UN'ALTRA
CAUSA VINTA SUL DIRITTO DEGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI ALLE CURE
OSPEDALIERE
Si è conclusa il 4 maggio 1994, con una sentenza del
Pretore del lavoro di Milano, Dott.ssa Porcelli, la lunga vicenda della signora
E.M., che già aveva interessato le cronache circa tre anni fa. La signora E.M.,
non autosufficiente e colpita da malattie tipiche della vecchiaia, è dimessa
dall'Ospedale S. Carlo nell'aprile 1991 ed affidata alle cure dei familiari,
nonostante che l'unica parente sia la figlia non vedente e, quindi, certamente
non in grado di occuparsi della madre. Deve, dunque, sopportare interamente le
spese per un'assistenza infermieristica, per un totale di L. 3.362.700.
La signora nel frattempo si aggrava e viene disposto
un nuovo ricovero presso il Pio Albergo Trivulzio, dove rimane sino all'11
giugno 1991, data in cui viene dichiarata dimissibile in quanto cronica.
A questo punto, non potendo ricevere alcun aiuto
dalla famiglia e non potendo sopportare gli oneri economici di un'assistenza
privata, la signora E.M. (assistita dagli avvocati Giovanni Masala, Donato
Apollonio, Elisabetta Balduini e Giovanni Pagnozzi) ricorre al Pretore del
lavoro per vedere riconosciuto il proprio diritto al ricovero ospedaliero.
Il Pretore, Dott. Filadoro, in via d'urgenza, ordina
all'USL con un primo decreto dell'8 luglio 1991 di provvedere al ricovero
presso una struttura sanitaria pubblica o privata (1); la decisione viene
confermata con successivo provvedimento del 17 luglio 1991 nella cui motivazione
si specifica, peraltro, che la signora E.M. ha diritto ad un ricovero
ospedaliero vero e proprio con onere economico a carico dell'USL, e non al ricovero
in un ospizio che comporterebbe un concorso economico da parte sua.
La causa segue poi il suo corso ordinario con
l'assunzione delle prove ed il ricorso ad una perizia medica; nelle more del
giudizio, peraltro, la signora E.M. muore (gennaio 1993) e la causa viene
riassunta dalla figlia.
Con la sentenza del 4 maggio 1994 l'USL è condannata
al pagamento in favore dell'erede della somma di lire 3.362.700, ossia di
quanto la signora E.M. aveva speso nel periodo in cui era stata dimessa.
La sentenza è inoltre importante per alcuni principi
in tema di giurisdizione e competenza: in buona sostanza si riconosce il
diritto del cittadino a ricorrere contro i provvedimenti della Pubblica
Amministrazione direttamente al Pretore del lavoro (competente anche per le
cause di previdenza e assistenza obbligatorie), anziché al TAR, quando viene
leso il suo diritto alla salute, costituzionalmente garantito.
* * *
Mentre questa vicenda stava ormai giungendo alla sua
conclusione, sono venute alla luce alcune inquietanti circostanze che
potrebbero far esplodere un vero e proprio caso.
L'11 maggio 1992, quando la signora era ricoverata
al Pio Albergo Trivulzio, viene stilato un documento prestampato con la quale
la stessa delegava un incaricato del Comune di Milano al ritiro della propria
pensione.
Viene specificato che la E.M. non è in grado di
firmare ed il documento viene sottoscritto da due testimoni ed autenticato da
un medico.
Si tenga presente che la E.M. è ricoverata in forza
di un provvedimento del giudice e quindi, come già detto, senza che alcun onere
economico possa gravare su di lei.
Gli assegni vengono incassati dall'incaricato del
Comune, così come risulta dalle copie dei titoli.
L'aspetto più inquietante è rappresentato da un
assegno emesso il 15 luglio 1992 ed incassato soltanto il 27 ottobre 1993,
dopo la morte della signora E.M; l'assegno risulta girato dalla stessa signora
E.M., con una firma che (anche a voler prescindere dal suo decesso) risulta del
tutto falsa se raffrontata con la sottoscrizione della carta d'identità.
L'autenticità
di questa firma è addirittura garantita da un funzionario comunale.
Si ricordi che circa un anno prima alla signora
(affetta tra le altre cose dal morbo di Parkinson) era stata giudicata incapace
di sottoscrivere la delega all'incasso della pensione.
Di tutte queste circostanze verrà informata la
Procura della Repubblica di Milano affinché vengano chiariti i lati ancora
oscuri.
(1) Al riguardo ricordiamo anche la
sentenza del Pretore di Bologna, Dr. Bruno Ciccone, del 21 dicembre 1992, in
cui è riconosciuto il diritto della signora P.F., nata nel 1913, «di poter continuare a beneficiare di
adeguata assistenza sanitaria usufruendo delle prestazioni gratuite del
Servizio sanitario nazionale presso una struttura ospedaliera e non di generica
assistenza presso istituti di riposo o strutture equivalenti» (il
provvedimento è riportato integralmente sul n. 101, gennaio 1993, di Prospettive assistenziali).
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