Prospettive assistenziali, n. 110, aprile-giugno 1995

 

 

Editoriale

 

MESSAGGIO DEL CARDINALE MARTINI AI PARTECIPANTI DEL 1° CONVEGNO EUROPEO SUGLI HANDICAPPATI INTELLETTIVI

 

 

 

Si è svolto a Milano nei giorni 25-26 e 27 maggio 1995 il 1° convegno europeo "Handicappati intel­lettivi nell'Europa del 2000: orientamenti culturali ed esperienze a confronto”; organizzato dall'Istituto italiano di medicina sociale, dall'Associazione promozione sociale e da Prospettive assistenziali, con la collaborazione di Emilia Restelli dell'ATEF di Milano e dell'UTIM (Unione per la tutela degli insufficienti mentali) di Torino, con l'adesione di: ANFFAS (Associazione nazionale famiglie di fanciulli e adulti sub­normali), AIPD (Associazione italiana persone down), Comunità Progetto Sud, Opera Don Calabria, ASPE, Handicap & Scuola e con il patrocinio del Ministero per la famiglia e la solidarietà sociale e della Rappresentanza a Milano della Commissione Europea (CEE).

S.E. il Cardinale Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano, ha inviato ai partecipanti il messaggio che riproduciamo integralmente.

 

Ho letto con vivo interesse i motivi e il pro­gramma del Convegno "Handicappati intellettivi nell'Europa del 2000: orientamenti culturali ed esperienze a confronto".

Si tratta di un problema che mi sta particolar­mente a cuore e che ho messo in luce fin dall'inizio del mio ministero episcopale nella Chiesa di Milano, precisamente in occasione dell'Anno Internazionale dell'Handicappato, pro­clamato nel 1981. Quell'anno ha visto un benefi­co risveglio della sensibilità generale, ma lascia­va sostanzialmente irrisolte le necessità poste da questi nostri fratelli. E invitavo perciò le co­munità cristiane ad avviare qualche iniziativa profetica che si protendesse negli anni a venire quale consolante messaggio di speranza.

Ho quindi notato, con soddisfazione, nel programma del vostro 1° Convegno Europeo una particolare attenzione al valore e alla dignità della persona umana portatrice di handicap in­tellettivo e a tutta la serie di iniziative atte a proteggerla e a integrarla nel contesto so­ciale.

Già la Costituzione della Repubblica Italiana afferma che l'handicappato è un cittadino ugua­le, per dignità sociale, a tutti gli altri e con il dirit­to di non essere in alcun modo discriminato. E, alla luce della fede cristiana, egli è figlio di Dio, come ogni uomo, soggetto attivo del popolo di Dio. Solo una visione della vita esclusivamente in chiave di benessere vuole escludere gli han­dicappati perché inadatti a usufruire del benes­sere, o vuole tentare delle socializzazioni, nel senso di forzate immissioni nel mondo del benessere. Invece, una visione etica dell'handicap, senza rinnegare i vantaggi del benessere, di­schiude più ampie possibilità di vita e di reale valorizzazione sociale degli handicappati.

A partire dal 1981 sono nate molte esperienze di condivisione e di aiuto per gli handicappati in­tellettivi, ma ancora insufficienti per rappresen­tare una reale inversione di tendenza al proces­so di emarginazione o di affidamento del sog­getto grave all'istituto, come unica risorsa alla mancanza di risorse adeguate sul territorio. Oc­corre, per i fratelli con handicap grave e per le loro famiglie, spalancare orizzonti di vita proprio sul luogo e nell'ambiente in cui vivono.

Dobbiamo perciò superare non solo la ten­denza alla discriminazione o alla emarginazione, bensì anche l'atteggiamento di assistenza, im­pegnandoci a sviluppare l'atteggiamento del rispetto, del rapporto, dello scambio, della condi­visione e della collaborazione nei luoghi di edu­cazione e formazione e nell'esperienza di vita comune.

Desidero naturalmente riconoscere il grande merito di molte istituzioni che si sono fatte cari­co di situazioni, talora drammatiche, degli handi­cappati intellettivi quando pochi si occupavano di loro e quando la povertà delle famiglie, insie­me ai pregiudizi della comunità, li emarginava completamente.

Ma prendo atto con gioia e con gratitudine che, negli ultimi anni, è andata crescendo la sensibilità della comunità nei confronti di questi fratelli; prendo atto con gioia delle recenti espe­rienze e delle nuove risposte che oggi facilitano la permanenza e l'inserimento dei portatori di handicap nella società.

Ne è prova il vostro Convegno a cui auguro di continuare nel cammino e nell'impegno di "dare voce a chi non ha voce", nella consapevolezza che abbiamo tutti molto da ricevere sul piano umano e spirituale dalla presenza degli handi­cappati.

 

 

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