Prospettive assistenziali, n. 108, ottobre-dicembre 1994

 

 

Editoriale

 

È CONFERMATO: I PARENTI DEGLI ASSISTITI MAGGIORENNI NON SONO OBBLIGATI A VERSARE CONTRIBUTI ECONOMICI AGLI ENTI PUBBLICI

 

 

Più volte abbiamo sottolineato che la richiesta di contributi economici avanzata dagli enti pub­blici di assistenza nei confronti dei parenti, com­presi quelli tenuti agli alimenti, di persone assi­stite maggiorenni, è assolutamente illegale, in quanto non prevista da alcuna disposizione (1).

L'esattezza della nostra posizione è stata ri­conosciuta dalla Provincia di Torino il cui Asses­sore all'assistenza, dopo sette anni di una com­plessa vertenza, con lettera del 16 settembre 1994, prot. 120383, ha comunicato al CSA, Coordinamento sanità e assistenza fra i movi­menti di base, che «si è accolta la richiesta di co­desta Associazione di esonerare dal pagamento di contributi gli obbligati agli alimenti verso gli utenti dei servizi assistenziali provinciali».

La decisione della Provincia di Torino è stata assunta anche a seguito dei pareri espressi dal­la Presidenza del Consiglio dei Ministri (nota del 15 aprite 1994, prot. DAS/4390/1 /H/795) e dal Ministero dell'interno (lettera del 27 dicembre 1993, prot. 12287/70).

Per la richiesta di contributi ai parenti gli enti pubblici fanno sempre riferimento agli articoli 433 e seguenti del codice civile, dandone però una interpretazione distorta.

È vero che all'obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell'ordine: il coniuge, i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi e - in loro man­canza - i discendenti prossimi anche naturali, gli adottanti, i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i fratelli e le sorelle germani o unilate­rali. Ma, è anche vero che gli alimenti possono essere richiesti esclusivamente dall'interessato (o, se interdetto, dal suo tutore) e da nessuna al­tra persona o ente (2).

Ovviamente gli assistiti maggiorenni, siano es­si handicappati (3) o anziani (4) sono obbligati e versare agli enti pubblici che li assistono i reddi­ti di cui dispongono fino alla copertura dell'inte­ra retta.

 

Ricatti

Molto spesso gli enti pubblici (Comuni, Pro­vince, USL) pretendono contributi economici dai parenti delle persone maggiorenni assistite (handicappati, malati di mente, anziani autosuffi­cienti e non) con dei veri e propri ricatti: o si fir­ma l'impegno di pagare o il congiunto non viene ricoverato.

A volte le somme richieste sono estremamen­te cospicue: ad esempio (5), il Comune di Reg­gio Emilia arriva a pretendere da un figlio unico, che ha come unica entrata mensile uno stipen­dio di L. 2.700.000, ben 1.867.000 al mese per il ricovero assistenziale del genitore privo di redditi: la madre è degente in una struttura assi­stenziale, benché malata cronica non autosuffi­ciente (6) e il figlio, a cui restano L. 833.000, di­venta così un povero creato e voluto dall'ente lo­cale.

 

Disdette

I parenti di handicappati maggiorenni e di an­ziani autosufficienti e non, che, costretti dagli enti pubblici di assistenza (7), hanno firmato un impegno di pagamento per ottenere il ricovero in comunità alloggio (o in istituto) o la frequenza di un centro diurno del proprio congiunto pos­sono evitare di continuare a versare contributi non dovuti, inviando una disdetta come da fac­simile (8).

 

Vertenze in atto: ruolo dei movimenti di base

La vertenza aperta da Prospettive assistenziali, dal CSA e dall'UTIM nei confronti della Provincia di Torino (che si è estesa alla Regione Piemonte, ai Comuni e alle USL) si è risolta positivamente soprattutto perché numerosi sono stati i con­giunti di handicappati che hanno revocato, tra­mite disdetta, gli impegni sottoscritti.

Per oltre sette anni a nulla sono servite le in­numerevoli documentate segnalazioni fatte alle suddette autorità, autorità che mai hanno con­trobattuto le argomentazioni tecniche del Prof. Massimo Dogliotti e degli altri giuristi (Prof. Pie­tro Rescigno, Prof. Gaspare Lisella, ecc.).

D'altra parte, nonostante i citati pareri della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Mini­stero dell'interno, la vertenza si è chiusa solo con la Provincia di Torino (9), ma non con la Re­gione Piemonte, il Comune di Torino (per quanto riguarda gli anziani), gli altri Comuni e le USL del Piemonte.

Per le altre Regioni, i relativi Enti locali e le USL, è necessario che si attivino i sindacati, le organizzazioni di tutela degli handicappati ed i gruppi di volontariato, in quanto quasi ovunque gli enti pubblici di assistenza continuano imper­territi a pretendere illegalmente contributi eco­nomici dai congiunti delle persone assistite.

In particolare, va osservato che le norme re­gionali che stabiliscono l'obbligo di contribuzio­ne a carico dei parenti tenuti agli alimenti di per­sone assistite maggiorenni (ad esempio le leggi delle Regioni Liguria 6 giugno 1986 n. 21 e Mar­che 5 novembre 1988 n. 43) non sono certa­mente valide, in quanto le Regioni non hanno al­cuna potestà legislativa o regolamentare in me­rito ai rapporti fra persone, che sono disciplinati dal codice civile.

 

Alcune considerazioni etico-sociali

Come è stato affermato dal Teologo Giannino Piana (10) «il problema dell'handicap non può essere infatti delegato esclusivamente alle fami­glie: reclama l'assunzione di precise responsabi­lità sociali, soprattutto da parte di chi all'interno della società è deputato alla prestazione dei ser­vizi socio-assistenziali».

Se le Regioni, le Province, i Comuni e le USL intendono assumere comportamenti conformi alle più elementari norme della giustizia sociale, è necessario che aiutino veramente i genitori (o gli altri parenti o gli affidatari) che assumono vo­lontariamente (11) il frustrante impegno di tenere a casa loro il figlio maggiorenne (a volte anche di 40-50 anni!) così gravemente handicappato da aver bisogno di una assistenza continua di giorno e spesso anche di notte. La messa a disposizione gratuita (mensa e trasporto compresi) di un cen­tro diurno aperto almeno 40 ore settimanali, è la misura minima assolutamente indipensabile per il soggetto handicappato e per i suoi congiunti.

I sindacati, in particolare quelli dei pensionati, I'ANFFAS (Associazione nazionale famiglie di fanciulli e adulti subnormali), le altre associazio­ni di tutela degli handicappati ed i gruppi di vo­lontariato dovrebbero mobilitarsi perché gli enti pubblici di assistenza cessino di "rapinare" i congiunti degli handicappati e degli anziani as­sistiti con interventi diurni o ricoverati presso comunità alloggio e istituti.

 

 

(1) Su Prospettive assistenziali sono usciti i seguenti ar­ticoli di Massimo Dogliotti, "Obbligo alimentare e presta­zione assistenziale", n. 72, ottobre-dicembre 1985; "Illega­le l'imposizione da parte degli enti assistenziali di contri­buzioni economiche ai parenti tenuti agli alimenti", n. 81, gennaio-marzo 1988 (questo articolo è stato ripreso dalla Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, n. 3, settem­bre 1987); "Gli enti pubblici non possono pretendere con­tributi economici dai parenti tenuti agli alimenti di persone assistite", n. 87, luglio-settembre 1989. Segnaliamo inoltre il volume di Massimo Dogliotti, Doveri familiari e obbligazio­ne alimentare, Giuffrè Editore, Milano, 1994.

(2) Ad esempio, in base alle leggi vigenti il figlio può chiedere gli alimenti al proprio padre, ma, qualsiasi siano le condizioni economiche del figlio stesso, nessun altro componente della famiglia o estraneo può inoltrare la do­manda, nemmeno l'ente pubblico al quale il figlio si è rivol­to per essere ricoverato o assistito.

(3) A questo riguardo segnaliamo che l'UTIM (Unione per la tutela degli insufficienti mentali, Via Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011-88.94.84) ha inviato ai propri soci un avviso segnalando fra l'altro quanto segue:

a) utenti ricoverati presso strutture residenziali

Gli utenti, o chi per loro (gli eventuali tutori), sono tenuti a corrispondere al Comune o all'USL di competenza sia la pensione di invalidità, sia l'indennità di accompagnamen­to; qualora l'utente disponesse di altri redditi, deve coprire la retta sino alla concorrenza delle entrate disponibili. Per le spese personali dell'utente dovrà essere concordata con l'Ente una somma, non inferiore alle lire centomila, da trattenere dall'importo della retta. Per quanto concerne la spesa di abbigliamento non fornito dall'Ente, dovrà essere anch'essa detratta dalla retta presentando i relativi giustifi­cativi (fatture, ricevute fiscali, ecc.);

b) utenti che fruiscono del centro diurno

Gli utenti che hanno quale unica fonte di reddito la pensione di invalidità (si ricorda che l'indennità di accompa­gnamento non costituisce reddito ai sensi dei DPR 601 del 29.12.1973 e 917 del 22.12.1986 e successive integrazio­ni) stante la modesta entità della stessa, non sono tenuti a versare alcuna somma neppure a titolo di trasporto e men­sa. Qualora l'utente disponesse di altri redditi, in base all'ammontare degli stessi dovrà essere concordato con l'ente pubblico l'importo del contributo.

(4) Come abbiamo scritto più volte, le prestazioni, com­prese quelle residenziali, per gli anziani cronici non auto­sufficienti, sono di competenza del settore sanitario e non di quello assistenziale.

(5) Cfr. "Diritti negati agli anziani malati e congiunti tar­tassati dal Comune di Reggio Emilia", Prospettive assisten­ziali, n. 104, ottobre-dicembre 1993.

 (6) Nell'editoriale "La Regione Emilia-Romagna continua a negare agli anziani cronici non autosufficienti il diritto al­le cure sanitarie", Ibidem, abbiamo segnalato che i vecchi colpiti da neoplasie, ictus, demenza, malattie cardiovasco­lari, fratture non sono considerati dalla Regione, dalle USI - e dai Comuni persone malate, ma sono classificati "in con­dizioni di disagio". Pertanto, se colpiti da cronicità e da non autosufficienza il comparto sanitario li scarica, in vio­lazione delle leggi vigenti, all'assistenza sociale.

(7) La disdetta è praticabile nei confronti degli enti pub­blici di assistenza (Comuni, Province, USL), ma non nei ri­guardi degli enti privati e delle IPAB

(8) Fac-simile della lettera di disdetta.

Raccomandata R.R.

Data .................... .................

Al Sindaco di ................................................

o Al Direttore generale dell'Usl ...................

 

II sottoscritto ................................ residente in .................... Via ........................................ n. ............ espone quanto segue:

1. in data .................... ha firmato l'impegno di versare un contributo mensile di L. .................... per l'integrazione della retta di ricovero in comunità alloggio (o in istituto) o per la frequenza di un centro diurno del proprio congiunto ............................................. L'impegno è stato .sottoscritto in quanto gli addetti dell'uffi­cio ....................... hanno fatto presente che lo scrivente era obbligato, in base alle leggi vigenti, a corrispondere il con­tributo stesso;

2. preso atto della nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15 aprile 1994, prot. DAS/4390/1/H/795, della comunicazione del Ministero dell'interno dei 27 dicembre 1993, prot. 12287/70 e del parere esposto dal prof. Massi­mo Dogliotti nel volume "Doveri familiari e obbligazione ali­mentare", Giuffrè Editore, 1994, da cui risulta che non vi è alcuna disposizione che consenta agli enti pubblici di pre­tendere contributi dai parenti, nemmeno da quelli tenuti agli alimenti, di assistiti da enti pubblici;

fa presente di non essere più nella disponibilità per conti­nuare ad assolvere all'onere di garanzia.

L'impegno viene pertanto revocato a partire dal 1 ° gior­no del mese successivo all'invio della presente.

Inoltre, il sottoscritto, considerato lo stato di malattia del Sig. ....................., ritiene che gli oneri debbano far carico sul servizio sanitario, sussistendone tutte le condizioni di fatto e di legge.

(Quest'ultima parte in corsivo va inserita solo nel caso di persone malate).

Firma ...................................

 

(9) II CSA ha richiesto alla Provincia di Torino di rimbor­sare i congiunti degli assistiti che avevano versato contri­buti. Finora non ha ottenuto alcuna risposta.

(10) Relazione tenuta all'incontro/dibattito "Perché non devono essere versati contributi dai parenti di handicap­pati intellettivi maggiorenni ricoverati o assistiti da enti pubblici: aspetti etici e giuridici" (Torino, 16.10.1993).

(11) Si tenga presente che il genitore non ha alcun ob­bligo giuridico di tenere presso di sé un handicappato adulto non autosufficiente. Ai sensi del regio decreto 19 novembre 1889 n. 6535 e del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (regio decreto 18 giugno 1931 n. 773) i Comuni sono obbligati ad assistere le persone che «per insanabili difetti fisici o intellettuali non possono procacciar­si il modo di sussistenza».

 

 

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