di noi" quando la famiglia non c'è più, o non è più in grado
di sostenere il peso del figlio ormai adulto;
- al ruolo del volontariato come sostegno, ma anche
come stimolo nei confronti degli Enti locali.
Mariani mette in evidenza il ruolo della società,
che deve farsi carico del problema, che non compete solo alla famiglia
dell'handicappato. Esamina, poi, nel dettaglio il compito di una pedagogia che
punti all'educazione permanente dell'handicap intellettivo, anche solo per mantenere
i livelli di autonomia raggiunti ed evitare negative regressioni.
Un capitolo interessante è dedicato, infine, alla
figura dell'educatore, ai requisiti indispensabili che deve avere per
rispondere alle esigenze dell'handicappato intellettivo adulto. Condizione
essenziale è il riconoscimento della sua dignità come persona capace di
sentimenti, emozioni, relazioni e portatrice, come tutti, di bisogni e di
diritti che devono essere soddisfatti.
CGIL
Regionale Piemonte, Le politiche attive
del lavoro nel pianeta handicap: la valorizzazione delle diversità e delle
potenzialità, pag. 141, disponibile presso Cgil, via Pedrotti 5,10152 Torino.
Il volume raccoglie gli interventi presentati nel
corso del seminario tenutosi il 30 settembre 1992, presso la Camera del lavoro
di Torino.
È una panoramica sulle metodologie sindacali adottate
per l'inserimento lavorativo delle persone handicappate, senza trascurare una
analisi critica sullo scarso ruolo svolto dal sindacato in questo settore per
ottenere effettivi posti di lavoro per gli handicappati stessi.
Emerge dagli interventi uno sforzo di ricerca per
mutare anche l'atteggiamento culturale ostile, che si riscontra - inutile
negarlo - anche tra gli stessi delegati, che non credono nella produttività
dell'handicappato.
Per cambiare questa situazione, è stata ritenuta
urgente e inderogabile una nuova modalità del collocamento obbligatorio, che
tenga conto non solo della percentuale di invalidità, ma consideri la capacità
lavorativa della persona handicappata, capacità che potrà essere piena o ridotta,
ma comunque produttiva se la persona è collocata in modo mirato.
Positive sono le testimonianze di rappresentanti
delle categorie che sono riuscite a collocare al lavoro anche giovani
handicappati intellettivi, testimonianze che sottolineano la necessità di
attivare una seria politica del lavoro a livello locale per promuovere e
incentivare l'inserimento lavorativo di questi soggetti, oggi veramente più a
rischio degli altri di restare disoccupati a vita.
AA.VV.,
Cooperazione inganno dei poveri - Dagli
affari alla solidarietà, Editrice Missionaria italiana, Bologna, 1993, pp.
222, L. 22.000.
Denuncia degli sprechi, delle improvvisazioni, dei
ritardi, e soprattutto della corruzione, che hanno inquinato in questi anni
l'impegno del popolo italiano per la cooperazione internazionale; ma anche
proposta, convinta e articolata, per un pronto rilancio: queste le coordinate
del libro che un gruppo di Autori, fra i più preparati e impegnati sul tema,
presentano al pubblico italiano (1).
Attilio Gaudio è da più di vent'anni corrispondente
dell'ANSA per la zona saheliana e subsaheliana dell'Africa. Giovanni Ferrò
lavora anche lui per un'Agenzia (Adista) e per riviste quali Jesus e Famiglia
Cristiana. Rosario Lembo è presidente del CIPSI, uno dei tre coordinamenti nazionali
delle Organizzazioni non Governative; Stefano Squarcina segue al Parlamento
Europeo la Commissione "Cooperazione e Sviluppo"; Aluisi Tosolini,
pedagogista, dirige AlfaZeta, una delle riviste più impegnate sul tema della pace,
dell'ambiente, della povertà. Graziano Zoni, per moltissimi anni presidente di
Mani Tese, coordina ora in Italia il Movimento internazionale
"Emmaus", creato dall'Abbé Pierre. Non si poteva pensare ad un
"assortimento" migliore per fare il punto, adesso, sulla Cooperazione
italiana con i Paesi in via di Sviluppo.
Come dicono gli stessi Autori, nella presentazione, «L'inchiesta Mani pulite del giudice Di Pietro
ha travolto - in maniera prevedibile - anche il mondo della cooperazione
governativa italiana, con i suoi finanziamenti occulti alle imprese italiane,
con le sue tangenti ai partiti. L'attualità e la cronaca politica di questi
mesi hanno dimostrato che non è stata certo la giustizia Nord/Sud a guidare il
flusso dei miliardi verso le casse dei Paesi in via di sviluppo. Strade mai
terminate, aiuti mai distribuiti, progetti finanziati e mai realizzati: i misteri
della cooperazione governativa italiana sono al vaglio del magistrato romano
Paraggio che - si spera in breve tempo - farà piena luce sull'utilizzo dei
fondi teoricamente destinati dall'Italia alle popolazioni povere (...). Eppure,
nonostante la sua profondità la crisi è un'occasione propizia per ragionare
sulle nuove finalità di cui essa si deve dotare nel rinnovato sistema delle
relazioni internazionali».
Fra le prospettive si parla di rilancio, ma anche di
rinnovamento e di ritorno alle origini del volontariato internazionale. «Sappiamo che l'argomento è delicato...
proprio per una tangibile insofferenza del mondo del volontariato internazionale
a riconoscere l'esistenza di una crisi di identità (..). Ma non saremmo onesti
con noi stessi e con il popolo italiano se, analizzando criticamente quanto è
stato fatto, specie nell'aiuto pubblico allo sviluppo, non inglobassimo, pur
con tutte le riserve e le differenze necessarie e obiettive, anche tutto il
mondo delle Organizzazioni non governative e in particolare quello del
volontariato internazionale».
La principale richiesta che viene fatta ai giovani
che scelgono questa via, è quella di mettersi veramente "al
servizio" delle popolazioni fra le quali si devono inserire. Non devono
muoversi con il "loro" progetto già fisso in testa, ma mettersi in
ascolto di chi è sul posto; non andare a lavorare "per" i poveri, ma
"con" i poveri. Quasi mai il volontario che arriva dall'Italia dovrà
avere lui la responsabilità di un progetto: preferibilmente sarà inserito in
attività ed iniziative alle dipendenze di
responsabili e animatori autoctoni.
Parallelo al rinnovamento del volontariato internazionale
sarà quello delle Organizzazioni non Governative: ad esse si chiede di restare
sempre collegate alla base popolare e di non diventare di fatto "agenzie
governative" per la troppo marcata dipendenza dall'aiuto pubblico. Questa
ritrovata autonomia le renderà capaci di «rielaborare
una progettualità politica a partire dalla solidarietà, per portare i veri
bisogni del Sud negli uffici dei Governi». Devono insomma riprendere la
funzione di stimolo sia verso l'opinione pubblica sia verso le istituzioni,
facendosi voce della gente "di qua" e soprattutto di quella "di
là", che esige rapporti di giustizia prima che contributi.
ENRICO
MONTOBBIO (a cura di), Il falso sé
nell'handicap mentale, Edizioni del Cerro, Tirrenia, Pisa, 1992, pp. 75,
L. 18.000
Il libro propone un'ipotesi teorica sullo sviluppo
delle persone con handicap mentale e sulle loro capacità di porsi in relazione
con il mondo, a partire dalle teorie psicologiche di W. Bion.
Vi è però poca chiarezza sulla individuazione dei
soggetti: non si capisce se si tratta di persone con handicap intellettivo o
con disturbi mentali. Ne deriva che il lettore non comprende appieno gli
esempi citati e non può farne tesoro per la propria esperienza di genitore,
insegnante, operatore.
I comportamenti suggeriti dagli Autori determinano
risultati molto diversi a seconda che riguardino un giovane o un adulto con
ritardo mentale o un soggetto che ha, invece, problemi di natura psichiatrica.
A volte, gli esempi citati fanno pensare alla prima
tipologia, altre volte alla seconda, creando incertezza e confusione ai fini
pratici.
Resta positivo e valido il messaggio che punta
inequivocabilmente allo sviluppo delle potenzialità delle persone con handicap
"psichico" e al loro pieno inserimento nella società, attraverso il
lavoro ogni volta che ciò è realizzabile: «Non
c'è speranza di una identità reale per il giovane handicappato senza
l'assegnazione di un ruolo sociale attivo nel mondo degli adulti» (p. 68).
Altrettanto valida è l'analisi sul rapporto fra
genitori e figli handicappati, sulle aspettative, le ansie, i desideri
inconsci, il confronto continuo tra l'immaginario e il reale, che producono la
nascita di "un falso sé" nel figlio handicappato, in relazione alle
attese della famiglia che sono quasi sempre molto al di sopra (sostengono gli
Autori con i loro esempi) delle potenzialità effettive del figlio
handicappato.
Per evitare di incorrere in questo rischio, essi
ritengono che la società debba «offrire
alla famiglia dei servizi di appoggio perché essa a sua volta sappia garantire
al bambino handicappato quella normalità, prima affettiva, e poi educativa, di
cui ha assolutamente bisogno» (pag. 67).
PETER
LASLETT, Una nuova mappa della vita -
L'emergere della terza età, II Mulino, Bologna, 1992, pp. 313, L. 30.000
L'Autore è molto critico circa le stime di alcuni per
cui «l'accresciuta longevità comporterà
una più forte proporzione di malati cronici e di invalidi», poiché sono
migliorate le condizioni di invecchiamento della popolazione.
È tuttavia vero - afferma Laslett - che, tra tutti i
problemi, sia necessario concentrare l'attenzione su quelli legati alla
previdenza e alla sanità.
Quest'ultima presenta, oltre agli aspetti economici,
anche risvolti etici e sociali, che potrebbero rivelarsi, specialmente nel
lungo periodo, molto importanti.
«Una prima
serie di questioni riguarda le implicazioni che l'aumento della durata della
vita ha per l'individuo e i diritti che si devono riconoscere all'anziano
riguardo agli interventi medici da cui tale aumento può in gran parte
dipendere».
Per tali ragioni, l'Autore esamina i diversi aspetti
dell'invecchiamento e le molte angolature da cui si pub osservare (a
popolazione anziana in relazione ai mutamenti sociali e al nuovo ruolo della
famiglia, la quale non può più fornire le garanzie di un tempo (ad esempio nel
caso di ritiro dal lavoro).
Il testo, che si legge facilmente, è ricco di riferimenti
storici e di dati informativi; affronta tra passato e presente l'evoluzione
della condizione dell'anziano, non trascurando neppure le descrizioni ostili e
degradanti proprie della cultura degli ultimi anni punitiva verso l'anziano e
l'invecchiamento in generale.
L'Autore sostiene e dimostra che, all'aumento della
popolazione anziana, non corrisponde sempre un analogo incremento della
dipendenza da altri, della perdita delle capacità intellettive,
dell'estromissione dalla vita familiare e sociale. Il problema si porrà
piuttosto per una parte dei casi che rientrano nella quarta età.
Qual è il giusto limite delle risorse che devono
essere rivolte alla cura e al mantenimento di coloro che sono completamente
inabili? Come si pub stabilire un rapporto di equità tra la generazione
attuale e quelle future?
Le normative che regolano le istituzioni sociali non
potranno non tener conto di scelte che devono considerare aspetti di giustizia
e di solidarietà tra le generazioni.
AA.VV.,
L'uomo spinale - Approccio psicologico e
sanitario alla medullolesione, Ospedale Niguarda Ca' Grande e Associazione
lombarda per la realizzazione delle Unità spinali, Milano, 1993, pp.144, senza
indicazione di prezzo.
L'interessante volume descrive le iniziative assunte
per la realizzazione delle Unità spinali in Lombardia. A seguito del DM 13
settembre 1988, che al punto B6 definisce gli standard del personale per le
Unità spinali, viene costituito un gruppo di lavoro a cui partecipano alcuni organismi
di base (Medicina democratica, Associazione lombarda paraplegici, Associazione bergamasca disabili), utenti e operatori della riabilitazione.
Il Coordinamento si pone alcuni obiettivi:
- confrontarsi e discutere con gli utenti, gli
operatori e le realtà che operano in termini riabilitativi sui mielolesi nella
Regione Lombardia;
- definire un'ipotesi di Unità spinali con le caratteristiche
fondamentali, utilizzando l'esperienza dei modelli Unipolari europei;
-
produrre un documento per il confronto con il Consiglio regionale.
In seguito, il Coordinamento individua in una
proposta di una legge regionale lo strumento più efficace per riuscire ad
attuare in concreto i contenuti del citato decreto ministeriale, proposta che
viene approvata.
www.fondazionepromozionesociale.it