ALMENO SETTE POSTI DI LAVORO
PER LE PERSONE HANDICAPPATE OGNI CENTO LAVORATORI ASSUNTI: SI DEVE, SI PUÒ - SPUNTI PER COSTRUIRE UNA PIATTAFORMA
OPERATIVA
GRUPPO NAZIONALE "HANDICAPPATI E SOCIETÀ"
Il gruppo nazionale "Handicappati e
società" propone alcuni spunti, che spera possano essere utili a quanti
(associazioni, operatori, sindacalisti...) continuano ad agire per la difesa
del posto di lavoro degli handicappati, anche in questo momento di grande crisi
(*).
La legge non va elusa, ma cambiata
La crisi del mercato del lavoro è oggi un facile
pretesto per aggirare la legge 482/1968, legge che tutela il collocamento al
lavoro degli handicappati e che prevede l'assunzione di handicappati (con
piena o ridotta capacità lavorativa) nella misura del 15% rispetto all'insieme
dei lavoratori in servizio.
È vero, nel nostro Paese ci sono aree con forti tassi
di disoccupazione. Vi sono però anche molte zone in cui il lavoro non manca.
Nell'uno e nell'altro caso i cittadini handicappati devono essere trattati al
pari degli altri.
Quindi, un tasso di disoccupazione non maggiore
degli altri, e opportunità almeno uguali quando si creano nuove occasioni di
lavoro.
La
legge 482/1968 va cambiata, certamente, ma, intanto, va rispettata.
Sette posti di lavoro ogni cento persone occupate è
una proposta concretamente realizzabile
Sette posti di lavoro che devono essere ripartiti
tra chi può raggiungere una piena capacità lavorativa (e ha quindi numerose
opportunità di scelta di posti di lavoro) e chi, avendo un'autonomia e una
capacità lavorativa più circoscritta (ridotta), ha meno occasioni di
inserimento, come ad esempio gli handicappati intellettivi, che possono essere
inseriti solo in posti di lavoro con mansioni particolarmente semplici.
Chiedere posti di lavoro è un dovere per il
Sindacato, per le Associazioni
I problemi economici ed esistenziali, conseguenti
allo stato di disoccupazione, riguardano gli handicappati in ugual misura che
gli altri lavoratori.
Dunque, bisogna agire e capovolgere la tendenza che vuole
rimandare a "tempi migliori" la soddisfazione del diritto al lavoro
degli handicappati, come se si trattasse di persone che possono
"rimandare" il problema, avendo altre soluzioni al momento.
Questo modo di ragionare appartiene al vecchio
concetto, che sottostima I'handicappato come persona e lo ritiene pertanto
privo di esigenze o con così poche richieste da poter accontentarsi di vivere
con la sola pensione di invalidità e cioè con la misera cifra di circa 327
mila lire al mese.
II Sindacato per primo deve perciò rivendicare il
posto di lavoro anche per queste persone.
Quando l'impresa assume (e non ha ancora assolto
all'obbligo della 482/1968), il delegato sindacale deve verificare chi,
all'interno del collocamento obbligatorio, può occupare quel posto avendone
le capacità.
II caso della FIAT che ha ricevuto ingenti risorse
statali per avviare lo stabilimento di Melfi, è il più esemplare. Perché il
Sindacato non ha contrattato posti di lavoro per gli handicappati tra le
migliaia di contratti di formazione lavoro avviati?
Anche
le Associazioni però non devono abbassare la guardia e rinunciare.
È questo il momento di rilanciare nei confronti degli
Enti locali la richiesta di politiche per l'occupazione di tutti, handicappati
compresi.
Ogni iniziativa, ogni legge di incentivazione deve
esplicitamente contenere precisi riferimenti per gli handicappati con piena e
con ridotta capacità lavorativa; tutte le azioni intraprese per creare nuova
occupazione devono prevedere una quota di assunzione di handicappati, in particolare
di chi ha una limitata autonomia (handicappati intellettivi e fisici gravi).
Alcuni esempi
Chiedere ai Comuni di deliberare l'assunzione presso
i propri uffici di persone con handicap fisici o intellettivi con limitata
autonomia, promuovendo le seguenti iniziative:
a) individuazione nella pianta organica di mansioni
idonee per handicappati con limitata autonomia, con particolare riguardo agli
handicappati intellettivi, per ottenere assunzioni mirate;
b) attivazione della convenzione con l'Ufficio
provinciale del lavoro in base a quanto stabilito dall'art. 42 del decreto
legislativo n. 29/1993 e successiva direttiva del Presidente del Consiglio dei
Ministri dell'1.12.1993 (1);
c) attivare analoga iniziativa presso le Aziende
municipalizzate e gli Enti - compresi quelli economici - nei quali il Comune
ha propri rappresentanti;
d) concordare con le aziende, gli enti e cooperative
che hanno regolari rapporti economici con il Comune di avviare "una
tantum" assunzioni di handicappati, anche se non sono soggetti
all'obbligo della 482/1968;
e) utilizzo dei finanziamenti CEE, statali e regionali
destinati all'avviamento al lavoro di cittadini appartenenti all'area del
disagio o disoccupati o in mobilità, anche per quote di handicappati;
f) avvio di quote di cittadini handicappati
nell'ambito dei cantieri di lavoro e nei lavori socialmente utili;
g) valutare ogni possibilità di affidare in appalto
alle cooperative sociali, secondo quanto previsto dalla legge 381/1991, lavori
che possono favorire l'assunzione di persone handicappate e che attualmente sono
destinate ad altre imprese.
Incentivi solo a chi assume handicappati con ridotta
capacità lavorativa
Le imprese chiedono - giustamente - persone che
siano adatte al posto di lavoro e, quindi, produttive.
È chiaro ormai per tutti che la minorazione non
sempre impedisce di esprimere anche una capacità lavorativa piena.
Da più di vent'anni le Associazioni degli handicappati
rivendicano il riconoscimento delle potenzialità che la persona handicappata è
in grado di esprimere se collocata in modo mirato nel posto di lavoro.
Distinguere tra chi può diventare un lavoratore come
gli altri, da chi ha maggiori difficoltà a trovare mansioni adatte alla sua
capacità lavorativa (per esempio un handicappato intellettivo) è importante
per orientare incentivi e sgravi fiscali statali.
Per esempio alle aziende che assumono handicappati
fisici e/o sensoriali che sono in grado di raggiungere una piena autonomia e
produttività si può riconoscere solo un contributo iniziale per eventuali
spese aggiuntive sostenute per l'adattamento delle barriere architettoniche, dotazioni
di particolari ausili...).
Per l'assunzione di handicappati con limitata
autonomia (ad esempio handicappati intellettivi, dializzati, epilettici...)
invece, la formula di un parziale sgravio fiscale (determinato tuttavia nel
tempo) è da prevedere anche nella nuova riforma della legge sul collocamento
obbligatorio.
Preparare il "nuovo" collocamento
La legge 482/1968 non impedisce di avviare, già oggi,
il collocamento mirato, fondato cioè sulla valutazione della capacità
lavorativa della persona handicappata e non sulla sua percentuale di
invalidità.
È sufficiente un accordo tra gli enti interessati e
cioè l'Ufficio di collocamento, il Comune, la Regione. Le Associazioni e le
Organizzazioni sindacali possono sollecitare l'avvio di una procedura
sperimentale che preveda:
- da parte
dell'Ente locale la costituzione di un servizio di inserimento lavorativo
presso il settore di competenza e cioè presso l'Assessorato al lavoro (e non
quello preposto all'assistenza). II servizio dovrebbe avere il compito di
predisporre i piani di inserimento lavorativo mirato, in collegamento con le
attività di formazione professionale e/o prelavorativa, attività che devono essere
assicurate dalla Regione (legge 875/1978);
- da parte
dell'Ufficio di collocamento la costituzione di una Commissione per la
valutazione della capacità lavorativa (piena, ridotta o nulla) degli aventi
diritto; la Commissione sarà composta da persone designate dal Ministero del
lavoro, dall'Ente locale, dai Sindacati, dalle Associazioni degli
imprenditori, dalle Associazioni degli handicappati. Inoltre dovrà essere
assicurato il collegamento tra le disponibilità dei posti di lavoro
individuati nelle aziende soggette all'obbligo e le capacità lavorative dei
soggetti handicappati, che liberamente scelgono di avvalersi di questa
modalità sperimentale di collocamento mirato.
La Commissione per la valutazione della compatibilità
"posto di lavoro - persona" avrà a disposizione una serie di dati
raccolti in un'unica cartella contenente:
- la dichiarazione di invalidità (gli aventi diritto
al collocamento obbligatorio sono i soggetti che hanno riconosciuta una percentuale
di invalidità superiore al 45%);
- la descrizione della professionalità e/o dei titoli
di studio o di qualifica professionali posseduti o delle esperienze acquisite
con tirocini prelavorativi (per esempio per gli handicappati intellettivi)
- il grado di autonomia che il soggetto esprime o può
raggiungere con adeguati sostegni (per esempio con l'eliminazione delle
barriere architettoniche e/o l'adattamento del posto di lavoro, la messa a
disposizione di ausili, l'accessibilità dei mezzi di trasporto...).
II ruolo importante della formazione professionale
Rimane centrale saper individuare le capacità di
lavoro potenziali di una persona handicappata e fornirgli una adeguata
preparazione.
Le Associazioni ed il Sindacato non possono
trascurare la necessità e l'importanza di assicurare corsi formativi adeguati
a tutti i livelli. II mantenimento dei corsi di formazione di primo livello in
numero sufficiente e l'avvio di corsi prelavorativi per gli handicappati
intellettivi, che non sono in grado di conseguire la qualifica, ma possono
essere preparati allo svolgimento di mansioni semplici, devono essere obiettivi
di precisa richiesta nei confronti della Regione, tenuta annualmente a
garantire a tutti gli utenti il bisogno di formazione necessario per competere
con le esigenze del mercato del lavoro.
In particolare, per quanto riguarda gli handicappati
intellettivi, il collegamento con la formazione professionale è
particolarmente importante, in quanto solo attraverso l'attuazione di programmi
di intervento fondati sulla acquisizione di strumenti e capacità lavorative
anche se in mansioni generiche, essi possono aspirare ad entrare nel mondo del
lavoro.
Note
1. La proposta di 7 posti di lavoro ogni cento
lavoratori corrisponde all'incirca al 50% dell'attuale percentualé d'obbligo
(15%) prevista dalla legge 582/1968 sul collocamento obbligatorio al lavoro
degli handicappati.
È ampiamente risaputo, però, come una consistente
quota di tale percentuale è in realtà riservata a persone che non sono
handicappate: orfani, profughi, vedove...
La proposta del 7% ci sembra realisticamente
praticabile e oggettivamente rispondente, in questo momento, alle esigenze di
occupazione degli handicappati in lista d'attesa oggi al collocamento.
2. Per un maggiore approfondimento si rimanda ai
precedenti documenti del Gruppo "Handicappati e società":
a)
Quali strategie per il lavoro (1991);
b)
Handicappati e società: proposte per la riforma del collocamento al lavoro
(1993);
c) Handicappati e società: documento preparatorio al
convegno "II posto di lavoro: un diritto, un dovere" (1993);
d)
Handicappati e società: 'Quali rimedi contro i falsi invalidi".
I documenti a), c) e d) sono pubblicati su Prospettive
assistenziali, n. 93, 100, 107; possono essere richiesti alla segreteria del
gruppo c/o Maria Grazia Breda, via Foligno 70, 10149 Torino.
(*) Sono disponibili per ulteriori informazioni:
- Battaglia Augusto, Comunità Capodarco, Roma, via Lungro
3, tel. 06-718.63.20
- Breda Maria Grazia, CSA, via Artisti 36, Torino, tel. 011812.44.69
- Cocanari Flavio, CISL, via Po 21, Roma, tel. 06847.32.66
- Contardi Anna, Associazione Persone Down, Viale delle
Milizie 106, Roma, tel. 06-325.17.49-70.02.35.
(1)
La
legge finanziaria per l'anno 1995 impedisce nuove assunzioni nell'ambito degli
Enti locali, compresi i soggetti del collocamento obbligatorio. Tuttavia,
nulla impedisce di avviare nel 1995 nuove esperienze di tirocinio prelavorativo
o di preparare la regolarizzazione di tirocinanti che, in base a quanto
previsto dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri
dell'1.12.1993 possono essere assunti nella pubblica amministrazione, dopo un
periodo di tirocinio di almeno due anni.
www.fondazionepromozionesociale.it