Prospettive assistenziali, n. 106, aprile-giugno 1994

 

 

SONO VECCHIO E MALATO: HO ANCORA QUALCHE DIRITTO?

 

 

Il CSA, Coordinamento sanità e assistenza, di Ivrea (Torino), la cui piattaforma costitutiva è riportata sul n. 86, aprile-giugno 1989, di Prospettive assistenziali ha assunto numerose iniziative (1), l'ultima delle quali è il convegno svoltosi a Ivrea il 6 maggio 1994 sul tema "Sono vecchio e malato: ho ancora qualche diritto?".

In preparazione della manifestazione, il CSA ha predisposto una scheda (cfr. l'allegato 1) che è stata compilata dai volontari che hanno intervi­stato gli anziani malati cronici non autosufficienti e, quando non è stato possibile, i loro familiari.

Le 62 schede raccolte, naturalmente anonime, non hanno alcuna pretesa di un approccio scien­tifico e sistematico, ma danno un'idea abbastan­za attendibile della situazione del territorio.

 

Un cenno sui contenuti dell'inchiesta (2)

L'inchiesta ha riguardato persone anziane, malate senza possibilità di guarigione che per la gravità delle patologie e delle loro conseguenze sono diventate non autosufficienti; si tratta cioè di persone che sono a letto o in carrozzella.

Fanno eccezione i dementi senili che spesso possono camminare normalmente.

Ha riguardato 62 persone: 17 uomini e 45 donne di età compresa tra i 62 ed i 98 anni. Di queste persone: 36 sono in casa accudite dai parenti; 26 sono in case di riposo o simili. Sono state colpite da varie patologie: ictus con paralisi totale o parziale; diabete con una o due gambe amputate a causa della malattia e con vari problemi alla vista fino alla cecità; scle­rosi multipla; morbo di Alzheimer; l'arterioscle­rosi grave; spina bifida.

In molti casi le patologie sono più di una con­temporaneamente.

Non pochi hanno iniziato ad entrare nel tun­nel della non autosufficienza con la rottura del femore. A questo trauma è seguita poca o nes­suna riabilitazione e quindi è iniziata una spirale perversa da cui non sono più usciti.

 

Da quanto tempo sotto in queste condizioni?

A parte un caso di non autosufficienza dalla nascita, la maggior parte di queste persone è in questa condizione da 5-10 anni, con punte che arrivano a 25-30 e fino a 34 anni. Ci sono dun­que malati che da 25, 30, 34 anni vivono dipen­dendo completamente dagli altri.

Tutte queste persone sono assistite dal Servi­zio sanitario nazionale solo attraverso il medico di base. Anche le persone che non sono più in famiglia non sono ricoverate in strutture sanita­rie, ma in case di riposo private o pubbliche ge­stite dal settore assistenziale.

Delle 62 persone, 42 usufruiscono dell'asse­gno di accompagnamento; le altre 20, no. Per­ché?

- per carenza di informazioni al riguardo; - perché la domanda è stata inoltrata, ma non è ancora concluso l'iter;

- per altre ragioni non chiare.

Per le persone ricoverate nelle case di riposo la retta richiesta viene coperta con:

- la pensione dell'interessato;

- l'assegno di accompagnamento (quando c'è);

- una integrazione dei familiari (se ci sono) o dei servizi dell'USSL.

 

Cosa succede invece quando le persone sono in casa con i familiari?

La presenza di un malato non autosufficiente in famiglia presuppone la presenza di almeno una persona che lo accudisca. In alcuni dei casi esaminati, al sopraggiungere della non autosuf­ficienza di un congiunto, una persona della fa­miglia, cioè la donna, ha dovuto lasciare il lavoro per dedicarsi completamente ad assistere la madre, la suocera, il padre, ecc. Quando le con­dizioni economiche lo permettono, ci si avvale di un aiuto domiciliare per poter avere quel minimo di libertà (la spesa, le piccole commissioni) che consenta di sopravvivere.

 

Alcune situazioni tratte dalle schede

 

Caso 2 D

È una donna, nata prima del 1910. Ha alcuni figli. È affetta da esaurimento nervoso, diabete grave ed è stata colpita da ictus. È in una casa di riposo. Nella scheda è segnalato quanto se­gue: «Per alcuni anni i figli si sono alternati nella abitazione della madre, senza lasciarla mai sola. Successivamente la prendono a turno per un certo periodo nelle loro case. La situazione però diventa insostenibile per tutti, soprattutto per la stessa malata "parcheggiata" continuamente in case diverse; così si inizia a cercare di ricove­rarla in istituto». I figli hanno venduto le proprietà della madre per pagare le rette.

 

Caso 4 D

Donna, nata dopo il 1920, vedova con un fi­glio. Ha il morbo di Parkinson con complicazioni che le impediscono di camminare. In seguito peggiora molto anche dal punto di vista intellet­tivo. Per molti anni è seguita dal figlio, che du­rante il giorno, essendo al lavoro, l'affida ad una parente per riprenderla la sera quando rientra. Dopo tre anni di attesa è ricoverata in una casa di riposo. La retta è coperta dalla pensione, dall'assegno di accompagnamento e da una quota a carico del figlio.

 

Caso 15 D

È una donna, nata tra il 1910 e il 1920, non ha parenti. Viene investita e perde l'uso di un brac­cio. Alcuni anni dopo si rompe il femore; non viene praticata alcuna riabilitazione e da allora non ha più camminato. È a casa assistita da un giro complesso e precario di vicini, amici e vo­lontari.

 

Caso 20 D

Donna, nata prima del 1915, vedova. Diabetica, ha problemi circolatori ed è infartuata. Ha una gamba amputata per la quale non può usa­re alcuna protesi. Cadendo ha subìto alcune fratture. È stata assistita in casa da parenti, per alcuni periodi è vissuta in pensionati, giudicati poi troppo cari dai familiari. Da poco è riuscita ad avere un posto in una casa di riposo. Paga la retta con la pensione e l'assegno di accompa­gnamento.

 

Caso 25 D

È un uomo, alcolista, nato tra il 1920 e il 1930. Ha molte fratture ossee per cadute in stato di ubriachezza, altre per incidenti stradali; è colpi­to da ictus; non gli è stata praticata alcuna riabi­litazione e diventa completamente non autosuffi­ciente. È in casa di riposo; la retta è coperta con la pensione minima, l'assegno di accompagna­mento ed una integrazione dei servizi dell'USSL.

 

Caso 26 D

È una donna di 97 anni, da 10 non autosuffi­ciente per varie patologie; è tenuta in casa da persone che non sono suoi parenti.

 

Caso 30 D

È una donna, nata dopo il 1930, vedova senza figli. Ha una mielite al midollo che le paralizza le gambe; ha il diabete che le causa problemi alla vista, ha problemi di cuore ed un'ulcera duode­nale. Passa la giornata in parte a letto e in parte sulla sedia a rotelle. Vive a casa assistita da una parente e dai vicini; ha l'aiuto di una collabora­trice domestica che riesce a pagare con fatica perché ha un reddito insufficiente.

 

Caso 12 D

Uomo, nato tra il 1910 ed il 1920, coniugato senza figli. Molti anni fa ha avuto una paresi; è stato curato male; ha avuto una gamba amputa­ta e gravi malanni anche all'altra; non ha mai po­tuto mettere un arto artificiale. Dopo l'amputa­zione (circa 20 anni fa), è stato rimandato a ca­sa con le ferite non ancora rimarginate ed ha avuto un sacco di traversie (è stato ricoverato in rianimazione). È assistito a casa dalla moglie.

 

Alcune considerazioni

Al termine di ogni intervista si chiedeva all'in­teressato o ai parenti quello di cui loro sentivano maggiormente la mancanza. Sono osservazioni che rispecchiano il sentire dei familiari, non è detto che siano sempre del tutto obiettive. Si ri­feriscono ad esperienze alcune delle quali sono di molti anni addietro e qualche volta vissute in zone fuori dal Piemonte.

I punti che più ricorrono sono i seguenti:

a) da parte dei malati la sensazione tangibile di essere abbandonati a se stessi, un senso profondo di solitudine, la percezione che la so­cietà, il mondo che li circonda si rifiuta di occu­parsi seriamente di loro e dei loro problemi;

b) da parte dei familiari:

- la scarsa o quasi nulla riabilitazione;

- la mancanza di strutture pubbliche ed an­che private che si possano occupare specifica­mente dei dementi senili;

- l'assistenza domiciliare pubblica fatta con persone non sempre all'altezza o adatte alla mansione;

- la sostanziale mancanza di un servizio infer­mieristico a domicilio;

- la scarsa presenza delle assistenti sociali nelle famiglie che hanno in casa una persona non autosufficiente; alcuni familiari hanno det­to... «quando l'ammalato è assistito dalla famiglia viene scaricato come caso da seguire, mentre ci sono ancora molti problemi anche gravi»;

- le dimissioni affrettate dall'ospedale, specie dopo le fratture, e senza particolari indicazioni sul come comportarsi a casa o in casa di ripo­so;

- durante i ricoveri in ospedale i parenti riten­gono molto gravoso dover pagare l'assistenza notturna a 100.000 lire per notte.

Nei commenti finali ci sono naturalmente an­che apprezzamenti:

- per alcuni medici di base particolarmente capaci e disponibili;

- per alcune assistenti sociali che nei mo­menti critici hanno mostrato molta sensibilità e sono state tempestive negli interventi che hanno risolto una situazione difficile.

Va sottolineato come in tutti i casi esaminati i malati non sono a carico di strutture sanitarie: sono a carico delle famiglie o dei servizi socio­assistenziali. Un carico pesante sotto tutti i punti di vista, ma soprattutto in termini economici.

È un problema che si va estendendo, che toc­ca fasce sempre più ampie del tessuto sociale. Al ricovero dei "Poveri Vecchi" un tempo finiva­no solo i poveracci, gli emarginati, gli esclusi; oggi nelle case di riposo entrano anche ex arti­giani, impiegati, insegnanti ecc. Pochi possono permettersi di pagare le rette richieste dagli isti­tuti privati che possono garantire un minimo di assistenza medica.

Il numero degli anziani malati cronici è desti­nato ad un forte aumento e si pone quindi un problema di disponibilità di risorse. E allora?

Forse è necessario rivedere tutto il modo di operare del Servizio sanitario nazionale, ma con un principio ben chiaro in mente: non ci sono malati di serie A e malati di serie B. Tutti debbo­no essere trattati allo stesso modo, anche gli anziani cronici, che sono malati scomodi, finora troppo spesso discriminati.

 

Allegato 1

 

SCHEDA PER LE INTERVISTE

 

1 - Intervista       n. ...........................................

 

2 - Sesso          M         F

 

Anno di nascita  ...........................................

 

Stato civile:      o celibe o nubile    o coniugato    o vedovo/a      oseparato/a - divorziato/a

 

Vive:     o solo/a     o con il coniuge     o con il coniuge e figli     o con i figli    o con altri parenti

o con altri non parenti da .......... anni     o con personale pagato da .......... anni    

o in casa di riposo da .......... anni     o in altra istituzione da .......... anni

 

3 - Residente nel Comune di .........................................

 

4 - Professione svolta durante l'attività lavora­tiva .............................................

 

5 - Attività, interessi, relazioni dopo la cessa­zione dell'attività lavorativa ...............................

 

6 - Situazione economica al momento dell'evento  ...............................................

 

7 - Descrizione dell'evento (caduta, ictus, altro) che ha portato alla non autosufficienza ....................

 

Data ..................................................................................

 

Cause che lo hanno scatenato .........................................

 

7 bis - Nel caso non ci sia stato un solo evento, descrivere l'iter o la serie di eventi che ha porta­to alla non autosufficienza (indicare la data o il periodo): ........................................................................

 

8 - Interventi fatti a livello pubblico ed a livello privato: ................................................................

 

9 - Quali oneri economici ha comportato per l'interessato e/o per la famiglia: ..........................

 

10 - Da quanto è non autosufficiente, descrivere l'aiuto avuto da parte di:

a) familiari conviventi ..................................................

b) altri familiari ............................................................

c) vicini e/o conoscenti ...............................................

­d) volontari ..................................................................

 

11 - Situazione attuale:

a) stato di salute ........................................................

b) dove è assistito ......................................................

­c) a carico di chi .........................................................

d) da quanto tempo è ricoverato ................................

e) situazione economica attuale (giudizio globa­le ricavato dal paziente e/o dai familiari):

o buona           o sufficiente            o insufficiente

Fruisce di assegno di accompagnamento?       o SI                   o NO

Riceve con continuità aiuto sociale e/o econo­mico dalla comunità?

o NO               o SI (specificare ...................................................................)

 

12 - In base alle vicende vissute, quali sono sta­te le esperienze più negative dal punto di vista dell'assistenza sanitaria? .................................................................................................

 

13 - E quelle più positive? .........................................................................................................

 

14 - Ad avviso delle persone interessate, cosa dovrebbero fare di diverso e di meglio rispetto a quello che fanno ora, le strutture sanitarie? In particolare:

a) le assistenti sociali ...................................................................................

­b) le assistenti domiciliari .............................................................................

­c) altri ...........................................................................................................

 

Data di compilazione ................................

 

 

Note a chiarimento

1 - La scheda non deve riportare il nome dell'interessato, ma solo un numero. A parte, in una tabella di conversione si dovranno indicare le generalità della persona a cui corrisponde il numero indicato, per poterla rintracciare in caso di necessità.

2 - Se sono intervenuti come fonti delle informazioni, indicare anche nome e recapito di parenti, amici o vicini (specificare).

3 - Se l'ammalato ha spostato la sua residen­za nel luogo di degenza, indicare il comune di provenienza, cioè dove ha avuto l'ultima resi­denza.

4 - Indicare il lavoro principale svolto nella fa­se attiva della vita.

5 - Le persone intervistate potrebbero essere pensionati impegnati in attività diverse da quelle svolte durante il periodo lavorativo (indicate al precedente punto 4).

6 - Deve essere definita solo indicativamente con uno di questi termini: problematica, suffi­ciente, discreta, buona, ottima.

8 - Devono essere descritti sommariamente gli eventi più importanti che sono seguiti alle fasi iniziali, fino al momento dell'intervista (ricoveri, interventi chirurgici, cicli di riabilitazione, ricadu­te, ecc.).

9 - Per ogni evento indicare la durata ed a ca­rico di chi è stato effettuato (SSN, Servizi Socia­li, Comune, interessato, famiglia).

10 - Si intendono: assistenza, accompagna­menti, confezionamento dei cibi, ecc.

11) - a) descrivere lo stato di salute attuale, dettagliando le patologie (in genere più di una) di cui è affetto il paziente;

b) se non è in famiglia, indicare l'ospedale, l'istituto, la casa di riposo dove si trova il malato;

c) indicare a carico di chi sono le spese di de­genza: comune, USSL, famiglia, interessato, ecc.

12 - L'esperienza dolorosa che ha portato alla non autosufficienza ha fatto sì che l'ammalato ed i familiari venissero a contatto con le varie strutture sanitarie. In base all'esperienza parti­colare fatta, si vorrebbe un parere su cosa po­trebbe essere fatto per migliorare il servizio in simili situazioni.

13 - Valgono le stesse considerazioni fatte al punto precedente per la parte sanitaria.

 

Note operative

Deve essere stabilito un clima dl assoluta fiducia fra intervistato e intervistatore

Agli intervistati:

- va garantito l'assoluto anonimato;

- vanno spiegati bene gli scopi della ricerca, che sono:

1) Capire come si arriva alla non autosuffi­cienza. Quali eventi sono capitati, quali situazio­ni, quali malattie hanno portato le persone a non essere più in grado di bastare a se stessi.

2) Dimostrare che "l'anziano malato cronico non autosufficiente è un malato". Infatti agli an­ziani cronici non autosufficienti continua a non essere riconosciuta la condizione di malato. Ne deriva una discriminazione intollerabile per il fatto che ai giovani ed agli adulti sono assicurati trattamenti diversi e di gran lunga più adeguati di quelli forniti ai vecchi con patologie uguali o analoghe. Inoltre - fatto importantissimo - men­tre i cittadini hanno dei diritti (che possono con­cretamente esigere) per quanto riguarda gli in­terventi che sono di competenza del Servizio Sanitario Nazionale, non vi è alcuna possibilità di pretendere delle prestazioni dal settore Assi­stenziale.

3) Sollecitare l'attuazione del progetto obietti­vo "Tutela della salute degli anziani", reso ese­cutivo dal Parlamento il 30 gennaio 1992, che darebbe certamente una svolta nel campo degli interventi sanitari destinati agli anziani cronici non autosufficienti.

Le interviste vanno preannunciate:

- anche solo con una telefonata;

- anche da persone diverse da quelle che fa­ranno materialmente l'intervista.

Gli intervistatori devono essere muniti di un documento di presentazione (lettera, tesserino con foto o simili).

 

 

(1) Ricordiamo i seguenti dibattiti pubblici organizzati a Ivrea prima dall'ULCES e poi dal CSA:

- Se è possibile curarli bene a casa, perché portarli In ospedale? La proposta dell'ospedalizzazione a domicilio, 6 maggio 1988;

- Per una nuova cultura della solidarietà. II ruolo del vo­lontariato e delle istituzioni nei servizi socio-assistenziali, 19 maggio 1989;

- Possono lavorare bene: perché escluderli ancora? - L'inserimento lavorativo degli insufficienti mentali, 26 otto­bre 1990;

- Ma avete proprio bisogno di me? Solidarietà e volon­tariato ad Ivrea (6 novembre 1992), cui era seguito un cor­so di 12 incontri di formazione per il volontariato.

(2) Dalla relazione introduttiva tenuta da Pietro Poggi.

 

 

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