Prospettive assistenziali, n. 106, aprile-giugno 1994

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

LA CORTE COSTITUZIONALE DICE NO A DALIDA DI LAZZARO

 

Nel corso di un reclamo promosso contro un decreto del Tribunale per i minorenni di Roma, che aveva dichiarato inammissibile la domanda di adozione presentata da una persona singola (Dalida Di Lazzaro), la Sezione per i minorenni della Corte di appello di Roma ha sollevato que­stione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della Convenzione europea in materia di adozione di minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967 e ratificata dall'Italia con legge 22 maggio 1974 n. 357 (1), che consente l'adozione non solo da parte di coniugi, ma anche di persone singole, ritenendo che l'articolo stesso dovesse essere immediatamente applicabile.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 183 del 9 maggio 1994, ha respinto la suddetta in­terpretazione stabilendo che l'art. 6 della Con­venzione europea «non è ( ..) direttamente applicabile nei rapporti intersoggettivi privati, occor­rendo a tale effetto l'interposizione di una legge interna (e cioè dello Stato italiano, n.d.r.) che de­termini i presupposti di ammissione e gli effetti dell'adozione da parte di una persona singola».

Prosegue la sentenza della Corte costituzio­nale chiarendo che «di tale facoltà la legge n. 184 del 1983 si è avvalsa entro limiti ristretti, am­mettendo l'adozione soltanto in speciali circo­stanze (art. 25, quarto e quinto comma) o in casi particolari (art. 44), e in questi ultimi senza gli ef­fetti dell'adozione piena» e precisando che i principi costituzionali richiamati nell'ordinanza della Corte di appello di Roma (art. 3, 29 e 30) «non vincolano l'adozione dei minori al criterio della imitatio naturae in guisa da non consentire l'adozione da parte di un singolo se non in casi eccezionali in cui oggi è prevista dalla legge n. 184 del 1983. Essi esprimono una indicazione di preferenza per l'adozione da parte di una coppia di coniugi, essendo prioritaria l'esigenza, da un lato, di inserire il minore in una famiglia che dia sufficienti garanzie di stabilità, e dall'altro di assi­curargli la presenza, sotto il profilo affettivo ed educativo, di entrambe le figure dei genitori».

Ciò premesso, la Corte costituzionale, nel di­chiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale, precisa che, fermo restando il criterio di preferenza dell'adozione da parte di coniugi «gli art 3, 29 e 30 della Costituzione non si oppongono a un'innovazione legislativa che ri­conosca in misura più ampia la possibilità che, nel concorso di speciali circostanze, tipicizzate dalla legge stessa o rimesse volta per volta al prudente apprezzamento del giudice, l'adozione da parte di una persona singola sia giudicata la soluzione in concreto più conveniente all'interes­se del minore».

Siamo ben lieti che la Corte costituzionale ab­bia detto no alla richiesta di Dalida Di Lazzaro, tenuto anche conto che vi sono 20 richieste di adozione per ciascun minore privo di famiglia.

 

 

SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULL'ADOZIONE DEI FIGLI DI IGNOTI

 

Ai fini della dichiarazione dello stato di adotta­bilità di un bambino non riconosciuto dai genito­ri, il Tribunale per i minorenni non è tenuto a svolgere indagini volte a verificare la sussisten­za dello stato di abbandono in quanto giuridica­mente non esiste né una madre né un padre. La conferma è venuta dalla Corte costituzionale, cui il Tribunale per i minorenni di Trento ha sot­toposto il caso di una donna che non ha voluto riconoscere il bambino, informando il servizio sociale di essere sposata con il padre del bam­bino stesso.

Alla Consulta, in particolare, è stato sottopo­sto l'art. 10 della legge sull'adozione (la n. 184 del 1983) nella parte in cui, prevedendo che il giudice minorile debba accertare se il bambino è stato effettivamente abbandonato, imporreb­be, secondo l'interpretazione che della norma ha dato il Tribunale per i minorenni di Trento, di individuare la donna che non intende essere no­minata nell'atto di nascita del minore e, conse­guentemente, di risalire al padre per vedere se intende riconoscerlo. Ma la Corte, con una sen­tenza depositata in cancelleria il 5 maggio 1994 (la n. 171, redatta dal giudice Fernando Santo­suosso), ha respinto la questione affermando che le disposizioni vigenti sono conformi alla Carta costituzionale.

Nella sentenza è, altresì, precisato che «qua­lunque donna partoriente, ancorché da elementi informali risulti trattarsi di coniugata, può dichia­rare di non voler essere nominata nell'atto di na­scita», per cui il minore risulterà figlio di ignoti.

 

 

 

(1) Cfr. "Approvata la convenzione europea in materia di adozione dei minori" in Prospettive assistenziali, n. 28, ottobre-dicembre 1974. Il testo della convenzione è ripor­tato sul n. 15, luglio-settembre 1971, di Prospettive assi­stenziali.

 

 

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