Prospettive assistenziali, n. 113, gennaio-marzo 1996

 

 

LA RIFORMA DELL'ADOZIONE DEI FALSI PROGRESSISTI: UNA LETTERA DELL'ON. MELANDRI E LA NOSTRA REPLICA

 

 

In merito all'articolo "L'adozione dei minori in situazione di abbandono e i falsi progressisti", pubblicato sul n. 112, ottobre-dicembre 1995 di Prospettive assistenziali, l'on. Giovanna Melandri ha inviato al nostro direttore la lettera che ripro­duciamo integralmente.

 

L'articolo recentemente apparso sulla vostra rivista in materia di adozioni, da Lei inviatomi alla fine dello scorso anno, non ha potuto non susci­tare in me notevoli perplessità.

Per andare, saltando ogni preambolo, alla que­stione che interessa sia me che Lei, vorrei subito chiarirLe che sono senz'altro disponibile al dialo­go e alla discussione, sul tema dell'adozione così come su altri temi, ma non fino al punto di tolle­rare critiche immotivate ed intenti provocatoria­mente demonizzanti.

Cito dall'articolo: «Sopprimere per l'adozione la differenza massima di età, consentirebbe l'adozione di un neonato anche ad un ottanten­ne»; cito inoltre: «Permettere l'adozione anche alle persone singole, aprendo in tal modo la strada anche agli omosessuali, se non ai pedofi­li». Infine: «È auspicabile che i parlamentari... non strumentalizzino i più deboli per raccogliere consensi di comodo».

Mi perdoni, ma non permetto che si banalizzi a tal punto una proposta che muove da tutt'altri presupposti; che non si sia d'accordo su un pun­to come quello dei limiti di età o della possibilità per le persone singole di adottare è una cosa, ma controbattere alle iniziative altrui caricaturan­dole e colorandole di tinte fosche e intenti immo­rali, se non addirittura illegali, è un atteggiamento che trovo francamente eccessivo.

L'idea da cui parte la proposta recentemente presentata alla Camera è quella che a garantire la realizzazione del miglior interesse del minore non debbano essere divieti e paletti posti dal le­gislatore nei confronti di chi intende esprimere la propria disponibilità all'adozione, ma al contrario criteri di scelta attenti e ragionati e percorsi all'in­ferno dei quali le famiglie così formatesi siano appoggiate ed assistite anche nei momenti suc­cessivi all'adozione.

Per quanto concerne la Sua ripetuta e insistita preoccupazione circa l'aggravio del lavoro dei Tribunali, pur riconoscendone la fondatezza, ri­vendico il diritto del legislatore, de iure conden­do, di disegnare prospettive di riforma che non li­mitino i diritti dei cittadini ma, al contrario, miglio­rino ed adeguino le strutture giudiziarie e quelle socio-assistenziali alle nuove necessità.

Non si preoccupi, so bene quanto Lei che dei bambini presenti negli istituti italiani solo una pic­cola parte viene ogni anno dichiarata adottabile, ma La prego di ricordare che quando parliamo di infanzia abbandonata dobbiamo anche varcare i confini del nostro Paese e ricordarci delle centi­naia di migliaia di bambini in stato di abbandono nel mondo.

Nell'ottica della Convenzione de I'Aja vanno senz'altro privilegiate le risposte che favoriscano la permanenza del minore nel proprio Paese di origine, ma non nascondiamoci ipocritamente dietro questa scusa e accettiamo il fatto che oggi in molti casi, fra le risposte possibili, quella mag­giormente praticabile è l'adozione internazionale.

Quando si parla di adozione non si può utiliz­zare un'ottica parziale che ignori totalmente il di­scorso relativo all'adozione internazionale. È questo, secondo me, uno dei punti qualificanti di questa proposta, che muove dall'intento di dare attuazione pratica nel nostro ordinamento alla Convenzione de I'Aja; in questo senso mi colpi­sce il totale disinteresse mostrato dal Suo gior­nale, che non una sola parola ha dedicato a que­sto argomento.

Mi chiedo allora la ragione di questo disinte­resse vedendo che la Sua rivista, pronta a scan­dalizzarsi di fronte all'ipotesi che un single possa adottare un bambino, non spende una sola paro­la, in questa difesa a volte acritica della 184, sul fatto che le maglie eccessivamente larghe di questa legge in materia di adozione internazio­nale troppo spesso hanno consentito la creazio­ne di traffici e speculazioni le cui vittime sono i bambini. Chi si fa portatore degli interessi dell'in­fanzia non può poi operare una scelta in base al­la nazionalità: i bambini da tutelare non sono so­lo i nostri, sono tutti.

Se c'è un dato che deve far preoccupare, que­sto è semmai quello relativo al crescente numero dei fallimenti adottivi. Da un lato quindi bisogna evitare che un troppo facile ricorso al "fai-da-te" per l'adozione internazionale crei situazioni nelle quali i genitori adottivi, trovatisi troppo facilmente con un bambino che, venuto dall'estero, presenta necessità a cui essi sono impreparati a far fronte, una volta resisi conto delle difficoltà, lo "restitui­scano"; dall'altro bisogna prevedere che l'espe­rienza adottiva, sia nazionale che internazionale, proprio per cercare di evitare fallimenti, sia pre­parata prima e seguita anche dopo il momento dell'inserimento del minore in un nucleo familia­re. E a queste due diverse esigenze tenta di dare una risposta la proposta di legge.

Quanto, infine, all'invito, più e più volte ripetuto, a documentarsi in maniera approfondita quando si affronta un tema così delicato, è un invito che rigiro con la stessa solerzia alla Sua rivista. Cito nuovamente: «È inoltre allarmante che nella pro­posta sia previsto che il Tribunale per i mino­renni deve in ogni caso informare i richiedenti su fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini svolte». La invito ad andarsi a leggere l'art. 22 comma 5 dell'attuale testo della 184 per rendersi conto che questa previsione, che tanto L'allarma, è già contenuta nella nostra legge sul­le adozioni.

È per questo, caro Direttore che, pregandoLa di rendere nota ai Suoi lettori questa lettera pub­blicandola sulla Sua rivista e restando senz'altro a Sua disposizione per ogni ulteriore chiarimento e discussione su un argomento, quale quello dell'adozione, che mi vede documentata e moti­vata esattamente come Lei, La invito ad un dialo­go (o anche, eventualmente, ad un incontro con i parlamentari progressisti che hanno firmato que­sta proposta di legge) che parta dal riconosci­mento dell'onestà intellettuale di ciascuno degli interlocutori e a cui si arrivi privi della pretesa di essere i soli detentori del "monopolio" della comprensione dei problemi dell'infanzia. Altri­menti ogni possibilità di dialogo viene, purtroppo, meno.

 

La replica di "Prospettive assistenziali"

L'on. Melandri non smentisce - né potrebbe farlo - che la proposta di legge da lei presenta­ta abbia anche lo scopo di consentire l'adozione di un neonato da parte di un ottantenne.

Di fronte a questa constatazione l'on. Melandri si inalbera scrivendo: «Non permetto che si ba­nalizzi a tal punto una proposta che si muove da tutt'altri presupposti».

Ci scusi. Ma se la sua proposta rende possi­bile - lo ripetiamo - l'adozione di un neonato da parte di un ottantenne, la segnalazione di que­sto fatto (anzi, più precisamente, di questo fat­taccio), significa "banalizzare" una iniziativa o invece - come noi crediamo - è un compito che devono (sul piano etico, s'intende) assolvere le persone ed i gruppi che operano per la tutela dei diritti di coloro - come i bambini - che non sono in grado di autodifendersi?

D'altra parte l'esistenza di pressioni da parte di vecchi della terza e addirittura della quarta età per l'adozione di bambini anche in tenerissi­ma età, non è una fisima nostra. È, purtroppo, una sconvolgente esperienza di coloro che - noi eravamo fra questi - hanno toccato con le proprie mani le assurdità abbastanza frequenti che si verificavano prima dell'entrata in vigore della legge 431/1967 quando - lo sottolineiamo con vivissima preoccupazione - vigevano nor­me che l'on. Melandri vorrebbe reintrodurre, as­surdità che hanno danneggiato, spesso irrime­diabilmente i minori coinvolti.

Pertanto abbiamo lottato con tutte le nostre forze e lotteremo per evitare che queste situa­zioni si ripetano: abbiamo sempre voluto e vo­gliamo che l'adozione risponda alle esigenze dei minori senza famiglia e non alle pretese - com­prensibili ma inaccettabili - dei coniugi o delle persone singole senza figli.

Per quanto riguarda l'adozione da parte di persone singole, l'onorevole progressista ci ac­cusa di controbattere alle sue proposte «carica­turandole e colorandole di tinte fosche e intenti immorali».

Si tranquillizzi: non abbiamo nessuna inten­zione di cadere in esagerazioni o di fare proces­si alle intenzioni: la nostra posizione è la conse­guenza di dolorosissime esperienze di bambini adottati da persone singole con disturbi, anche profondi della personalità.

AI riguardo ricordiamo la vicenda della signo­rina torinese Margherita B., insegnante, che ac­colse ben quattro bambini e che venne ricovera­ta con trattamento sanitario obbligatorio per «stato delirante, agitazione psicomotoria e mania di persecuzione». A seguito dell'aggravamento dei suoi disturbi psichici, peraltro presenti prima dell'adozione dei quattro minori, i ragazzi furono allontanati da Margherita B., dopo essere vissuti per molti anni in condizioni assolutamente nega­tive.

Inoltre vogliamo informare l'on. Melandri che Prospettive assistenziali è una rivista prodotta da volontari che dal lontano 1968 operano contro ogni forma di emarginazione. Mai ci siamo so­gnati di intervenire contro gli omosessuali. Ab­biamo solo ritenuto e riteniamo che i bambini in situazione di abbandono abbiano diritto ad una vera famiglia composta da una madre, un padre e, preferibilmente, da altri figli, o biologici o adottivi.

A questo proposito, riportiamo le sagge paro­le scritte da Paolo Hutter a nome dell'Arci Gay su l'Avvenire del 25 febbraio 1994: «Anche se­condo noi per un bambino abbandonato - di­chiarato legalmente in stato di adottabilità - è meglio avere un padre e una madre. E oltretutto ciò è addirittura ovvio in Italia dove per ogni bam­bino dichiarato adottabile ci sono decine di cop­pie eterosessuali (non solo, ma anche benestan­ti, quarantenni, ecc.) che attendono da anni un bambino da adottare. Non capisco perché si sprechi tanto fiato e tanto spazio per un'eventua­lità di "adozioni gay" che non esiste».

Partendo dalle considerazioni fin qui riportate - a nostro avviso ovvie - riteniamo che - come sempre deve essere fatto per l'affermazione concreta di diritti - la legge debba fissare vinco­li precisi a tutela dei minori, anche perché a vol­te i magistrati agiscono in modo scorretto. Ad esempio, infischiandosene addirittura di una sentenza della Corte costituzionale, la Corte di appello di Roma, nei mesi scorsi, ha riconosciu­to il diritto all'adozione da parte di una persona singola (1).

Inoltre, con un provvedimento del 26 settem­bre 1995 la Sezione minorenni della Corte di ap­pello di Catania, in violazione delle esplicite nor­me vigenti, ha dichiarato idonei all'adozione due coniugi nonostante che uno di essi (il marito) avesse superato i 61 anni e quindi la soglia massima dei 58 anni, cifra risultante dalla som­ma di 40 (differenza massima di età fra adottan­te e adottando) e 18 (limite della minore età) (2).

Troppo spesso i bambini in situazione di ab­bandono sono strumentalizzati dagli adulti. Basti pensare alla vicenda di Stefania che il Governo italiano voleva espellere dal nostro paese in cambio dei diari di Licio Gelli (3) per cui è asso­lutamente necessario che le disposizioni di leg­ge a loro favore siano estremamente precise.

L'on. Melandri, finalmente, riconosce che quasi tutti i 35-40 mila minori ricoverati in istituto non sono in situazione di abbandono e quindi non sono adottabili (4).

Nell'articolo pubblicato sullo scorso numero di Prospettive assistenziali, avevamo precisato che non prendevamo in esame «le modifiche specifiche avanzate (dall'on. Melandri, n.d.r.) in materia di adozione internazionale».

L'on. Melandri ne approfitta per accusarci di disinteresse nei confronti dei bambini stranieri in situazione di abbandono. Ma, anche questa volta, non si è documentata e quindi spara su un bersaglio sbagliato.

Ricordiamo che, proprio grazie all'ANFAA, as­sociazione che da sempre collabora con Pro­spettive assistenziali (5), è stata avviata nel no­stro Paese l'adozione internazionale, avvio che è avvenuto a seguito dell'approvazione dell'art. 5 della legge 431/1967 così redatto: «Il minore di nazionalità straniera che sia legittimato per ado­zione da coniugi di cittadinanza italiana acquista di diritto tale cittadinanza» (6).

Numerose sono le iniziative assunte da Pro­spettive assistenziali e dalle Associazioni che ne promuovono la pubblicazione a difesa delle esi­genze e dei diritti dei minori stranieri in situa­zione di abbandono.

Numerose sono le organizzazioni e le bibliote­che dove è consultabile la nostra rivista. L'on. Melandri poteva e può con estrema facilità do­cumentarsi in merito.

In particolare sottolineiamo che, stante la pre­senza di migliaia di coniugi italiani disponibili e validi, anche l'adozione di minori stranieri da parte di persone singole o di coniugi anziani, non risponde assolutamente alle loro esigenze.

L'on. Melandri ci accusa, altresì, di non cono­scere l'art. 22 della legge 184/1983. Non si preoccupi, lo conosciamo. Proprio per questo avevamo precisato: «È inoltre allarmante che nella proposta sia previsto che il Tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i richie­denti su fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini svolte». Infatti si tratta di una nor­ma che abbiamo sempre considerato del tutto inaccettabile e che riteniamo molto negativa an­che oggi, in quanto può essere utilizzata, come abbiamo scritto nello scorso numero di Prospet­tive assistenziali, per fornire notizie contropro­ducenti per i minori adottati.

 

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Con lo scioglimento del Parlamento, è deca­duta anche la proposta di legge presentata dall'on. Melandri.

Prospettive assistenziali confida che non ven­gano più avanzate modifiche alla legislazione vi­gente che danneggino i minori, quasi sempre già duramente sofferenti a causa delle condizio­ni di abbandono materiale e morale subite an­che per molti anni. Siamo pienamente disponibili a ricercare insieme all'on. Melandri e agli altri parlamentari interessati le soluzioni più idonee per i minori italiani e stranieri adottabili.

 

 

 

(1) Cfr. Piergiorgio Gosso, La decisione della Cassazio­ne sul "caso Di Lazzaro": la quiete dopo la tempesta?, in Prospettive assistenziali, n. 111, luglio-settembre 1995.

(2) Contro il provvedimento il Tribunale per ì minorenni ha sollevato eccezione di legittimità costituzionale.

(3) Cfr. Stefania Bruna: una bambina al centro di un'assurda contesa diplomatica, in Prospettive assistenzia­li, n. 66, aprile-giugno 1984, e Ezio Adami, L'adozione di Stefania, i diari di Licio Gelli e la Corte costituzionale, Ibi­dem, n. 76, ottobre-dicembre 1986.

(4) Ricordiamo nuovamente che nella trasmissione tele­visiva del 23 novembre 1995 l'on. Melandri aveva sostenu­to I'adottabilità di una parte consistente dei minori ricove­rati in istituto.

(5) L'impegno di Prospettive assistenziali nei confronti dell'adozione dei minori stranieri è confermato non solo dai numerosi articoli pubblicati sull'argomento (il primo ri­sale al n. 1, gennaio-febbraio-marzo 1968), ma anche dalla quasi trentennale collaborazione con il CIAI, Centro italia­no per l'adozione internazionale.

(6) Questo inserimento, dovuto all'Aw. Ezio Adami, con­sigliere nazionale dell'ANFAA, recentemente scomparso, 8 stato proposto quando numerosi erano i bambini italiani adottati da stranieri.

 

 

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