Prospettive assistenziali, n. 108, ottobre-dicembre
1994
LETTERA APERTA A DON ORESTE
BENZI
Siamo veramente preoccupati per le Sue recenti
dichiarazioni in merito all'adozione (1). Lei forse non se ne è reso conto, ma
sono veri e propri attacchi all'adozione che rischiano veramente di
compromettere il diritto di migliaia di minori abbandonati ad una famiglia vera e definitiva come è quella
adottiva, dando spazio a quegli operatori e a quei magistrati (che anche Lei ha
conosciuto) che ancora oggi in nome del legame di sangue costringono bambini a
vivere in situazioni familiari spaventose o in istituto per anni e anni, con le
note conseguenze.
Anche il momento che Lei ha scelto per esprimere
queste Sue opinioni, mi consenta, non è stato opportuno; infatti, come Lei ben
sa, è in atto una intensa azione volta a snaturare la legge n. 184/1983, come
dimostrano le proposte del Ministro Guidi, che vorrebbe elevare la differenza
massima di età per gli adottanti a 50 anni (ricordiamo, al riguardo, che oggi
ci sono 15-20 domande per ogni bambino adottabile: che bisogno c'è di
aumentarle ulteriormente?) e le iniziative di alcuni parlamentari dirette a
rilanciare i ricoveri (al riguardo è preoccupante l'interrogazione presentata
al Senato dal Sen. Zeffirelli).
II momento è molto difficile, e, francamente, da Lei
ci saremmo aspettati una diversa maniera di procedere: prima di esprimere, per
di più pubblicamente, posizioni così estreme, sarebbe stato necessario un
confronto con quanti, da anni, sono impegnati in questo settore e hanno una
conoscenza approfondita delle situazioni: associazioni, magistrati, operatori
sociali, ecc.
L'ANFAA opera ininterrottamente dal 1962 con
l'obiettivo di tutelare i minori rimasti privi, temporaneamente o definitivamente,
delle cure
morali e materiali da parte dei genitori biologici,
ha svolto un ruolo determinante per l'approvazione delle norme che
regolamentano l'adozione e l'affidamento dei minori, prima la legge
sull'adozione speciale del 1967 e poi quella del 1983, la n. 184.
Spiace molto dover rilevare che alle nostre ripetute
richieste di incontro Lei non abbia voluto dare seguito; il confronto e
l'approfondimento con l'ANFAA, le altre organizzazioni aderenti al
Coordinamento "Dalla parte dei bambini" (cui la stessa associazione
Papa Giovanni XXIII aderisce) e gli esperti impegnati (Moro, Battistacci,
Dogliotti, Cavallo, Dell'Antonio, ecc.) avrebbero consentito forse di vagliare
più in profondità i problemi e magari di assumere posizioni o comuni o, in
caso contrario, almeno soppesate fino in fondo.
Confidiamo che Lei voglia riconsiderare l'opportunità
di riaffrontare questi temi, estendendo l'invito anche ad altri, se crede. Nel
contempo cogliamo l'occasione per alcune necessarie precisazioni.
Le sue considerazioni sull'adozione ci fanno pensare
che secondo Lei i genitori "veri" di un bambino abbandonato restino
comunque sempre quelli che lo hanno procreato. In nome di questa presunta
indissolubilità del legame di sangue, Lei arriva ad affermare che «il bambino
adottato normalmente cercherà sempre i suoi genitori d'origine» precisando che
«questo desiderio è insopprimibile». Ma su quali elementi fonda queste Sue
certezze?
Le esperienze concrete di migliaia di famiglie
adottive dimostrano che l'essere figli e genitori non coincide sempre e
necessariamente con la procreazione. Come già San Crisostomo osservava, «non
si è meno padri per la nascita di un bambino che per la saggia educazione che
gli si dà. Essere madre, non è tanto generare quanto allevare saggiamente il
bambino».
Attraverso l'adozione quindi si diventa figli a tutti gli effetti di genitori
che non sono stati i procreatori.
«Nato da» non è quindi sinonimo di «figlio di» ed il
rapporto genitori-figli non è determinato tanto dal legame biologico, ma si
sostanzia nel rapporto affettivo che giorno dopo giorno si costruisce fra
loro.
Lo sviluppo del bambino dipende potenzialmente dal
suo patrimonio genetico, ma è il come viene cresciuto che decide in quale modo
queste potenzialità si manifesteranno nella costruzione della sua
personalità.
Queste acquisizioni della ricerca scientifica sono
purtroppo ancora scarsamente diffuse nella nostra società e la mentalità di
molti è ancora condizionata dal pregiudizio che «di mamma ce n'è una sola»,
mentre sulla figura del padre biologico le posizioni sono sfumate.
L'esigenza primaria del bambino adottato, inoltre, è
quella di essere certo che ha nuove radici, che è voluto fino in fondo e che
quella in cui vive è la sua famiglia, per sempre.
Certamente il rapporto adottivo è spesso negativamente
influenzato dal contesto sociale che considera ancora prevalenti il dato
biologico rispetto a quelli affettivi e reciprocamente formativi fra genitori
e figli. Occorrerebbe quindi, a mio avviso, informare correttamente l'opinione
pubblica sui contenuti effettivi e sul significato vero del rapporto
genitori-figli (procreati o adottati).
Se mi permette un riferimento personale, mia moglie
ed io abbiamo accolto ed amato le nostre tre figlie «fatte in casa» e il nostro
figlio adottivo con la stessa intensità e con le attenzioni - diverse per
ognuno di loro - di cui avevano bisogno e le posso assicurare che tutti e
quattro vivono le loro vite con uguale coraggio e serenità.
Dal 1967 ad oggi sono stati 60.000 i minori adottati
nel nostro Paese e l'esperienza ci dice che non ci sono né migliaia né
centinaia di giovani e ragazzi che hanno cercato o stanno cercando
disperatamente i loro genitori di origine. La stragrande maggioranza è stata
informata presto delle condizioni di essere figli adottivi (guai a saperlo da
grandi, magari da altri), vivono come gli altri coetanei, considerano come
propri genitori veri quelli adottivi.
Certo abbiamo visto in questi trentadue anni di
impegno nell'ANFAA anche alcuni dolorosissimi fallimenti. Questi sono in parte
dovuti alle difficoltà incontrate nella convivenza dopo l'inserimento
familiare: le gravissime carenze di cure familiari e l'abbandono prolungato
avevano segnato così duramente il bambino e avevano indotto in lui modalità di
relazione con gli altri e con il mondo così difficili da accettare, che alcuni
genitori non ce l'hanno fatta a rispondere in maniera adeguata, anche perché
troppo spesso si sono trovati soli. L'adozione non può garantire i miracoli:
bisogna intervenire invece tempestivamente e non lasciare "macerare"
le situazioni per anni.
A volte i fallimenti possono essere imputati non solo
alle scarse capacità affettive ed educative dei genitori, ma alla leggerezza
(per non dire altro) con cui le istituzioni preposte (giudici ed operatori
sociali) hanno valutato la loro idoneità.
Possiamo inoltre aggiungere che molti figli adottivi
si sono interrogati sui motivi - personali e sociali - che hanno determinato il
loro abbandono e la loro adozione. Pochissimi hanno espresso il desiderio di
conoscere di persona chi li aveva messi al mondo e molto spesso dietro questa
richiesta c'è, inconsapevolmente, la richiesta di una conferma da parte dei
loro genitori adottivi in quanto genitori tout-court.
Per tutti quelli che non sono stati riconosciuti alla
nascita comunque non sarà mai possibile individuare chi li ha procreati essendo
dalla legge garantita la segretezza del parto per sempre: la vita al bambino è
stata data a queste condizioni, immodificabili. Speriamo che Lei voglia riflettere
anche su questo punto: e ci auguriamo che Lei non sia fra quelli che vorrebbero
rendere obbligatorio il riconoscimento di maternità (i padri se la cavano
sempre...) anche per non constatare, poi, gli abbandoni tardivi e l'aumento degli
infanticidi.
Un'ultima considerazione sulla Sua proposta di
sostituire all'adozione l'affidamento a lungo termine. Condivido quanto
sostiene Alfredo Carlo Moro e lo riporto: «Se la famiglia di origine è
assolutamente carente sui piano psicologico e pedagogico, se è sostanzialmente
priva di ogni interesse ed affettività nei confronti del figlio - e questi casi
sono molto più frequenti di quello che appare anche se l'opinione pubblica
rimuove questa realtà conturbante e anche se i genitori camuffano un
interesse che non hanno solo perché non accettano la "patente"
sociale di genitore inadeguato - se nessun reale recupero della responsabilità
educativa genitoriale è possibile, se tutto ciò si realizza, l'affidamento
familiare, con i suoi connotati di precarietà giuridica e psicologica, non può
essere una risposta adeguata alla esigenza di stabilità affettiva che per il
ragazzo è essenziale al fine di costruire la sua identità e per aprirsi
serenamente alla socialità. La condizione orfanile non è solo quella di chi ha
visto morire i propri genitori, ma è anche quella di chi ha rari e sporadici
contatti con «spettri" ed "ombre" di genitori, del tutto incapaci
di costruire una "alleanza" e di intessere un dialogo anche se
imperfetto, con chi solo nel dialogo può crescere. La fatalistica accettazione
-perché non si ha il coraggio di affrontare il rischio, e il proprio trauma
psicologico, di troncare rapporti insufficienti a tutela del soggetto debole
- dell'aborto differito di tante esistenze, non può trovare giustificazione
nella difficoltà di una identificazione, nei concreti casi della vita, di una
situazione di abbandono».
Da parte mia aggiungo anche se sarebbe ben grave
lasciare, come Lei propone, che sia il ragazzo affidato a scegliere la sua eventuale
adozione (o il ritorno nella sua famiglia d'origine). Non possiamo scaricare
sulle sue spalle la responsabilità di decidere sul suo futuro, responsabilità
che secondo Lei non compete agli adulti!
Concludendo questa mia lettera, Le rinnovo l'invito
per un incontro con l'ANFAA, e, se Lei crede, con le altre organizzazioni del
gruppo "Dalla parte dei bambini".
Mi
è gradita l'occasione per porgerLe i miei cordiali saluti.
Torino, 5 settembre 1994
GIORGIO PALLAVICINI
TELEFONO AZZURRO ESCLUSO DAL
COORDINAMENTO "DALLA PARTE DEI BAMBINI"
Riportiamo
integralmente la lettera inviata in data 9 novembre 1994 da Leonardo Butelli
del Coordinamento "Dalla parte dei bambini" (2) al Prof.
Ernesto Caffo, Presidente di Telefono azzurro.
«Come potrà leggere nel verbale allegato, il
Coordinamento ha ritenuto che non ci siano più le condizioni per la permanenza
del Telefono azzurro nel Coordinamento.
«Su
questa decisione hanno pesato i falliti tentativi di stabilire modalità di
rapporto e di collaborazione coerenti con il documento base del Coordinamento
prima "Coordinamento per la difesa e piena attuazione della legge
184/83" ora "Dalla parte dei bambini".
«Nei fatti il Telefono azzurro ha, negli anni,
"portato avanti la sua attività assumendo anche iniziative che ignoravano
quanto proposto e sostenuto dagli aderenti al Coordinamento.
«A
nulla sono valsi gli incontri e gli altri tentativi di mediazione.
«A questo punto non ci sono motivi - a parere del
Coordinamento - per tenere insieme realtà associative che operano su
"orbite" diverse: è meglio che ognuno persegua i suoi obiettivi autonomamente».
(1) Don Oreste Benzi (presidente dell'Associazione Papa
Giovanni XXIII), ha scritto quanto segue:
A) il Bambino adottato normalmente
cercherà sempre i suoi genitori di origine. Questo desiderio e insopprimibile
ed è causa di molti disagi;
B) il danno possibile viene rimosso
se invece dell'adozione fatta da piccolo si attua un affidamento preadottivo a
lungo termine. L'adottando deve poter comprendere che gli affidatari hanno
fatto il possibile perché lui potesse ritornare con i genitori d'origine, ma
che non è stato possibile: la prova è proprio l'affidamento a lungo termine.
Quando l'adottando sarà in grado di comprendere i benefici
dell'adozione, sceglierà lui stesso.
Sono ben consapevole della
complessità dei problemi connessi a una simile procedura ipotizzata, ma il
rispetto della persona deve essere al primo posto.
Certo che l'adozione internazionale dovrebbe essere riveduta
e corretta.
(2) Hanno finora aderito al
Coordinamento «Dalla parte dei bambini": Ass. Moncenisio 4; ISTISSS;
Coord. genitori democratici; CIFA; ANFAA; ALBL; CIAI; Ass. Papa Giovanni XXIII;
Movimento Gruppi Famiglia; ARIAE; La Primogenitura International Adoption; Ass.
Amici Don Bosco; Amici Missioni Indiane; Ass. Progetto Adozione Accoglienza
(Vicenza); Ass. Insieme Centro Ascolto; Misericordia di Prato - Sez.
femminile; Ass. Famiglia Sociale Coord. Fermano; Ass. Progetto Accoglienza
(Catania); Nova; Cam; MO.V.I.; CNCA - Commissione Minori; Gruppo Famiglie
Affidatarie (Vicenza); Odissea 33; Coordinamento regionale di tutela dei
minori; ABIEMME; Centro promozione affidi familiari; Ass. "II Noce".
www.fondazionepromozionesociale.it