Prospettive assistenziali, n. 108, ottobre-dicembre 1994

 

 

Libri

 

 

ALEANDRO BALDI, Il sole dentro, Ponte alle Grazie - Firenze, 1994, pp. 160, L. 20.000.

 

Aleandro Baldi, il cantante cieco che ha vinto il festival di Sanremo nel 1994 con la canzone "Passerà", ricorda con molto dolore i dodici anni trascorsi "confinato" in un istituto di Reggio Emilia che definisce "Gabbione": «I segni di quella dura esperienza li sento ancora sulla mia pelle. Nel bene (poco) e nel male (molto)».

Da notare che «l'istituto era considerato uno dei migliori d'Italia, ospitava circa 200 ragazzi, portatori di vari handicap come si dice oggi, ma prevalentemente con una ridotta o inesistente visibilità o disturbi mentali».

E prosegue: «Tutto, lì dentro mi dava tristezza. In primo luogo l'ambiente grande, ostile, che non conoscevo neanche fisicamente. Ma non fu poi tanto difficile orientarsi nelle grandi stanze, nei corridoi, lungo le scale, nell'immenso cortile».

Violenti erano i metodi "educativi": «righellate sulle mani durante le lezioni in classe se qualcuno si distraeva o disturbava gli altri, tirate d'orecchie - nel senso letterale del termine - "cucchi" sulla testa. In Toscana si chiamano "nocchini", dati cioè con la nocca del dito medio della mano (...). Ma ancor peggio il trattamento durante la mensa, nel refettorio. Se ad un ragazzo ad esempio non piaceva la carne all'ora di pranzo, l'assistente lo faceva stare lì per tutto il pomeriggio. Solo, finché non si decideva a mangiare. Niente giochi, niente lezioni».

Baldi descrive un altro episodio allucinante: «Ricordo che un giorno, un ragazzo appena arrivato da Pesaro, nelle Marche, da lontano quindi, piangeva disperato. Era il suo "primo giorno". Ebbene, per calmarlo, fu chiuso nel bagno dell'assistente. Vi trascorse tutta la notte credendo di essere recluso in cantina: così gli avevano detto, con i topi. Anche noialtri abbiamo sperimentato quel genere di punizione e credevamo di essere negli scantinati».

«Mettere al buio - osserva l'Autore - chi è nato al buio è una punizione folle!».

L'istituto fu chiuso nel 1976; Baldi si esprime in questi termini: «Avevo scontato la mia condanna. Ripensando a quel periodo avverto tuttora un grande senso di rabbia per quegli anni passati là, per il clima repressivo e di isolamento dal mondo che si viveva, ma anche per la doppia verità che veniva continuamente proclamata: «È per il vostro bene, è così che deve essere, senza di noi non avreste altro modo...».

AI di là del caso personale, le disumane condizioni descritte da A. Baldi sono la dimostrazione della validità del movimento diretto - allora, ma ancora oggi - a ricercare soluzioni familiari alternative al ricovero in istituto e a promuovere l'inserimento scolastico, lavorativo e sociale degli handicappati.

 

 

AA.VV., Il bambino abbandonato, Quaderni del Centro Nazionale per il volontariato, Lucca, sen­za indicazione di data e di prezzo.

 

La pubblicazione riporta ed analizza i risultati scaturiti da tre distinte "ricerche sul campo" sul concetto di "stato di abbandono" condotte tra il 1983 ed il 1991 presso i Tribunali per i minoren­ni di Torino (a cura di Giovanna Pacini), di Firen­ze (a cura di Antonella Manzione, Stefania Pelle­grinetti e Laura Quadrelli) e di Roma (a cura di Michela Concetti e Lucilla Efrati).

Una volta superato il disagio rappresentato dai numerosi errori di stampa (ne abbiamo con­tati ben 169, sulle 204 pagine del testo!), la lettu­ra del volume si rivela particolarmente preziosa, già a partire dalle quattordici pagine dell'intro­duzione, che ben inquadrano la tematica dell'abbandono del minore, così come è affrontata dalla legislazione italiana (legge 4 maggio 1983 n. 184) -tutta incentrata sulla scelta di garantire al bambino in difficoltà un ambiente familiare se­reno ed adeguato, in cui crescere e sviluppare tutte le proprie potenzialità - e come viene tra­dotta in pratica dalle magistrature minorili.

II precipuo interesse del libro è poi tutto con­centrato nella accurata e scrupolosa ricerca condotta da Giovanna Pacini, ricca di dati e di citazioni giurisprudenziali, e dalla cui esposizio­ne si ricavano utilissimi spunti per un approfon­dimento sia culturale che pratico di una materia così impegnativa. Basterà, al riguardo, citare gli stimolanti sviluppi che il suo studio dedica, tra l'altro, alle segnalazioni dello stato d'abbandono (a proposito delle quali è posto in evidenza il to­tale assenteismo dell'istituzione scolastica), al ruolo determinante assegnato dalla legge ai ser­vizi sociali, ai problemi socio-economici delle fa­miglie di origine ed alla istituzionalizzazione dei minori in difficoltà, non senza astenersi dallo stigmatizzare lo scarso impegno che all'infanzia abbandonata viene solitamente dedicato dalla classe forense.

Il taglio prevalentemente pratico della ricerca (sempre assistito, peraltro, da puntuali riferimenti giurisprudenziali e dottrinali) la rende par­ticolarmente indicata sia per gli operatori del settore che per gli studiosi, ed anche a quanti vogliano accostarsi con profitto alla conoscenza di un tema di così alto impegno civico e morale.

Di respiro molto più modesto sono, invece, le altre due ricerche. Infatti quella avente ad ogget­to la prassi giudiziaria del Tribunale per ì minori di Firenze non è nulla più che un diligente rias­sunto di alcuni orientamenti generali seguiti dai giudici del capoluogo toscano (arricchito da qualche buon riferimento dottrinale), mentre sul­la ricerca condotta presso il Tribunale per i mi­norenni di Roma è forse meglio sorvolare, in quanto le stesse autrici condensano il risultato della loro ricerca spiegando candidamente di non averla potuta condurre!

 

 

JOHN BOSWELL, L'abbandono dei bambini in Europa occidentale, Rizzoli, Milano, 1991, pp. 526, L. 62.000.

 

Questo saggio affronta un tema nuovo, solita­mente trascurato dagli storici: l'abbandono dei bambini nella civiltà occidentale, dai tempi dell'antica Roma fino al secolo XVI. L'Autore so­stiene infatti che non esiste nessuno studio mo­derno sull'abbandono come fenomeno storico riguardante il periodo in questione.

Boswell offre una approfondita trattazione delle sorti di quei bambini che, indesiderati, ve­nivano "esposti", cioè abbandonati con varie modalità e in vari luoghi e affidati così alla pub­blica carità. A seconda del tempo e delle perso­ne che li incontravano, potevano intraprendere le strade più diverse, dalla prostituta al chierico.

Il testo è diviso in quattro parti, che conside­riamo in successione: le modalità del fenomeno in Età antica (Roma imperiale e l'epoca dei Padri della Chiesa), nei primi secoli del Medioevo, nel Basso Medioevo, negli ultimi secoli del Medioe­vo. Il testo è completato da una appendice con­tenente i testi ritenuti più significativi dall'Autore e da un ricco corredo di note.

Per ciascun periodo vengono esaminate varie fonti e testimonianze, al fine di stabilire chi e per quali motivi "esponesse" i propri figli, le modalità dell'abbandono, le prospettive di vita che si apri­vano per questi "trovatelli". Quello che stupisce sono sicuramente l'entità e la diffusione del fe­nomeno, non solo in epoca pagana, ma anche in tempo cristiano. Sostiene l'Autore: «Né le scrittu­re ebraiche, portate dal Cristianesimo nella sua casa adottiva, Roma, né le scritture cristiane proibivano l'abbandono (...) nessun autore cri­stiano espresse mai il principio secondo il quale dare la vita ad un figlio comporta necessaria­mente il dovere di allevarlo (...). Nel IV sec. la teo­logia, la legge cristiana e i canoni conciliari testi­moniano che l'abbandono era diffuso tra i cristia­ni almeno quanto lo era stato tra i pagani di Roma».

Citando ancora, dalle conclusioni dell'Autore: «I bambini vennero abbandonati in gran numero in tutta Europa, dall'antichità ellenistica alla fine del Medioevo, da genitori di ogni estrazione so­ciale, in una considerevole varietà di circostan­ze». A parte le diversità locali, non essenziali «il fenomeno dell'abbandono rimase sostanzial­mente invariato dall'antichità romana fino alla fi­ne del Medioevo. La grande cesura nella storia dell'abbandono è segnata dalla nascita degli ospizi per trovatelli, nel XIII secolo. Nel giro di un secolo o due tutte le grandi città europee ebbero i loro ospizi, che nascondevano in sé gli aspetti più spiacevoli e inquietanti dell'abbandono, sot­traendo i bambini abbandonati alla strada e alla vista, e ponendoli sotto la sorveglianza istituzio­nale. Dietro i muri, personale stipendiato si occu­pava di questi rifiuti della società: né i genitori che li avevano abbandonati né i loro concittadini dovevano più aver cura di questi bambini».

 

 

AA.VV., È nato un bambino Down - Guida per i genitori, Istituto Italiano di Medicina Sociale, Ro­ma, 1993, pp. 108, senza indicazione di prezzo.

 

L'Istituto Italiano di Medicina Sociale ha pub­blicato una guida per l'orientamento e l'informa­zione delle famiglie con bambini Down che rap­presenta uno strumento in grado di fornire delle risposte a quei problemi che una famiglia si tro­va ad affrontare al momento della nascita e du­rante tutto il percorso di crescita del proprio bambino.

La conoscenza dei vari aspetti dell'handicap è una premessa indispensabile per l'accettazione della malattia e per la conoscenza delle reali po­tenzialità e dei limiti del proprio figlio.

La guida è studiata per dare un supporto in­formativo e conoscitivo dei vari aspetti della sin­drome da quelli strettamente medico-sanitari al­le implicazioni psicologiche e sociali nonché a fornire valide informazioni di ordine pratico.

Il libro ripercorre le tappe di crescita del bam­bino Down sottolineando di volta in volta gli aspetti e le problematiche che la famiglia si tro­va ad affrontare durante le diverse età del figlio.

Richiedere il libro a: Istituto Italiano di Medici­na sociale, Via P.S. Mancini 28, 00195 Roma.

 

 

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