Prospettive assistenziali, n. 114, aprile-giugno
1996
Notizie
A CHI SERVE
IL NON PROFIT?
Nel n. 2, febbraio 1996, di Animazione sociale, Mons. Giovanni Nervo
pone quattro problemi «che si affacciano
nel panorama del Terzo settore e che possono ridurre l'efficacia del suo contributo
alla realizzazione di un nuovo modello di Stato sociale».
1. «C'è una tendenza in alcuni
settori del terzo sistema a esaltarne le potenzialità e a squalificare il
ruolo dello Stato, talvolta pensando addirittura di sostituirsi alle sue
funzioni non solo nella gestione dei servizi, ma anche nella programmazione,
vigilanza e controllo. Non sempre è chiaro a tutti che il terzo settore non ha
né le capacità, né il compito di garantire i diritti fondamentali dei
cittadini».
2. «C'è un problema quando le
organizzazioni del terzo settore, ad esempio le cooperative sociali, assumono
dimensioni mastodontiche e finiscono per conservare il nome e i vantaggi delle
attività no profit, ma in realtà rischiano di perdere in larga parte la
finalità specifica di utilità sociale per cui sono nate e si configurano molto
di più secondo le logiche e i comportamenti del mercato».
3. «La concorrenza, che è la regola
normale del mercato, finisce con lo svilupparsi anche nei rapporti fra le
cooperative sociali: ciò può essere positivo per migliorare i servizi e
diminuire i costi, ma quando non fossero posti negli appalti e nelle
convenzioni vincoli molto precisi per la salvaguardia della qualità, le
organizzazioni potenti, giocando sul ribasso dei costi, possono emarginare o
distruggere le organizzazioni più piccole che spesso sono socialmente più significative
e più radicate nel territorio».
4. «Così pure, se le Regioni e gli
enti locali non pongono nelle convenzioni vincoli precisi sul trattamento del
personale, si possono facilmente configurare situazioni di grave ingiustizia
sociale, perché una cooperativa sociale, per poter vincere l'appalto e
garantirsi il lavoro, può essere costretta a ricorrere a espedienti che, pur
formalmente legittimi, costringono però i lavoratori, soprattutto i giovani
che non riescono a inserirsi nel mercato del lavoro, ad accettare condizioni
che fanno ripensare allo sfruttamento dei lavoratori da parte del capitalismo
della prima era industriale. I sindacati forse non sono abbastanza attenti a
questi fenomeni. Non c'è il pericolo che il no profit diventi funzionale al
profit piuttosto che allo Stato sociale?».
LETTERA
APERTA ALLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI DI TORINO
Riportiamo
la lettera aperta inviata in data 3 aprile 1996 alle Organizzazioni sindacali
di Torino dal CSA - Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base,
dal GGL, Gruppo genitori lavoro figli handicappati e dalla Lega per il diritto
al lavoro delle persone handicappate.
Dov'è il posto di lavoro per le
persone handicappate nelle trattative del sindacato?
I temi di questa lettera aperta
vogliono ricordare l'alto tasso di disoccupazione giovanile che coinvolge
anche gli handicappati fisici e sensoriali che - nonostante la loro minorazione
- hanno capacità produttiva dimostrabile con la loro professionalità ed il loro
titolo di studio.
Per attuare un loro inserimento lavorativo è sufficiente:
- la ricerca del posto adeguato,
- l'eliminazione delle barriere architettoniche sia
all'interno che all'esterno del posto di lavoro;
- gli ausili tecnologici.
Vi è poi un secondo gruppo di
persone formato da handicappati intellettivi e fisici gravi in grado di
svolgere mansioni semplici, utili all'interno delle varie aziende, anche se con
una riduzione della capacità lavorativa a causa della loro minore autonomia.
Queste persone devono avere la
possibilità di esprimere le loro capacità mediante un lavoro che dia maggior
autonomia e favorisca il loro pieno inserimento.
Chi non lavora viene assistito e quindi grava sulle spalle di
tutti.
Chi lavora produce e paga le tasse: è interesse di tutti far
lavorare quelli che ne sono in grado. Occorre una seria politica delle OO.SS.
Occorre ridisegnare all'interno dell'organizzazione del lavoro spazi e
mansioni diverse per persone handicappate con piena e ridotta capacità
lavorativa.
Occorre denunciare e contrastare il
fenomeno del doppio lavoro: 11 milioni di cittadini italiani svolgono un
doppio lavoro.
Occorre far rimuovere dal posto di lavoro i falsi invalidi.
È necessario prevedere posti di lavoro per handicappati:
- nei grandi progetti previsti per il rilancio
dell'occupazione;
- nei progetti con fondi dell'Unione Europea,
- nei progetti con fondi statali,
regionali che finanziano l'occupazione in generale; pensare, cioè, alle
occasioni di lavoro per tutti includendo anche chi - nonostante il proprio
handicap - ha bisogno di lavorare e può farlo garantendo una sicura resa
produttiva. Vanno pertanto chieste immediate modifiche alle seguenti leggi
della Regione Piemonte:
- nella L.R. 67/1995 siano
specificati tra i beneficiari anche le persone handicappate con capacità
lavorativa piena o ridotta;
- sia modificato l'art. 15 della L.R. 28/93
in modo da assicurare incentivi per l'assunzione di persone handicappate con
capacità lavorativa ridotta;
- nella L.R. 18/94 (cooperative
sociali) sia fissata una quota di assunzione per gli handicappati
intellettivi.
Nella Città di Torino ci sono infine le seguenti opportunità:
- la pianta organica del Comune;
- la delibera siglata con l'Unione Industriale e l'API.
Finora non abbiamo avuto alcun aiuto
dai delegati sindacali della funzione pubblica e degli enti locali per
individuare mansioni idonee da riservare a persone handicappate.
Nessuna collaborazione e nessuna
possibilità di raccordo con i rappresentanti sindacali della Commissione Unione
Industriale/A.P.I., per far decollare la delibera dell'8 gennaio 1996 del Comune
di Torino che stanzia ben 740 milioni (1).
Solidarietà
è impegnarsi nella ricerca di spazi produttivi anche per chi ha meno
opportunità, ma uguali diritti e bisogni da soddisfare.
Non
dare lavoro alle persone handicappate significa condannarle all'isolamento e
privarle della possibilità di condurre una vita normale.
Ci sono impegni che solo voi del
Sindacato potete assumere. A quando una vostra iniziativa d'appoggio?
ANZIANI
MALATI CRONICI: UNA TESTIMONIANZA DI 66 ANNI FA
Riportiamo
integralmente un documento elaborato nel 1930 dall'Istituto per la cura delle
malattie della senescenza, che aveva sede in Roma, Via Roma Libera 76.
Dalla
sua lettura dovrebbe scaturire un rinnovato impegno ad operare con
determinazione per il riconoscimento del diritto degli anziani cronici non
autosufficienti alle cure sanitarie.
L'Ente “I.R.A.B.”, consapevole della
penosa situazione in cui trovansi gli indigenti cronici di Roma a causa della
insufficienza dei ricoveri locali, ha ritenuto doveroso contribuire alla
parziale soluzione del grave problema, istituendo un nuovo Stabilimento di
ricovero e di cura per tale categoria di assistiti.
È noto, infatti, che gli indigenti
inabili, quando sono ricoverati negli Ospedali perché colpiti da affezioni
acute o sub acute, ne sono dimessi se l'infermità diviene cronica, e trasferiti
in massima parte, in lontani Cronicari (Viterbo, Civitacastellana, etc.), a
causa della limitata capacità ricettiva dei pochi stabilimenti del genere
esistenti in Roma.
Ne consegue che ai vecchi infermi
vengono, per lo più, a mancare, nel triste tramonto della . loro vita, le
affettuose premure dei loro familiari che, per chi soffre, rappresentano il
conforto morale più gradito!
L'iniziativa, dovuta alla
inesauribile attività del Segretario generale, Dr. Guglielmo Fini, offrirà ai
cronici di Roma la possibilità di rimanere nella Città natale, vicino ai propri
cari, ospiti di uno Stabilimento nel quale, oltre che di umana e comprensiva
assistenza, essi beneficeranno dei più appropriati trattamenti medici e
scientifici.
È, infatti, ambita aspirazione degli
“I.R.A.B." di non limitare l'attività del detto Istituto a quella di Asilo
per vecchi infermi, ma dare un prevalente indirizzo scientifico al nuovo
Stabilimento, ove la vecchiaia venga assistita e curata come una malattia che,
se non si può sanare, si può, peraltro, migliorare, riconducendo talora
l'individuo ad una normale funzionalità.
Nel nuovo Istituto, pertanto, il
personale sanitario, uniformandosi ai nuovi concetti della gerontoiatria, non
si limiterà a curare le manifestazioni morbose più evidenti, con scopo unicamente
palliativo e quasi con senso di rassegnata fatalità, ma dovrà combattere, con
criteri più vasti e fin dove sarà possibile, i fatti morbosi che, come tali,
possono essere sottratti, per quanto legati all'età, al quadro generale della
decadenza ineluttabile, contribuendo, in tal modo, al progresso medico-sociale
nel campo della gerontologia.
CARITÀ E
GIUSTIZIA
In un recente incontro di formazione
della Conferenza episcopale triveneta (cfr. Il Regno - attualità, n. 4, 1996) è stato affrontato il tema della
pastorale della carità «cogliendone un positivo
sviluppo sia dal punto di vista della presa di coscienza dei bisogni che delle
risposte». Tuttavia è stato rilevato che «resta scoperto il versante della giustizia e quindi dei diritti di
cittadinanza che vanno tutelati».
DON MAZZI:
È QUESTO IL RISPETTO DELLA DIGNITÀ DELLE PERSONE?
Durante la trasmissione televisiva
"Domenica in" del 14 aprile 1996, Don Mazzi ha intervistato una
persona che ha dichiarato di essere stato in prigione e di essere attualmente
malato di AIDS.
Nessun accorgimento è stato assunto
per evitare l'identificazione dell'intervistato che ha anche detto di essere
sposato e padre di due bambini.
Ma è possibile, soprattutto da parte
di un sacerdote, che si violi la riservatezza e la dignità di una persona e
dei suoi congiunti per fare un servizio televisivo?
LA BIOETICA
NON -RIGUARDA ANCHE I SOGGETTI INGUARIBILI?
Alfredo Anzani, Presidente
dell'Associazione dei medici cattolici italiani, ha scritto su Avvenire del 23 aprile 1996 che
«possedere idee chiare» nel delicato settore della bioetica «è quanto mai importante se si desideri vedere nel medico non
semplicemente il tecnico che ripara un oggetto rotto, ma una persona che, curando il malato e non la malattia, coniuga costantemente
il suo sapere scientifico con il suo sapere umanistico».
Aggiunge l'Anzani: «Se l'uomo viene inteso come persona e cioè
come un unicum inscindibile di corpo, psiche, spirito; se nella dignità dell'uomo-persona
sta il criterio morale oggettivo, universale, perenne e se viene recuperata la
coscienza del primato dei valori morali della persona umana in quanto tale,
il senso ultimo della vita e dei suoi beni fondamentali, allora sarà possibile
l'uso corretto di tutta la ricchezza che la scienza mette nelle mani
dell'uomo».
Dottor Anzani, non sono già presenti
tutti gli elementi per assicurare cure sanitarie idonee ai malati inguaribili e
quindi anche agli anziani cronici non autosufficienti?
Non ci risulta che finora
l'Associazione da Lei presieduta abbia fatto qualcosa di concreto a difesa del
diritto alle cure sanitarie delle persone colpite da malattie inguaribili, ma
pur sempre curabili.
Quali iniziative intende assumere
l'Associazione dei medici cattolici?
NON
ADOTTATE I NONNI, MA DIFENDETENE I DIRITTI
L'Opera arcivescovile Villa San
Giuseppe di Villaricca, Napoli, ha lanciato l'iniziativa "Adotta un
nonno". L'adozione consiste nel versamento di 50 mila lire al mese.
Secondo i giornali che hanno diffuso
la notizia (cfr. Avvenire dell'11
novembre 1995), scopo dell'iniziativa sarebbe il miglioramento dell'assistenza
degli anziani ricoverati nella casa di riposo gestita dalla sopra citata Opera
arcivescovile.
Purtroppo vengono richiesti solo
soldi; nessuna azione è prevista perché gli anziani possano vivere a casa
loro.
Perché l'Opera arcivescovile San
Giuseppe non chiede alla Regione, alle USL e ai Comuni della zona di assicurare
ai vecchi in difficoltà un alloggio adeguato, il minimo economico necessario
per vivere o almeno per sopravvivere, un idoneo servizio di assistenza
domiciliare?
Le adozioni fasulle non servono;
sarebbe, invece, necessario e urgente disturbare i manovratori che ignorano
le esigenze vitali dei più deboli.
(1) Al riguardo il CSA
ha diffuso la seguente nota: «Riteniamo senz'altro un atto positivo la
delibera n. 95 07689/23 "Modello sperimentale per l'inserimento lavorativo
di soggetti insufficienti mentali. Impegno di spesa L. 740 milioni",
approvata dal Consiglio comunale di Torino in data 8 gennaio 1996.
«La delibera prevede
una serie di incentivazioni (molto rilevanti) che il Comune si impegna ad
erogare alle aziende che si dichiarano disponibili ad assumere a tempo determinato
o indeterminato handicappati intellettivi.
«II Comune si
impegna altresì, tramite il proprio ufficio SIL (Servizio di inserimento
lavorativo), con sede in via Bazzi 4, Torino, ad assicurare il necessario
supporto per l'avvio iniziale dei lavoratori: è prevista anche una borsa di
lavoro per un periodo di tempo variabile per i giovani handicappati avviati.
«La delibera presenta però alcuni punti
estremamente deboli:
- al momento sono stanziati i fondi, ma non
vi sono aziende disponibili;
- i soggetti
interessati prioritariamente sono giovani con handicap intellettivo
estremamente basso (percentuale tra il 45 e il 50%) e sono già stati scelti da
una Commissione imposta dall'Unione industriale e dal Sindacato, con la totale
esclusione delle Associazioni di tutela degli handicappati.
«Forte è quindi
l'esigenza di vigilare affinché:
a) siano utilizzati
gli stanziamenti e siano messi a disposizione anche di chi ha frequentato o
frequenta i corsi prelavorativi del Comune di Torino in tirocinio presso
aziende (non necessariamente collegate con l'Unione industriale) dove, grazie
al contributo, forse è possibile trasformare lo stage in assunzione;
b) siano effettivamente avviati al lavoro
handicappati intellettivi;
c) sia previsto, a
distanza di sei mesi, un primo bilancio della delibera».
www.fondazionepromozionesociale.it