Prospettive assistenziali, n. 112, ottobre-dicembre 1995

 

 

Notiziario del Centro Italiano per l’adozione internazionale

 

 

CONFERENZA DI PECHINO DICHIARAZIONE SULLE DONNE

 

Il CIAI è lieto di proporre il documento elabora­to dalle Organizzazioni non governative durante la Conferenza di Pechino. Il documento è stato gentilmente messo a disposizione dal settimana­le "ll paese delle donne".

 

A dieci anni di distanza dalla Conferenza di Nairobi, nessun Governo ha applicato piena­mente le "Forward looking Strategies". Viviamo in un mondo segnato dall'aumento di povertà, ineguaglianza, ingiustizia, disoccupazione, una crescita economica che produce distruzione ambientale, guerra, sessismo, razzismo, xenofo­bia, omofobia e altre forme di discriminazione e violenza contro le donne. Inoltre, l'intrecciarsi di genere, razza e povertà concentrano forme di discriminazione per molte donne di colore.

Noi donne Ong (Organizzazioni non governati­ve) del mondo, ricche della nostra diversità, ci siamo incontrate, insieme ai nostri Governi, in una grande conferenza globale, sempre per far luce sulle questioni delle donne e delle barriere esistenti, al fine di raggiungere eguaglianza, svi­luppo e pace. Noi crediamo che questi obiettivi possano essere raggiunti se si porrà fine all'op­pressione delle donne e delle bambine, attraver­so la piena partecipazione delle donne stesse nelle decisioni a livello nazionale e internaziona­le con la trasformazione delle strutture sociali, economiche e politiche che oggi sono le re­sponsabili della perpetuazione di povertà, raz­zismo, ineguaglianza, ingiustizia, disoccupazio­ne, violenza e guerra.

Alla soglia dei 50° anno dalla costituzione del­le Nazioni Unite, a dispetto dei numerosi impe­gni presi dagli Stati membri, i diritti umani ri­guardanti le donne non sono ancora stati rispet­tati, difesi e definiti come inalienabili, indivisibili, universali.

Le risorse sono state abbondantemente sper­perate nelle spese militari senza ottenere né pa­ce né sicurezza in cambio. II modello di sviluppo dominante e l'economia di mercato globale ge­nera una grande quantità di beni materiali per pochi e l'impoverimento di molti, fa aumentare il numero dei senza casa, il razzismo e la degra­dazione ambientale, incoraggia un surplus di consumi e la proliferazione delle armi; depaupe­rizza le nostre risorse naturali, inquina aria, ac­qua e suolo e contribuisce alla violazione dei di­ritti civili, economici e politici delle donne.

II modello di crescita corrente non riesce a venire incontro ai bisogni materiali e spirituali dei popoli.

Le donne sono le maggiori produttrici di ogni economia, ma molto del nostro lavoro non viene riconosciuto ed è sottovalutato. Noi svolgiamo i due terzi del lavoro mondiale mentre guadagnia­mo solo il 5% delle entrate, il nostro lavoro rap­presenta un sostegno invisibile per la prosperità del mondo.

La globalizzazione delle cosiddette "economie di mercato" del mondo è ovunque la causa dell'aumento della femminizzazione della pover­tà. Ciò viola la dignità e i diritti umani, l'integrità del nostro ecosistema e dell'ambiente e rappre­senta una seria minaccia per la nostra salute. L'economia globale, governata da istituti finan­ziari internazionali - la World Trade Organization - e le corporazioni transnazionali impongono programmi di aggiustamento strutturale per i Paesi del Sud e ristrutturazioni economiche nei Paesi del Nord in nome dell'equilibrio fiscale. II risultato è stato l'aumento della povertà, dei de­biti, della disoccupazione.

Le riduzioni che ne sono venute nei program­mi e servizi sociali, nell'area della salute, dell'educazione e della casa vanno a colpire proprio quelle persone che si intenderebbe aiu­tare. I media, controllati da corporazioni multina­zionali agiscono come strumento di controllo sociale, negando alle donne il diritto ad una li­bera comunicazione.

Sostenute dalla saggezza delle più anziane tra noi, ispirate dalle donne native dei diversi paesi, caricate di energia dalla gioventù e soste­nute dalla nostra sorellanza, noi invochiamo la fine di queste condizioni e rifiutiamo di accettar­le come inevitabili per il futuro dell'umanità. I di­ritti delle donne sono diritti umani.

 

Ci rivolgiamo a tutti i Governi:

 

- per riconoscere e garantire a tutte le donne uguale diritto a un decente standard di vita, sa­lute,acqua e aria pulita, cibo sufficiente, vestia­rio e sanità, un'abitazione adeguata, adeguata sicurezza e assicurazione sociale, educazione e assistenza legale, così come stabilito nell'accor­do dell'International Covenant of Economic, So­cial and Culture Rights;

- per un'azione immediata riguardo alla can­cellazione dei debiti multilaterali, per rafforzare la responsabilità delle istituzioni finanziarie in­ternazionali e assicurare che tutti gli accordi di lavoro internazionali rispettino la legislazione sui diritti umani, gli standard internazionalmente ri­conosciuti in materia di lavoro e la protezione dell'ambiente. I diritti economici sono diritti uma­ni;

- per porre fine ai movimenti migratori, all'ac­cumulo e commercio di scorie radioattive ri­schiose e tossiche;

- per promuovere e usare scienza e tecnolo­gia per scopi di pace, centrati sulla persona e sullo sviluppo sostenibile e ecologicamente sa­no;

- per incoraggiare, non ostacolare, la libera espressione, la piena partecipazione e il pieno accesso delle donne disabili in organizzazioni governative e non governative locali, nazionali, internazionali;

- per riconoscere e incrementare iniziative di donne povere ed emarginate, includendole a pieno titolo nella pianificazione e distribuzione delle risorse;

- non equivocare o imporre credenze religio­se o pratiche che appartengono alle tradizioni delle donne in modo da negare loro diritti umani inalienabili;

- noi chiediamo anche l'abolizione di tutte quelle leggi e pratiche che negano alle bambine e alle donne uguali diritti e non consentono uguali diritti in questioni di successione ed ere­dità;

- rettificare leggi sulla proprietà intellettuale così da rendere le donne indigene le prime be­neficiarie dell'uso commerciale della loro cono­scenza;

- rifiutare il militarismo in tutte le sue forme e creare una cultura di pace e di diritti umani. Gli 800 miliardi di dollari che si spendono annual­mente debbono essere riconvertiti per scopi di pace, per trasformare la produzione militare a fi­ni socialmente utili. I Governi debbono abolire le armi per la distruzione di massa vietando espe­rimenti, vendita e stoccaggio di materiale nu­cleare, chimico, biologico e ogni altro armamen­to. La produzione, vendita ed uso di tutte le mine anti uomo devono essere banditi. Chiediamo che i nostri Governi operino insieme al fine di ri­solvere i conflitti senza usare la violenza e che essi includano a pieno titolo le donne nelle ini­ziative per la costruzione di pace e la risoluzione dei conflitti;

- per impegnare le rispettive commissioni a misurare e valutare il lavoro sottopagato delle donne e a calcolarlo nelle previsioni del Prodot­to interno lordo di ciascuna Nazione. I modelli dominanti di sviluppo si sono basati sullo sfrut­tamento delle risorse del Sud da parte del Nord e sul trasferimento delle idee, tecnologie e me­todologie dal Nord verso il Sud. Noi dobbiamo costruire in base ai modelli alternativi che già esistono sia al Nord che al Sud, che siano fon­dati sull'eguaglianza, reciproco rispetto, vera partecipazione e che tengano conto di tutte le donne. Questi modelli devono essere economi­camente e socialmente equi e rispettosi del contesto ambientale. Tutti i progetti di sviluppo devono tener conto degli effetti sulle donne in­cludendo il lavoro aggiuntivo imposto loro da una insostenibile e inappropriata tecnologia.

Le donne delle Ong del mondo si appellano a tutti i Popoli e Governi perché riconsiderino e trasformino radicalmente concetti, impostazioni e strutture nel governare la vita economica e so­ciale e per agire in base alle nostre raccoman­dazioni. Questo processo richiederà la piena ed uguale partecipazione di donne di tutte le diver­sità di razze, background, donne anziane e don­ne indigene, donne delle campagne e delle città, donne disabili, immigrate ed emigrate, rifugiate, donne profughe, donne di diversi orientamenti sessuali e tutte le donne emarginate.

 

Noi chiediamo:

 

- accesso per le donne alle strutture politiche a tutti i livelli e un rafforzamento (empowerment) ai livelli decisionali della politica, in forma egua­litaria. Le istituzioni nazionali ed internazionali devono diventare responsabili, trasparenti ed avere una forma di partecipazione aperta. Le donne devono avere libero accesso alle diverse e pluralistiche risorse dell'informazione e dei media che siano culturalmente e linguistica­mente idonei a dare e ricevere informazione. I governi devono sostenere le Ong e garantire la loro piena partecipazione nella pianificazione e sviluppo di programmi e politiche;

- riconoscimento, protezione, risarcimento fi­nanziario, altri tipi di assistenza, status legale per i milioni di donne e bambini, vittime del nu­cleare o di altre catastrofi ambientali, molte di esse vittime o orfane che sono state costrette a diventare immigrate, emigrate, rifugiate, profu­ghe o forzate a condizioni di schiavitù sessuale come risultato della guerra, dell'occupazione straniera, di ingiustizie politiche e socioecono­miche. Ogni sforzo dovrà essere fatto per pro­teggere le popolazioni civili dagli effetti negativi di sanzioni economiche che compensano i loro diritti economici e umani;

- accesso ad un sistema sanitario universale, di alta qualità, non discriminatorio, che usi tutte le grandi diverse possibilità disponibili nei vari sistemi mondiali in luogo della superdipendenza attuale dei medicinali che curano in eccesso e ammalano i corpi delle donne. Noi richiediamo a tutti i Governi di sponsorizzare e sostenere la ri­cerca per il controllo delle donne nella preven­zione e cura dell'Hiv/Aids, per proibire ogni forma di discriminazione di donne affette da queste malattie e per garantire loro l'accesso alla for­mazione, cura, sostegno e trattamento per Hiv/ Aids;

-sviluppo e sostegno di azioni positive sia nel privato che nel pubblico per assicurare l'egua­glianza delle donne;

- cambiamento da parte dei media dell'uso negativo, sessualizzato, dell'immagine di donne e bambini e dello sfruttamento che se ne fa; che venga trasformato in positivo nel rispetto della nostra dignità e diversità;

- una nuova forma di educazione per tutti i bambini, a cominciare dal primo livello, per sensibilizzarli riguardo ai diritti umani, alle questioni relative al genere, alla soluzione non

violenta dei conflitti, sollecitando il bisogno di pace nel mondo;

- una piena utilizzazione del decennio delle Nazioni unite per "I'educazione ai diritti umani" centrata sulla prevenzione delle violazioni dei diritti umani contro le donne;

- nuove e aggiuntive risorse finanziarie e tec­niche per utilizzare con pieno successo i piani e gli impegni assunti in occasione delle Conferen­ze di Nairobi, Rio de Janeiro, Vienna, Cairo, Co­penhagen e Pechino, affinché gli Stati membri adempiano gli obblighi assunti con la Conven­zione sull'eliminazione di tutte le forme di discri­minazione contro le donne.

 

Pechino, 15 settembre 1995

 

 

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