Prospettive assistenziali, n. 108, ottobre-dicembre
1994
DIRETTIVA DELLA REGIONE TOSCANA SULL' AFFID0 FAMILIARE
Riportiamo
integralmente la delibera del Consiglio della Regione Toscana 25 luglio 1994
n. 338 "Direttiva ai Comuni e alle Unità sanitarie locali per la
costituzione e il funzionamento del servizio per l'affidamento familiare".
Il Consiglio regionale
viste:
- la L.R. 16 aprile 1980, n. 28 che all'art. 9 stabilisce
alcuni criteri per l'affidamento a scopo educativo;
- la legge 4 maggio 1983, n. 184 che agli artt. 2, 4,
e 5 disciplina l'affidamento dei minori attribuendo specifiche responsabilità
ai servizi locali;
- le proprie deliberazioni n. 162 del 18 marzo 1992
(Azione programmata infanzia e adolescenza) e n. 163 (Progetto obiettivo
salute della donna, procreazione responsabile e tutela della maternità e
dell'infanzia), che prevedono lo sviluppo dell'intervento di affidamento di
cui all'art. 2, 1 ° c., della legge sopracitata, mediante l'adozione di
strumenti volti a definire l'organizzazione e il funzionamento di un apposito
servizio;
- la propria deliberazione del 21 settembre 1993, n.
364 - concernente direttive su criteri e modalità di sostegno economico per
l'affidamento familiare - con la quale si impegna la Giunta regionale ad
approfondire le questioni metodologiche ed organizzative dell'affidamento ai
sensi della già citata legge n. 184183, al fine di predisporre un protocollo
operativo per orientare l'attività dei servizi locali in base a criteri comuni;
Rilevata l'esigenza di completare il quadro dei
criteri e delle modalità di attuazione dell'affidamento, per favorire
omogeneità di comportamenti da parte dei servizi locali e per assicurare uno
standard qualitativo adeguato alla complessità dell'intervento;
Considerata l'opportunità di proporre alle amministrazioni
locali linee guida che, recepite le acquisizioni più recenti in materia,
concorrano a valorizzare l'espressione di solidarietà delle famiglie e dei
singoli verso i minori in difficoltà e ad utilizzare l'istituto
dell'affidamento secondo modalità che potenzino le sue finalità educative;
Ritenuto di definire i criteri organizzativi e metodologici
per la costituzione di un servizio per l'affidamento familiare a carattere
zonale - denominato Centro Affidi -, secondo quanto stabilito nel documento
allegato;
delibera
1.
Di approvare in tutte le sue parti il documento allegato A, parte integrante
della presente deliberazione, che fissa gli aspetti organizzativi e
metodologici del servizio di affidamento dei minori temporaneamente privi di
ambiente familiare idoneo, denominato Centro Affidi;
2. Di trasmetterlo ai Comuni e alle Unità sanitarie
Locali perché provvedano a costituire il Centro Affidi, tramite opportuni
accordi tra i quali quelli previsti ai sensi dell'art. 27 della legge 8 giugno
1990, n. 142, al fine di assicurare la gestione sovracomunale del servizio e
il suo carattere interdisciplinare, secondo il modello delineato nel
documento stesso;
3. Di dare mandato alla Giunta regionale di mettere a
punto gli strumenti per la gestione del sistema informativo necessario sia alla
implementazione dei dati sulle famiglie e sui minori ai fini dell'affidamento,
sia al reperimento di informazioni sulle famiglie che si candidano all'affidamento.
Allegato A
SERVIZIO PER L'AFFIDAMENTO
FAMILIARE: ORGANIZZAZIONE E METODOLOGIA
1. Premessa
L'obiettivo principale delle politiche pubbliche per
la tutela del minore è quello di garantire che il diritto essenziale, il
diritto all'educazione, sia da esso goduto «nell'ambito della propria famiglia»
(L. n. 184/83, art. 1). II primo compito delle istituzioni poste a salvaguardia
dei diritti del minore, quindi, è quello di sostenere, con la propria azione,
la famiglia ad assolvere le sue funzioni educative. Questa prospettiva
coinvolge naturalmente anche i servizi territoriali, che devono innanzitutto
promuovere le risorse idonee a prevenire gli interventi che implichino
l'allontanamento del minore dalla famiglia, ivi compreso l'affidamento,
secondo gli indirizzi stabiliti nell'azione programmata «infanzia e adolescenza»,
approvata dal Consiglio regionale con la deliberazione del 18 marzo 1992, n.
162.
L'affidamento è un evento traumatico sia per la
famiglia nel suo complesso che per il minore. II ricorrervi, nelle situazioni
di crisi nelle quali esso risulti il male minore, impone di adottare criteri
di intervento che garantiscano la validità della scelta che viene compiuta.
L'affidamento è una delle risposte possibili alle difficoltà di un minore e
della sua famiglia. I servizi hanno la responsabilità di scegliere, per ogni
minore, il percorso che meglio risponde alle sue esigenze, dopo una
approfondita valutazione del suo vissuto e dei suoi bisogni evolutivi, in
riferimento all'età, alle difficoltà che manifesta e alle prospettive di
cambiamento della sua famiglia. L'azione programmata «infanzia e adolescenza»,
già citata, prefiggendosi il potenziamento dell'affido in funzione della
deistituzionalizzazione, prevede l'adozione di strumenti diretti a favorire
lo sviluppo del servizio di affidamento, tanto sul piano organizzativo che
metodologico. Anche il progetto obiettivo «salute della donna, procreazione
responsabile e tutela della maternità e dell'infanzia», approvato dal
Consiglio regionale con deliberazione del 18 marzo 1992, n. 163, prevede «un
coordinamento zonale per la gestione dell'affidamento familiare (selezione
della famiglia affidataria, formazione all'affidamento, consulenza agli
operatori impegnati nell'affidamento)». II presente documento propone ai
servizi locali un modello che affronta sia l'aspetto organizzativo che
metodologico di un servizio affidi.
Sotto il profilo organizzativo la proposta di un
Centro affidi, operante su un ambito territoriale di ampiezza significativa, dà
l'opportunità di istituire un servizio agile per la promozione dell'affidamento,
con il quale viene messa a disposizione dei servizi territoriali una gamma di
affidatari-risorsa che consenta una effettiva possibilità di scelta in
rapporto ai bisogni del minore e con il quale possono essere organizzate,
altresì, le esperienze dei gruppi di sostegno degli affidatari, uno strumento
formativo e di appoggio assai efficace. Sotto il profilo metodologico, il
Centro affidi rappresenta un punto di riferimento per gli operatori dei servizi
di base, attraverso il quale confrontare le esperienze ed affinare le competenze
professionali specifiche. Un intervento così complesso come l'affidamento
familiare non può essere gestito in modo efficace senza disporre di una
struttura di riferimento, sia pure minima, che promuova lo sviluppo dei diversi
fattori costitutivi del servizio: culturali, scientifici, professionali,
organizzativi, di contatto e sensibilizzazione dell'opinione pubblica.
II documento dedica particolare attenzione al
processo metodologico per la gestione dell'affidamento, articolandolo nelle
sue diverse fasi. La natura unitaria del procedimento proposto non contraddice
l'esigenza di differenziare ciascun progetto d'intervento, in rapporto tanto ai
fattori individuali che al carattere consensuale o giudiziario dei provvedimento.
2. II centro affidi
È un polo di riferimento sovracomunale che ha
funzioni di promozione e di gestione di attività di supporto per i servizi
sociali di base, al fine di agevolare il ricorso all'affidamento familiare e di
favorirne una utilizzazione efficace. Esso svolge funzioni proprie del servizio
di assistenza sociale dei Comuni dell'area e di unità operative della U.S.L.
Tali strutture assicurano, in forma stabile, il personale necessario.
II centro affidi concorre alla realizzazione degli obiettivi
proposti dall'azione programmata «infanzia e adolescenza» ed ha sede - nelle zone
che ne sono dotate, nel Centro per l'infanzia, l'adolescenza e la famiglia.
Per l'area territoriale di competenza, il Centro
svolge le funzioni fondamentali di seguito indicate:
a) reperimento
delle famiglie e dei singoli disponibili ad impegnarsi nell'accoglienza di minori
privi temporaneamente di ambiente familiare idoneo. II reperimento, di norma,
viene promosso con iniziative di pubblicizzazione rivolte a fasce mirate di
popolazione e con attività di gruppo proposte a soggetti che hanno espresso un
interesse anche generico, per dare loro una informazione specifica e
approfondita e per sensibilizzarli alle problematiche dell'affidamento. II
reperimento può essere, altresì, sostenuto curando i rapporti di collaborazione
con le associazioni di volontariato che hanno finalità di tutela dei minori e
di promozione dell'affidamento;
b) valutazione
e selezione delle famiglie e dei singoli che hanno manifestato la loro
disponibilità all'accoglienza temporanea;
c) esame delle
segnalazioni dei minori temporaneamente privi di ambiente familiare idoneo
provenienti dai servizi territoriali e valutazione congiunta della proposta di
affidamento;
d) abbinamento minore-affidatario
attuato in collaborazione con gli operatori dei servizi di base. L'équipe del
Centro e quella territoriale che provvedono all'abbinamento, definiscono anche
il progetto educativo - che diviene la base del "contratto" di
affidamento - con cui si individuano impegni e compiti degli operatori, della
famiglia affidataria, del minore e della famiglia di origine;
e) verifiche e
revisioni del progetto educativo: periodicamente, secondo le scadenze
previste, l'équipe del Centro e gli operatori del territorio, che seguono la
famiglia naturale e la famiglia affidataria, fanno il punto sull'andamento
dell'affido ed aggiornano il progetto;
f) progettazione
congiunta delle fasi di rientro del minore in famiglia, oppure delle
iniziative da adottare per sostenerlo nella ricerca di altre soluzioni;
g) consulenze
dell'équipe del Centro per i gruppi di sensibilizzazione e di discussione e
condivisione dell'esperienza con gli affidatari (gruppi di sostegno),
consulenza, a richiesta, agli operatori delle équipes territoriali;
h) promozione
di una rete di risorse pubbliche e private per facilitare l'accesso ai servizi
e alle prestazioni necessari per rendere concretamente operanti i progetti
educativi concordati;
i) valutazione
delle singole esperienze di affidamento con le famiglie interessate e gli
operatori territoriali;
I) organizzazione
della documentazione professionale delle varie fasi del procedimento e
raccolta dei dati per il sistema informativo;
m) definizione della
banca dati nelle articolazioni corrispondenti alle fasi del procedimento, in
collaborazione con il sistema informativo, e aggiornamento costante delle
informazioni immesse.
3. Servizi sociali territoriali di base
Gli
operatori dei servizi di base svolgono le seguenti attività:
- provvedono ad individuare le situazioni familiari
che presentano fattori di rischio psico-sociale per il minore, come previsto
al punto 5 dell'azione programmata «infanzia e adolescenza»;
- valutano le soluzioni che meglio soddisfano i suoi
bisogni in rapporto al vissuto familiare, all'età e alle prospettive di
evoluzione della situazione familiare e ambientale;
- predispongono una segnalazione circostanziata al
Centro affidi, qualora l'affidamento risulti la soluzione più appropriata,
fornendo ad esso gli elementi utili a definire il profilo di famiglia o di
persona singola adatta;
-
concordano con l'équipe del Centro il progetto d'intervento;
- intervengono sulla famiglia d'origine, sul minore
e sulla famiglia affidataria (quando anche quest'ultima risieda nel territorio
di competenza) per rendere rassicurante il passaggio;
- intervengono sulla famiglia di origine per
modificare quei fattori che hanno imposto l'allontanamento del minore;
-
sostengono la famiglia affidataria in tutte le fasi dell'affidamento;
- concorrono alle attività di verifica concordate
con l'équipe del Centro affidi per l'aggiornamento del progetto e concordano
le modalità del rientro in famiglia o di soluzioni diverse;
- segnalano al Centro affidi le famiglie disponibili
all'affidamento, perché siano coinvolte nelle iniziative di informazione e di
sensibilizzazione.
4. Il personale
Sono profili professionali fondamentali del Centro
affidi l'assistente sociale, lo psicologo e l'operatore pedagogico
(pedagogista, educatore). Secondo le esigenze, possono essere richieste le
prestazioni del neuropsichiatra infantile e del pediatra.
Il tempo da dedicare alle attività del Centro da
parte dei profili professionali fondamentali è da valutare in rapporto al
volume del lavoro. Tuttavia la loro presenza deve essere tale da assicurare
continuità al servizio.
A livello di base il profilo fondamentale è quello
dell'assistente sociale. Lo psicologo e gli altri specialisti operanti
intervengono su sua richiesta.
5. L'area territoriale
II Centro affidi serve, di norma, l'area territoriale
delimitata dalla zona socio-sanitaria, di cui alla L.R. 30-6-1994, n. 49.
Esigenze di efficacia del servizio possono consigliare di far corrispondere
l'area territoriale del Centro a quella della USL in relazione alla presenza
effettiva di tutte le figure previste e indicate come necessarie ai sensi
delle vigenti disposizioni.
6. La metodologia d'intervento
Le indicazioni che seguono intendono delineare un
percorso operativo che, allo stato dell'esperienza, può ritenersi idoneo ad
assicurare le condizioni di base per attuare l'affidamento familiare con
prospettiva di riuscita.
6.1. L'analisi e la valutazione dei requisiti degli aspiranti
all'affidamento
Non sono identificabili requisiti che definiscano
una volta per tutte la famiglia affidataria ideale o I'affidatario ideale.
Accertato che il minore, per continuare o riprendere il processo di maturazione,
ha bisogno di compiere un'esperienza di affidamento educativo, è essenziale
determinare di quale tipo di esperienza abbia bisogno. Nel valutare i
requisiti dei candidati si terrà conto, perciò, dell'importanza di avere a
disposizione una gamma ampia e differenziata di affidatari-risorsa, a cui
ricorrere per scelte mirate alle esigenze maturative di ciascun minore in difficoltà.
Con l'affidamento, infatti, si deve poter realizzare un progetto educativo e
non un intervento assistenziale.
L'indagine per acquisire gli elementi psicologici,
sociali e ambientali necessari a tracciare il profilo dei candidati, ai fini di
un abbinamento mirato, si concentra soprattutto su queste aree:
- Desideri e motivazioni di ciascun membro della
coppia che sono all'origine dell'aspirazione all'affidamento. Aspettative
riposte nell'affidamento. Preferenze circa il bambino che la coppia
desidererebbe le venisse affidato e circa la sua famiglia di origine.
- Consapevolezza degli impegni da assumere nei
riguardi del minore, della sua famiglia, della scuola e dei servizi sociali.
Atteggiamento verso i vincoli che l'accordo con i servizi sociali e le
prescrizioni della magistratura minorile impongono.
- Storia della famiglia e dinamica delle relazioni
familiari attuali: di coppia, genitori-figli, con i diversi membri della
famiglia estesa, con il mondo esterno.
- Atteggiamento dei figli e dei membri della famiglia
estesa alla prospettiva dell'ingresso di un "altro" nell'ambito
familiare.
- Capacità degli affidatari di far fronte a situazioni
nuove, in riferimento alla necessità di modificare le relazioni di coppia e familiari
e di riorganizzare la vita domestica per dare accoglienza ad un nuovo
soggetto.
- Disponibilità a stabilire un rapporto con il
minore, accettandone la sua storia e la sua identità (background culturale,
vissuto relazionale, affettivo ed emotivo).
-
Capacità di affrontare le problematiche di ordine fisico, relazionale e sociale
del minore.
-
Livello sociale, culturale ed economico degli affidatari, in riferimento
all'opportunità di fare affidamenti caratterizzati da un grado di omogeneità
relativa tra il nuovo ambiente e quello di provenienza.
-
Tipologia dell'abitazione e disponibilità di uno spazio fisico per il minore.
-
Tipo e durata dell'accoglienza (part-time, tempo pieno; periodi, durata).
Le aree di indagine suggerite sono da considerare di
orientamento per i colloqui e, quindi, da adattare alle singole situazioni. I
colloqui non hanno solo finalità esplorative, ma anche - soprattutto il primo
- di informazione sull'affidamento.
6.2. La formazione e il sostegno degli affidatarl
L'informazione-formazione dei candidati si sviluppa,
in primo luogo, attraverso i colloqui che tendono ad illustrare - soprattutto
quelli iniziali - le caratteristiche dell'istituto dell'affidamento e le
responsabilità che gli affidatari si assumono verso il minore, verso la sua
famiglia e verso i servizi sociali.
Una modalità efficace di avvicinamento all'affidamento
(oppure di autoselezione) è la partecipazione degli aspiranti alle riunioni
del gruppo delle famiglie affidatarie (gruppo di sostegno), nel corso delle
quali essi possono verificare in concreto la fondatezza delle proprie
aspirazioni; sentendo dal vivo i problemi e le difficoltà che affrontano gli
affidatari.
Ad affido avvenuto, la partecipazione al gruppo di
sostegno costituisce una esperienza indispensabile per l'affinamento delle
capacità educative e relazionali, per confrontarsi con le coppie che hanno
una più lunga esperienza, per condividere con il gruppo i problemi, le
difficoltà, le crisi che insorgono nel corso dell'affidamento. II gruppo di
sostegno, una tecnica essenziale per una efficace gestione dell'affidamento, ricorre
al contributo di esperti di varie discipline per affrontare adeguatamente
problemi specifici (giuridici, sociali, sanitari, psicologici, educativi...).
6.3 - Il minore e la sua famiglia
Per attuare un abbinamento realmente mirato ai
bisogni evolutivi, gli operatori dei servizi di base, nel segnalare al Centro
affidi il minore che si trova temporaneamente privo di ambiente familiare
idoneo, producono una documentazione dettagliata che permetta una valutazione
accurata dei suoi bisogni e una conoscenza puntuale delle caratteristiche del
suo contesto familiare.
Tale documentazione fa riferimento soprattutto a
quelle aree problematiche che hanno incidenza diretta sulle scelte da compiere
e sul progetto educativo da definire per rendere operativo l'affidamento. In
particolare la documentazione:
• sul minore
mette a fuoco:
- la sua storia dalla nascita, precisando con chi e
dove è vissuto; chi lo ha accudito ed ha provveduto al suo mantenimento e alla
sua educazione; quali avvenimenti della vicenda familiare hanno inciso
maggiormente sulla sua vita;
- lo stile delle relazioni familiari e lo spazio che
egli ha occupato ed occupa nel sistema delle relazioni familiari (genitori,
fratelli e altri membri della famiglia);
-
le esperienze di relazioni extra-familiari (gruppi di pari, vicinato, ecc.);
- l'esperienza scolastica, considerata tanto dal
punto di vista del rendimento che delle relazioni con i compagni e gli
insegnanti;
-
il momento evolutivo che egli vive, in rapporto all'età e alla sua storia;
-
le abitudini di vita;
- le difficoltà emergenti, in riferimento alla salute,
all'educazione, alla socializzazione e all'istruzione;
-
il modo in cui vive, in rapporto all'età, la prospettiva di essere affidato ad
un'altra famiglia;
• sulla famiglia mette a fuoco:
-
la sua storia e il suo attuale ciclo di vita; - le dinamiche intra-familiari,
anche in riferimento alla famiglia estesa;
-
le relazioni della famiglia con l'ambiente sociale (vicinato, scuola, servizi,
ecc.);
- l'atteggiamento nei riguardi del minore, anche a
confronto di quello manifestato verso altri eventuali figli;
-
la percezione delle difficoltà del figlio da parte dei diversi membri della
famiglia;
- le aree di povertà della famiglia, in ordine alla
salute, all'istruzione, al lavoro, al reddito e all'abitazione;
- il modo con cui viene considerata la prospettiva
dell'affidamento del figlio ad un'altra famiglia.
La documentazione che gli operatori di base inviano
al Centro affidi, e che sarà oggetto di esame congiunto, esprime inoltre una
puntuale valutazione dei bisogni affettivi, cognitivi, sociali e sanitari che
ci si attende di vedere soddisfatti con l'affidamento; inoltre, indica il tipo
di relazioni che è opportuno sviluppare tra la famiglia naturale e quella
affidataria, il tipo e le modalità di rapporto tra il minore e la sua famiglia,
tenuto conto anche delle eventuali prescrizioni dell'autorità giudiziaria
minorile.
6.4. La valutazione e l'abbinamento
L'abbinamento è una fase cruciale dell'intervento da
programmare in ogni suo passaggio. Una sua corretta impostazione presuppone che
da parte degli operatori di base e del Centro affidi sia stata compiuta una
valutazione approfondita dei bisogni del minore, delle problematiche della
famiglia di origine, delle aspettative e delle risorse della famiglia
affidataria, delle risorse istituzionali e delle reti sociali attivabili per
il progetto di affidamento.
Particolare attenzione deve essere posta su quei
fattori che maggiormente incidono sull'esito dell'affido.
Per quanto riguarda il minore, la valutazione tiene
conto soprattutto della sua età, del tipo e della durata ipotizzabile
dell'affido, del tipo e della gravità delle sue difficoltà, del suo parere
circa il provvedimento.
Per quanto attiene la famiglia naturale, l'attenzione
deve essere posta sull'età della coppia, sulla natura e la gravità dei problemi
che inducono ad allontanare il minore, sui margini di cambiamento della famiglia,
sulle risorse impiegabili per il suo sostegno e la sua modifica, sul suo
atteggiamento nei riguardi dell'affidamento e sulle possibilità e sui limiti di
un rapporto tra le due famiglie, sulle capacità di rispettare i vincoli.
In riferimento alla famiglia affidataria, si valutano
in particolare l'età dei coniugi, la presenza di figli propri, lo status
socio-culturale, la capacità di accogliere il minore per quello che è, di
comprendere ì suoi bisogni e quelli della sua famiglia, di entrare in rapporto
con essa, l'attitudine a modificare l'organizzazione familiare in relazione
alle nuove esigenze, il livello di competenza educativa.
La valutazione tende a individuare la famiglia
"giusta" per un determinato minore, la famiglia cioè che possieda le
caratteristiche per entrare in rapporto con il minore e con il suo contesto familiare,
al fine di svolgere un ruolo educativo. Individuata la famiglia
"giusta", i servizi programmano gli interventi preparatori
all'affidamento:
- verso la
famiglia di origine, per orientarla ad assumere un atteggiamento
collaborante (decolpevolizzandola, rassicurandola sul ruolo della famiglia
affidataria, mettendo in risalto l'interesse del minore); per farle conoscere
la famiglia affidataria; per impegnarla nel progetto complessivo collegato al
provvedimento di affidamento;
- verso il
minore per aiutare la famiglia di origine - se collaborante - a prepararlo
all'affidamento; altrimenti sono i servizi stessi a prepararlo gradualmente
al passaggio (conoscenza della famiglia affidataria, della sua casa, ecc.);
- verso la
famiglia affidataria, per orientarla nella conoscenza del minore e della
sua famiglia, programmando anche gli incontri, per sostenerla ad assumere un
atteggiamento di comprensione/collaborazione verso la famiglia naturale, per
farla sentire partecipe del progetto complessivo e non solo dei suoi compiti
verso il minore, per farle conoscere gli operatori coinvolti nel progetto.
6.5. Il progetto e il "Contratto"
Un ulteriore snodo del percorso operativo è
costituito dalla elaborazione del progetto di intervento predisposto sulla
base delle ipotesi di lavoro scaturite dalla valutazione dei diversi aspetti
problematici della situazione del minore e della sua famiglia. II progetto si
sviluppa in più direzioni: della famiglia naturale, del minore, della famiglia
affidataria, della rete delle risorse ed è attento a cogliere le
interdipendenze nel sistema delle relazioni tra i diversi attori.
Nell'articolare il progetto, si avrà riguardo: - alla
definizione degli obiettivi che si perseguono in risposta ai bisogni evolutivi
del minore e ai cambiamenti da produrre nella situazione familiare di
provenienza, dettagliando gli obiettivi specifici nei confronti del minore,
della sua famiglia e della famiglia affidataria;
- alla individuazione delle priorità, che possono
essere determinate in riferimento a criteri temporali (cadenzamento delle tappe
del processo), di urgenza, di scelta dei punti di minor resistenza;
- all'articolazione degli interventi di aiuto in
rapporto ai destinatari, agli operatori che ne assumono la responsabilità, ai
tempi di attuazione;
-
alle modalità o ai tempi di verifica del progetto.
II progetto, ipotizzato congiuntamente dagli
operatori del Centro affidi e dei servizi di base e che tiene conto delle
disposizioni dell'autorità giudiziaria minorile, deve essere sottoposto a
convalida e definito nel confronto con la famiglia di origine, con :a famiglia
affidataria e, entro i limiti consentiti dall'età, con il minore. Lo scopo di
tale confronto è essenzialmente di ottenere il consenso e la collaborazione
delle parti sul progetto e concordare i rispettivi impegni, dando ad essi
forma scritta (il cosiddetto "contratto").
II "contratto", inteso come documento con
cui si fissano le condizioni dell'affidamento, modificabili in seguito alle
verifiche periodiche, in linea di massima ha la seguente struttura:
-
obiettivi generali e obiettivi specifici,
riferiti questi ultimi a diversi attori del progetto;
-
durata prevista;
-
programma degli interventi articolato
per destinatari;
-
vincoli negoziati tra le parti e/o
prescritti dall'autorità giudiziaria;
- impegni della
famiglia di origine anche in ordine alle modalità e alla periodicità dei
rientri del minore, ai rapporti tra le due famiglie;
- impegni della
famiglia affidataria in ordine ai bisogni educativi, di istruzione, sociali
e sanitari del minore, al rispetto della sua identità, ai rapporti con la sua
famiglia, alla partecipazione ai gruppi di sostegno;
- impegni
dell'ente (o degli enti) che progetta l'affidamento verso il minore e le
due famiglie (nei confronti della famiglia affidataria devono essere definiti
anche gli impegni di sostegno economico previsti dalla Deliberazione del Consiglio
regionale del 21 settembre 1993, n. 364);
-
responsabilità dei singoli operatori
per l'attuazione del programma degli interventi;
-
cadenza e modalità delle verifiche
del progetto.
6.6. Le verifiche sull'andamento del progetto e la valutazione finale
I progetti di affidamento sono progetti complessi,
per la pluralità degli obiettivi che perseguono e dei soggetti, professionali
e non, che in essi assumono responsabilità diversificate tese ad attivare e
sostenere un processo che ha come sbocco il ritorno del minore nella famiglia
propria. Per conservare al processo questa direzione nel corso del tempo, è
indispensabile compiere verifiche periodiche, la cui modalità principale è
l'analisi e la discussione delle acquisizioni degli operatori impegnati nel
progetto (équipe del Centro affidi - équipes di base). In questo tipo di
verifica confluiscono le conoscenze raccolte nel corso dell'attività corrente
e negli incontri compiuti per verificare aspetti parziali del progetto (ad es.
con la famiglia affidataria, con la scuola, con servizi cui fanno riferimento
il minore e/o la sua famiglia).
In linea generale, le verifiche sono momenti di
confronto per mantenere una sostanziale unitarietà al processo, nel quale, i
diversi attori, per la settorialità del ruolo svolto, possono essere indotti,
nel tempo, a perseguire scopi divergenti da quelli del progetto complessivo;
ed, inoltre, esse servono a focalizzare l'attenzione di tutti, operatori,
famiglia affidataria, utenti, sul sistema posto in essere con il provvedimento
di affido (famiglia di origine, minore, famiglia affidataria, servizi, autorità
giudiziaria minorile).
Più
specificamente le attività di verifica servono:
- a coordinare gli interventi nella fase di messa in
opera del progetto e nelle sue fasi successive;
- ad aggiornare il progetto in rapporto all'evoluzione
della situazione della famiglia di origine e dei bisogni del minore, nonché per
far fronte ad eventuali difficoltà emergenti;
- a fare circolare, tra tutti i soggetti coinvolti,
le informazioni utili alla gestione del progetto, in modo che ognuno si muova
entro un quadro aggiornato della situazione e riceva le indicazioni per
accedere alle risorse utili per affrontare i problemi del momento;
- a valutare i risultati ottenuti e gli obiettivi
raggiunti per preparare la conclusione dell'affidamento.
L'affidamento, come intervento educativo e
psicosociale, pone il problema di quando e
di come concluderlo.
Se il progetto è stato sviluppato attraverso le
verifiche periodiche, le équipes che ne hanno la responsabilità dispongono degli
elementi per compiere la valutazione dei risultati, in relazione agli obiettivi
analiticamente messi a fuoco al momento della sua definizione. A questo
riguardo è utile costruire delle griglie che consentano di mettere a confronto,
in dettaglio, le situazioni di partenza e i cambiamenti registrati ad ogni verifica.
La decisione di concludere l'affidamento viene presa quando i risultati
coincidono, o comunque si avvicinano, a quelli attesi.
Quanto
a come concludere, l'affidamento, le iniziative essenziali riguardano:
- la
valutazione comune dei risultati ottenuti. La decisione di concludere non
attiene soltanto agli operatori delle équipes, ma deve coinvolgere tutti,
anche per le implicazioni affettive che tale decisione ha per il minore, la
sua famiglia e gli affidatari. Pertanto tutti devono essere messi in grado di
apprezzare il percorso compiuto e di condividere le ragioni della decisione.
L'operazione risulterà tanto più semplice ed efficace
quanto più gli operatori avranno condiviso con gli utenti e con la famiglia
affidataria gli esiti delle verifiche periodiche;
- la
predisposizione di un piano di interventi che accompagni gradualmente la
famiglia naturale e il figlio a ricostituire la convivenza, offrendo gli
aiuti necessari in termini sia di prestazioni e servizi che di supporto
relazionale. Anche la famiglia affidataria va sostenuta ad elaborare la
separazione e ad accettarla.
Occorre, infine, sottolineare l'importanza che la
prassi della valutazione finale a più voci ha, non solo per concludere le
singole esperienze, ma anche per trarre indicazioni per la crescita del
servizio sotto il profilo organizzativo, metodologico e delle risorse
necessarie per dare maggiore efficacia ad un intervento, i cui risultati
dipendono dal concorso di molti fattori.
6.7. Gli strumenti e lo standard
Per avviare, sviluppare e concludere il processo
delineato in precedenza, si utilizzano gli strumenti propri dei profili
professionali che operano nel servizio affidi, con i quali si perseguono
finalità di informazione, di conoscenza, di cambiamento, di attivazione di
risorse.
Per
gli scopi di questo documento, gli strumenti vengono solo di seguito elencati:
-
colloqui individuali e di coppia;
- riunioni con la famiglia estesa;
- visite domiciliari;
- riunioni di équipe per l'abbinamento, per
l'impostazione del progetto e la definizione del "contratto", per le
verifiche periodiche, per la valutazione finale;
-
riunioni del gruppo di sostegno degli affidatari;
- documentazione dell'attività professionale svolta
dai singoli operatori; documentazione sull'attività svolta in équipe (piani di
lavoro, stesura del progetto, stesura del "contratto", resoconti
delle verifiche periodiche, valutazione finale);
- relazioni per necessità diverse, sia interne ai
servizi locali (ad es. per erogazione di prestazioni e servizi) che esterne
(autorità giudiziaria);
- predisposizione degli atti connessi all'attivazione
e alla conclusione del provvedimento di affidamento (art. 4, 3° e 4° comma
della legge n. 184/1983).
È auspicabile che ogni Centro affidi sviluppi una
propria metodologia, con l'obiettivo di elevare progressivamente il livello
qualitativo delle prestazioni professionali e di supporto. Si ritiene,
tuttavia, opportuno indicare uno standard al di sotto del quale diviene
problematico assicurare una gestione efficace dell'affidamento.
a)
Valutazione degli affidatari
- almeno quattro incontri, quando ('aspirante é una
coppia (tre colloqui individuali e di coppia e una riunione con la famiglia
estesa);
- almeno due colloqui con l'aspirante singolo e una
riunione con la famiglia estesa, quando essa rappresenti un elemento
significativo del contesto;
- una visita domiciliare, in entrambi i casi; -
almeno una riunione di équipe per valutare le risultanze dell'indagine di cui
al par. 6.1 ed esprimere un giudizio di sintesi.
b)
Scelta
dell'affidatario e abbinamento
- l'operatore o l'équipe dei servizi di base redigono
per il Centro affidi una relazione dettagliata che metta a fuoco le
problematiche del minore e della sua famiglia (vedere lo schema del par. 6.3);
- una riunione del Centro affidi con gli operatori
dei servizi dì base per valutare i bisogni del minore e della sua famiglia, per
individuare la famiglia-risorsa e per programmare i passi da fare per giungere
all'abbinamento;
- una seconda riunione collegiale (estesa anche agli
operatori dei servizi territoriali di riferimento dell'affidatario, quando
abiti in un comune diverso da quello della famiglia naturale) per definire il
progetto e il "contratto".
c)
Verifiche periodiche
- una riunione di tutti gli operatori interessati
(Centro affidi e operatori territoriali) almeno ogni tre mesi, per fare il
punto sull'andamento dei piani di intervento affidati ai singoli operatori,
valutare i risultati raggiunti ed eventualmente aggiornare il progetto e gli
interventi. Riunioni più frequenti possono essere decise al momento della
definizione del progetto e per l'insorgere di emergenze.
d)
Valutazione finale
- una riunione dell'équipe del Centro affidi con gli
operatori di base (o l'équipe di base), preceduta da colloqui ed incontri con
il minore, la sua famiglia, gli affidatari, per predisporli alla conclusione
dell'affidamento e programmare gli interventi di appoggio necessari al rientro
del minore in famiglia oppure per l'attuazione di altro provvedimento.
7. Gli accertamenti sanitari
L’affidatario, nell'assumersi la responsabilità di
tutelare il minore provvedendo al suo mantenimento e alla sua educazione e
istruzione, deve poter disporre di un quadro informativo che gli consenta di
conoscere, nel dettaglio, anche lo stato di salute del minore e di avere le
indicazioni necessarie per prendersene cura.
A tale riguardo, si rinvia a quanto disposto con il
"Protocollo degli accertamenti sanitari per i minori da affidare a
famiglia e istituto di assistenza e di riabilitazione", approvato con
deliberazione del Consiglio regionale del 15 dicembre 1987, n. 489.
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