Prospettive assistenziali, n. 107, luglio-settembre 1994

 

 

Notiziario dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale

 

 

CONTRIBUTI ECONOMICI A CARICO DEGLI ASSISTITI E DEI LORO CONGIUNTI

 

Riportiamo il comunicato-stampa emesso dal CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assi­stiti nel giugno 1994, comunicato che riassume le esperienze assunte negli ultimi anni, finora sempre con esito positivo.

 

In base alle leggi vigenti gli enti pubblici non possono pretendere contributi economici dai parenti (compresi quelli tenuti agli alimenti) di persone assistite.

È ancora assai diffusa la richiesta (illegale) di contributi, spesso cospicui (anche 3-4 milioni al mese) avanzata da enti pubblici nei confronti dei parenti di persone assistite.

Si tratta di una richiesta illegale, in quanto non è prevista dalle leggi vigenti.

Gli enti pubblici sono obbligati a fornire assi­stenza alle persone maggiorenni sprovviste dei mezzi necessari per vivere che non sono in gra­do di svolgere attività lavorativa (art. 38 della Costituzione) indipendentemente dalla situazio­ne economica dei parenti.

In base alle leggi vigenti gli alimenti possono (non devono) essere richiesti esclusivamente dagli interessati o dai loro tutori e da nessun al­tro soggetto, ivi compresi gli enti pubblici: Co­muni, USL, Province.

Pertanto i parenti (compresi quelli tenuti agli alimenti) di persone assistite (anziani autosuffi­cienti o con limitata o nulla autonomia, handi­cappati, ecc.) non sono obbligati a versare con­tributi economici agli enti pubblici. Nei casi in cui i parenti abbiano sottoscritto un impegno per il versamento di contributi, essi possono in qualsiasi momento inviare la disdetta.

Su questo problema il CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti (Via Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011-812.23.27/812.44.69 fax 011-812.25.95) che opera ininterrottamente dal 1970, fornisce consulenza gratuita.

 

Riferimenti giuridici

- MASSIMO DOGLIOTTI, Obbligo alimentare e prestazione assistenziale, Prospettive assisten­ziali, n. 72, ottobre-dicembre 1985; I diritti dell'anziano, La rivista trimestrale di diritto e pro­cedura civile, settembre 1987; Gli enti pubblici non possono pretendere contributi economici dai parenti tenuti agli alimenti di persone assisti­te, Prospettive assistenziali, n. 87, luglio-settem­bre 1989; II diritto alla salute spetta a tutti i cit­tadini... tranne che agli anziani non autosuffi­cienti..., Giurisprudenza italiana, ottobre 1993, pag. 679 e segg.; Doveri familiari e obbligazione alimentare, Giuffrè Editore, Milano, 1994;

- GASPARE LISELLA, Rilevanza della condizio­ne di anziano nell'ordinamento giuridico, in Pa­squale Stanzione (a cura di), Anziani e tutele giuridiche, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1991;

- PIETRO RESCIGNO, L'assistenza agli anziani non autosufficienti: notazioni civilistiche, Giuri­sprudenza italiana, ottobre 1993, pag. 687 e segg.

 

 

CONTRIBUTI ECONOMICI PER LA FREQUENZA DI CENTRI DIURNI DA PARTE DI HANDICAPPATI INTELLETTIVI ADULTI

 

Com'è noto la frequenza dei centri diurni è un sostegno concreto per gli handicappati, che a causa della gravità delle loro condizioni psico-fi­siche non sono in grado di svolgere alcuna attivi­tà lavorativa proficua, e per i loro congiunti. Nello stesso tempo i centri diurni sono un servizio che riduce notevolmente le richieste di ricovero.

I Comuni e le USL dovrebbero quindi essere concretamente riconoscenti ai genitori e ai con­giunti che continuano ad assisterli a casa loro, nonostante che i genitori e i congiunti stessi non abbiano alcun obbligo giuridico.

Ne consegue che Comuni e USL non dovreb­bero richiedere una lira per la frequenza di cen­tri diurni da parte di handicappati intellettivi maggiorenni, poiché la frequenza stessa non solo è alternativa al ricovero in istituto, ma de­termina costi di gran lunga inferiori.

Inoltre, la frequenza dei centri diurni dovrebbe essere gratuita per gli handicappati intellettivi maggiorenni che hanno quale unico reddito la pensione attualmente di L. 350.000, in quanto tale entrata non è sufficiente per le esigenze fondamentali di vita (vitto, vestiario, ecc.).

Per quanto riguarda l'indennità di accompa­gnamento si ricorda che da un lato essa non co­stituisce reddito e d'altro lato che l'importo rela­tivo è ampiamente insufficiente perché la perso­na handicappata possa ottenere gli aiuti neces­sari alla sua mancanza di autonomia.

Si segnala infine che il Comune di Torino da anni non richiede alcun contributo economico agli handicappati intellettivi maggiorenni, che frequentano centri diurni, nemmeno per i pasti ed il trasporto.

 

 

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