Prospettive assistenziali, n. 112, ottobre-dicembre 1995

 

 

HANDICAPPATI INTELLETTIVI ASSUNTI DA COOPERATIVE SOCIALI

COORDINAMENTO SANITÀ E ASSISTENZA FRA I MOVIMENTI DI BASE

 

 

Da sempre il CSA - Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base si è battuto per ottenere assunzioni in ruoli lavorativi "veri" (e non fittizi) di handicappati intellettivi, in grado di raggiungere una resa produttiva proficua ed accettabile per l'azienda.

Per questo, e per dimostrare anche la fattibili­tà delle proprie convinzioni, il CSA si è impegna­to inizialmente perché gli Enti locali, per primi, dessero concrete opportunità di lavoro a sog­getti con handicap intellettivo, che altrimenti sa­rebbero stati parcheggiati nei centri assistenzia­li o, semplicemente, lasciati in casa, senza far nulla.

Si sono così ottenute, negli anni scorsi, circa 200 assunzioni nei ruoli del Comune di Torino, delle USL, delle Aziende municipalizzate della Provincia di Torino, ed altre presso aziende pri­vate. Alcune testimonianze significative sono ri­portate nel libro "II lavoro conquistato" (1).

Tuttavia, in occasione dei numerosi stanziamenti regionali destinati al Comune di Torino per creare nuovi posti di lavoro, il CSA ha ritenuto doveroso sollecitare un'attenzione particolare del Comune stesso nei riguardi dei disoccupati handicappati e, in particolare, di coloro che; avendo una capacità lavorativa ridotta, hanno maggiori difficoltà a trovare una collocazione.

Come abbiamo già illustrato nel n. 106, aprile­giugno di Prospettive assistenziali, a seguito dl numerose iniziative il 9 maggio 1994 si è ottenu­to un importante ordine del giorno approvato dal Consiglio comunale di Torino, che impegnava la Giunta municipale ad attivarsi in più direzioni, sia nell'ambito del pubblico, che del privato, per creare opportunità di lavoro anche per le perso­ne con handicap intellettivi e/o fisici con limitata autonomia.

Un punto dell'ordine del giorno riguardava an­che le cooperative sociali, che rappresentano, ovviamente, una delle occasioni ma non l'unica che il mercato del lavoro offre.

Riportiamo qui di seguito l'esito dei primi risul­tati ottenuti, consapevoli che è importante conti­nuare ad impegnarsi perché, oltre al canale del­le cooperative, si aprano anche quelli delle aziende pubbliche e private per nuove assun­zioni.

 

Dall'ordine del giorno alle assunzioni

Il 27 marzo 1995, a circa un anno di distanza dall'approvazione dell'ordine del giorno, la Città di Torino e le organizzazioni rappresentative delle cooperative sociali (2) hanno siglato un protocollo d'intesa diretto a coordinare e svilup­pare iniziative di inserimento e reinserimento la­vorativo riguardanti alcune fasce deboli di lavo­ratori di difficile collocazione: handicappati in­tellettivi, ex-tossicodipendenti, ex-detenuti, ma­lati mentali (3).

È stato così attuato il punto 6 del sopra citato ordine del giorno, che stabiliva di «valutare ogni possibilità di affidare in appalto alle cooperative sociali, secondo quanto previsto dalla legge 3811 1991, lavori attualmente destinati ad altre impre­se, che possono favorire l'assunzione di persone handicappate».

Infatti nella delibera del 17 giugno 1994, ri­guardante la pulizia delle scuole, è previsto quanto segue: «... vi è da considerare la rilevante opportunità sociale che si realizza per effetto dell'inserimento e dell'integrazione lavorativa di persone svantaggiate o delle fasce più deboli della popolazione che altrimenti non troverebbe­ro sistemazione nel mondo del lavoro in ragione di concorrenzialità, inserimento per altro previsto dalla legislazione nazionale e regionale in mate­ria di disciplina delle cooperative sociali. Si è pri­vilegiato il ricorso alle cooperative sociali ai sensi della legge 381 dell'8 novembre 1991 e della legge della Regione Piemonte del 9 giugno 1994 n. 18, per i fini solidaristici sopra descritti».

AI riguardo è noto che «gli art. 5 della legge 381/1991 e l'art. 13 della legge regionale n. 18/ 1994 consentono agli Enti pubblici, in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, di stipulare convenzioni con cooperative sociali, che svolgono attività di cui all'art. 1, comma 1, lettera b, per la fornitura di beni e di servizi, perché finalizzate a creare op­portunità di lavoro per persone svantaggiate di cui all'art. 4, comma 1, della medesima legge 381/91».

La suddetta delibera, predisposta dagli As­sessori all'istruzione e al lavoro del Comune di Torino, affida l'appalto per la pulizia di 45 scuole elementari a 8 cooperative sociali che hanno assunto 138 lavoratori, appartenenti alle cate­gorie precedentemente elencate. Tra questi, 65 sono handicappati intellettivi assunti con orario part-time con in media 20-22 ore settimanali di lavoro, anche allo scopo di poter continuare a mantenere l'iscrizione all'ufficio di collocamento e non perdere l'anzianità acquisita.

I giovani handicappati sono stati individuati nella misura di 6 o 7 per ogni circoscrizione del­la Città di Torino, secondo i seguenti criteri:

- invalidità superiore al 45%;

- conoscenza della loro situazione da parte dei servizi del territorio;

- iscrizione all'ufficio di collocamento. Priorità è stata riconosciuta agli ospiti di co­munità alloggio, alla frequenza di programmi educativi/occupazionali presso cooperative. Inoltre si è tenuto conto della situazione econo­mica familiare e dell'anzianità di iscrizione al collocamento.

L'età degli handicappati intellettivi assunti è compresa tra i 20 e i 49 anni. Quasi tutti hanno frequentato i corsi prelavorativi istituiti dal Co­mune di Torino (4).

 

Primi risultati ottenuti dell'inserimento lavorativo

I primi risultati dell'inserimento lavorativo degli handicappati intellettivi e degli altri soggetti so­no positivi. Vi è soddisfazione da parte delle di­rezioni didattiche interessate. In questi giorni l'appalto è stato rinnovato anche per il prossimo anno scolastico.

Inoltre, è stato stipulato un protocollo d'intesa con le Organizzazioni sindacali confederali e autonome, che prevede l'attivazione di un osser­vatorio comprendente i rappresentanti dei sog­getti sociali interessati, comprese le Associazio­ni degli handicappati (CSA ed ANFFAS). Lo sco­po è la verifica del buon inserimento dei soggetti "svantaggiati" compreso il rispetto, da parte del­le cooperative; delle condizioni di lavoro previ­ste dal contratto.

 

II ruolo svolto dai volontari del CSA per superare i limiti dell'intesa Comune-Cooperative

Come è stato ricordato, l'accordo siglato tra l'Amministrazione comunale di Torino e le Rap­presentanze delle cooperative si rifà a quanto previsto dalla legge regionale piemontese n. 18/ 1994 "Norme di attuazione della legge 8 novem­bre 1991 n. 381».

L'intesa prevede che le cooperative sociali, che si convenzionano con l'Ente locale, devono assumere soggetti svantaggiati nella percentua­le di almeno il trenta per cento dei lavoratori del­la cooperativa.

Ma chi sono i soggetti "svantaggiati"?

È questo uno dei nodi con i quali il CSA ha dovuto fare i conti, per tutelare gli handicappati intellettivi e ottenere la loro assunzione da parte delle cooperative, che avevano ottenuto l'appal­to delle pulizie.

Infatti, sia la legge 38111991, che la legge del­la Regione Piemonte n. 18/1994, con il termine "svantaggiato" si riferiscono soprattutto a per­sone in grado di esprimere capacità lavorative piene, con una resa produttiva ben maggiore di quella che può raggiungere un handicappato in­tellettivo.

Con la stessa definizione di "svantaggiati" so­no considerati infatti: gli ex-tossicodipendenti, gli ex-alcoolisti, i condannati ammessi alle misu­re alternative alla detenzione, i minori in età la­vorativa in situazione di difficoltà familiari, gli ex­degenti in istituti psichiatrici o in trattamento psichiatrico, gli handicappati fisici e sensoriali, gli handicappati intellettivi.

Inoltre, la legge della Regione Piemonte 9 giu­gno 1994 n. 18 "Norme di attuazione della legge 8 novembre 1991 n. 381 - Disciplina delle coo­perative sociali", di fatto esclude ogni possibilità di inserimento lavorativo degli handicappati in­tellettivi e fisici con limitata autonomia, perché non prevede norme specifiche per i soggetti più in difficoltà, e cioè per coloro che hanno un ren­dimento lavorativo limitato e ridotto, anche se proficuo, a causa delle limitazioni causate dalla loro minorazione.

La legge 18/1994 della Regione Piemonte concede contributi a fondo perduto, spesso an­che spropositati, per l'assunzione nelle coope­rative sociali di persone svantaggiate (con o senza handicap). Sono, infatti, erogati finanzia­menti:

- di importo fino a 50 milioni per l'acquisto di impianti, macchinari, attrezzature e automezzi per l'inserimento anche di una sola persona svantaggiata;

- a tasso agevolato per un importo massimo di L. 150 milioni per l'inserimento di almeno tre soci lavoratori;

- per spese di avviamento per una somma non superiore a 20 milioni per le cooperative di nuova costituzione.

Inoltre sono previste altre sovvenzioni:

- per contributi fino ad un massimo del 10% delle spese sostenute;

- per rimborsi fino al 50% degli oneri previ­denziali sostenuti per i lavoratori svantaggiati.

 

L'assunzione di handicappati intellettivi

È ovvio che, a parità di condizioni, le coopera­tive tendano a non assumere gli handicappati intellettivi, ma optino per coloro che hanno uno “svantaggio sociale" che mantiene integra la lo­ro capacità produttiva.

Fondamentale è stato quindi il ruolo di vigilan­za e di pressione svolto dal CSA nei confronti dell'Assessore al lavoro del Comune di Torino, affinché nella trattativa condotta con le coope­rative sociali fra i soggetti svantaggiati fosse prevista esplicitamente una quota di handicap­pati intellettivi.

Purtroppo, anche se sono state realizzate le numerose assunzioni su citate, il CSA non ha ot­tenuto che, nella delibera di cui sopra, fosse precisata la percentuale di handicappati intellet­tivi, che doveva essere obbligatoriamente as­sunta dalle cooperative sociali.

La citazione già in delibera di una quota/per­centuale destinata agli handicappati intellettivi, avrebbe assicurato l'impegno, anche in futuro, del Comune di Torino, alla loro assunzione in occasione del rinnovo degli appalti o dell'avvia­mento di nuovi. Poiché non si tratta quindi di un diritto certo, si dovrà ancora vigilare per ottene­re che, anche nei prossimi appalti, siano assunti handicappati intellettivi.

 

Richieste

Perché l'erogazione di contributi consenta l'assunzione di handicappati con ridotta capaci­tà lavorativa, è necessario che si giunga ad una nuova impostazione della materia e delle leggi nazionali e regionali che la regolamentano.

In particolare:

- si deve valutare la capacità lavorativa dei soggetti;

- gli incentivi devono essere erogati solamen­te ai lavoratori che presentano una oggettiva ri­duzione della resa produttiva; inoltre, i contributi economici dovrebbero favorire soprattutto gli

handicappati intellettivi e fisici con limitata auto­nomia. A questo riguardo va osservato che le percentuali di invalidità (l'unico criterio finora ci­tato nelle normative) non è utile a questo scopo;

- gli incentivi e/o i contributi devono essere previsti per tutte le realtà produttive (non sog­gette all'obbligo della legge 482/1968), che as­sumono soggetti con limitata autonomia e ridu­zione della capacità lavorativa e non limitati alle sole cooperative sociali;

- tutte le disposizioni nazionali, regionali e lo­cali che prevedono contributi e/o fondi destinati alla creazione di nuovi posti di lavoro devono prevedere una quota di posti destinata agli han­dicappati intellettivi.

Citiamo a questo riguardo che, in base alle leggi della Regione Piemonte n. 28/1984 e 44/ 1988, sostituite dalla legge 67/1994, sono stati concessi 2.200 miliardi nel 1993 per l'assunzio­ne di soggetti disoccupati, con l'esclusione de­gli handicappati. Analoga esclusione è prevista dalla legge regionale 30/1994, che prevede fi­nanziamenti alle cooperative artigiane (20 mi­liardi per il solo 1994) finalizzati all'incremento produttivo e occupazionale.

 

Le cooperative sociali: un alibi per non rispettare la 482/1968?

Sono in molti ormai ad avere individuato nella legge 381/1991 una abile iniziativa promossa dalle organizzazioni degli imprenditori allo sco­po di dirottare altrove gli handicappati, che le aziende avrebbero dovuto assumere nel rispetto della legge 482/1968.

Nell'articolo "Per le persone svantaggiate: quale integrazione?" (5) Leonardo Callegari, dell'Associazione Gavroche, giustamente rileva come le cooperative sociali di tipo B (6) in realtà rischino di sviluppare un'inversione di priorità: «Non si punta più all'inserimento in contesti ordi­nari di lavoro delle persone svantaggiate, bensì, accettando il punto di vista aziendalistico, che non ammette fattori di rallentamento o di distur­bo dell'efficienza prestazionale, si creano possi­bilità di lavoro favorendo la costituzione di coo­perative sociali che dovrebbero dare una rispo­sta almeno parziale ad un bisogno di lavoro mas­siccio e altrimenti inevaso, svolgendo al contem­po la funzione di cintura protettiva nei confronti del sistema produttivo "vero".

«Naturalmente, in questa situazione - continua Callegari - il problema occupazionale delle per­sone svantaggiate sarebbe solo apparentemente affrontato, per non dire che sarebbe di fatto igno­rato, stante !a palese impossibilità per la sola cooperativa sociale di farsi carico di una siffatta delega.

«Anche dal punto di vista qualitativo gli esiti non potrebbero essere che negativi, vista la sot­tesa concezione di politica sociale decisamente assistenziale, con un genere di cooperazione so­ciale meramente compensativo di deficit sistemi­ci e vero e proprio strumento subalterno di con­trollo ghettizzante delle diversità (7).

«La cooperazione sociale potrebbe ergersi a orientamento di politica sociale e a strategie, non assistenziali, che si mantengono volte all'inseri­mento e all'integrazione lavorativa delle persone svantaggiate prioritariamente in contesti ordinari.

«Le cooperative sociali di tipo B, non verrebbe­ro create e concepite come una sorta di cintura protettiva, di contenitore del disagio non compa­tibile con le ferree leggi di mercato e con le rego­le dell'efficienza aziendale [...].

«Le imprese, quindi, dovrebbero fare la loro parte per affrontare il problema occupazionale delle persone svantaggiate, pur entro modalità meno burocratiche e più rispondenti alle loro specifiche esigenze e con tutte le gradualità im­poste dalla crisi; crisi, che, però non dovrebbe essere assunta, comodamente, come alibi per non ottemperare ad impegni sociali giuridica­mente sanciti, e, quasi, sistematicamente elusi anche in periodi di sviluppo».

Non può essere pertanto la cooperativa l'uni­co "contenitore", perché il rischio di emargina­zione e ghettizzazione è decisamente forte.

Per quanto concerne gli handicappati e, tra questi, quanti hanno riduzione della capacità la­vorativa, il settore pubblico può svolgere un ruo­lo mediatorio, come è il caso del Comune di To­rino che ha condizionato le cooperative sociali di tipo B, che avevano ottenuto gli appalti di puli­zia delle scuole, ma non può essere la coopera­tiva la sola risposta dell'istituzione.

Se è vero che l'ente pubblico deve svolgere un ruolo politico/mediatorio e sostenere anche economicamente le cooperative sociali di tipo B, che assumono handicappati con capacità lavo­rative ridotte, pena il venir meno del mandato solidaristico, è altrettanto vero che se non ven­gono apportate le modifiche sostanziali che ab­biamo indicato - oggi come oggi - l'erogazione dei contributi, anche rilevanti, alle sole coopera­tive sociali, non tutela affatto questa categoria di persone. Come abbiamo visto, non li rende più appetibili rispetto ai lavoratori normodotati, in molti casi non prevede proprio gli handicappati (neppure quelli con capacità lavorativa piena) tra i soggetti che le cooperative devono assu­mere per ottenere finanziamenti, riduce le op­portunità di lavoro degli handicappati escluden­do dai contributi le decine di migliaia di aziende pubbliche e private non costituite come coope­rative.

Conclusioni

Valutiamo positiva e, speriamo, esportabile l'iniziativa del Comune di Torino. Tuttavia, per evitare di dover lottare ad ogni indizione di ap­palto per ottenere una quota di assunzione di handicappati intellettivi nelle cooperative, sarà necessario adoperarsi per ottenere delibere che impegnino i Comuni a riservare obbligato­riamente agli stessi handicappati intellettivi una percentuale (ad esempio il 5%) delle assunzioni previste in base alla legge 381/1991.

Invitiamo le associazioni degli handicappati e del volontariato ad intervenire anche presso le rispettive Regioni e il Parlamento perché siano apportate modifiche sostanziali alla legge 381/ 1991 e alle conseguenti legislazioni regionali di recepimento al fine di tutelare davvero gli handi­cappati intellettivi.

 

 

 

 (1) Cfr. E. De Rienzo, C. Saccoccio, M.G. Breda, li lavoro conquistato - Storie di inserimenti di handicappati intellettivi in aziende pubbliche e private, Rosenberg & Sellier, Torino, 1991.                .

(2) Hanno siglato il protocollo d'intesa la Lega nazionale cooperative e mutue, l'Associazione generale delle coope­rative italiane, la Confederazione delle cooperative italiane e l'Unione italiana delle cooperative.

(3) L'intesa è stata preceduta dalle delibere dei Comuni di Torino del 17 giugno 1994 "Convenzione con cooperati­ve sociali per l'incarico del servizio di pulizia nelle scuole elementari della Città per l'anno scolastico 1994/95" e del 30 dicembre 1994 "Riserva alle cooperative sociali di una quota fondi previsti dal bilancio comunale per la fornitura di beni e servizi legge 381/1991 e legge regionale 18/ 1994”.

(4) Dal 1984 il Comune di Torino ha previsto, nell'ambito dei normali Centri di formazione professionale della Città, corsi prelavorativi (della durata di tre anni) per giovani handicappati intellettivi con potenzialità lavorative. Per un approfondimento suggeriamo la lettura dei testi: E. De Rienzo, C. Saccoccio, M.G. Breda, op. cit., e M.G. Breda, M. Rago, Formare per l'autonomia - Strumenti per la prepara­zione professionale degli handicappati intellettivi, Rosen­berg & Sellier, Torino, 1991.

(5) Cfr L. Callegari, "Per le persone svantaggiate: quale integrazione?", in L'ente di ingrandimento, n. 2, marzo-apri­le 1994.

(6) Si tratta di cooperative che svolgono attività diverse (agricole, industriali, commerciali o di servizi) finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

(7) Favorevole a questa concezione assistenzialistica delle cooperative è anche il Presidente della Fondazione Italiana per il Volontariato. Cfr., in questo numero l'edito­riale.

 

 

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