Prospettive assistenziali, n. 109, gennaio-marzo
1995
LA SCUOLA
DEI DIRITTI (PARTE SECONDA)
Proseguiamo
nella pubblicazione della documentazione relativa alla "Scuola dei
diritti'; organizzata dal CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli
assistiti.
Le prime due
relazioni sono state riportate sul n. 108, ottobre-dicembre 1994 di Prospettive assistenziali.
INTERDIZIONE ED
INABILITAZIONE: REALTÀ E PROSPETTIVE
ROBERTO CARAPELLE
La legge prevede due forme di tutela in favore di chi
appaia incapace, per infermità di mente od altra causa, di provvedere ai propri
interessi: l'interdizione e l'inabilitazione.
In particolare, devono essere interdetti coloro i
quali si trovano in condizione di abituale infermità di mente che li rende
incapaci di provvedere ai propri interessi.
II legislatore non a caso ha utilizzato il verbo
"dovere": chi si trova in tali condizioni, deve essere posto sotto
la tutela di altra persona che ne curi in sua vece gli interessi sotto il
controllo dell'autorità giudiziaria (giudice tutelare o, per il compimento di
taluni atti giuridici, il Tribunale).
AI contrario, il maggiore di età infermo di mente,
lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all'interdizione, può (e
non deve) essere inabilitato.
Possono essere inabilitati oltre agli infermi di
mente anche coloro che per prodigalità o per abuso abituale di bevande
alcoliche o di stupefacenti espongono sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi
economici.
Possono infine essere inabilitati il sordomuto ed il
cieco dalla nascita o dalla prima infanzia se non hanno ricevuto una educazione
sufficiente.
L'interdetto perde completamente ogni capacità di
agire, con la conseguenza che ogni atto da lui compiuto, tanto di ordinaria che
di straordinaria amministrazione, va considerato nullo.
È da rilevare che l'interdetto perde anche il
possesso dei diritti politici (ad esempio, il diritto al voto).
Allo stesso si sostituisce un tutore, tranne che per
gli atti personalissimi, il quale agisce sotto il controllo del giudice
tutelare al quale dovrà periodicamente riferire della propria attività ed a)
quale dovrà rivolgersi per essere autorizzato a svolgere in nome e per conto
dell'interdetto ogni atto eccedente l'ordinaria amministrazione.
Per gli atti di straordinaria amministrazione alla
volontà dell'inabilitato deve accompagnarsi quella di un soggetto terzo,
nominato sempre dal giudice tutelare, denominato curatore.
II procedimento di interdizione e di inabilitazione
è assegnato alla competenza esclusiva del Tribunale del luogo ove l'interdetto
o l'inabilitando risiede ed è richiesta la partecipazione obbligatoria del
pubblico ministero.
L'azione dì interdizione o inabilitazione può essere
promossa dal coniuge, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il
secondo, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico ministero.
Di particolare rilevanza la possibilità di promozione
dell'azione da parte del pubblico ministero cui ogni cittadino, parente od
operatore socio-assistenziale o sanitario, che ritenga che una persona si trovi
nella condizione di infermità mentale più sopra descritte, potrà rivolgersi perché
dia corso al giudizio di interdizione (1).
Per quanto concerne in particolare la situazione
dell'operatore socio-assistenziale, lo stesso dovrà accompagnare la
segnalazione al pubblico ministero con una propria relazione, meglio se
corredata da una qualche certificazione medica, che dia un'apparenza di
fondatezza all'istanza presentata.
AI giudizio di interdizione e inabilitazione partecipano
anche i parenti più stretti dell'interdicendo o inabilitando i quali verranno
sentiti dal giudice istruttore designato, il quale, esaminato l'interdicendo,
può altresì valersi dell'ausilio di un consulente tecnico.
La sentenza che dichiara l'interdizione o l'inabilitazione
può sempre essere revocata quando ne siano cessate le cause che vi hanno dato
origine, su istanza degli stessi soggetti che potevano promuovere il giudizio
di interdizione o inabilitazione.
All'interdetto e all'inabilitato viene nominato a
cura del giudice tutelare un tutore o curatore. L'importanza di tale figura è
evidente: in particolare il tutore, sia pur con il controllo del giudice
tutelare, dovrà sostituirsi completamente alla volontà dell'interdetto
prendendo in sua vece le più importanti decisioni del suo vivere.
La legge si limita a dire che il giudice tutelare
nella scelta del tutore o del curatore deve preferire il coniuge non separato,
il padre, la madre, un figlio maggiore di età o la persona eventualmente
designata dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura
privata autenticata.
Spesso, in mancanza di tali soggetti, viene nominato
tutore il Sindaco del luogo di residenza dell'interdetto.
Tali persone, tutte animate dalle migliori
intenzioni, nella maggior parte dei casi sono completamente impreparate a
svolgere tale delicata funzione che richiede, oltre a dedizione per l'infermo,
capacità e conoscenze giuridiche e contabili di un certo rilievo.
Di particolare rilevanza il caso di tutela affidata
al Sindaco, il quale, ovviamente, privo di conoscenze sulle reali esigenze
dell'infermo, spesso si limita ad autorizzare il ricovero presso un istituto
specializzato.
Una possibile via d'uscita potrebbe essere quella di
riprendere e valorizzare la proposta di costituzione dell'ufficio del pubblico
tutore presso ciascun Comune o USL, cui dovrebbero partecipare di diritto
persone scelte da tali enti fra quelle che maggiormente diano garanzie di professionalità
e responsabilità, ma con possibilità altresì di preparare e sostenere nella
loro azione i parenti dell'infermo od i volontari che intendano assumere
l'ufficio di tutore o curatore.
Si
raggiungerebbe in tal modo un triplice scopo:
a) si darebbe all'interdetto una maggiore garanzia
di professionalità e quindi un più alto grado di tutela dei propri interessi,
il che è quanto vuole la legge;
b) si consentirebbe in molte situazioni di assegnare
la tutela a parenti stretti dell'interdetto i quali, proprio perché l'ufficio
del tutore è volontario, rifiutano l'incarico per timore delle conseguenze
nella consapevolezza di non possedere le necessarie cognizioni per svolgere
l'ufficio;
c) si affiderebbe l'interdetto, in caso di mancanza
di soggetti idonei a ricoprire l'ufficio di tutore, ad una struttura pubblica
creata ad hoc per tutelare la persona senza dover delegare tale funzione ad
enti terzi e disinteressati.
Ritengo, in conclusione, utile un'azione di
sensibilizzazione pubblica per favorire l'introduzione di tale ufficio nel
nostro ordinamento, introduzione che appare di indubbia utilità per i
cittadini che avessero a servirsene e dai costi molto limitati per la
collettività.
(1)
In merito all'istanza per la procedura gratuita
dell'interdizione e dell'inabilitazione, si veda in questo numero il
notiziario dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale.
www.fondazionepromozionesociale.it