Prospettive assistenziali, n. 109, gennaio-marzo
1995
DELUDENTE
PROPOSTA DI LEGGE DEI SINDACATI SUL RIORDINO DELL'ASSISTENZA SOCIALE
II 27 ottobre 1994 i Sindacati dei pensionati
SPI-CGIL, FNP-CISL, UILP-UIL hanno consegnato al Senato la proposta di
iniziativa popolare (firme raccolte oltre 240 mila) "Legge di riordino
dell'assistenza sociale".
II testo, che riproduciamo integralmente, è assai
deludente e dimostra una gravissima arretratezza culturale in materia.
Da decenni è opinione comune di esperti e non addetti
ai lavori che per una effettiva integrazione sociale occorre che tutte le
persone e tutti i nuclei familiari, compresi quelli in difficoltà, possano
godere di un ambiente favorevole ad uno sviluppo equilibrato. È quindi
necessario intervenire prioritariamente (e spesso esclusivamente) nei settori
della sanità, della casa, della scuola, della formazione professionale, del
lavoro, delle pensioni e della cultura e in tutte le altre attività di rilievo
sociale.
È notorio, al riguardo, che la stragrande maggioranza
dei cittadini vive dalla nascita alla morte senza avere mai bisogno di
prestazioni di assistenza sociale. Infatti avere la necessità di essere
assistito significa non essere in grado di provvedere autonomamente a se stesso
e ai propri familiari. L'art. 38 della Costituzione è chiarissimo al riguardo
stabilendo correttamente che hanno diritto all'assistenza sociale e al
mantenimento esclusivamente i cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei
mezzi necessari per vivere (1).
Sotto il profilo culturale e operativo è quindi
allarmante che i Sindacati assegnino al settore assistenziale il compito di
assicurare "l'integrazione sociale" in attuazione degli articoli 2 e
3 della Costituzione.
Dunque all'assistenza viene assegnato - incredibile
ma vero - il compito di riconoscere e garantire «i diritti inviolabili
dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità» (art. 2 Cost.) e di «rimuovere
gli ostacoli d'ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà
e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese» (art. 3 Cost.).
Assolutamente inaccettabile è, altresì, la disposizione
dell'art. 2 della proposta dei Sindacati secondo cui hanno diritto di fruire
delle prestazioni di assistenza sociale tutti «i cittadini italiani e dei Paesi appartenenti all'Unione europea»
senza alcuna distinzione di carattere economico. Pertanto, sarebbe compito dell'assistenza
aiutare anche i benestanti.
Nessuna priorità è riconosciuta dall'iniziativa
sindacale alle prestazioni domiciliari per bambini, handicappati, anziani in
difficoltà.
Le indicazioni della proposta in oggetto sono
assolutamente generiche e non consentono ai cittadini in situazione di bisogno
di avere diritti esigibili, anche per prestazioni di estrema e assoluta
necessità. Ogni decisione è delegata alla predisposizione di piani, e nulla
viene previsto nei casi di inadempienza della loro approvazione e attuazione.
Inoltre la proposta non tiene assolutamente conto
delle esigenze e dei diritti dei minori, compresi i 50 mila ricoverati in
istituto. Dunque, non una parola sugli aiuti psico-sociali alle famiglie
d'origine, sull'affidamento familiare a scopo educativo, sull'adozione, sulle
prestazioni conseguenti alle attività della autorità giudiziaria, ecc. (2).
Per quanto riguarda le persone colpite da handicap
fisico, sensoriale, intellettivo, c'è solamente la previsione di un assegno di
inabilità (art. 16), mentre nessuna disposizione è prevista in merito ai
servizi di aiuto personale, ai centri diurni, alle comunità alloggio ed alle
altre prestazioni indispensabili per assicurare una adeguata qualità della
vita (3).
In merito agli anziani è proposta la corresponsione
di un assegno sociale a tutti i cittadini italiani e, chissà perché a quelli
della Comunità europea che abbiano compiuto i 65 anni, il cui ammontare annuo
è «pari al 50% del reddito nazionale
medio procapite speso nell'anno precedente» (cfr. art. 15). Da notare che
detto assegno dovrebbe essere erogato anche a coloro che posseggono beni anche
cospicui (immobili, azioni, obbligazioni, ecc.).
Rileviamo, infine, che l'art. 2 prevede che «può essere richiesta (...) alle persone tenute
al mantenimento e alla corresponsione degli alimenti il concorso al costo di
determinati servizi».
AI riguardo è deplorevole che i Sindacati dei
pensionati vogliano introdurre oneri a carico dei congiunti di handicappati, di
anziani e di altri soggetti adulti che necessitano di essere assistiti, oneri
che dopo anni di lotte ormai anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il
Ministro dell'interno e il Consiglio della Regione Lombardia hanno finalmente
riconosciuto che non possono essere imposti dagli enti pubblici (4).
(1) Ovviamente i servizi
assistenziali possono e devono partecipare alla rilevazione delle carenze di
settori sociali (sanità, casa, scuola, lavoro, ecc.) che provocano emarginazione
e disagio, e contribuire alla individuazione delle alternative (riabilitazione,
inserimento scolastico e lavorativo degli handicappati, ecc.).
(2) Non è nemmeno richiamata la legge
4 maggio 1983 n. 184 "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori".
(3) Nella proposta di legge non viene nemmeno nominata la
legge quadro sull'handicap.
(4) Cfr. l'editoriale del n. 108,
ottobre-dicembre 1994 di Prospettive
assistenziali: «È confermato: i parenti degli assistiti maggiorenni non
sono obbligati a versare contributi economici agli enti pubblici" e, nella
rubrica "Notizie" di questo numero, la mozione approvata dal
Consiglio della Regione Lombardia.
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