Prospettive assistenziali, n. 109, gennaio-marzo 1995

 

 

PONTIFICIO CONSIGLIO PASTORALE: GLI HANDICAPPATI NELLA SOCIETÀ

PIERO ROLLERO

 

 

Sono stati pubblicati gli atti della settima con­ferenza internazionale "Le persone disabili nella società" promossa dal pontificio Consiglio della pastorale per gli operatori sanitari (Città del Va­ticano, 19-20-21 novembre 1992) (1)

Si tratta di un numero elevato di contributi (74 in totale), assai vari tra loro per contenuti e per validità: 14 fungono da introduzione; 41 formano la parte centrale della Conferenza sotto il titolo "Le vostre membra sono il corpo di Cristo: le persone disabili nella società". Seguono due ta­vole rotonde: la prima con 12 interventi su "Aspetti scientifici, tecnologici, assistenziali e pastorali della cura e della riabilitazione"; la se­conda con 6, sotto il titolo "I disabili nel mondo: testimonianze".

Lo stesso titolo dato alla parte centrale degli atti "Le vostre membra sono il corpo di Cristo", come pure il titolo della rivista che raccoglie tali atti "Dolentium hominum", accentuano uno degli aspetti abbastanza prevalenti che ispirano molti dei contributi e, in parte, anche l'indirizzo gene­rale della Conferenza. Bene lo ha colto Salvato­re Nocera nel suo intervento (che pure ha per ti­tolo "Le persone handicappate membra vive del Cristo risorto", pp. 267-268). Egli osserva che «purtroppo si constata ancora che prevale un at­teggiamento paternalistico e consolatorio», men­tre ben diverso è il contributo del documento promulgato dalla Santa Sede nel 1981 (anno in­ternazionale della persona handicappata) sui di­ritti delle suddette persone.

Lo stesso Nocera, nel contesto, richiama al­cune diffuse realtà: «Molte scuole cattoliche ri­fiutano la frequenza ad alunni con handicap, invi­tando i genitori ad iscriverli negli istituti speciali nei quali, pur con le migliori prestazioni profes­sionali, i bambini ed i giovani perdono la ricchez­za degli scambi relazionali con compagni non handicappati e vengono posti in un circuito di emarginazione che li escluderà dall'inserimento sociale. Pochissimi sono gli imprenditori cristiani che si adoperano per l'attività lavorativa delle persone handicappate, nonostante che il Papa nell'Enciclica Laborem Exercens ne proclami il diritto al lavoro. Viene negata l'ammissione al sa­cramento dell'Eucarestia ai bambini handicappati mentali, perché, si dice, non sono in grado di in­tendere; pertanto non si fa nessuno sforzo nell'utilizzare i progressi delle scienze pedagogiche e didattiche per aiutarli con adeguate forme di catechesi».

Anche in interventi più recenti si protrae quel­lo che potremmo chiamare l'equivoco teorico e pratico, che, senza misconoscere gli aspetti spi­rituali del problema, dovrebbe, a nostro avviso, risolversi in un atteggiamento più chiaro a favo­re dei diritti degli handicappati e alla loro più ampia complessiva tutela.

Così, ad esempio, l'Avvenire del 10 dicembre 1994 (a pag. 9) riporta le seguenti frasi pronun­ciate dal Papa nell'udienza concessa al Movi­mento Apostolico Ciechi: «Quando in famiglia nasce un disabile o qualcuno dei componenti viene colpito da un grande handicap, un insieme di emozioni si scatena nel cuore di tutti: ango­scia, paura, vergogna, pudore, impotenza, dolo­re. Liberare l'uomo dal male, - ha detto ancora il Papa - dall'emarginazione causata dalle sue dif­ficoltà, richiede la capacità di essere con l'altro per condividere la sua condizione. Può essere fa­cile - ha aggiunto citando i Vescovi italiani - aiutare qualcuno senza accoglierlo pienamente. Accogliere il povero, il malato, lo straniero, il car­cerato, I'handicappato è infatti fargli spazio nel proprio tempo, nella propria casa, nelle proprie amicizie, nella propria città e nelle proprie leggi. Perciò - ha concluso rivolgendosi ai suoi ospiti - il mio augurio è che queste parole trovino nella vostra associazione, e in particolare nelle fami­glie, la disponibilità necessaria per un impegno così esigente».

Partendo dalla persona handicappata e dalla sua famiglia, che non può mai essere lasciata sola, parte della cultura spiritualistica passa fa­cilmente ad indicare il coinvolgimento della "co­munità cristiana" (in cui molte volte si includono indebitamente anche gli istituti religiosi); meno chiaro e non sempre esplicito è il passaggio verso il coinvolgimento dello Stato come garan­te dei diritti.

Negli atti della Conferenza, fortunosamente, troviamo invece in alcuni interventi un compiuto passaggio nel senso ora indicato. Lo stesso Pa­pa nel suo discorso alla Conferenza (pp. 7-10) afferma, fra l'altro: «La legislazione di molte na­zioni ha operato notevoli passi a tale riguardo, promuovendo con scelte attente e coraggiose la cultura dell'accoglienza e favorendo la progres­siva integrazione sociale di queste persone (...). Non basta, quindi, un'assistenza discrezionale affidata alla generosità di alcuni; è necessario che vi sia il coinvolgimento responsabile, a vari livelli, nei confronti dell'intera comunità (..). Un compito egualmente importante spetta poi allo Stato il quale misura il proprio livello di civiltà sul metro del rispetto con cui sa circondare i più deboli tra i componenti della società. Tale rispetto deve esprimersi nell'elaborare e nell'offrire strategie di prevenzione e di riabilitazione, nel ricercare e nell'attuare tutti i possibili percorsi di recupero e di crescita umana, nel promuovere l'integrazione comunitaria nel pieno rispetto della dignità della persona umana, favorendo nel disabile - come ho già avuto occasione di ricordare - la parteci­pazione alla vita della società in tutte le sue di­mensioni e a tutti i livelli accessibili alle sue capa­cità: famiglia, scuola, lavoro, comunità sociale, politica, religiosa».

Molto importante l'intervento di Luis W. Sulli­van, Segretario alla sanità e ai servizi sociali de­gli Stati Uniti, sul tema specifico "II ruolo dello Stato nella prevenzione dei fattori di rischio" (pp. 30-32), ove le indicazioni assumono un orizzon­te internazionale: «Ci sono ancora troppi luoghi in cui la violenza, la guerra e l'odio razziale crea­no terribili sofferenze umane e lasciano gli indivi­dui inutilmente menomati a vita. Così i Capi di Governo del mondo devono lavorare più intensa­mente per ottenere la pace, la mutua compren­sione ed il reciproco rispetto. Questo ci aiuterà ad evitare milioni di inutili menomazioni che du­rano tutta la vita. Ritengo poi che i Capi di Gover­no debbano dedicarsi in maniera più totale ai problemi dell'ambiente. Oggi, in alcune parti del mondo, i bambini hanno un tasso intellettuale basso semplicemente a causa dell'aria che re­spirano. Oltre un miliardo di persone vive in con­dizioni altamente non sanitarie che provocano malformazioni. E milioni non hanno acqua pota­bile da bere. Come terza cosa, dobbiamo assicu­rare agli uomini l'accesso alla migliore cura di prevenzione sanitaria possibile».

A conferma di queste gravi (ir)responsabilità a livello mondiale, bisogna segnalare due fra i più solidi e originali contributi contenuti negli atti:

- la ricerca internazionale "La malnutrizione e gli handicap nello sviluppo neurologico" (pp. 68­.75) a cura di due équipes, una dell'Accademia ecuadoriana delle neuroscienze, l'altra del La­boratorio di psicologia e psicopatologia di Be­thesda - Maryland (USA) e dell'Istituto delle ma­lattie parassitarie di Atlanta - Georgia (USA);

- il rapporto "Azione mondiale per la preven­zione dell'handicap" (pp. 91-92) a cura di J. Wil­son, fondatore dell'Associazione internazionale per la prevenzione della cecità, Brighton (Gran Bretagna).

I dati riferiti sono impressionanti; come le con­siderazioni e le conclusioni che ne derivano: «L'attuazione degli sforzi per alleviare la carestia nelle aree geografiche (...) sta dimostrando dei segni di "stanchezza cronica" nell'alleviare la de­nutrizione cronica nelle regioni del mondo in via di sviluppo (2). Qui milioni di persone vengono derubate della possibilità di condurre una vita decorosa. Poiché la malnutrizione dà vita ad un processo di deterioramento anatomico, fisiologi­co e biochimico che, se mantenuto attraverso le generazioni, conduce ad un circolo vizioso di di­minuita capacità intellettuale e di produttività la­vorativa diminuita. Il risultato è la formazione di comunità culturalmente isolate ed economica­mente marginali, in cui la degradazione biologica provoca la variabilità umana, che equivale all'an­tropofagia sociale e alla regressione vitale, con l'annientamento di interi gruppi etnici, ed in cui ogni speranza di miglioramento è, dunque, per­sa» (sic!) (p. 68). Fra i dati concreti della ricerca, si possono segnalare le seguenti considerazio­ni: «Ci permette di avanzare l'ipotesi che i ragaz­zi siano più vulnerabili delle ragazze alle conse­guenze della malnutrizione continua e all'infezio­ne endemica ( ..). La fascia di età dei bambini va­lutata in questo studio è cruciale, perché questi sono gli anni della formazione e c'è bisogno del­le capacità ottimali per avere successo nel pro­cesso di apprendimento a scuola. In questa zona, l'85% dei bambini si trova al di sotto del livello ot­timale di nutrizione e questo stato influisce in maniera negativa e continuerà ad influire sul loro progresso in tutte le aree di funzionamento» (pp. 73-74).

Di qui la conclusione politica: «Ora che il con­fronto Est-Ovest è stato risolto, l'umanità si trova di fronte ad una nuova sfida: la controversia Nord-Sud. Una distribuzione migliore del benes­sere mondiale basata su una profonda solidarie­tà tra tutte le nazioni assicurerà che le generazio­ni più recenti siano libere dalla malattia e capaci di perseguire la felicità. Sfortunatamente, questa generazione è una generazione perduta per mol­ti paesi del mondo. Uniamoci tutti per migliorare la prospettiva del futuro della razza umana » (p. 74).

 

 

 

(1) Gli atti sono pubblicati nella rivista dello stesso Con­siglio pontificio “Dolentium hominum" n. 22, 1993, 1, pp. 280.

(2) «Discutere della malnutrizione significa discutere della fame nel mondo che, secondo le stime dell'Organiz­zazione delle Nazioni unite per l'alimentazione e l'agricol­tura, interessa fino a 786.000.000 di persone in tutto il mondo, mentre la disponibilità di calorie medie giornaliere 8 diminuita da 2.900 a 2.290 negli ultimi trenta anni» (FAO, 1992).

 

 

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