CONSULENZA EDUCATIVA DOMICILIARE: UN
SERVIZIO DEL COMUNE DI TORINO PER I BAMBINI HANDICAPPATI
ENZA CAVAGNA (*)
II servizio di consulenza educativa domiciliare,
rivolto a bambini portatori di handicap di 0-3 anni, rientra all'interno di un
progetto globale di intervento a favore dell'handicap, gestito dal settore
"Scuole per l'infanzia" della città di Torino, come servizio pubblico
gratuito (1)
L'obiettivo iniziale dell'Assessorato per l'istruzione
era quello di dare una risposta alle richieste avanzate da associazioni di
genitori di bambini handicappati, delle quali sì era fatto portavoce il
Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base (CSA).
Si era pertanto prospettata l'istituzione, inizialmente
a titolo sperimentale, ma che prosegue tuttora verificata la positività
dell'esperienza e la continua richiesta delle famiglie, di un servizio di
"consulenza educativa domiciliare".
A svolgere tale servizio sono state distaccate delle
insegnanti (attualmente 6 in organico) già addette all'educazione dei bambini
handicappati presso le scuole materne di Torino, con almeno cinque anni di
esperienza, previa partecipazione ad un corso di qualificazione biennale
organizzato dai Centri di documentazione del Servizio Scuole per l'infanzia.
II servizio è rivolto alle famiglie che vivono in
situazione di grave disagio per due ordini di problemi:
- la nascita di un bambino che viene dichiarato
portatore di handicap per qualsiasi tipo di patologia psico-fisica o
sensoriale;
- oppure la nascita di un bambino in cui il danno è
solo sospettato in base al rilievo di "segnali di allarme" che
inducono a considerare quel neonato come "un bambino a rischio".
In entrambi i casi l'intervento precoce educativo e
riabilitativo apre molte possibilità sul piano dello sviluppo e delle
potenzialità presenti nel bambino.
II dramma del disagio vissuto da queste famiglie è
da ricondursi al fatto che i genitori sono assolutamente impreparati a
rapportarsi con un figlio portatore di handicap ed avvertono come inadeguati i comportamenti
ed i rapporti che normalmente si instaurano fra genitori e figli. Diventa
quindi necessario aiutarli a riappropriarsi della funzione genitoriale.
L'intervento educativo viene quindi rivolto al
bambino, ma nello stesso tempo mira al coinvolgimento attivo dei familiari
nell'intento di fornire loro gli strumenti utili per assumere un approccio
educativo e relazionale adeguato con il bambino, e per aiutarli a superare il
disorientamento nell'individuazione dei servizi pubblici, sanitari, assistenziali,
educativi, cui fare riferimento per far fronte ai bisogni del bambino stesso.
Il servizio, collocandosi all'interno di un progetto
di intervento sull'handicap nel quale sono impegnati i contingenti di diversi
servizi, opera in un'ottica di collaborazione finalizzata ad un intervento
pluridimensionale e globale che raccorda il momento sanitario, il momento
educativo e la famiglia, e si costituisce come ulteriore punto di riferimento
a cui attingere informazioni e indicazioni necessarie.
Pur operando in raccordo con tutti i servizi
territoriali, la Consulenza educativa domiciliare ha acquisito nel tempo una
precisa identità e ha definito i suoi ambiti operativi onde evitare il rischio
di interventi sovrapposti o di essere utilizzata per competenze non proprie.
Anche il ruolo delle insegnanti si è progressivamente
ridefinito, attraverso una ricerca e una riflessione continua, rispetto ad una
esperienza sul territorio che non ha modelli di confronto. Ciò avviene anche
all'interno di una supervisione didattica (da parte della coordinatrice) e psicologica
(da parte di una psicologa esterna) che si configura come una guida tecnica
indispensabile, tenuto conto del fatto che il punto di riferimento è il
bambino ma collocato all'interno della sua famiglia.
La dinamica della presa in carico educativa avviene
attraverso diverse fasi. La prima di contatto con i servizi che già si
occupano del bambino, mira ad una conoscenza la più approfondita possibile
dei suoi bisogni, delle sue potenzialità e delle sue competenze.
In seguito si incontra la famiglia interessata che ha
fatto richiesta del servizio attraverso uno dei vari canali possibili
(assistenza, équipe di neuropsichiatria infantile, associazioni) o direttamente,
con lo scopo di fornire tutte le informazioni relative al servizio (obiettivi,
modalità, ecc.) onde verificare se l'offerta corrisponde ai bisogni e alle
aspettative della domanda.
Tale colloquio viene condotto dalla coordinatrice e
dall'insegnante individuata, a domicilio, per evitare un ulteriore spostamento
alla famiglia e per permettere alla coordinatrice di conoscere la famiglia,
il bambino e l'ambiente nel quale proseguire l'intervento, qualora la richiesta
venga confermata. La frequenza e gli orari degli incontri vengono stabiliti in
accordo con i genitori, tenendo conto dei ritmi del bambino e delle esigenze
della famiglia, compatibilmente con gli altri casi seguiti dal Servizio di
consulenza educativa domiciliare (CED).
La fase successiva viene dedicata all'osservazione, al
fine di rilevare il quadro completo della situazione in ordine alle difficoltà
e alle possibilità che il bambino presenta rispetto alle varie aree di funzioni
(motoria, cognitiva, sensopercettiva, comunicativa), ai tratti essenziali del
suo comportamento, anche in rapporto con il contesto in cui il bambino vive.
Successivamente viene elaborato un piano di
intervento mirato alla sollecitazione delle funzioni carenti e
all'individuazione di stimolazioni, utilizzando sia risorse dell'ambiente
quotidiano sia materiali ludici che la CED fornisce alla famiglia.
L'intervento domiciliare consente inoltre di valorizzare
momenti della routine quotidiana
(quali l'alimentazione, il cambio o il bagnetto) sottolineando l'alta valenza
educativa di questi momenti, caratterizzati da una intensa e stretta relazione
tra madre e bambino.
Nello stesso tempo si possono suggerire indicazioni
su come utilizzare l'ambiente domestico in modo funzionale alle esigenze
esplorative e di sperimentazione del bambino.
Operando in famiglia l'insegnante ha la possibilità
di rapportarsi con il bambino anche molto piccolo o con patologie rilevanti in
modo rassicurante, in una prospettiva di evoluzione e maturazione anche
affettiva ed emotiva alla presenza delle figure di riferimento stabilì ed
attendibili.
Tale percorso si concluderà al momento opportuno,
concordato con la famiglia ed il servizio di neuropsichiatria infantile, con
l'inserimento del bimbo in una struttura educativa, idonea del territorio
(asilo nido o scuola materna).
Tale passaggio verrà facilitato dalla Consulente
educativa che presenterà il caso alle educatrici del nido o alle insegnanti
della scuola materna individuata, e ne seguirà l'inserimento effettuando un
graduale passaggio di consegne nell'ottica di una continuità di interventi.
Due casi seguiti
Giorgio: età al momento della presa in carico - 5
mesi.
La richiesta del servizio di CED è stata fatta
direttamente dalla mamma. Giorgio è affetto da una sindrome poli malformativa:
palatoschisi, microcefalia, angioma palpebrale destro molto vistoso.
AI primo incontro avvenuto in famiglia è presente la
madre e per qualche minuto anche il padre che desidera conoscerci. Accettano il
servizio e si concordano tre incontri settimanali per un primo periodo.
La madre di Giorgio appare subito una persona molto
aperta e disponibile. Racconta, con apparente serenità, dei problemi
intervenuti quando è stato rilevato un arresto nella crescita del feto e della
nascita del suo bambino. Focalizza la sua attenzione soprattutto sul problema
della vista e ci tiene a sottolineare che accetta il suo bambino
"così". Infatti ha con lui una relazione molto bella, un rapporto
speciale con un bambino che «avrà una sensibilità tutta particolare, tipica
dei non vedenti» sui quali è molto informata. Si è rivolta però al nostro
servizio perché si è sentita sola ad affrontare il problema del figlio e
desidera essere affiancata da una persona competente che la aiuti nel seguire
lo sviluppo e la crescita del bambino. II padre è una persona molto attiva nei
confronti di Giorgio e pare più consapevole della gravità della sua patologia.
Giorgio dimostra di interagire molto bene con la mamma. La tocca, la bacia, la
esplora "tutta" con la bocca. La relazione si incrina un po' durante
i pasti in quanto la schisi al palato rende difficoltosa l'alimentazione e
questo rende ansiosa la mamma.
Dall'osservazione risulta poi un lieve ritardo nella
motricità e uno sviluppo fisico al di sotto della norma, mentre pare sensibile
e ricettivo alle stimolazioni che provengono dall'ambiente per le quali
utilizza determinati canali sensoriali: tatto, udito e gusto.
Si
elabora pertanto un programma mirato a:
- incentivare l'utilizzo dei canali integri per
l'esplorazione dell'ambiente e la scoperta del mondo circostante;
- facilitare l'orientamento nello spazio con la
creazione di una "zona d'azione" per terra, delimitata da cuscini
morbidi, al cui interno vengono creati punti fissi di riferimento attraverso la
collocazione di oggetti sonori, per mezzo dei quali Giorgio possa sperimentare
la ricerca della fonte sonora;
- favorire la prensione e la manipolazione di oggetti
e materiali collocati in posizioni diverse rispetto al bambino;
-
la conoscenza del proprio corpo e del rapporto corporeo adulto-bambino.
A distanza di un anno si possono rilevare in Giorgio
notevoli cambiamenti: ha acquisito il controllo del tronco e la posizione
seduta, ha sviluppato una buona motricità delle mani con le quali manipola,
scuote, accartoccia. Non usa molto gli arti inferiori. Nell'ambito delle
percezioni ha sviluppato una buona capacità uditiva, riconosce le voci dei
familiari, pronuncia alcune parole di uso quotidiano.
Tenendo conto delle varie problematiche di cui è
affetto, Giorgio dimostra di essere molto socievole, di non aver timore
dell'estraneo con il quale entra in contatto toccandogli il viso e la bocca.
A questo punto si è proposto alla famiglia la
possibilità di inserire Giorgio in un asilo nido dei proprio quartiere. I
genitori hanno manifestato la loro perplessità preferendo spostare nel tempo il
momento dei distacco dei bambino optando per il suo inserimento nella scuola
materna, al compimento dei terzo anno.
Nel rispetto della decisione della famiglia si
prosegue nel frattempo con l'intervento educativo domiciliare, con modalità
che assumono le caratteristiche di una consulenza ai genitori finalizzata alla
ridefinizione degli obiettivi e verifica dei risultati con incontri a scadenza
settimanale.
Enrica: età al momento della presa in carico - 4 anni
e 9 mesi.
Il caso di Enrica è molto particolare e la presa in
carico è stata possibile grazie alla flessibilità che caratterizza il servizio
al fine di adeguarsi alle diverse esigenze e realtà delle patologie.
La segnalazione è pervenuta dal Centro di riabilitazione
territoriale che segue Enrica per gli esiti di un trauma cranico avvenuto
all'età di quattro anni, nel luglio scorso. Successivamente la famiglia ha
confermato la richiesta.
La situazione familiare di Enrica è molto delicata a
causa dei grave improvviso handicap psicofisico che ha colpito la bimba e che
ha turbato tutti i precedenti equilibri relazionali ed economici.
La bambina, dopo vari mesi di ricovero ospedaliero
in stato di coma, è tornata a casa gravemente menomata; presenta infatti una emiparesi
sinistra, un'epilessia generalizzata con frequenti crisi di assenza, una cecità
corticale ed un grave deficit cognitivo e relazionale.
I servizi territoriali (sociale, di neuropsichiatria
infantile, di riabilitazione motoria) e la Consulenza educativa domiciliare si
sono attivati, in accordo tra di loro, per sostenere la famiglia e per attuare
un progetto di recupero di Enrica.
L'obiettivo che si pone subito la Consulente
educativa è quello di aiutare i genitori a rapportarsi con una bambina a loro
sconosciuta che manifesta uno scarso contatto con l'ambiente, che
apparentemente ha possibilità comunicative molto limitate e primitive legate
unicamente alle opposte sensazioni di piacere/dispiacere.
L'obiettivo immediato diventa quindi quello di cercare
assieme ai genitori di cogliere tutti i minimi segnali di Enrica che, per
quanto fragili e poveri, fanno intravedere la possibilità di poter entrare in
comunicazione ed in relazione con lei.
Poiché il canale uditivo è indenne ed è quello
privilegiato da Enrica, viene utilizzato al fine di migliorare il contatto e la
partecipazione all'ambiente, assieme a sollecitazioni psicomotorie che si
dimostrano utili a completare il programma di lavoro.
Pur procedendo per obiettivi minimi, nell'arco di
qualche mese, Enrica riacquista la posizione seduta senza appoggio, comincia ad
articolare alcune parole (mamma, papa, sì, no), a riscoprire il piacere dei
movimento, il desiderio di soddisfare esigenze di contatto corporeo.
A questo punto viene proposta alta famiglia la
possibilità di reinserire Enrica nella scuola materna che già prima
frequentava, vicina ai suoi compagni che hanno continuato ad avere un rapporto
con lei attraverso brevi visite a casa.
La CED aiuta l'attuazione di questo inserimento
ponendosi come mediatrice tra la famiglia, la bambina e la scuola.
(*) Responsabile di Circolo didattico - Coordinatrice del
Servizio di consulenza educativa domiciliare.
(1) Si veda anche l'articolo di
Marina Ruda, "Il servizio di consulenza educativa domiciliare del Comune
di Torino per i bambini handicappati", in Prospettive assistenziali, n. 74, aprile-giugno 1985.
www.fondazionepromozionesociale.it