Prospettive assistenziali, n. 113, gennaio-marzo 1996

 

 

Libri

 

 

 

WALTER NANNI (à cura di), Adozione, adozionie internazionale, affidamento, Edizioni Piemme, 1995, pp. 164, L. 15.000.

 

II volume, che fa parte della "Biblioteca della solidarietà" della Caritas italiana, affronta «nel dettaglio alcune problematiche sociali e culturali sottostanti al fenomeno adottivo che, nella gene­ralità, vengono ignorate o sottovalutate sia dai mezzi di comunicazione di massa che dalla stes­sa letteratura specialistica, troppo spesso attenta a focalizzare unicamente gli aspetti legati alle di­namiche micro-sociali e relazionali legate all'in­serimento del minore all'interno della dimensio­ne familiare adottiva».

Per quanto riguarda l'affidamento, viene rile­vato che non ha «ancora trovato la diffusione au­spicata. Oltre ad una serie di cause strutturali, quale la tendenza degli istituti a "trattenere" i bambini e il ritardo con cui gli assistenti sociali e i giudici intervengono sulle situazioni di abbando­no con i necessari provvedimenti, ci sembra di avvertire che il principale elemento frenante sia piuttosto di carattere culturale».

Nel volume sono inserite alcune "Schede di esperienze". Quella relativa al villaggio del fan­ciullo di Martina Franca suscita in noi qualche perplessità.

In primo luogo viene affermato ché i minori i ricoverati (53 di età compresa fra i 18 mesi e i 20 anni) sarebbero stati "dati in affidamento" al villaggio, espressione equivoca anche se vi è un certo numero di famiglie e di volontari (rispetti­vamente 15 e 70). Infatti, l'istituto è una struttura che nulla a che fare con l'affidamento familiare. A nostro avviso ciò vale anche per il villaggio del fanciullo di Martina Franca.

 

 

LUCA PANCALLI, I diritti del cittadino, 2' edi­zione, Italedit, Roma, 1994, pp. 275, L. 30.000.

 

II testo, che si propone come guida per il citta­dino handicappato, affronta í vari aspetti della vita (riconoscimento della invalidità, pensioni, barriere architettoniche, scuola, lavoro...) for­nendo anche i riferimenti di legge necessari.

Si rileva, infatti, una certa attenzione nel sotto­lineare l'importanza che gli handicappati posso­no esercitare diritti: di qui l'importanza della co­noscenza delle relative norme.

Tuttavia il testo, ricco di spunti critici costrutti­vi, per esempio, nei confronti della inadeguatez­za della attuale legge 482/1968 sul collocamen­to obbligatorio al lavoro degli handicappati, è

del tutto carente circa le aspettative (deluse) della legge 104/1992. Vengono infatti citati per ogni argomento trattato i riferimenti normativi della legge quadro sull'handicap, senza preci­sare che la stessa non pone vincoli alla loro at­tuazione.

Un secondo rilievo va fatto sulla ancora scar­sa attenzione agli handicappati intellettivi e, so­prattutto, a quelli con limitata o nulla autonomia a causa della gravità delle loro condizioni fisiche e/o psichiche. II testo, invece, affronta soprattut­to le problematiche (e suggerisce anche i per­corsi per tentare di risolverle) degli handicappati fisici e sensoriali.

 

 

BRUNO TESCARI, Ghetto per sani. Fame di li­bertà, pp. 188, edito dall'Autore, senza indica­zione di data e di prezzo.

 

È un libro autobiografico con il quale l'Autore racconta le azioni rivendicative promosse - con altri - per l'affermazione dei diritti indispensabili per assicurare una vita normale agli handicap­pati con difficoltà motorie.

Sono raccontati alcuni aneddoti simpatici, che aiutano a comprendere quanta fatica, quan­te delusioni si sono dovute superare in tanti anni di lotta e impegno perché si cominciasse a pas­sare dalle affermazioni di principio alle leggi e, poi, da quest'ultime all'applicazione concreta.

Ci si sofferma in particolare sul tema delle barriere architettoniche, ma è un esempio che l'Autore utilizza per far comprendere il messag­gio del libro che vuole sottolineare in sostanza che, per ottenere diritti precisi, gli handicappati devono impegnarsi e dare battaglia alle istituzio­ni.

Su questo punto, però, l'Autore commette una dimenticanza. Egli trascura di affrontare il pro­blema della difesa e tutela degli handicappati in­tellettivi che, a causa della gravità della loro condizione fisica e intellettiva, non potranno mai lottare in prima persona per l'affermazione dei propri diritti e, dunque, devono poter contare sugli altri, handicappati fisici compresi.

 

 

AA.VV., Invalidità civile: aspetti giuridici e ope­rativi, INAS-CISL, Roma, 1993, pp. 295, L. 25.000.

 

II Patronato INAS-CISL ha pubblicato un nuo­vo manuale sull'invalidità civile, completato sulla base della più recente normativa e giurispru­denza, e aggiornato al 30 giugno 1993.

II volume, articolato in dodici capitoli, si suddi­vide per quanto riguarda la normativa, in circa 90 paragrafi e sottoparagrafi, con tabelle e schemi riassuntivi, il tutto per meglio facilitare l'individuazione dell'argomento che interessa. Inoltre, nell'ultimo capitolo viene raccolta crono­logicamente la copiosa normativa riguardante gli invalidi civili, i ciechi e i sordomuti.

Per quanto riguarda la giurisprudenza, sono state riportate le sentenze dei giudici di merito, della Corte di cassazione e della Corte costitu­zionale, raccolte per argomento.

È un'opera frutto dell'esperienza maturata dall'INAS attraverso un assiduo e qualificato ag­giornamento su una materia in continua evolu­zione.

 

 

GIANVITTORIO PISAPIA, Il carcere della città. Microbiografia del progetto di Padova, Edizioni Decembrio, Milano 1993, pp. 73, L. 15.000.

 

Non è usuale che un volume che si occupa di carcere prenda avvio dal problema della vittima di reato, prosegua occupandosi di prevenzione e, solo successivamente, affronti la questione specifica della realtà penitenziaria. D'altronde è questo il filo logico, anche se non temporale, che ha guidato il Progetto Carcere di Padova; del quale Gianvittorio Pisapia, docente di crimi­nologia nell'Università di Padova, ricostruisce le tappe più significative.

"II carcere della città. Microbiografia del pro­getto di Padova" non è tuttavia solo un resocon­to di tre anni di attività; è, soprattutto, una rifles­sione sui problemi connessi a un intervento pensato e gestito da un'Amministrazione locale. Intervento che non si è limitato al "territorio in­terno", ma che ha tentato di coniugare le esi­genze del settore penitenziario con quelle legate alla sicurezza dei cittadini nel territorio esterno. Un progetto che, pur partendo dalla realtà del carcere, si era posto l'ambizioso programma di far sì che vi fossero sempre meno autori di reato dei quali la collettività dovesse farsi carico e sempre meno vittime alle quali le istituzioni do­vessero rispondere dei propri insuccessi.

Ma l'aspetto più interessante sul quale Pisa­pia si sofferma è come il progetto di Padova non si sia limitato a stimolare e organizzare un impe­gno della collettività nei confronti della realtà penitenziaria, ma abbia tentato di immaginare un carcere che si ponesse al servizio della col­lettività, tramite un impegno dei detenuti a favore di coloro che, pur non avendo recato danno alla società, vivono situazioni di emarginazione.

 

 

GIULIA FERRARA, II sistema delle assunzioni obbligatorie nell'impiego pubblico e privato, Istituto Editoriale Regioni Italiane, Roma, 1994, pp. 210, L. 40.000.

 

È noto che la materia del collocamento obbli­gatorio delle categorie protette (invalidi civili e di guerra, ciechi, sordomuti, ex tubercolotici, altri portatori di handicap, vittime del dovere, vedove, orfani, ecc.) è attualmente disciplinata non solo dalla legge fondamentale 2 aprile 1968 n. 482, ma anche da numerose disposizioni settoriali che hanno preso in considerazione particolari categorie di soggetti.

Alla sistemazione e alla illustrazione di questa complessa disciplina legislativa è dedicato que­sto volume, concepito e realizzato per essere di ausilio ad una pluralità di utenti: non solo gli stu­diosi del diritto ma anche, e soprattutto, i pubbli­ci funzionari addetti all'amministrazione del la­voro, i consulenti delle aziende, gli operatori del­le organizzazioni sindacali, ecc.

Segnaliamo, tuttavia, che l'Autrice non fa al­cuna distinzione fra handicap intellettivo (ridu­zione sulle capacità cognitive) e handicap psi­chico (conseguenze invalidanti dovute a malat­tia psichiatrica), nonostante che le esigenze del­le due tipologie di soggetti siano estremamente diverse e richiedano interventi molto differenti fra di loro.

 

 

ANNA CONTARDI - STEFANO VICARI, Le perso­ne Down - Aspetti neuropsicologici, educativi e sociali, Franco Angeli, Milano, 1994, pp. 317, L. 42.000.

 

La Sindrome di Down costituisce una delle cause più frequenti di ritardo mentale e in questi ultimi decenni la presenza delle persone Down in Italia è divenuta particolarmente visibile grazie all'integrazione scolastica e sociale e al prolun­gamento della loro vita.

Nonostante esista una grande variabilità tra le persone Down, i livelli di sviluppo e di autonomia da loro oggi raggiunti non erano neanche ipotiz­zabili solo pochi anni fa. La specificità della si­tuazione italiana consente di guardare con par­ticolare interesse alle caratteristiche delle per­sone Down e di considerare con attenzione gli studi condotti su tale popolazione.

II testo riunisce le esperienze di numerosi gruppi di ricerca e di lavoro che, nel mondo ac­cademico e nella realtà dei servizi territoriali, si occupano in Italia di queste persone e la cui esperienza professionale e capacità di interven­to si misurano e si confrontano quotidianamente con la cultura e la legislazione di questo paese. Nel libro sono raccolti contributi che vengono dal mondo della riabilitazione insieme a quelli provenienti dal mondo della pedagogia e del so­ciale. Nel mettere insieme tali realtà si è volu­ta riaffermare la possibilità e l'importanza di un dialogo tra operatori ed esperienze diverse e la centralità della persona nell'approccio con l'handicap.

Per una più agile fruibilità i contributi sono stati organizzati in tre parti:

- nella prima vengono presentati i risultati di ricerche relative agli aspetti neuropsicologici dello sviluppo e dell'invecchiamento;

- nella seconda, indicazioni ed esperienze nell'ambito della riabilitazione;

- nella terza, analisi e riflessioni sull'inseri­mento scolastico, sociale e lavorativo.

 

 

ETTORE CARACCIOLO - FRANCESCO ROVET­TO (a cura di), Ritardo mentale - Strategie e tecniche d'intervento, Franco Angeli, Milano, 1994, pp. 333, L. 43.000.

Un importante problema, che si pone nell'im­postare un programma terapeutico con un sog­getto con ritardo mentale, consiste nel tener presente che, purtroppo, non ci possiamo atten­dere grandi e rapidi recuperi spontanei. L'amore nei confronti della persona con ritardo mentale, in effetti, si esprime meglio attraverso interventi tecnici specifici ed efficaci, capaci di modificare la sua condizione, piuttosto che attraverso la compassione ed attenzioni generiche che ri­schiano di rinforzare il soggetto nei suoi atteg­giamenti più regressivi. La tecnica e l'efficienza non sono infatti necessariamente né spietate, né settoriali, né tantomeno contrapposte ad un vali­do, globale ed affettuoso rapporto umano. D'al­tra parte, un approccio che pretenda di "pren­dere in carico l'intera persona" e che rifugga dal ricorso a tecniche valide e sperimentalmente collaudate, finisce spesso col diventare un tra­gico gioco di promesse e di attese che verosi­milmente porteranno ad un progressivo aumen­to della distanza che separa il soggetto con ri­tardo dagli altri.

Intervento precoce e validità delle tecniche sono quindi i cardini di qualsiasi programma di

recupero di soggetti ritardati. Di questi argo­menti si occupa questo libro. Alcuni tra i più noti specialisti del settore hanno affrontato, con un linguaggio comprensibile ad operatori di di­versa formazione, argomenti concreti quali le tecniche di insegnamento della scrittura, della lettura, del linguaggio, dell'integrazione scolasti­ca e sociale. Vengono inoltre affrontati temi qua­li il coinvolgimento della famiglia nel processo riabilitativo e le prospettive delle terapie asso­ciate.

PATRICIA M. CRITTENDEND, Nuove prospettive sull'attaccamento - Terapia e pratica in fami­glie ad alto rischio, Guerrini Studio, Milano, 1994, pp. 266, L. 38.000.

La teoria dell'attaccamento, in base alle for­mulazioni di Bowlby e Ainsworth, ha stabilito l'importanza del legame tra bambino e genitore, e le principali caratteristiche dei diversi tipi di at­taccamento sicuro o ansioso. Gli studi condotti dall'Autrice su popolazioni atipiche, in condizio­ni di marginalità sociale e di accertati maltratta­menti in famiglia, hanno consentito di ampliare le conoscenze su come si strutturino i diversi ti­pi di attaccamento possibili, identificando nuove configurazioni comportamentali, e di affinare la comprensione delle strategie e del funziona­mento cognitivo implicati in ogni configurazione. Lo studio della relazione tra genitore e bambino arriva quindi a contribuire con interessanti ele­menti alla comprensione dei modi in cui il sé dell'individuo si struttura e funziona sulla base delle sue relazioni con gli altri.

 

(') Approvata dalla quinta conferenza specializzata inte­ramericana sul diritto internazionale privato che ha avuto luogo a Oaxtepec, Morelos (Messico) dal 14 al 19 marzo 1994.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it