Prospettive assistenziali, n. 111, luglio-settembre
1995
Notizie
PROCEDURA
GRATUITA PER L'INTERDIZIONE
Nei
numeri 2, marzo-aprile 1995 e 3, maggiogiugno 1995 di "La Rosa blu",
periodico dell'ANFFAS, Associazione nazionale famiglie di fanciulli e adulti
subnormali, rispettivamente nelle rubriche "Strumenti di tutela del
disabile psichico" e "L'avvocato vi risponde", è scritto che,
per ottenere l'interdizione «la legge richiede
il conferimento
di una procura ad
un procuratore legale o ad un avvocato esercente che dovrà rappresentare innanzi
all'organo
giudiziario i ricorrenti».
Si
tratta di una informazione non corretta, in quanto la procedura può essere
avviata con una semplice lettera indirizzata alla Procura della Repubblica da
qualsiasi cittadino, compresi i parenti.
In questi casi «ogni spesa giudiziale è a carico
dell'erario» (1).
INDAGINE
ISTAT SULLA POVERTA
Le
famiglie in condizione di povertà sono 2.232.000 (il 10,7% sul totale),
corrispondenti a 6.462.000 persone. Queste famiglie sono considerate povere
perché hanno consumi pro-capite inferiori al 50% del livello dei consumi nazionali;
ad esempio, sono considerate povere le famiglie formate da due persone che,
nel 1993, hanno avuto una capacità di spesa mensile uguale o inferiore a Lit.
1.100.000.
L'incidenza
della povertà è maggiore tra le famiglie più numerose: 17% fra quelle formate
da 5 componenti e 21,5% fra quelle con 6 o più componenti.
Nel
Mezzogiorno la proporzione di famiglie povere tra quelle più numerose è
maggiore (33%) rispetto alle altre aree del paese, ed il fenomeno, come osserva
l'istituto nazionale di statistica, assume una maggiore rilevanza sociale
perché le famiglie numerose sono marcatamente più diffuse.
La percentuale di
poveri 8 più alta fra i nuclei familiari dove la persona di riferimento è una
donna, in particolare nel Nord, dove la frequenza di famiglie di questo tipo
in condizioni di povertà è doppia.
II
rischio di povertà raddoppia quando la persona a cui fa riferimento la
famiglia è un anziano: il 16% dei nuclei familiari nei quali la persona di
riferimento ha un'età superiore ai 65 anni, vive in condizioni di povertà,
rispetto all'8-9% delle restanti famiglie.
I bambini poveri sotto i 13 anni sono più di un
milione, cioè un bambino ogni sette. Nonostante la povertà sia più diffusa tra
la popolazione anziana, il fenomeno della presenza di minori in condizioni di
indigenza manifesta una crescita del disagio sociale in alcune aree del paese,
segnatamente nel Mezzogiorno: qui il 21,5% dei bambini fino a 5 anni e il
24,4% dei bambini da 6 a 13 anni vivono in condizioni di povertà.
(da Walter Nanni, "Ultimi dove
siete?", Italiacaritas, n. 6,
giugno 1995)
DALL'UNIVERSITA
DELLA TERZA ETA ALL'UNIVERSITÀ POPOLARE
Riportiamo l'editoriale di Francesco
Florenzano apparso sul supplemento al n. 6/1995 di Input.
L'UPTER,
nata come Università Popolare della Terza Età di Roma, si è trasformata in
Università Popolare. II motivo principale dell'abbreviazione del nome sta nel
fatto che, lavorando con gli anziani, ci si è resi conto che si è anziani non
per l'età anagrafica ma piuttosto per il modo di sentirsi, fatto quest'ultimo
molto personale.
Le
tre età della vita sono congeniali tra di esse, ed hanno ragion di essere solo
se reciprocamente si riconoscono. In pari tempo, perseguendo finalità di
innalzamento culturale e di miglioramento della qualità della vita non si
poteva pensare di continuare a separare le generazioni piuttosto che farle
stare insieme.
Così,
in maniera automatica, è nata l'esigenza di ridenominare I'UPTER, Università
popolare: le persone sono prima persone, poi appartengono a categorie anche
demografiche. Ma altri motivi ci hanno spinto a questa ridenominazione. Tre non
si possono non ricordare. II primo, l'Università Popolare è molto popolare a
Roma, in Italia e all'estero. Hanno frequentato i suoi corsi in 7 anni, circa
10.000 persone in oltre 30 sedi didattiche, vi insegnano oltre 100 docenti e
ha svolto nell'ultimo anno accademico circa 18.000 ore di lezione. II secondo,
l'Università Popolare svolge un'attività didattica di prim'ordine, con programmi
di approfondimento e di formazione in numerose discipline, offrendo così, a
costi contenuti una formazione permanente dei cittadini al pari di una
Università degli Studi. II terzo, l'Università Popolare svolge, quasi in totale
isolamento finanziario, una funzione educatrice, che in tempi come questi
appare essenziale per il mantenimento delle conquiste democratiche.
Ci
auguriamo che tutti questi motivi ci portino a sperimentare e a trovare nuove
qualità di vita e che i nostri collaboratori ed amici, credendo in questa
iniziativa popolare la rafforzino e la dotino di quel prestigio necessario a
renderla una vera istituzione voluta dalla gente.
POVERI: LE
NON SCELTE DELLA CHIESA
«Non
basta aiutare i poveri se non si accolgono "come parenti" e non si
compiono scelte politiche conseguenti.
«Lo
sostiene la "Rivista del clero italiano"
in un editoriale dedicato alla preoccupazione privilegiata nei confronti dei
poveri richiamata di recente dalla Carta pastorale della Caritas.
«Sono
ormai molti, si rileva nell'editoriale, i documenti della Chiesa italiana
sulla scelta preferenziale dei poveri, ma "non si ha l'impressione che
sia avvenuto un vero cambiamento di mentalità, cioè un modo diverso di
valutare la società, le scelte sociali e politiche, i rapporti fra nord e sud
del mondo".
«Questo salto, invece, occorre farlo perché - si
sostiene - la scelta dei poveri appartiene all'ordine della rivelazione di come
cioè Dio guarda l'uomo e non solo a quello della risposta dell'uomo alla
rivelazione. Si porta poi l'esempio di un missionario che critica la
contraddizione dei cristiani nei paesi benestanti: "Grande generosità nel
curare i feriti della società e, in genere, assenza nell'analisi delle cause e dei modelli di società
che generano questi
feriti».
(da "Civiltà
dell'amor”, n. 7/8, luglio-agosto 1995)
GIUSTIZIA E
CARITA’
Scrive Don Oreste
Benzi sul n. 4, aprile 1995, di Sempre:
«La Chiesa italiana che si riunisce
a Palermo deve chiedersi perché ci sono i poveri, riconoscere le cause che li
creano, prendere posizione di fronte alle cause,
senza avere paura di incorrere nelle persecuzioni. Questo lavoro non
è stato fatto durante
i secoli. Coloro
che hanno individuato le cause che producono emarginazione e violenza nei confronti
dei poveri sono
stati emarginati, combattuti. Sono stati esaltati gli "eroi"; i
"santi della carità". Non sono stati riconosciuti ed indicati
come guide della
storia gli eroi, i santi della giustizia.
«Diceva S.
Vincenzo de' Paoli che non si può dare per carità ciò che è dovuto per giustizia. Lo hanno
ripetuto Paolo
VI, Giovanni Paolo
IL Sono stati
profeti inascoltati. Si è continuato a fare la carità, a soccorrere i
bisognosi, si è continuato a dare il pane all'affamato, ma non si sono smascherati
coloro che affamano, anzi talora si è continuato ad andare a braccetto con
loro. Si è continuato a mettere la spalla sotto la croce del fratello ma non
sono stati
smascherati i fabbricanti delle croci, anzi talora sono state conferite croci
al merito. Si è offerto un tetto ai raminghi, ma non si è obbedito al profeta,
facendo entrare i raminghi sotto il nostro tetto. Anzi si sono
tenute chiuse le case vuote. Si è avuto paura di denunciare i veri oppressori e si è
coperta talora l'ingiustizia con la carità male intesa.
«Dice Mons.
Camara: "Se
aiuto i poveri mi chiamano santo, se spiego perché ci sono i
poveri, mi dicono che sono un comunista». E lui non ha
avuto paura lo stesso. Bisogna ascoltare S. Agostino: "Non
dobbiamo coltivare
i poveri per fare le opere di misericordia. Abbatti la miseria e
non ci sarà bisogno
di opere di
misericordia"».
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