Prospettive assistenziali n. 112 ottobre-dicembre 1995
SENTENZA A FAVORE DELL'INSTALLAZIONE DI UN MONTASCALE
Riportiamo il provvedimento assunto dal Pretore di Bologna, Dottssa E Candidi Tommasi, che autorizza una persona con handicap a installare a sue spese un montascale, nonostante il parere contrario di parte dei condomini.
II Pretore; sciogliendo la riserva, rileva quanto segue: con ricorso ai sensi dell'art. 700 del codice di procedura civile, depositato in data 29 marzo 1995 Z.L. riferiva di essere invalido civile al 100% ed impossibilitato alla deambulazione; di risiedere in un appartamento, del quale è comproprietario insieme con la moglie, sito in Bologna via B. n. 7 al terzo piano e sprovvisto di ascensore; di avere comunicato agli altri condomini la sua intenzione di procedere a proprie spese alla installazione di un apparecchio montascale in conformità alla previsione di cui all'art. 2 comma 2 della legge 13/1989, tenuto conto della mancata approvazione da parte di tutti i condomini del progetto di installazione di un ascensore; di avere riscontrato il dissenso del condominio di fronte alla sua manifestata intenzione.
Chiedeva, pertanto, che con provvedimento d'urgenza venisse ordinato al condominio di consentire la immediata installazione del suddetto apparecchio montascale - di cui produceva progetto - in considerazione del danno irreparabile alla sua vita conseguente alla sua attuale impossibilità di uscire dalla abitazione.
II condominio si costituiva in persona del suo amministratore L.L., eccependo preliminarmente la incompetenza di questo Pretore, trattandosi di causa di valore indeterminato; nel merito, riservandosi di chiedere una consulenza tecnica d'ufficio (CTU) medico-legale relativa alle condizioni fisiche del ricorrente, evidenziava che il disposto dell'art. 1120, comma 2° del codice civile, la cui applicazione viene fatta salva dal comma 3 del citato art. 2 della legge 13/1989, non consentiva l'installazione del montascale, trattandosi di innovazione non consentita, mutando sostanzialmente il vano scale; chiedeva quindi CTU sul punto, la quale veniva disposta.
Ciò premesso, in primo luogo deve essere respinta la eccezione di incompetenza, rilevato che questo Pretore risulta competente ai sensi dell'art. 6, n. 4 c.p.c.
Per quanto poi riguarda l'applicabilità al caso in esame della normativa di cui alla legge 13/ 1989, la risposta deve essere affermativa in considerazione dei numerosi documenti prodotti al proposito dal ricorrente, tra i quali, da ultimo, la valutazione in data 27 marzo 1993 della apposita commissione, la quale ha ritenuto la grave insussistenza sia della indipendenza fisica che della mobilità di Z.L.; d'altro canto, la stessa parte resistente, mentre si era riservata nella comparsa di costituzione di richiedere CTU medicolegale, non ha poi avanzato tale richiesta, non contestando altrimenti la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della legge 13/1989.
Pertanto, l'oggetto del contendere tra le parti resta l'applicabilità dell'art. 1120, comma 2, del codice civile; si ricorda, infatti, che l'art. 2, comma 2, della legge 13/1989 prevede che il portatore di handicap, nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto le deliberazioni di cui al comma 1 (e cioè quelle relative alle innovazioni dirette ad eliminare le barriere architettoniche, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e l'installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi), può installare a proprie spese un servoscala, o altre strutture mobili, purché facilmente rimovibili; peraltro, ai sensi dell'art. 2, comma 3, della legge citata, resta fermo quanto disposto dall'art. 1120, comma 2, del codice civile, il quale vieta le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.
Orbene, sulla base delle risultante della disposta CTU va innanzitutto evidenziato che la stabilità e la sicurezza della struttura non vengono compromesse da un punto di vista statico dalla realizzazione del montascale Ceteco; mentre, qualora venisse rimosso, rimarrebbero su ogni gradino solamente le tre forature di montaggio dei montanti, senza altra conseguenza.
Con riferimento al decoro architettonico, si sottolinea che lo stabile di via B. n 7 ha una tipologia costruttiva non di particolare pregio, in quanto tipica delle zone di periferia; ne consegue che il montascale, pur ponendosi ovviamente come elemento strutturale non decorativo ed anomalo, non produce un alteramento del suddetto decoro degno di rilevanza, tenuto conto del suo evidente utilizzo anche per il visitatore occasionale.
Per quanto riguarda il godimento delle scale, questo viene limitato solamente in parte, e cioè durante il tempo necessario ai funzionamento dell'apparecchio (quattro minuti): per il resto, lo stesso presenta un ingombro (circa cm 18) che riduce non in maniera talmente significativa da essere ostativa lo spazio agibile, oltre che la possibilità di uso del corrimano; comunque, qualora una persona bisognosa dell'ausilio del corrimano debba salire le scale, ben potrà usufruire del montascale in questione, con palese suo maggior vantaggio; inoltre, qualora si presentasse l'urgente necessità di accedere alle scale durante l'utilizzo del montascale, questo può fermarsi ad un pianerottolo ed essere momentaneamente richiuso; infine, la conformità al regolamento edilizio comunale - con riguardo alla larghezza delle scale - riguarda gli immobili costruendi, come dimostra la circostanza che anche attualmente l'immobile per cui è causa non è conforme alla citata normativa.
Da quanto esposto deriva che nel caso in questione non sussiste alcuna delle ipotesi di cui all'art. 1120, comma 2 del codice civile; d'altro canto, tale valutazione riguarda da un lato un bene tutelato da una specifica normativa ed a livello costituzionale, mentre dall'altro lato situazioni al confronto suscettibili di una tutela secondaria.
AI proposito si ricorda che, pur se in relazione ad altra situazione, la Suprema Corte ha di recente sottolineato come nella utilizzazione delle parti comuni dell'edificio condominiale si debba tener conto delle complessive evoluzioni tecnologiche con le quali sia necessario il confronto, non operando i relativi divieti nell'ipotesi di installazione di impianti che debbano considerarsi indispensabili per una effettiva abitabilità dell'appartamento (cfr. Cassazione-sentenza 597 del 24 gennaio 1980; sentenza 3105 dell'11 maggio 1981); a maggior ragione tale principio dovrà operare nei casi come quello in esame, tenuto anche conto di quanto disposto dalla legge 13/1989.
Per di più non si può non rilevare come sia stato lo stesso condominio resistente a rifiutare quella che tuttora appare essere la soluzione più ragionevole, in quanto idonea a soddisfare sia le gravi esigenze del più sfortunato condomino Z., sia comunque a tornare utile a tutti gli altri condomini, e cioè la installazione di un ascensore, da ultimo curiosamente auspicata dallo stesso consulente tecnico del condominio, oltre che ritenuta pienamente realizzabile dal CTU; e si ricorda che il ricorrente aveva predisposto anche un progetto per la realizzazione del suddetto ascensore.
Per quanto riguarda infine la sussistenza dei requisiti di cui all'art. 700 del codice di procedura civile, questi risultano tutti presenti: sussiste il diritto soggettivo del ricorrente di far applicare la legge 13/1989; sussistente la imminenza - o, meglio, l'attualità - del pregiudizio del ricorrente, nonché la sua irreparabilità, insite nel fatto stesso di non poter uscire dalla propria abitazione, sia per le specifiche esigenze correlate alla patologia che ha comportato l'handicap.
P.Q.M.
Visto l'art. 700 del codice di procedura civile, ordina al condominio di Bologna via B. n. 7, in persona del suo amministratore L.L., di consentire e non ostacolare la immediata installazione di un apparecchio montascale Ceteco - del tipo di quello descritto nella CTU agli atti - a cura e spese del ricorrente Z.L.
Visto l'art. 669 octies del codice di procedura civile fissa il termine di giorni trenta dalla comunicazione della presenta ordinanza per l'inizio del giudizio di merito.