UNA INDAGINE COSTOSA E FUORVIANTE DEL MOVIMENTO FEDERATIVO DEMOCRATICO - TRIBUNALE PER I DIRITTI DEL MALATO
CARLO HANAU (*) - FRANCESCO
SANTANERA (**)
Il Movimento federativo democratico
- Tribunale per i diritti del malato (MFD-TDM) ha ricevuto dal Ministro della
sanità On. Francesco De Lorenzo (1) ben due miliardi (Iva esclusa) per una
indagine i cui elementi sono riportati nel "Rapporto sullo stato dei
cittadini del Servizio sanitario nazionale", curato dal CERFE (Centro di
ricerca e documentazione febbraio 1974) e pubblicato dal Pensiero Scientifico
Editore - Roma, 1992, pp. 481, L. 60.000.
Come è scritto nell'introduzione «l'indagine funzionale alla realizzazione
del rapporto è stata articolata in quattro inchieste (una inchiesta sulla
qualità del servizio sanitario nazionale (SSN), una inchiesta sulla
tutelabilità dei diritti dei cittadini nel SSN, una inchiesta sulla cultura e
sui comportamenti dei cittadini a confronto delle pratiche professionali e
organizzative nel SSN e una inchiesta sulla praticabilità di alcuni fini del
SSN e due ricognizioni (una ricognizione degli studi e delle ricerche sul SSN e
una ricognizione sulle disponibilità di risorse umane per la tutela dei diritti
dei cittadini)».
«In
termini operativi, il SSN è stato suddiviso in medicina ospedaliera, servizi
ambulatoriali e territoriali e medicina di base. Si è ritenuto, inoltre,
opportuno procedere a una ulteriore ripartizione, isolando dagli altri i
servizi "specifici" ovvero quelli rivolti esclusivamente a utenti di
particolari "fasce deboli" (anziani, handicappati, emodializzati,
malati psichici, malati di AIDS, ecc.). La raccolta dei dati sul campo, è
stata effettuata in due periodi (dicembre 1990 e febbraio-aprile 1991). Sono
stati utilizzati 11 tipi di questionari rivolti a campioni di operatori
(medici, infermieri, ausiliari, tecnici e laureati non medici) e a utenti
(cittadini intervistati al di fuori delle strutture sanitarie, degenti - o
ricoverati - e utenti di servizi "specifici") e 8 moduli di griglie
per l'osservazione di ospedali pubblici, di case di cura convenzionate e di
complessi ambulatoriali e territoriali)».
Il volume è composto da sette capitoli:
- salute e modernizzazione;
- violazione di diritti, lesione di
interessi, delusione di legittime aspettative e non attuazione di
micro-diritti;
- le regole e il sondaggio;
- identità e bisogni relazionali;
- tutela sociale;
- risorse umane per la tutela dei diritti;
- umanizzazione, informazione e diritto: alcune
considerazioni conclusive.
Infine, vi sono quattro appendici:
- descrizione dell'indagine e impostazione metodologica;
- valutazione della qualità;
- la praticabilità di alcuni fini del Servizio sanitario
nazionale;
- ricognizione su studi e ricerche
sulla sanità.
Dall'introduzione di Luciano d'Andrea
e Gabriele Quinti, responsabile quest'ultimo dell'équipe di ricerca del CERFE,
si rileva che «le tesi sostenute nel
presente testo mantengono, in parte, un carattere ipotetico, a causa,
certamente, della complessità degli argomenti trattati, ma anche perché,
spesso, esse concernono fenomeni nuovi o poco conosciuti, oppure anche noti,
ma mai osservati in modo sistematico su tutto il territorio nazionale. Le
interpretazioni che si possono fornire di tali fenomeni, pertanto, non
possono che essere intese come un tentativo volto, per così dire, a sgrossare
la materia, in vista di ulteriori e più accurati approfondimenti, di
carattere sia teorico che empirico» (pag. XIX).
L'ammissione della genericità dei
risultati contrasta con la rilevanza delle risorse versate al MFD-TDM dal
Ministero della sanità pari ad oltre 100 mila lire per ognuna delle interviste
e consultazioni effettuate. Infatti, i dati sono stati raccolti mediante:
- 7.776 interviste a degenti-utenti
e a operatori del SSN, svolte attraverso la somministrazione di questionari
in 320 complessi sanitari;
- 7.347 interviste a cittadini e 328 medici di base;
- la consultazione di 8.000 persone
circa. Nel testo si descrive approssimativamente il metodo per l'indagine e non
si riportano gli 11 questionari utilizzati e le 8 griglie usate per l'osservazione
di ospedali pubblici, case di cura convenzionate e complessi ambulatoriali e
territoriali, per cui è impossibile darne una corretta valutazione.
Inoltre, insufficienti notizie sono
fornite circa il piano di rilevazione, piano che avrebbe dovuto prevedere una
corretta stratificazione del campione ed una scelta casuale degli utenti dei
servizi e in merito alla ripartizione delle interviste regione per regione: si
ricava piuttosto l'impressione che le interviste siano state eseguite ove era
più agevole effettuarle e che non si sia tenuto conto delle conseguenze
derivanti dalle differenze fra il piano di rilevazione e l'esecuzione delle
stesse rilevazioni. Nel caso dei questionari somministrati per posta a 2.500
persone, solo 151 sono risultati validi. È facile ipotizzare che abbiano
risposto soltanto coloro che erano più motivati, che non sono certo
rappresentativi della generalità della popolazione.
Il numero degli intervistatori
risulta del tutto sproporzionato rispetto alle interviste eseguite, e questo
fatto può aver influito molto negativamente sulla qualità della rilevazione.
Vi sono altri aspetti poco
convincenti sull'indagine del MFD-TDM: vengono definiti «soggetti attivi» quei cittadini che «rispetto agli altri mostrano una più sviluppata attitudine a compiere
atti intenzionali volti al superamento delle situazioni di crisi (di tipo
logistico, organizzativo, comunicativo, ecc.) che sovente si presentano nella
quotidianità delle strutture sanitarie».
Non si può certo negare l'importanza
della presenza di soggetti attivi, che esercitano un continuo controllo sulla
funzionalità dei servizi. Tuttavia, secondo i dati forniti dal rapporto del
MDF-TDM, i soggetti attivi sarebbero un esercito: il 22% dei degenti, il 33,7%
degli utenti di specifici servizi e il 32,7% dei cittadini. Ma i dati si
ridimensionano tenendo conto che, incredibilmente, sono stati considerati
soggetti attivi, non coloro che hanno presentato reclami o indirizzato proteste,
ma solo «a partire dalla intenzionalità»,
senza nemmeno «sondare se, a monte di essi (degli atti di tutela, n.d.r.) vi fossero o meno violazioni effettive di
diritti o reali disfunzioni») (pag. 11).
Stupefacenti le conclusioni tratte
dal MFD-TDM. Infatti, come si può affermare che «è ragionevole ritenere che gli atti di tutela promossi ogni anno
siano alcune centinaia di migliaia» (pag. 12) quando in precedenza si
sostiene, come abbiamo riportato, che non sono stati rilevati gli atti
suddetti, ma solo le intenzioni al riguardo, senza nemmeno verificarne la
fondatezza? E, a maggior ragione, come possono i ricercatori dichiarare a
pag. 17 che è elevato il «tasso di esiti positivi
che ottengono i suoi (del cittadino, n.d.r.) reclami», quando, nonostante i precisi impegni assunti, la ricerca
non fornisce un solo dato al riguardo?
L'indagine del MFD-TDM sulla
tutelabilità dei diritti dei cittadini doveva essere rivolta, come
preannunciato dal loro mensile (2), ad accertare «ciò che accade, all'interno del mondo della sanità, in relazione alla
lesione di un diritto, nella prospettiva di risolvere la situazione di violazione».
Allo scopo, era stato previsto dallo stesso MDF-TDM che la ricerca avrebbe
provveduto alla «analisi di quello che
avviene conseguentemente ad un reclamo, a una richiesta di intervento, a una
protesta o a una istanza espressa all'interno di una struttura sanitaria e
connessa alla violazione di un diritto».
Per ottenere questi risultati «nell'arco di 30 giorni saranno identificati,
nelle 300 strutture in cui si svolge l'indagine, un certo numero di reclami in
base a categorie stabilite. Si tratterà poi di osservare il percorso di tutela,
ovvero quel che succede in relazione al reclamo, per un lasso di tempo
variabile fino a 90 giorni» (3).
Il MFD-TDM si era, altresì,
impegnato ad effettuare «un censimento generalizzato di tutti i reclami, le
proteste, le istanze, gli esposti e i ricorsi effettuati in relazione alla
violazione di un diritto nelle 300 strutture oggetto di indagine» (...) ed «una analisi delle raccolte di reclami,
denunce o simili depositate, rispettivamente presso gli uffici competenti delle
strutture sanitarie osservate e presso il Tribunale per i diritti del malato».
Sorprendenti sono, poi, le
affermazioni contenute a pag. 18: «I
degenti sono chiamati, con una impressionante frequenza, anche ad assicurarsi
autonomamente le possibilità di disporre in ospedale di beni, di oggetti e di
suppellettili di uso quotidiano che la struttura sanitaria non è in grado di fornire
come mostra il fatto che il 44,3% dei degenti intervistati abbia dichiarato di
essersi portato da casa lenzuola, lampadine, cuscini o posate poiché essi non
erano disponibili in ospedale».
Nel capitolo secondo, riguardante la
violazione dei diritti e la lesione di interessi, troviamo un'altra
sorprendente affermazione. Il rapporto, essendo «redatto dal punto di vista dei cittadini (...) non si occupa di grosse
questioni che, pur essendo strettamente connesse con il diritto alla salute,
riguardano situazioni limite sia pur di grandissima rilevanza per l'intera
società italiana» (pag. 21). Si pretende in tal modo di giustificare il
fatto che nel rapporto non c'è una sola parola che riguardi il rifiuto delle
cure agli adulti e anziani cronici non autosufficienti e le loro dimissioni, a
volte anche selvagge, dagli ospedali e dalle case di cura private convenzionate
con il Servizio sanitario nazionale.
Nulla è detto sulla situazione
disumana in cui vivono ancora molti malati negli ospedali psichiatrici, dato
che risulta da una recente indagine condotta in nove strutture dal Gruppo
parlamentare dei Verdi: «Dalle relazioni
emerge un quadro raccapricciante. Le situazioni peggiori sono al Sud: feci e
urina per terra, non esistono impianti di ventilazione, un infermiere ogni
20/30 pazienti. A Napoli una degenza ospedaliera presso l'ospedale
psichiatrico "Leonardo Bianchi" costa alla Regione circa 600 mila
lire al giorno. A Siracusa sono partiti alcuni avvisi di garanzia. Ma anche il
Nord non sta molto meglio: Rieti e Cogoleto, due manicomi oggetto
dell'ispezione, sono ancora lì con le loro centinaia di pazienti ammassati
tutti insieme» (4).
Anche i settori della lungodegenza e
della riabilitazione non sono trattati dall'indagine del MFD-TDM. Eppure a tutti
è noto come per queste due fasi della malattia si registrano le maggiori
carenze del nostro sistema.
Sul problema degli standards
qualitativi e quantitativi del personale ospedaliero, aspetto di primaria
importanza per il funzionamento dei servizi, l'indagine del MFD-TDM è assai
sbrigativa: «Gli standards relativi
all'assistenza medica e infermieristica sono contenuti nel D.M. del 13.9.1988
relativo, appunto, alle determinazione degli standards del personale
ospedaliero. Le disposizioni contenute in questo decreto sono numerose, dal
momento che le unità operative di degenza vengono suddivise in varie categorie
a seconda del livello di assistenza necessario. Così, per le divisioni di
terapia intensiva e subintensiva (rianimazione, grandi ustionati, terapia intensiva)
sono previsti in organico, per ogni posto-letto, 3 unità di personale
infermieristico e 1 / 1,5 unità di personale medico, mentre in quelle di
medicina generale sono previsti 0,6 infermieri e 0,2 medici. Ci sono poi
situazioni intermedie, relative alla specialità a elevata e a media assistenza.
Casi particolari, infine, sono quelli della riabilitazione e della
lungodegenza. I dati raccolti nel corso dell'indagine riguardano, invece, il
numero di unità di personale effettivamente presente in determinati momenti
della giornata e non quello previsto in organico. Il confronto, pertanto, è problematico.
Tuttavia, per approssimazione, si può ritenere che gli standards previsti dal
D.M. non siano rispettati quando, in una divisione di degenza, non risulta
presenta alcuna unità di personale infermieristico» (pag. 25 e 26). Con un
modestissimo sforzo il MFD-TDM avrebbe potuto ottenere dall'Amministrazione
sanitaria i dati sul personale senza dover ricorrere ad un indicatore tanto
impreciso e grossolano come quello scelto dal MFD-TDM e cioè la presenza
dell'infermiere al momento dell'indagine.
Un altro esempio di superficialità è
la seguente affermazione: «Data
l'impostazione generale di questo rapporto, le questioni inerenti all'adeguatezza
del processo diagnostico e della terapia sono state affrontate solo
parzialmente e quasi esclusivamente a partire dalle valutazioni degli operatori
sanitari, senza riferimento esplicito all'affermazione di standard» (pag.
27). Seguono 6, diconsi sei righe sui "Tempi di attesa dei ricoveri
programmati".
Non mancano le inesattezze
giuridiche. Infatti, in merito alle barriere architettoniche, si afferma che «secondo quanto previsto dal D.M. 14 giugno
1989 n. 236 (...) dovrebbero essere eliminate da tutti i luoghi adibiti a
servizi pubblici», mentre in realtà le norme del provvedimento di cui
sopra si applicano esclusivamente agli edifici privati e di edilizia
residenziale pubblica di nuova costruzione e quindi, non agli ospedali.
Mentre alcuni fondamentali problemi
della sanità e della salute dei cittadini o sono ignorati o sono trattati in
modo assolutamente generico, il rapporto contiene dati precisi sulla carta
igienica di cui sono forniti ben 9 dati statistici disaggregati relativi al
Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud, Isole, case di cura, ospedali grandi, medi e
piccoli. Molto accurati anche i dati relativi ai copri-water, scopini,
accessori dei bagni e sulla presenza dì vasche e di bidet.
Conclusioni
Riteniamo che la ricerca del
MFD-TDM, nonostante l'elevato finanziamento ricevuto e malgrado abbia potuto
usufruire del lavoro volontario di molti militanti, non sia assolutamente
riuscita a raggiungere «il duplice scopo
di verificare se e in che misura la riforma sanitaria ha inciso sullo stato di
salute della popolazione del nostro paese nell'ultimo decennio e di valutare
il tipo di risposta data dal sistema sanitario nazionale alle finalità che si
era prefigurato al momento della sua istituzione» (5).
A nostro avviso, i motivi del
fallimento vanno ricercati:
a) nella carenza del metodo
dell'indagine, a cominciare dal piano di rilevazione statistica;
b) nell'esecuzione della rilevazione
stessa, condizionata dalla presenza sul luogo di sezioni del MFD-TDM o di
organizzazioni di volontari politicamente omogenee alla ipotesi consociativa
sviluppatasi fra MFD-TDM e il Ministro della sanità Francesco De Lorenzo (6).
In conclusione, ci chiediamo quali
siano stati i risultati positivi che il Ministero della sanità abbia potuto
trarre a livello di conoscenza ed ancor più a livello di intervento, al fine
di ottenere quello che avrebbe dovuto essere l'obiettivo principale: il
miglioramento delle condizioni di vita dei malati, senza preclusioni per i
cronici ed i mentali.
(*) Carlo Hanau, Presidente del CODICI
- Coordinamento per i Diritti dei Cittadini.
(**) Francesco
Santanera, CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, Torino.
(1) Nel
rapporto si loda «la disponibilità e anche il
coraggio» dell'ex Ministro della sanità
Francesco De Lorenzo.
(2) Cfr.
Codice salute, n. 12, settembre 1990.
(3) Ibidem.
(4) Cfr. gli
articoli apparsi sul n. 5 del 3 marzo 1994 di ASPE "Viaggio nei manicomi
cattedrali dell'abbandono" e “A quindici anni dalla 180 - Soli in
manicomio aspettando la morte".
(5) Cfr. Codice salute, op. cit.
(6) A questo
riguardo va segnalato che in Codice
salute, pubblicazione del MFD, prima dell'effettuazione dell'indagine, era
stato precisato che «i soggetti da
convocare alla realizzazione del rapporto possono far riferimento a tre aree:
(...) i gruppi e le associazioni dell'area del sesto potere, e cioè tutte le
varie realtà di cittadini organizzati, di livello locale o nazionale che siano,
o intendano impegnarsi nella realizzazione del rapporto (per esempio:
associazioni di malati, di volontariato, movimenti e gruppi di varia natura,
ecc.)».
Preso atto di quanto
sopra, l'ULCES, Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale, funzionante
ininterrottamente dal 1965, a seguito della corrispondenza intercorsa con la
segreteria nazionale del MFD, ha proposto la propria collaborazione per un
capitolo sugli anziani cronici non autosufficienti o, preferibilmente, sulle
persone croniche non autosufficienti di qualsiasi età, segnalando la seguente
scaletta: breve descrizione della situazione attuale assumendo come riferimento
gli articoli dei giornali ed i libri che descrivono vicende di persone
croniche non autosufficienti espulse dal settore sanitario; elencazione dei
principali diritti negati; norme vigenti; proposte. Alla lettera, spedita
raccomandata RR il 18 febbraio 1991, il MFD non ha mai risposto.
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