Prospettive assistenziali, n. 111, luglio-settembre
1995
Interrogativi
PAROLE E FATTI PER UN VOLONTARIATO DIVERSO
Luciano Tavazza, nell'articolo "II volontariato
e la solidarietà in Europa", pubblicato sul supplemento al n. 6 della
"Rivista del volontariato" sostiene che occorre «un tipo di volontariato diverso che sia:
- anzitutto
vindice e promotore dei diritti umani, costituzionali nazionali, sia di
cittadinanza europea che planetaria;
- incisivo
nel contribuire alla rimozione delle cause di ineguaglianza ed esclusione
sociale; - capace di esprimere contestualmente la dimensione del servizio
all'uomo in difficoltà sul territorio nazionale o internazionale e la dimensione
"politica" di impegno al mutamento della qualità della vita,
nell'ambiente in cui si vive;
- schierato
dalla parte degli esclusi più che impegnato soltanto a lavorare per loro;
- convinto
che oggi non ci sono più problemi che si possano affrontare da soli, ma che si
vincono attraverso una "strategia delle alleanze" anzitutto interna
al terzo sistema, e poi applicando duttili intese con le altre forze sociali,
se rispettose della nostra originalità e autonomia».
Siamo perfettamente d'accordo con Tavazza, Segretario
generale della Fondazione italiana per il volontariato. Ma, se si vuole
veramente passare dal volontariato di beneficenza a quello dei diritti, non
occorre che alle parole seguano i fatti?
Perché per molti anni sono stati incoraggiati e
finanziati i volontari che hanno chiuso gli occhi di fronte ai 50 mila minori
ricoverati in istituto, che non hanno mosso un dito nei riguardi delle decine
di migliaia di vecchi cronici non autosufficienti dimessi, spesso in modo
selvaggio, dagli ospedali, compresi quelli privati che dicono di ispirarsi alla
dottrina cattolica?
Che cosa si è fatto e che cosa si fa perché anche la
scuola privata dell'obbligo, compresa quella gestita da religiosi, inserisca
gli handicappati, in particolare gli intellettivi?
Non è arrivato il momento di incominciare a verificare
il rapporto fra le affermazioni verbali (spesso altosonanti) e l'operatività
concreta controllando che sia effettivamente rivolta alla difesa effettiva dei
diritti fondamentali delle persone?
DONNA
MODERNA: UNA INACCETTABILE DISINFORMAZIONE
Nell'articolo "Mamme, perché uccidete i vostri
figli?" pubblicato sul n. 29 del 27 luglio 1995 di Donna Moderna, Sabrina
Barbieri sostiene che sono solamente due «le
iniziative che cercano di dare aiuto concreto a mamme e future mamme in
difficoltà» e cioè il "Cassonetto per la vita" istituito dal
Movimento per la vita ad Aosta e a Casale Monferrato (Alessandria) e la
"Dolce culla" promossa da Alleanza nazionale e Mediatel.
Perché la Barbieri non ha informato le decine di
migliaia di lettrici di Donna Moderna che
ancora oggi sono in vigore i regi decreti 16.12.1923 n. 2900 e 8 maggio 1927
n. 798 che obbligano le Province a fornire assistenza alle gestanti, alle madri
e ai minori riconosciuti o figli di ignoti o comunque in situazione di abbandono?
Non sa forse che, a seguito della legge 23.12.1975 n. 698, le Province ed i
Comuni sono tenuti ad assistere anche le donne coniugate ed i minori in
difficoltà?
Non si rende conto che non è sufficiente fornire un
aiuto ai bambini, disinteressandosi delle donne, come fanno sempre "Dolce
culla" e "II cassonetto per la vita" nei confronti delle partorienti
che non riconoscono i loro nati?
È giusto considerare queste donne solo come
riproduttrici?
Devono essere abbandonate a loro stesse le ragazzine
di 13-14 anni, per le quali la nascita di un bambino è quasi sempre un dramma?
Perché la Barbieri non ricorda alle lettrici che le
donne, comprese quelle coniugate, hanno il diritto di partorire gratuitamente
negli ospedali pubblici e ricevere esse stesse ed i loro bambini tutte le
prestazioni necessarie?
Perché non ha segnalato che le donne, anche
coniugate, possono non riconoscere i loro nati, che in questi casi sono
dichiarati immediatamente adottabili dai Tribunali per i minorenni?
Certamente in una materia così delicata, l'articolo
apparso su Donna Moderna crea una
preoccupante disinformazione che può arrecare danni anche insanabili a donne e
bambini che dovrebbero invece essere aiutati a rivolgersi agli enti obbligati
dalla legge ad intervenire.
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