Prospettive assistenziali, n. 109, gennaio-marzo
1995
GLI
AFFIDAMENTI FAMILIARI A TORINO
In
data 25 maggio 1994 ha avuto luogo a Torino un seminario di studio sul
problema dell'affidamento familiare di minori a scopo educativo rivolto agli
operatori sociali del Comune di Torino e delle USL del capoluogo piemontese, ai
volontari dell'ANFAA (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie)
e alle famiglie affidatarie dei quartieri Aurora e Vanchiglia. Il seminario è
stato organizzato dall'Assessorato ai servizi sociali, sanità e diritti dei
cittadini e dalla Circoscrizione VII del Comune di Torino. La relazione introduttive
del seminario, che riproduciamo, è stata elaborata da un gruppo appositamente
costituito.
I riferimenti istituzionali
II Comune di Torino ha deliberato
nel 1976 in merito a "Affidamenti ed inserimenti attuati tramite volontari
e comunità alloggio comunali” (1). La delibera è ancora in vigore e prevede che
gli interventi nei confronti dei minori (come pure nei confronti degli altri
assistiti) devono avere le seguenti priorità:
a) messa a disposizione dei servizi primari (asilo nido, scuola
materna e dell'obbligo, casa, trasporti) in modo da eliminare o ridurre le cause
che provocano le richieste di assistenza;
b) assistenza domiciliare, non solo di aiuto domestico, ma anche
educativa per i minori specialmente per quelli handicappati. AI riguardo si
segnala che presso l'Assessorato all'istruzione funziona il servizio di
consulenza educativa domiciliare;
c) assistenza economica
da erogare in base a parametri prefissati (minimo vitale);
d) segnalazione dei minori in presunta situazione di abbandono e
adempimenti di servizio sociale per l'adozione dei minori, assicurando i
necessari collegamenti con il Tribunale per i minorenni e il Giudice tutelare;
e) affidamenti educativi di minori, affidamenti assistenziali di
interdetti, inserimenti di handicappati adulti, di anziani presso famiglie,
persone singole e nuclei parafamiliari;
f) istituzione di
comunità alloggio per minori, handicappati adulti e anziani.
La delibera definisce inoltre i criteri per la
pubblicizzazione e l'attuazione degli affidamenti.
A questa delibera, nel 1980 è seguita quella che ha definito
le modalità di realizzazione degli affidamenti a parenti.
Le particolari provvidenze fornite
agli affidatari che accolgono nella loro famiglia minori portatori di
handicap, invalidi al 100%, sono state deliberate nel 1985: nel provvedimento
è prevista anche la possibilità per gli affidatari di continuare a contare sul
rimborso spese del Comune anche nel caso che il bambino affidato, dichiarato
in stato di abbandono, venga adottato dagli stessi affidatari. Questo per
garantire le migliori condizioni perché il rapporto affettivo ed educativo
continui senza condizionamenti economici.
Grazie a queste delibere è stato, nel
tempo, possibile realizzare affidamenti di bambini con gravissimi handicap:
molti di noi ricordano la piccola M. nata senza braccia e senza gambe,
abbandonata alla nascita, che, dopo un appello pubblico del Sindaco, ha trovato
una famiglia che, a distanza di qualche anno, è diventata la sua famiglia
adottiva.
Si sono poi aggiunte nel 1986 la
delibera che ha definito il ruolo degli "affidamenti diurni" e quella
del 1990 che ha stabilito la possibilità di estendere l'affidamento o
l'inserimento in comunità e istituti per i ragazzi che, al compimento dei 18
anni, non possono rientrare nella loro famiglia d'origine.
II rimborso spese attualmente
corrisposto per gli affidamenti è di L. 640.000, quota che può essere
maggiorata fino al 60% in relazione alla gravità delle condizioni dei minori.
Gli affidamenti realizzati
Dal 1976 al 31.12.1993 il Comune di
Torino ha realizzato 2.732 affidamenti di cui 1.937 a terzi e 795 a parenti.
A un numero considerevole di bambini
e ragazzi sono state evitate le conseguenze negative della
istituzionalizzazione, particolarmente nella fascia di età dei bambini più
piccoli.
Positivo è stato il progetto,
avviato nel 1981 dal Comune di Torino, diretto alla deistituzionalizzazione
dei minori a partire da quelli di età compresa tra 0 e 6 anni, progetto che ha
tra l'altro portato a individuare ed attuare interventi di aiuto alle famiglie
di origine, affidamenti e inserimenti in comunità di pronta accoglienza.
Sono state sperimentate positive
modalità di pubblicizzazione dell'affidamento: due campagne sono state
realizzate gratuitamente per il Comune di Torino dallo Studio Testa.
Ruolo importante per l'approvazione
delle delibere e per la diffusione dell'affidamento hanno avuto i movimenti di
volontariato: I'ANFAA (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie),
il Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base ed altri operanti
a livello di quartiere quali quello dei Volontari per l'affidamento della
Circoscrizione Vanchiglia e quello per l'affidamento diurno del quartiere
Aurora, che hanno dato la loro adesione al seminario.
La ricerca del Comune di Torino
sugli affidamenti
Una riflessione sugli affidamenti
conclusi dal 1976 al 1985 è stata condotta dal Comune di Torino. Nel volume
"Gli affidamenti familiari a Torino. Catamnesi sull'esperienza di un decennio"
è pubblicata la ricerca sui 289 casi analizzati.
Non essendo possibile fornire a
tutti copia della ricerca, riportiamo alcuni dati sulle caratteristiche e
sulle conclusioni degli affidamenti.
Sui 289 casi di affidamento
analizzati, 154 sono stati realizzati d'intesa con la famiglia d'origine
(53,%), 132 a seguito di provvedimento dei Tribunale per i minorenni, di 3 non
si conosce il dato.
Rispetto alle conclusioni degli
affidamenti va rilevato che il 50,5% si è concluso con il rientro dei minori
nel nucleo di origine, il 30,5% dei bambini è riuscito «ad inserirsi in modo
stabile in una famiglia (di parenti o no), anche se diversa da quella
d'origine». Per il 19% del totale «non è stato possibile garantire al minore
una cura familiare (...): si tratta di quelle situazioni in cui l'affidamento è
terminato con un nuovo inserimento del soggetto in un istituto o in una comunità».
Gli affidatari nel 70% dei casi erano coniugi, sovente (oltre
il 60%) con uno o più figli.
Gli affidatari appartenevano al ceto
medio: impiegati (28,8%), operai (27,5%), artigiani (9,3%) e liberi
professionisti (5,1%).
Nel capitolo della suddetta ricerca
"Alcune considerazioni conclusive ed ipotesi di sviluppo" sono
affrontate problematiche ancora attuali.
Gli affidamenti familiari a Torino
La situazione attuale
Per poter fornire una fotografia
degli affidamenti a Torino si è deciso, non potendolo fare su tutti quelli in
corso, di esaminare:
a) gli affidamenti residenziali (esclusi quelli "a rischio giuridico
di adozione") e diurni avviati
nel 1993;
b) le segnalazioni di minori per i quali è stato disposto ma non
ancora realizzato l'affidamento. Per gli affidamenti a parenti il gruppo si è avvalso
del lavoro di ricerca, svolto da una tirocinante assistente sociale per la sua
tesi, riguardante gli affidamenti avviati e conclusi nel 1992 dal Comune di
Torino. La valutazione fatta dal gruppo di lavoro è che la tipologia degli
affidamenti a parenti è sufficientemente aggiornata per consentire alcune
considerazioni in merito.
L'analisi qualitativa dell'andamento
degli affidamenti a Torino è stata integrata e approfondita con le
organizzazioni di famiglie affidatarie che fanno parte del gruppo di lavoro che
ha preparato questo seminario. Esse hanno dato voce alle esperienze dirette di
quanti hanno scelto di condividere una parte della loro vita con questi bambini
e ragazzi.
Gli affidamenti familiari avviati
nel 1993: affidamenti diurni e residenziali
Il gruppo di lavoro ha potuto
contare sulla fattiva collaborazione degli assistenti sociali che hanno
attivato nel corso del 1993 degli affidamenti diurni o residenziali; essi
hanno ricostruito la storia personale e familiare dei minori affidati
compilando - per ognuno di loro - un questionario. Non sono stati considerati
gli affidamenti «a rischio giuridico di adozione» (2) che, per le loro
specifiche caratteristiche, non rientrano in questa casistica.
I dati forniti hanno consentito di
conoscere (e far conoscere), più da vicino, la realtà degli affidamenti a
Torino.
II gruppo di lavoro coglie questa
occasione per ringraziare gli assistenti sociali dei servizi
socio-assistenziali e gli operatori dell'ufficio minori dell'Assessorato per
il loro prezioso contributo.
Risultati
della ricerca - Sono
stati inviati 129 questionari e ne sono stati restituiti 102, equivalenti al 79%
del totale. II campione è significativo e le mancate restituzione sono da
imputare alla fase di riassetto del personale che i servizi socio-assistenziali
stanno attraversando.
Per quanto riguarda l'età dei minori i dati sono i seguenti:
Età |
Affidamenti diurni |
Affidamenti residenziali |
0-10 11-18 |
28 34 |
21 19 |
Totali |
62 |
40 |
La distribuzione per Circoscrizioni dei 102 questionari
pervenuti è la seguente:
1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
6 |
7 |
8 |
9 |
10 |
Ufficio Stranieri |
3 |
6 |
19 |
3 |
5 |
15 |
29 |
3 |
5 |
13 |
1 |
Gli
affidati. II gruppo
dei questionari presi in esame riguarda 102 minori di cui 63 maschi e 39
femmine: 49 minori appartengono alla fascia di età 0-10 anni e 53 alla fascia
11-18. Si precisa ulteriormente: dei 49 della fascia dei più piccoli, 10 sono
compresi tra 0-5 anni e 39 tra 6-10 anni; dei 53 della fascia dei più grandi,
28 sono compresi tra 11-14 anni e 25 tra 15-18 anni. II 24,5% del totale (25
minori) sono portatori di handicap o presentano preoccupanti problematiche
psicologiche e relazionali, con deprivazioni psico-affettive marcate; 1
adolescente è tossicodipendente.
La
famiglia d'origine. È
di sicuro interesse il dato dei 60 minori con un solo genitore presente nel
nucleo familiare al momento dell'affidamento (vedovanza, separazione, ecc.); 2
bambini sono orfani di entrambi i genitori e portatori d'handicap. La
percentuale di minori con un solo genitore è superiore al 60%. Tenuto conto
che i dati catamnestici (di cui alla citata ricerca svolta dal Comune di
Torino) relativi agli affidamenti conclusi dal 1976 al 1985 segnalavano una percentuale
del 32,5%: è evidente il netto peggioramento delle situazioni. Dai questionari
ricevuti risulta inoltre che nel 23,5% dei casi, al momento dell'affidamento,
una parte o tutti i fratelli e sorelle del minore risultavano allontanati
dalla famiglia. Riscontriamo poi un non indifferente numero di genitori o
parenti del nucleo d'origine che presentano gravi problematiche personali (etilismo,
tossicodipendenza, malattia psichiatrica, grave inadeguatezza educativa e
violenze sui figli). Nel 74% delle situazioni familiari esaminate, prima
dell'affidamento, sono stati attivati dai servizi socio-assistenziali altri
interventi (contributi economici, assistenza educativa, ecc.).
Gli
affidamenti. Gli
affidamenti realizzati si suddividono in 62 diurni e 40 residenziali (4 diurni
sono definiti "in passaggio" verso il residenziale). Quelli diurni
costituiscono quindi il 60,7% del totale esaminato e sono stati realizzati da
pochi servizi della città. È importante rimarcare che in 20 casi appartenenti
al gruppo degli affidamenti diurni ritroviamo un provvedimento del Tribunale
per i minorenni. Su 40 affidamenti residenziali, 33 sono stati disposti a
seguito di un provvedimento del Tribunale per i minorenni; 3 sono stati decisi
dopo la chiusura del procedimento di adottabilità e altri 3 dopo la sospensione
del procedimento di adottabilità. II fenomeno dell'affidamento dei minori
stranieri è ancora limitato (5 extracomunitari e 5 nati da matrimoni misti)
anche se sappiamo che il problema in alcuni quartieri è sicuramente non
trascurabile. Prima dell'affidamento più del 30% dei minori è stato allontanato
dal proprio nucleo familiare: nell'80% circa degli allontanamenti si è ricorso
a strutture residenziali (comunità o istituto).
Coinvolgimento
di altri servizi.
In 77 casi, pari al 75,4%, è coinvolto nella gestione dell'affidamento un
servizio della USL (SPZ - Servizio psichiatrico di zona, SERT - Servizio
tossicodipendente, NPI - Neuropsichiatria infantile). È evidente che i
servizi di psichiatria e per i tossicodipendenti hanno rapporti in prevalenza
con i genitori e la neuropsichiatria infantile con i minori. Facciamo rilevare
che nel 56% delle situazioni interviene la Neuropsichiatria infantile. Per la
pesante destrutturazione della personalità dei bambini si è fatto ricorso a
psicoterapie anche esterne al servizio pubblico.
Gli
affidatari. Per
quanto attiene alla composizione del nucleo affidatario, occorre sottolineare
che il 44% è rappresentato da coniugi con figli e il 14% da coniugi senza
figli. Nei restanti casi si tratta di persone singole, e in un caso di una casa-famiglia.
Per la maggior parte degli affidamenti a singoli, si tratta di affidamenti
diurni.
Chiusura
degli affidamenti. È
da notare che in 11 casi la chiusura dell'affidamento sfocia nell'inserimento
in una struttura residenziale; 6 situazioni sono in fase di
valutazione-definizione.
Presa
in carico. Per
quanto concerne la presa in carico è interessante rilevare che quasi il 47% dei
casi ha una cartella aperta presso il servizio socio-assistenziale da almeno 6
anni.
Le segnalazioni di minori per i
quali è stato disposto ma non ancora realizzato l'affidamento
Le segnalazioni pervenute
all'Ufficio affidamenti familiari del Comune di Torino e prese in esame dal
gruppo di lavoro sono 57: 20, residuali relative al 1993 e 37 pervenute entro
il 30 aprile 1994. Per alcuni di questi minori si sta attivando l'affidamento,
che non è ancora formalizzato.
Dei 57 minori segnalati, 16 hanno
un'età compresa fra 0-5 anni, 18 fra 6-10 anni, 19 fra 11-14 anni e 4 hanno
dai 15-18 anni.
Dei 57 minori, 32 risultano già
allontanati dal nucleo d'origine e inseriti in strutture residenziali (comunità
e istituti); 15 vivono ancora in famiglia, 7 presso parenti, 2 sono ricoverati
in ospedale e 1 è in affidamento familiare.
Di questi minori 42 hanno fratelli e sorelle, 15 sono figli
unici.
Nei confronti di 43 minori è
intervenuto il Tribunale per ì minorenni disponendo l'allontanamento dalla
loro famiglia.
Le situazioni familiari dei minori
sono le seguenti: 4 sono minori privi di genitori, 8 hanno un solo genitore,
19 hanno entrambi i genitori e 26 hanno genitori che vivono separati.
Dei nuclei di origine 13 hanno
problemi di tossicodipendenza: in 8 casi sono coinvolti entrambi i genitori,
in 3 la madre e in 2 il padre.
Hanno problemi psichiatrici
(depressioni gravi, schizofrenia, psicosi, ecc.) 13 nuclei: in 8 casi il
padre, in 5 la madre.
In 6 nuclei sono presenti problemi di etilismo: in 4 casi il
padre, in 2 la madre.
Ben 22 nuclei familiari presentano
grave inadeguatezza educativa (in 7 casi si tratta di entrambi i genitori).
Hanno subìto ripetuti maltrattamenti e violenze 3 minori.
Rispetto alla prognosi delle situazioni familiari i servizi
socio-assistenziali segnalano che:
- per 41 casi si tratta di
affidamenti familiari a lungo termine per i quali non si prevede un rientro
dei minori nella famiglia d'origine;
- per 11 casi la recuperabilità dei
genitori è da verificare nel corso dell'affidamento la cui durata è prevista di
almeno 2-3 anni;
- per 5 casi si tratta di affidamenti a breve termine.
Gli affidamenti residenziali a
Torino
Nelle priorità di intervento
definite dalla delibera istitutiva del servizio e confermate dalla legge '4
maggio 1983 n. 184 "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei
minori" si precisa anzitutto che devono essere fornite alla famiglia di
origine gli aiuti necessari per favorire la permanenza del bambino nel suo
nucleo.
II gruppo di lavoro condivide questa
scelta e sottolinea la necessità che debbano essere privilegiati e
intensificati da parte delle istituzioni preposte tutti gli interventi nei
settori primari (casa, scuola, lavoro, ecc.) e nel settore socioassistenziale
(contributi economici e assistenza domiciliare, educativa territoriale, ecc.).
Se si confrontano i dati sugli
affidamenti residenziali con quelli in corso e quelli avviati negli ultimi tre
anni con quelli della ricerca catamnestica precedentemente citata, constatiamo
una rilevante diminuzione degli affidamenti consensuali ed il conseguente
aumento di quelli giudiziari.
Dall'esame degli affidamenti avviati e dal confronto con gli
operatori è emerso che:
a) molti minori vengono affidati in
età preadolescenziale o adolescenziale e sovente risultano seguiti da diversi
anni dagli operatori del servizio socio-assistenziale ed anche dai servizi di
neuropsichiatria infantile. Prima dell'affidamento sono stati disposti diversi
interventi (aiuti al nucleo familiare, inserimenti in comunità, affidamenti a
parenti, educativa territoriale, ecc.);
b) le situazioni delle famiglie dei
minori sono caratterizzate da inadeguatezza grave di uno 0 entrambi i genitori,
per cui non si intravvedono per molti minori reali possibilità di rientro nella
famiglia di origine, nemmeno al compimento del diciottesimo anno di età;
c) per alcuni minori l'affidamento è
stato disposto dal Tribunale per i minorenni a seguito della revoca o
sospensione dello stato di adottabilità;
d) gli interventi degli operatori
dei servizi socio-assistenziali nei confronti del nucleo familiare di origine
del minore durante l'affidamento sono riassumibili in colloqui e, più
raramente, in visite domiciliari;
e) lo stesso nucleo è seguito
sovente da operatori di altri servizi (SPZ, SERT, NPI), ma gli interventi non
sono sempre coordinati. Emergono anche valutazioni differenti sulle possibilità
di sostegno e di recupero dei genitori dei minori affidati.
Riflessioni e proposte - Le finalità
dell'affidamento familiare
Dall'esame dei questionari e dai
lavori del gruppo che ha preparato il seminario e questa relazione sono emersi
numerosi spunti di riflessione, problemi e proposte. Non essendo stato
possibile affrontarli tutti, indichiamo quelli ritenuti più importanti.
1. II gruppo di lavoro ritiene che
scopo dell'affidamento non sia mettere a confronto e, tanto meno in conflitto
due famiglie, ma creare intorno al bambino una rete di rapporti affettivi
significativi con adulti validi che siano di supporto, in una situazione
critica, al bambino stesso e alla sua famiglia.
2. Si concorda sulla necessità che
tutti i protagonisti dell'affidamento (famiglie d'origine e affidatari,
operatori e magistrati minorili) si impegnino per favorire, appena possibile e quando possibile il
rientro dei bambini e dei ragazzi nelle loro famiglie.
3. Riflettendo sulla situazione
attuale degli affidamenti a Torino si ritiene che debbano essere riconsiderate
le positive opportunità offerte d'intesa
con la famiglia d'origine. Come è stato recentemente rilevato dal
Coordinamento per la difesa e la piena attuazione della legge n. 184/ 1983
«quando la famiglia in cui il bambino è vissuto fino a quel momento condivide
o addirittura sceglie di sua iniziativa l'affido familiare come soluzione
positiva alle sue necessità, troviamo le condizioni ideali perché il passaggio
da una famiglia all'altra avvenga in un clima affettivo rassicurante tale da
non minacciare l'equilibrio della vita emotiva del bambino. La famiglia
affidataria può essere così vissuta dal bambino come una estensione della
famiglia cui appartiene, anziché una perdita di tutto ciò che lo fa essere
quello che è. L'attitudine collaborante degli affidanti facilita enormemente
la preparazione del bambino alla separazione dalla sua famiglia e, decolpevolizzando
gli affidatari, semplifica loro il problema del rapporto da instaurare con il
bambino».
4. Anche se gli operatori si trovano
spesso di fronte a famiglie che si oppongono più o meno apertamente all'idea
che un'altra famiglia si occupi dei loro figli, tuttavia, come rileva ancora
il Coordinamento, «gli incalcolabili vantaggi che derivano al bambino in affido
dalla collaborazione della sua famiglia di origine ci impongono di dedicare il
massimo del tempo, delle energie e della competenza al lavoro di preparazione
della famiglia di origine, partendo dall'idea che è legittimo che dei
familiari, e soprattutto le madri, che sono interessati ed affezionati ai
propri figli soffrano all'idea che altri se ne occupino per un tempo più o meno
lungo. L'obiettivo di questo lavoro di preparazione può essere anche soltanto
quello di ridurre al minimo interventi di sabotaggio dell'affido, quando non
fosse realistico pensare di ottenere una piena collaborazione».
5. Pertanto - come è indicato anche
nella ricerca catamnestica citata - occorre evitare che gli operatori,
consapevoli degli aspetti traumatici che un allontanamento dal contesto
familiare può rappresentare per il bambino e, più in genere, per gli equilibri
della sua famiglia, tendano «a rimandare nel tempo la presa di decisioni, attivando
una pluralità di interventi spesso inefficaci (...); le cause di questo
comportamento vanno ricercate in una serie di fattori che sembrano dovuti ad
una intrinseca difficoltà ad assumere una decisione chiaramente traumatica.
Tale decisione è resa più complessa da un insufficiente supporto di strumenti
tecnici e dalla situazione di isolamento in cui spesso lavorano gli operatori».
È quindi necessario che i servizi approfondiscano tempestivamente la
conoscenza dei problemi del bambino e le dinamiche del nucleo familiare per
arrivare a formulare una diagnosi ed una prognosi delle situazioni.
6. È risaputo che le situazioni
familiari sono sempre dinamiche; quando si intende intervenire per sollevare
un minore dallo stato di difficoltà in cui versa è necessario non solo
conoscere la situazione, sua e della famiglia, al momento, ma anche valutare
quali siano le prospettive a medio e lungo termine e, quindi, in base a queste
previsioni, predisporre un programma di interventi modulati.
È quindi importante che venga
elaborato dagli operatori, per ogni affidamento, un progetto individualizzato,
che deve essere scritto e conosciuto da tutti i protagonisti. Questo progetto
dovrebbe contenere (lo suggerisce lo stesso art. 4 della legge n. 184/1983):
- un'analisi della situazione familiare e personale del
bambino;
- le modalità, i tempi di attuazione e la prevedibile durata
dell'affidamento;
- gli interventi nei confronti della
famiglia di origine, degli affidatari e del bambino, quando necessario;
- il tipo e la frequenza dei
rapporti fra le due famiglie;
- i momenti di verifica periodica dell'andamento
dell'affidamento.
7. Le esperienze dimostrano una crescente
disponibilità di famiglie - con figli biologici o adottivi - e di persone
singole verso l'affidamento familiare. Si tratta di disponibilità che devono
però essere sollecitate ed incoraggiate (è questo il ruolo della
"promozione" dell'affidamento).
Ci sono potenzialità notevoli
confermate anche dagli affidamenti avviati dal Comune di Torino: sono stati
inseriti anche bambini sieropositivi o malati di AIDS, portatori d'handicap e
adolescenti.
II gruppo di lavoro ritiene
necessaria, anche in considerazione di quanto è emerso dai questionari,
un'accurata selezione e preparazione degli affidatari e un adeguato supporto
alla famiglia di origine del minore, in particolare per ottenere la sua
disponibilità all'affidamento consensuale e, in ogni caso, la sua
collaborazione per la riusci-ta dell'affidamento, comunque disposto.
8. Come rileva il gruppo Volontari
per l'affidamento di Vanchiglia «le famiglie dal momento in cui dichiarano la
loro disponibilità non possono essere abbandonate a loro stesse, ma devono fare
un preciso percorso di gruppo che
preveda l'informazione e la formazione sulle problematiche dell'affidamento
anche attraverso la partecipazione di famiglie affidatarie con affidamenti in
corso, in modo che vi possa essere un'eventuale autoselezione delle famiglie:
in questo modo si riduce il rischio che il minore, già così provato, debba
sperimentare altri rifiuti e/o abbandoni».
9. È stato sottolineato nel corso
dei lavori del gruppo che gli affidatari devono saper accettare il bambino non
solo "di testa", ma anche con il "cuore"; devono essere
aiutate a capire che il bambino affidato, che si presenta diverso dai figli
nati e cresciuti in casa, proviene da un ambiente familiare che bisogna
conoscere e comprendere. Attraverso l'affidamento si viene in contatto con
persone che hanno avuto spesso poco dalla vita e che sono in grado di dare poco
ai loro figli.
I genitori d'origine non vanno
giudicati o colpevolizzati (ma neppure idealizzati): i bambini in, affidamento
non devono percepire che i loro genitori - cui sono affezionati - sono
svalutati dalla famiglia in cui vivono: si sentirebbero scarsamente
considerati anche loro, costretti a scegliere tra due famiglie ugualmente
importanti per loro.
Di questa realtà bisogna tener conto
nel rapporto con il bambino senza pretendere, ad esempio, da lui cambiamenti
rapidi e continui. «Bisogna saper entrare in punta di piedi nella vita di
questi ragazzi» ha precisato una mamma affidataria.
Può succedere che il bambino
all'inizio dell'affidamento si senta estraneo, assuma atteggiamenti
difficilmente comprensibili per chi gli è vicino; il bambino può rispondere
poco ai gesti affettuosi degli affidatari, che possono sopportare male queste
reazioni.
Bisogna saper capire che per il
bambino che entra nella famiglia affidataria il problema non è tanto quello di
«avere due famiglie», ma quello di aver paura di non averne più nessuna:
infatti egli può temere di aver perso i suoi riferimenti familiari, che, anche
se insufficienti, sono per lui importanti e, nello stesso tempo, non può ancora
contare sull'affetto degli affidatari per lui.
I bambini arrivano a mettere alla
prova la reale disponibilità degli affidatari e degli altri componenti del
nucleo.
Gli operatori - specialmente nella
fase iniziale - dovrebbero sostenere particolarmente gli affidatari e la
famiglia di origine. Decisamente importante è anche la possibilità per le
famiglie affidatarie di incontrarsi in gruppo, insieme con gli operatori, per
capire che le cose che accadono sono comuni anche ad altri, per aiutarsi a
tirar fuori le energie nascoste spesso inutilizzate, per capire i conflitti che
la nuova situazione crea a loro, al bambino e alla sua famiglia di origine, per
arrivare poi gradualmente a saper gestire positivamente le situazioni che
giorno dopo giorno si presentano.
10. Partendo dall'esigenza di
crescita dei bambini, il gruppo richiama l'attenzione sulla fattibilità degli
affidamenti di bambini anche piccolissimi, evitando loro le conseguenze
negative del ricovero in istituto o in comunità. AI riguardo, si ritiene che
non ci siano soluzioni affettivamente neutre per i bambini: anche in istituto
e in comunità essi soffrono a causa delle carenze affettive ed i rapporti con
gli adulti che si occupano di loro sono inadeguati rispetto alle loro
esigenze, indipendentemente dalla disponibilità e dalla professionalità degli
operatori delle strutture in oggetto. Con questo non si vuole certo negare la
validità di piccole comunità per il "pronto intervento", necessarie
nei casi di allontanamenti urgenti di minori. Sulla base di alcune esperienze
si potrebbero ipotizzare per la "pronta" accoglienza di bambini
neonati o piccoli sia case-famiglia, che si distinguono dalle
comunità-alloggio per la scelta di convivenza di due o più persone con i
bambini ospitati,, sia nuclei familiari o persone singole.
11. Le esperienze evidenziano, come
già accennato, le possibilità di inserimento familiare per bambini con
handicap o malati che, come è facilmente intuibile, presuppongono non solo la
disponibilità di famiglie particolarmente capaci e solide, ma anche una
notevole preparazione e un adeguato sostegno da parte dei servizi.
12. La durata dell'affidamento
condiziona certamente l'intensità dei rapporti affettivi tra gli affidatari e
l'affidato: gli affìdatari per primi devono preparare loro stessi ed il bambino
al distacco che non sarà traumatico se si saranno mantenuti rapporti di
collaborazione con la famiglia di origine. Spesso avviene che questi rapporti
continuino anche dopo la conclusione dell'affidamento.
II gruppo ritiene che il rientro
dovrebbe essere deciso dopo aver valutato le capacità della famiglia d'origine
a proseguire nel suo compito educativo, concordando con le due famiglie i
tempi e i modi del rientro stesso.
Come è emerso anche
dall'approfondimento sugli affidamenti avviati nel 1993, vi sono anche diversi
casi in cui i genitori (più sovente il genitore) per la gravità della loro
situazione personale, non sono in grado da soli di occuparsi adeguatamente del
figlio anche se i legami affettivi sono positivi. In questi casi gli
affidamenti possono durare anche anni fino alla maggiore età: la loro finalità
è quella di valorizzare, di "ottimizzare" il rapporto del minore con
il suo nucleo d'origine. Come dimostrano le esperienze avviate è possibile per
un bambino crescere con due famiglie.
L'affidamento presuppone un vero e
profondo coinvolgimento: non si può dire a dei genitori affidatari di
mantenere un "distacco affettivo", anche se questo coinvolgimento
non può far dimenticare agli affidatari la famiglia d'origine del bambino. Non
si può cadere nella tentazione - a volte giustificata dalle stesse richieste
del bambino - di assumere il ruolo di mamma e papà a tutti gli effetti:
bisogna imparare a coesistere nella realtà e nel cuore del bambino.
Su come debbano essere gestiti gli
affidamenti a lungo termine, anche fino alla maggiore età, si è discusso molto
nel gruppo: al riguardo si segnalano anche le riflessioni del gruppo di
Vanchiglia e degli operatori del servizio di NPI di Lucento.
13. II gruppo concorda sul fatto che
sono estremamente difficili da gestire gli affidamenti di minori che con i loro
familiari hanno legami patologici, distruttivi per il bambino e che nel suo
interesse andrebbero invece interrotti. Si tratta in questi casi di situazioni
di abbandono non riconosciute dalle autorità competenti e quindi di adozioni
mancate. Come può essere gestito, ci si è chiesti nel gruppo, un affidamento se
non c'è e non ci sarà niente di positivo nel rapporto del minore con la sua
famiglia di origine? Come si può preservare il bambino o il ragazzo dalle
interferenze distruttive della famiglia di origine?
14. II gruppo si è anche interrogato
su come si possa continuare a seguire l'affidato anche dopo il compimento del
diciottesimo anno di età, quando non è possibile il rientro nella sua famiglia
d'origine e l'autonomo inserimento sociale.
La delibera del Comune di Torino del
1990 (3) fornisce in merito alcune indicazioni che dovrebbero essere
approfondite nel corso del seminario.
Gli affidamenti diurni
La delibera istitutiva prevede che l'affidamento diurno sia
rivolto a:
a) minori che necessitano di essere
seguiti in attività educativo-scolastiche e di sviluppo dell'inserimento
sociale che la famiglia d'origine non è in grado di garantire;
b) situazioni in cui occorre dare
appoggio e sostegno anche alla famiglia d'origine oltre che al minore (gli
affidatari in questo caso si fanno promotori affinché la famiglia sia in grado
di crearsi capacità e una rete di risorse che consentano in futuro la sua
autonomia);
c) minori in fase preadolescenziale
e/o adolescenziale che rifiutano l'affidamento familiare residenziale e che si
trovano in situazione a rischio di abbandono e di emarginazione.
Le finalità dell'affidamento diurno
Dall'esame dei questionari relativi
agli affidamenti diurni e dal dibattito all'interno del gruppo di lavoro
emerge in particolare che:
1. gli affidamenti sono stati avviati solo da pochi servizi
socio-assistenziali;
2. molti affidamenti diurni
rispondono alle finalità indicate nella delibera sopra citata e gli affidatari
(sovente è però una persona sola) rappresentano un riferimento significativo
non solo per i bambini e i ragazzi seguiti ma anche per le loro famiglie di
origine. Significative testimonianze sono riportate nel documento del gruppo
per l'affidamento diurno del quartiere Aurora;
3. alcuni affidamenti diurni sono
stati disposti dai servizi socio-assistenziali anche per situazioni non comprese
nella richiamata delibera. Infatti si rivolgono ai minori con situazioni
personali e familiari complesse (grave inadeguatezza del nucleo, malattia
mentale di uno o di entrambi i genitori, tossicodipendenza, ecc.). Ci si chiede
al riguardo se poche ore di affidamento siano sufficienti per far fronte a
queste situazioni;
4. diversi minori sono portatori
d'handicap intellettivo, con ridotte o nulle possibilità di inserimento
sociale autonomo anche in età adulta ed i loro familiari non sono in grado di
provvedere adeguatamente alle loro necessità. Si tratta di casi che richiedono
un costante lavoro di sostegno nei confronti dei minori, degli affidatari e
della stessa famiglia d'origine da parte degli operatori del settore
assistenziale (assistenti sociali, educatori, ecc.) e del servizio sanitario;
5. dai questionari è emerso che sono
stati disposti degli affidamenti diurni allo scopo di acquisire gradualmente
il consenso della famiglia di origine per l'affidamento residenziale, consenso
che è più facilmente ottenibile grazie alla conoscenza reciproca dei genitori
d'origine, degli affidatari e degli operatori.
Affidamenti a parenti
L'affidamento di minori a parenti è
regolamentato dalla delibera comunale del 1980, la quale stabilisce che «la
famiglia del parente affidatario deve esser aiutata economicamente, se il suo
reddito sia inferiore al minimo vitale, quando l'affidamento del minore sia
avvenuto per motivi di carattere educativo e a tutela del minore stesso e cioè
per i seguenti casi:
«1. gravi carenze educative dei
genitori con conseguente intervento dei servizi socio-sanitari e/o del
Tribunale per i minorenni ai sensi degli artt. 330 e 333 del Codice civile;
«2. ricovero in ospedale per un lungo periodo dei genitori o
del genitore superstite;
«3. morte dei due genitori o del genitore
superstite».
La delibera prevede inoltre, oltre
al contributo economico, la copertura assicurativa, in analogia a quanto
stabilito per gli altri affidamenti. Precisa inoltre che «i criteri di idoneità
di parenti disponibili all'affidamento ed ogni altra procedura relativa alla
condizione dell'affidamento sono quelli definiti dalla deliberazione istitutiva
dell'affidamento familiare».
Erano in corso all'11.5.1994: 234
affidamenti a parenti di cui 187 disposti dal Tribunale per i minorenni e 47 realizzati
dai servizi socio-assistenziali.
II gruppo di lavoro non ha potuto
approfondire molto la problematica degli affidamenti a parenti; comunque
condivide alcune considerazioni conclusive contenute nella tesi curata
dall'assistente sociale che ha svolto un ampio lavoro di ricerca sugli
affidamenti a parenti nel territorio torinese:
a) l'affidamento familiare a parenti
è stato utilizzato in casi in cui il minore vive in una situazione di grave
disagio, derivante dal disinteresse dei genitori nei suoi confronti;
b) analizzando i nuclei di origine,
le famiglie protagoniste di un affidamento a parenti sono definibili come
multiproblematiche, in cui cioè più componenti presentano contemporaneamente
un disagio di tipo psicosociale. Sono i problemi personali dei genitori, legati
in particolare a tossicodipendenza, a malattie psichiatriche e a reati
penali, a far sì che il minore si trovi in una situazione tale per cui, senza
l'intervento dei parenti, risulterebbe privo di attenzioni adeguate alle sue necessità;
c) il Tribunale per i minorenni o i
servizi si occupano di minori che vivono con i parenti solo quando le
situazioni peggiorano, non sono più gestibili solo a livello familiare e
diventa necessario un intervento esterno per tutelare il minore;
d) i servizi socio-assistenziali si
trovano di fronte, a volte, ad affidamenti disposti dalla magistratura nei
confronti di parenti che non sempre ritengono idonei, né l'affidamento a
parenti è sempre da loro valutato la soluzione migliore per il disagio del
minore;
e) l'utilizzo dell'affidamento a
parenti non è riconducibile a situazioni di temporanea difficoltà; ci si
trova, invece, di fronte a situazioni problematiche in cui le condizioni dei
genitori sono tali da non poter ipotizzare un futuro rientro del minore.
(1) (N.d.r.) La delibera è riportata
integralmente su Prospettive
assistenziali, n. 35, luglio-settembre 1976.
(2) (N.d.r.) In base
ad un accordo intervenuto fra il Tribunale per i minorenni di Torino e gli Enti
locali del Piemonte « i bambini, per i quali 8 già stata aperta la procedura di
adottabilità, sono affidati dal Tribunale a famiglie scelte fra quelle che
hanno presentato domanda di adozione e che diventeranno le famiglie adottive se
I'adottabilità sarà definitiva. Chiaramente questi inserimenti in famiglie,
scelte fra quelle in lista di attesa di adozione, che potrebbero diventare le
famiglie adottive dei bambini, presuppongono la disponibilità e la capacità
degli affidatari a stabilire un rapporto affettivo con il bambino avendo
presente la precarietà del rapporto » (da: F. Tonizzo e D. Micucci, L'adozione: perché e come, UTET
Libreria, Torino, 1994).
(3) (N.d.r.) II
testo della delibera è stato integralmente riportato nel n. 92,
ottobre-dicembre 1990, di Prospettive assistenziali.
www.fondazionepromozionesociale.it