Prospettive assistenziali, n. 110, aprile-giugno 1995

 

 

NEGATO A RAVENNA IL DIRITTO ALLE CURE SANITARIE: RESOCONTO DI UN GRAVE SOPRUSO

 

 

La difesa dei diritti, compresi quelli più ele­mentari, delle persone più deboli è spesso estre­mamente difficile.

Il resoconto che pubblichiamo ne è un esem­pio significativo.

 

12 novembre 1993 - AI fine di evitare le dimis­sioni della propria madre C.D., il signor A.B., abi­tante a Ravenna, invia una lettera raccomandata all'Amministratore straordinario dell'USL e al Di­rettore sanitario della Casa di cura privata con­venzionata "Domus Nova", in cui il Servizio sani­tario nazionale ha ricoverato la congiunta, fa­cendo presente che la stessa è gravemente ma­lata e non autosufficiente. Dopo aver citato le leggi che obbligano le USL a fornire le cure sa­nitarie anche agli anziani cronici non autosuffi­cienti (1), il signor A.B. ricorda che «il Pretore di Bologna, Dr. Bruno Ciccone, con provvedimento del 21 dicembre 1992 ha riconosciuto il diritto della signora P.F., nata nel 1913, degente in ospedale dal 1986, di "poter continuare a benefi­ciare di adeguata assistenza sanitaria usufruen­do delle prestazioni gratuite del Servizio sanitario nazionale presso una struttura ospedaliera e non di generica assistenza presso istituti di riposo o strutture equivalenti"». La lettera si conclude con l'impegno dello scrivente di «continuare a fornire alla propria madre tutto il possibile sostegno ma­teriale e morale compatibilmente con i propri im­pegni di lavoro» (2) e con la richiesta che la con­giunta «non venga dimessa dalla casa di cura o venga trasferita in altra struttura sanitaria».

 

15 novembre 1993 - Nonostante che la sopra citata lettera si richiami all'art. 41 della legge 12 febbraio 1968, n. 132 (3), all'art. 4 della legge 23 ottobre 1985, n. 595 (4) e all'art. 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (5), la Casa di cura invia al figlio della degente il seguente telegramma: «Incaricato legale di procedere nei confronti di C.D. e Suoi in sede penale e civile». È ovvio ritenere che la suddetta iniziativa sia stata assunta dalla Casa di cura dopo aver in­terpellato l'USL.

 

20 novembre 1993 - La degente invia all'Am­ministratore straordinario dell'USL e, per cono­scenza alla Casa di cura, la seguente lettera: «La sottoscritta C.D. nata a ... il... residente a ... via ... è attualmente ricoverata presso la Casa di cura ... di via ... - Ravenna. Il ricovero è stato di­sposto dall'USL 35 di Ravenna in quanto la scri­vente è colpita da paralisi alla parte sinistra; inol­tre soffre di crisi ipertensiva con conseguenti col­lassi, caratterizzata da problemi infiammatori, cri­si dolorose alla gamba sx e conseguente esco­riazione del ginocchio medesimo, ed irrigidimen­to della parte colpita, frequenti problemi intesti­nali in conseguenza dell'infermità, infine segnala di non essere autosufficiente. Le cure sanitarie non possono essere fornite dal figlio A.B. perché professionalmente non preparato allo scopo ed in quanto deve lavorare per poter provvedere al suo sostentamento ed alle sue esigenze.

«Tenuto conto che ho necessità di continue cure sanitarie, che non posso curarmi da sola, che mio figlio non può fornirmi quanto mi è indi­spensabile per la mia sopravvivenza, chiedo alla S. V. di voler disporre affinché mi vengano presta­te le necessarie cure o presso la Casa di cura ..., o presso l'ospedale cittadino o presso altre strut­ture sanitarie convenzionate con l'USL. «Chiede quanto sopra in quanto ritengo che le cure mi siano dovute dall'USL ai sensi delle leggi 4.8.1955 n. 692, 12.2.1968 n. 132 (in particolare l'art. 29), 13.5.1978 n. 180 e 27.12.1978 n. 833 (in particolare l'art. 2).

«Mi richiamo altresì a quanto scritto dai proff. Pietro Rescigno e Massimo Dogliotti su "Giuri­sprudenza italiana" ottobre 1993, pag. 679 e segg., dal Prof. Piero Perlingieri in "Diritti della persona anziana, diritto civile e stato civile" ; pag. 108 del volume "Anziani e tutele giuridiche" a cu­ra di Pasquale Stanzione, Edizioni scientifiche italiane, dal Dott. Virginio Oddone in "ll diritto di famiglia e delle persone'; n. 3, luglio-settembre 1993, pag. 697 e seguente e dall'ordinanza del pretore di Bologna, Ciccone, del 21.12.1992.

«Mio figlio è impegnato a fornirmi sostegno materiale e morale come ha fatto finora».

 

6 dicembre 1993 - II figlio della degente se­gnala per iscritto all'Amministratore straordina­rio dell'USL e alla Direzione sanitaria della Casa di cura quanto segue: «A seguito della lettera raccomandata inviata alla S.V. da mia madre C.D. in data 20 novembre 1993, mi spiace dovervi in­formare che ricevo continuamente telefonate presso l'azienda dove lavoro, con conseguenza di mettere in pericolo il mio posto di lavoro. Vi prego pertanto di voler rispondere per iscritto a mia madre, anche ai sensi della legge 241/1990 (6) e di inviare eventuali comunicazioni scritte al­lo scrivente al seguente indirizzo ... Ciò premes­so, informo che non risponderò più ad alcuna co­municazione verbale e telefonica vostra e dei vo­stri uffici».

 

22 dicembre 1993 - L'Amministratore straor­dinario dell'USL invia al figlio della degente la seguente lettera: «In merito alla Vostra del 12.11.1993 si precisa che si sono verificate le condizioni della Signora C.D. sia consultando il medico della casa di cura ... che da alcuni anni segue dal punto di vista clinico la paziente ivi ri­coverata, sia usufruendo delle assistenti sociali del Servizio ospedaliero in collaborazione con quelle del territorio giungendo alle seguenti con­clusioni:

- dal punto di vista clinico la paziente non ab­bisogna di ulteriori cure mediche specialistiche in regime di ricovero ospedaliero, bensì essendo portatrice cronica di catetere vescicale, necessi­ta di una assistenza di base, usufruibile anche a domicilio, tale da consentire operazioni di mobi­lizzazione, igiene, alimentazione;

- dal punto di vista psicologico si è verificato che la paziente è consapevole delle sue condi­zioni cliniche e d'altro canto auspica e desidera, ove fosse possibile, ritornare presso il proprio domicilio.

«Si è verificato altresì che la signora, una volta dimessa, potrebbe usufruire dei servizi necessi­tanti, ovvero assistenza di base, sia presso il pro­prio domicilio sia presso strutture private con­venzionate o meno con il Servizio sanitario na­zionale atte ad ospitare persone nelle medesime condizioni della signora.

«Per maggiore precisione, ove fosse necessa­rio, si sottolinea che la signora non è, come la S. V. sostiene, completamente non autosufficiente e quindi non ricade, anche ove si potessero fare collegamenti analogici con casi simili, nelle pre­scrizioni normative e giurisdizionali da Lei citate nella nota.

«Visto quanto sopra si comunica che il giorno 7 gennaio 1994 la signora C.D. verrà dimessa; si prega pertanto la S. V. di contattare il Servizio So­ciale di questo ospedale (telefono 409621) per finalizzare positivamente le opportunità che più sopra si citavano.

«Certi di aver fatto tutto il possibile per trovare adeguata soluzione alle problematiche da Lei esposte e fiduciosi di trovare analoga corrispon­denza presso di Lei si inviano distinti saluti».

 

3 gennaio 1994 - Poiché è evidente il tentativo di coinvolgere il figlio, che sul piano giuridico non ha alcun obbligo in merito alle cure occor­renti alla madre (l'Amministratore straordinario dell'USL non contesta la condizione di malata della signora C.D.), questi invia allo stesso Am­ministratore straordinario il seguente telegram­ma: «Seguito Sua lettera 22 dicembre segnalo che essendo mia madre capace di intendere e volere ogni comunicazione che la riguarda deve essere indirizzata a lei».

 

4 gennaio 1994 - Testo del telegramma spe­dito dalla degente all'Amministratore straordina­rio dell'USL e alla Direzione sanitaria della Casa di cura: «Avuto notizia non ufficiale delle mie prossime dimissioni confermo mia richiesta pro­secuzione cure come da mia lettera del 20 no­vembre 1993 di cui attendo risposta».

 

5 gennaio 1994 - La paziente scrive al Sinda­co di Ravenna nei seguenti termini: «Mi appello a Lei come massima Autorità sanitaria del Comu­ne di Ravenna, competente a ricevere ricorsi contro il diniego alla domanda di usufruire di pre­stazioni sanitarie ospedaliere.

«La sottoscritta C.D. date le sue condizioni di salute di malattia grave assolutamente non auto­sufficiente per i motivi già illustrati nella lettera allegata (7), chiede pertanto che si prosegua l'assistenza ospedaliera in questo od in un altro ospedale per lungodegenti, esplicitamente previ­sto dalla legge n. 595/1985 e dal Piano sanitario regionale approvato nel 1990; oppure qualora vi fossero funzionanti queste strutture, in una RSA di cui al progetto obiettivo salute anziani del Mini­stero della sanità, circolare 7 agosto 1992 od alla recente legge regionale 20.12.1993».

 

7 gennaio 1994 - II sig. A.B. riceve dalla Que­stura di Ravenna l'invito «a presentarsi in questo ufficio - Sezione Minori e Polizia sociale questa mattina per urgenti comunicazioni o al massimo domani 8 gennaio 1994 alle ore 8,30».

Secondo il resoconto del signor A.B., l'ispetto­re di polizia che lo interroga gli avrebbe segna­lato che «se rifiuta a casa sua la madre, va incon­tro a una sanzione penale» (8) e aggiunto: «Mi hanno riferito che lei in ospedale non si fa più ve­dere». Replica A.B. sostenendo che «la mamma chiede una risposta alla lettera inviata all'Ammi­nistratore straordinario dell'USL e alla Direzione sanitaria della Casa di cura il 20 novembre 1933» e precisando che la degente «ha a dispo­sizione un'assistenza che pago». Inoltre «le porto tutto ciò di cui ha bisogno, compresa la bianche­ria personale pulita e stirata». AI che l'ispettore di polizia avrebbe precisato: «A questo punto biso­gnerà vedere se si può sistemare sua mamma togliendola da questa struttura e inserendola in una adatta alle sue condizioni».

 

7 gennaio 1994 - II Direttore amministrativo della Casa di cura ... invia al signor A.B. la se­guente raccomandata: «L'USL 35 ci ha comuni­cato in data odierna che non intende prorogare I'impegnativa relativa al ricovero di sua madre, signora C.D. Pertanto le comunichiamo che a partire da domani 8.1.94, in caso non intendesse trasferire sua madre in altro luogo, come indica­tole dall'USL stessa, l'onere relativo al ricovero sarà a carico di sua madre e suo come corre­sponsabilità».

 

10 gennaio 1994 - Alla lettera sopra riportata il signor A.B. risponde con il seguente telegram­ma: «Seguito sua lettera R.R. 7 gennaio 1994 se­gnalo che essendo mia madre capace di inten­dere e volere ogni comunicazione che la riguar­da deve essere indirizzata a lei».

 

10 gennaio 1994 - II medico responsabile del reparto in cui è degente la signora C.D. accom­pagna il figlio dal direttore sanitario della Casa di cura. All'incontro partecipano anche il presi­dente, il direttore amministrativo e due medici della stessa Casa di cura.

Secondo quanto asserisce il signor A.B., il di­rettore sanitario esordisce affermando che la paziente è ricoverata da molto tempo e che l'USL non concede più alcuna proroga alla per­manenza. Pertanto consiglia il figlio di portare la madre al pronto soccorso dell'ospedale civile di Ravenna dove «verrà tenuta sotto controllo e la ricovereranno in un reparto appropriato».

Interviene poi la presidente della Casa di cu­ra: «L'USL tramite le assistenti sociali le aveva consigliato delle strutture in cui inserire sua ma­dre, ma lei ha rifiutato».

II signor A.B. replica ricordando che si tratta di strutture assistenziali, mentre la madre ha biso­gno di cure sanitarie. Inoltre la retta richiesta è eccessiva.

II direttore sanitario interviene sostenendo che il signor A.B. deve pagare le spese di de­genza (270.000 lire al giorno oltre agli oneri re­lativi alle terapie) e lo invita a versare una cau­zione.

 

11 gennaio 1994 - Ad evitare equivoci, il si­gnor A.B. spedisce al Direttore amministrativo della casa di cura il seguente telegramma: «Fa­cendo seguito incontro 10.1.94 confermo che essendo mia madre non interdetta né inabilitata ogni comunicazione va fatta a mia madre stes­sa».

 

11 gennaio 1994 - Secondo quanto ha scritto A.B. questa mattina hanno fatto visita alla mam­ma alcune persone dell'USL di Ravenna. Una di esse avrebbe detto alla degente: "Avevamo detto e consigliato a suo figlio dove poter andare a in­formarsi per una sua sistemazione, perché qui non può più stare, ma lui ci ha detto di no"». AI che la signora si è messa a piangere e ha detto: «Mi sono stancata di stare qui, mi vergogno, mi sento indesiderata», aggiungendo: «Chiamate mio figlio al lavoro perché non mi sento bene».

 

12 gennaio 1994 - Vengono fatte altre pres­sioni sulla degente affinché accetti le dimissioni: «Signora, lo sa che la vengono a prendere i cara­binieri?». Nel pomeriggio il signor A.B. riceve una telefonata: «Lei questa mattina ha inviato un telegramma alla Casa di cura asserendo che la decisione doveva essere presa da sua madre. Ebbene sua mamma questa mattina davanti a cinque persone ha deciso che accettava il rico­vero in una struttura protetta». La madre, inter­pellata dal figlio, sostiene invece che le era stato chiesto se era disponibile ad andare in un posto tranquillo e che aveva risposto in senso affer­mativo.

 

13 gennaio 1994 - Allo scopo di evitare inter­pretazioni errate, la signora C.D. invia all'Ammi­nistratore straordinario dell'USL e per cono­scenza al Direttore amministrativo della Casa di cura il seguente telegramma: «Seguito incontro del 12.1.94 confermo mia richiesta di una rispo­sta scritta alla mia lettera del 20.11.93 e del tele­gramma del 4.1.94. Stop. Non accetto trasferi­mento in struttura assistenziale essendo grave­mente malata. Stop. Non sono più disponibile in­contri se non alla presenza di mio figlio A.B.».

 

13 gennaio 1994 - AI fine di poter documenta­re le condizioni sanitarie della signora C.D., vie­ne richiesto un consulto al geriatra E.F., il quale rilascia la seguente dichiarazione: «Certifico di avere visitato la signora C.D. in data 10.1.94 su esplicita richiesta della paziente medesima.

«La paziente era degente presso la Casa di cura ... di Ravenna.

«La paziente presentava una condizione di ple­gia spastica agli arti di sinistra, con deficit del Vll nervo cranico omolaterale, esito di un pregresso fatto ischemico interessante il territorio carotideo destro. La paziente è inoltre incontinente e porta­trice di un catetere vescicale a dimora.

«Era evidente una iniziale lesione da decubito al ginocchio di sinistra.

«La mobilizzazione era difficoltosa e realizzata, in poltrona, per poche ore al giorno.

«Sul piano funzionale ne deriva una grave compromissione del grado di autonomia (livello G della scala A.D.L.) in quanto dipendente, oltre che per la mobilizzazione, vestiario, igiene perso­nale e continenza, anche per la alimentazione che deve essere somministrata da terzi.

«Sul piano cognitivo si segnala una parziale al­terazione: punteggio 6 dell'A.M.T. (valore norma­le tra 8 e 10, demenza tra 0 e 5, dubbio 6 e 7).

«Si allegano le succitate scale.

«Si attesta pertanto la grave non autosufficien­za della signora C.D., con conseguente necessità di cure e nursing continuo».

 

25 gennaio 1994 - La Questura di Ravenna invita nuovamente il sig. A.B. «a presentarsi in questo ufficio per urgenti informazioni».

 

26 gennaio 1994 - II signor A.B. afferma che un Ispettore della Questura gli ha detto: «Mi ha dato ordine il magistrato (senza riferirne il nome) di convocarla in merito alla situazione della mamma, in quanto il Direttore sanitario della Ca­sa di cura ha disposto che la signora C.D. venga dimessa perché non necessita più di cure. Sono state offerte delle alternative. Lei le accetta?». II sig. A.B. sostiene di aver risposto: «Non ac­cetto nessuna di queste proposte, perché la mamma ha bisogno di cure sanitarie, come ha chiesto all'USL con una lettera del 20 novembre 1993 di cui non ha ancora avuto nessuna rispo­sta» e di aver precisato: «È stata effettuata in da­ta 10 gennaio 1994 su richiesta della mamma una perizia medico-legale che verrà presentata al momento opportuno su richiesta del magistra­to».

L'ispettore di polizia consiglia il sig. A.B. di presentare la perizia alla Direzione sanitaria del­la casa di cura, presentazione che non ha luogo.

 

15 febbraio 1995 - II signor A.B. si presenta alla stazione dei carabinieri dove è stato convo­cato «per essere sentito in affari di giustizia». Nella convocazione è precisato quanto segue: «Qualora non ottempererà a tale invito, sarà de­ferito all'Autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 650 del codice penale» (9).

Dal resoconto del sig. A.B. risulta che il Mare­sciallo dei carabinieri gli ha segnalato che la Casa di cura aveva inviato un rapporto agli stes­si carabinieri in quanto la degente e il figlio si ri­fiutavano di pagare la retta di degenza. Chiarito che la retta è a carico dell'USL in quanto la casa di cura è convenzionata, il sig. A.B. apprende che l'esposto ai carabinieri era stato inoltrato nel dicembre 1993.

 

19 giugno 1994 - La Direttrice di una casa protetta (struttura di assistenza/beneficenza) di Ravenna telefona al sig. A.B. segnalandogli la di­sponibilità di un posto per il ricovero della ma­dre e lo invita a visitare la struttura.

 

23 giugno 1994 - II sig. A.B. viene richiamato dalla Direttrice di cui sopra che sollecita una ri­sposta.

 

25 giugno 1994 - II Commissario straordinario dell'USL 35 invia al signor A.B. la seguente rac­comandata a mano: «Con la presente siamo a comunicarLe che stante il perdurare della situa­zione clinica di sua madre, la stessa lunedì 27.6.1994 verrà dimessa dalla casa di cura. Si in­vita pertanto la S.V a voler organizzare il ritorno nella propria abitazione della signora C.D. entro le ore 12 di lunedì p.v.» Contemporaneamente è recapitata alla paziente una raccomandata a mano così redatta: «Con la presente siamo a co­municarle, stante il perdurare della situazione cli­nica della S. V. che lunedì 27.6.94 verrà dimessa dalla casa di cura».

Da notare che nelle due sopracitate comuni­cazioni nulla viene precisato sulle condizioni di salute della paziente e sulle sue esigenze cura­tive. Con una genericità assoluta è solamente scritto: «Stante il perdurare della situazione clini­ca».

Inoltre nessuna risposta è stata data dal re­sponsabile dell'USL alla lettera inviatagli dalla signora C.D. in data 20 novembre 1993.

Nello stesso giorno un medico della casa di cura sollecita il signor A.B. a ricoverare la madre in una casa protetta.

 

27 giugno 1994 - La signora C.D., stremata dalle insistenze, accetta il trasferimento nella casa protetta e il pagamento della retta di L. 66.500 al giorno. Anche il figlio si arrende.

 

Conclusioni

Dal resoconto dell'esperienza dei signori A.B. e C.D. risulta che l'USL non ha utilizzato alcun strumento giuridico per ottenere le dimissioni della paziente anziana cronica non autosuffi­ciente. II Sindaco di Ravenna e il Presidente dell'USL non hanno mai fornito una risposta scritta alle documentate lettere loro inviate dalla madre e dal figlio.

La legge è stata aggirata dall'USL con nume­rosi artifici: pesanti e continue pressioni sulla paziente e sul figlio; quest'ultimo è stato addirit­tura convocato - non si sa in base a quali motivi plausibili - due volte dalla Questura ed una dai carabinieri.

Gli interessati pur sapendo che le leggi vigenti tutelano il diritto alle cure sanitarie, comprese quelle praticate presso ospedali, case di cura convenzionate e residenze sanitarie assisten­ziali a gestione sanitaria (10), si sono arresi.

È stata una resa molto dolorosa. Per poter resistere è necessario essere costantemente sostenuti da un gruppo di volontari o, meglio ancora, da una organizzazione di massa (sinda­cato, associazione professionale, partito, ecc.). Ce lo confermano le migliaia di parenti che si sono opposti alle dimissioni dei loro congiunti, che hanno continuato ad essere curati in ospe­dale anche per molti anni e che a Torino hanno potuto contare non solo su una qualificata consulenza, ma anche su iniziative promozionali (articoli, interviste, convegni, volantinaggi, interrogazioni ai Consigli regionale e comunale, ecc.) (11).

 

 

(1) Le leggi richiamate sono le seguenti: 4 agosto 1955, n. 692; 12 febbraio 1968, n. 132; 13 maggio 1978, n. 180; 23 dicembre 1978, n. 833.

(2) Si tratta di un figlio unico che lavora a tempo pieno per poter provvedere alle proprie esigenze.

(3) L'art. 41 della legge 12 febbraio 1968 n. 132 stabili­sce che l'ordinamento interno dei servizi ospedalieri deve disciplinare «l'ammissione e dimissione degli infermi ispi­randosi al principio della obbligatorietà del ricovero nel ca­so per cui ne sia accertata la necessità e della possibilità di ricovero da parte dell'infermo».

(4) L'art. 4 della legge 23 ottobre 1995, n. 595, è così re­datto: «Avverso gli atti con cui si nega o si limita ai cittadini la fruibilità delle prestazioni di assistenza sanitaria, sono ammesse osservazioni ed opposizioni in via amministrativa redatte in carta semplice, da presentarsi, entro quindici giorni dal momento in cui l'interessato abbia avuto cono­scenza dell'atto contro cui intende osservare od opporsi, al comitato di gestione della unità sanitaria locali, che decide in via definitiva entro quindici giorni.

«La presentazione delle anzidette osservazioni ed oppo­sizioni non impedisce né preclude la proposizione di impu­gnative in via giurisdizionale».

(5) L'art. 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, prevede quanto segue: «Al fine di garantire la tutela del cittadino avverso gli atti o comportamenti con i quali si nega o si limita la fruibilità delle prestazioni di assistenza sanitaria, sono ammesse osservazioni, opposizioni, denun­ce o reclami in via amministrativa, redatti in carta semplice, da presentarsi entro quindici giorni, dal momento in cui l'in­teressato abbia avuto conoscenza dell'atto o comportamen­to contro cui intende osservare ed opporsi, da parte dell'in­teressato, dei suoi parenti o affini, degli organismi di volon­tariato o di tutela dei diritti accreditati presso la regione competente, al direttore generale dell'unità sanitaria locale o dell'azienda che decide in via definitiva o comunque prov­vede entro quindici giorni, sentito il direttore sanitario. La presentazione delle anzidette osservazioni ed opposizioni non impedisce né preclude la proposizione di impugnative in via giurisdizionale».

(7) Si tratta della lettera inviata il 20 novembre 1993 dal­la signora C.D. all'Amministratore straordinario dell'USL.

(8) E una minaccia che non trova nessun fondamento nelle leggi vigenti. L'obbligo della prestazione delle cure ri­guarda il Servizio sanitario nazionale e non i congiunti.

(9) L'art. 650 del codice penale prevede quanto segue: «Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costi­tuisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire ottantamila».

(10) La consulenza alla degente e al figlio è stata assi­curata (a titolo gratuito) dal CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, Via Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011-812.44.69, fax 011-812.25.95.

(11) Si veda il volume di F. Santanera - M.G. Breda - F. Dalmazio, Anziani malati cronici: i diritti negati, UTET Libre­ria, Torino, 1994.

 

 

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