Prospettive assistenziali, n. 113, gennaio-marzo 1996

 

 

IL NON PROFIT E CHI PUÒ APPROFITTARNE

GIULIANO TABET

 

 

Per gentile concessione dell'Autore e de la Re­pubblica, riportiamo integralmente l'articolo del Prof. G. Tabet pubblicato in data 13 febbraio 1996 nella rubrica "Affari e finanza" del noto quotidiano.

Nell'eredità lasciata dal governo Dini fa, tra l'altro, bella mostra di sé il disegno di legge sulla "Disciplina fiscale delle organizzazioni non lu­crative di utilità sociale (Onlus)", meglio noto co­me progetto Fantozzi-Zamagni sugli Enti non profit.

Le finalità dei progetto '-sono senza dubbio meritorie: semplificare la normativa, ridurre gli adempimenti contabili, incentivare la raccolta di fondi, agevolare gli acquisti gratuiti, detassare gli utili d'impresa e quant'altro, nei confronti di enti privati i quali, perseguendo finalità non lu­crative ma solidaristiche, operano in particolari settori di rilevanza sociale (assistenza, benefi­cenza, sanità, istruzione, cultura, ecc.), sosti­tuendosi allo Stato.

Anche la filosofia di fondo sembrerebbe se­ducente. Si fanno normalmente gli esempi dell'ospedale, appartenente ad una Fondazione, ovvero dell'università o della scuola di proprietà di un'associazione culturale, ovvero della casa di riposo di un ente religioso, ecc. Che bisogno c'è - si dice - che queste benemerite attività siano appannaggio della mano pubblica, noto­riamente inefficiente, pasticciona, dissipatrice ed ora anche compromessa fino al collo con Tangentopoli? Meglio lasciare il campo ai priva­ti, che in fatto di ottimizzazione delle risorse se ne intendono, a patto però che nei loro statuti sia previsto come scopo ultimo dell'azione non già il profitto, ma la solidarietà sociale. Per farla breve: uscire dal welfare per costituire una so­cietà più leggera. Abbasso lo Stato. Abbasso il Mercato. Viva il Terzo settore, l'impresa che non è impresa, il privato che opera nel sociale.

Questi gli spot più ricorrenti che in questi ulti­mi tempi sono comparsi su certa stampa da parte dei sostenitori, non tutti proprio disinteres­sati, del progetto.

Già. Perché la contropartita fiscale riservata alle Onlus è assai generosa, forse troppo per un paese di furbi come l'Italia.

Se si va a spigolare tra le norme ci si avvede, infatti, che gli enti riconosciuti come Onlus sono completamente esentati dalle imposte sui redditi derivanti da tutte le attività industriali e commer­ciali da essi svolte; che sugli acquisti di immobili pagano un'aliquota Iva irrisoria del 4%; che non sborsano mai una lira per i tributi di Registro ed Invim ed altro ancora.

Lo stupore aumenta se, di fronte a tanta e in­solita generosità del fisco, si pensa di trovare dei rigidi vincoli per godere delle agevolazioni. Se, per esempio, per un ente che ha come sco­po istituzionale lo svolgimento di attività di soli­darietà sociale nel settore della salute ci si at­tende che siano detassati soltanto gli utili deri­vanti dalla gestione di un presidio medico o di un ospedale; ovvero, per gli utili derivanti da atti­vità strettamente connesse a quella principale, sia posto un preciso vincolo di reimpiego diretto nelle attività socialmente meritorie. Invece no!

Se il nostro ente è una Onlus e possiede an­che un supermarket, tutto l'utile di questo - stando all'attuale progetto - non paga imposte. Non basta. Salvo errori, nessuna norma, allo stato dei lavori, vieta di destinare questi utili a ri­serva oppure al finanziamento dell'acquisto di un altro supermercato o altri ancora, i cui utili siano strumento di finanziamento dell'attività istituzionale dell'ente.

Narrano gli storici che circa mezzo secolo fa negli Stati Uniti scoppiò lo scandalo della "ma­caroni connection". La New York University, tipi­co ente non profit, era diventato uno dei princi­pali produttori di pasta di tutto il paese perché, sfruttando i privilegi fiscali accordati dalla legi­slazione allora vigente, batteva la concorrenza. La legge fu cambiata, detassando rigorosamen­te i soli utili di impresa correlati agli scopi istitu­zionali. Da noi, che facciamo i primi passi in questo campo, c'è il pericolo di commettere gli stessi errori.

Ottenere la patente di Onlus è dunque un tra­guardo molto ambito. Ma è giusto che si sappia che possono concorrere non soltanto organiz­zazioni veramente benemerite perché erogano servizi sociali a prezzi fuori mercato (per esem­pio, enti di beneficenza o volontariato) o perché svolgono solo attività di pubblico interesse (per esempio, studio dei tumori, difesa dell'ambiente, tutela della salute), ma anche strutture più complesse, espressione di interessi e di poteri forti esistenti nella società civile le quali perse­guono anche altri scopi non sempre confessati o confessabili. Di contro, le istituzioni pubbliche sono bandite solo perché si chiamano pubbli­che.

Basta allora optare per la clausola statutaria di non distribuzione degli utili ed ecco che sog­getti del tipo Opus Dei, Compagnia delle Opere e loro derivati, Fondazioni bancarie in attesa di privatizzazione, società cooperative di qualun­que dimensione e tasso di mutualità, enti eccle­siastici versati in attività profane, avranno diritto di entrare sul mercato per intraprendere, esen­tasse, qualunque attività industriale o mercantile reputata necessaria per il loro finanziamento. E non si pensi che il divieto di distribuzione (san­zionato da draconiane ma italiche sanzioni) co­stituiscano una seria remora all'azione. Enti di questo tipo non operano per fare arricchire so­ci, associati o amministratori, ma per proteggere e diffondere ben noti valori.

Avremo dorate cliniche riservate ai ricchi soci cooperatori, scuole confessionali ed università private per i loro figli, potenti Fondazioni-holding che accumulano profitti e formano manomorta; case editrici, network di informazione e di distri­buzione e quant'altro, collegate alle formazioni sociali più forti: il tutto finanziato dallo Stato at­traverso la franchigia d'imposta.

Quanti convegni degli Amici del Mondo o del Movimento Salvemini furono dedicati al finanzia­mento della scuola privata ed alla tassazione degli enti confessionali, non saprei dire. Ricordo però la presenza, sempre in prima fila, di chi è attualmente incaricato di formare il governo del­la Repubblica (1).

Anche per la ricerca di una più equa soluzio­ne al problema della tassazione delle Onlus: au­guri vivissimi, caro presidente!

 

(1) Si tratta dell'on. Maccanico (n.d.r.).

 

 

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