Prospettive assistenziali, n. 112, ottobre-dicembre 1995

 

 

COME NON ADOTTARE UN BAMBINO

PIERGIORGIO GOSSO (*)

 

 

A rimpinguare il non esaltante panorama delle pubblicazioni dedicate alle problematiche del­l'adozione, ecco aggiungersi, quest'anno, pres­so l'editore Franco Angeli, il libro intitolato "Sai, adottiamo un bambino...", definito dall'autrice - la sociologa Anna Genni Miliotti - come «ma­nuale di comportamento ad uso di genitori, pa­renti e amici» si tratta di 126 pagine con le quali - come è spiegato nell'introduzione - ci si pro­pone di essere di aiuto alle coppie in cerca di adozione con una serie di "consigli" dettati dall'esperienza di una madre adottiva.

Pur non avendo alcun motivo per mettere in dubbio le risorse affettive di chi le ha scritte, ci permettiamo però di giudicare i consigli impartiti in quelle pagine (e conditi da facezie varie più o meno spiritose) come assolutamente perniciosi, in quanto frutto di pessima informazione, di inescusabili errori culturali e di viscerali pregiu­dizi.

E valga il vero. Innanzi tutto non si esita a defi­nire senza mezzi termini come «un esercito di imbecilli» (pag. 99) quanti rivestono nell'istituzio­ne l'ingrato compito di valutare le attitudini degli adottanti: sono - soprattutto le assistenti sociali e le psicologhe - «gente di altra razza, la cui im­penetrabilità agli umani sentimenti è pari allo scudo termico di Terminator 2» (pag. 25-26), che troppo spesso scoraggiano le molte coppie che si trovano impreparate ad affrontare i problemi sul tappeto (pag. 10) e che osano arrivare persi­no all'impudenza di permettersi di controllare come vadano le cose durante l'affidamento preadottivo e da cui, dunque, non c'è che da augurarsi di essere dimenticati al più presto (pag. 86). II consiglio dell'Autrice ai futuri ge­nitori adottivi per i loro rapporti con gli operatori è lapidario: «Mentite, mentite, mentite sempre e con convinta determinazione» (pag. 30).

Quanto al modus operandi dei giudici minorili, nulla di specifico - in chiave critica - è detto apertis verbis: però si espone senza troppi peli sulla lingua ed in maniera assai eloquente (pag. 21) che per ottenere in adozione un bambino italiano bisogna essere «giovanissimi», «ricchis­simi», «con bellissima, grandissima casa», men­tre per adottare un bambino straniero le cose sono più facili, purché si abbia avuto a suo tem­po l'accortezza di farsi battezzare e di sposarsi in chiesa (pag. 22). Ebbene, mettendoci sullo stesso piano dell'autrice, ci sia consentito di esternare un lapidario commento al riguardo, af­fermando che sparate del genere non sono altro che delle vere e proprie fandonie, indegne di una persona dotata di normale raziocinio, e smentite dalla pratica. II fatto che talvolta emer­gano inadeguatezze e superficialità nella con­duzione delle istruttorie finalizzate alla selezione delle coppie aspiranti all'adozione non giustifica certamente un simile atteggiamento demolitorio, nel quale è fin troppo facile riconoscere una totale insofferenza nei confronti di qualsiasi meccanismo di controllo che si proponga di mettere in luce le motivazioni degli aspiranti all'adozione e di verificarne le effettive capacità educative (1).

La scarsissima conoscenza della legislazione vigente da parte dell'Autrice è tra l'altro dimo­strata dal fatto che, nell'esporre i requisiti per adottare e le relative procedure, fa un tutt'uno tra adozione di un minore italiano ed adozione internazionale, ad esempio presentando come assolutamente necessaria la dichiarazione di idoneità da parte del Tribunale per i minorenni (dichiarazione che è invece richiesta solamente per l'adozione internazionale), così come dall'at­tribuzione dell'effetto legittimante alla sola ado­zione nazionale (pagg. 46 e 111) e dalla descri­zione del periodo di affidamento preadottivo di un bambino italiano come di una fase sottoposta alla spada di Damocle del "ritorno" dei genitori biologici (pag. 95), quando al contrario è ben noto come l'articolo 21 della legge 184/83 fac­cia decorrere l'irrevocabilità della dichiarazione di adottabilità di un minore dalla data del prov­vedimento che ne dispone l'affidamento prea­dottivo. Insomma, degli strafalcioni che fanno letteralmente a pugni con le finalità informative vantate nella premessa dell'opuscolo in questio­ne (2).

Ma il peggio deve ancora venire, perché le pagine centrali del libro sono tutte imperniate sulla sfrenata esaltazione del più incondizionato "fai da te". Soltanto di sfuggita si accenna all'esistenza di enti autorizzati dalla legge per il perfezionamento delle pratiche di adozione in­ternazionale, senza peraltro indicarne la consi­stenza, la distribuzione geografica, le finalità e le competenze, mentre al contrario viene posto esclusivamente l'accento sulla "caccia" (pag. 49) da praticare nei più svariati paesi (preferibil­mente dell'Est europeo) per procacciarsi un bambino a tutti i costi, dispensando qualche astuto suggerimento per districarsi alla bell'e meglio nel trattare con trafficanti, truffatori ed in­termermediari vari, all'insegna del seguente pre­cetto filosofico: è inutile andare tanto per il sotti­le, perché adottando un bambino sul libero mer­cato straniero si ottengono due nobili scopi, e cioè si sottrae alla morte un "innocente pargolo" e si consente di far sbarcare il lunario a tutta una serie di persone che altrimenti vivrebbero di rapine e di omicidi (pagg. 58-59). C'è veramente da battere le mani!

Non pensiamo, a questo punto, che sia ne­cessario spendere altre parole, se non per dire a chiare lettere che, anche se lastricati dalle mi­gliori intenzioni, libri del genere danneggiano in maniera gravissima ed inaccettabile un serio di­battito sulla materia adozionale, contribuendo a confondere non poco le idee ad una pubblica opinione già poco e male informata. Esattamen­te il contrario di quanto dovrebbe compiere un'operazione culturale degna di questo nome.

 

(*) Presidente di Sezione del Tribunale di Torino.

(1) Cfr. "Anche gli aspiranti all'adozione di bambini stra­nieri devono essere attentamente selezionati e preparati", in Prospettive assistenziali, n. 109, aprile-giugno 1995.

(2) «Una collana di testi agili e scientificamente all'avan­guardia"!

 

 

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