Prospettive assistenziali, n. 114, aprile-giugno
1996
Editoriale
UNA IMPORTANTE INTESA
SUGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI TRA L'ORDINE DEI MEDICI DI TORINO E
IL CSA - COMITATO PER LA DIFESA DEI DIRITTI DEGLI ASSISTITI
Riportiamo
integralmente l'intesa sottoscritta in data 14 maggio 1996 dall'Ordine dei
Medici Chirurghi e Odontoiatri di Torino e Provincia e dal CSA - Comitato per
la difesa dei diritti degli assistiti.
L'accordo è
estremamente importante in quanto i firmatari riconoscono che la competenza ad
intervenire nei confronti degli anziani cronici non autosufficienti «spetta al
Servizio sanitario».
In sostanza,
il Servizio sanitario nazionale deve garantire le necessarie cure anche ai
vecchi colpiti da malattie invalidanti, compresi i soggetti che, a causa della
gravità delle loro condizioni psico-fisiche, dipendono in tutto o in parte dal
sostegno di terze persone.
Si dovrebbe
così porre fine alla disumana equazione, attualmente largamente praticata, secondo
cui "inguaribile" significa "incurabile" o "curabile
di serie B".
Pertanto,
dovrebbero altresì cessare, con la necessaria gradualità, sia i trasferimenti
di pazienti malati al loro domicilio, disposti - come spesso avviene
attualmente - senza che siano garantite le opportune prestazioni mediche, infermieristiche
e riabilitative, sia i ricoveri in strutture dell'assistenza/beneficenza (case
di riposo, residenze protette, ecc.).
I firmatari
dell'intesa non sono certamente favorevoli all'accanimento terapeutico: hanno
voluto solo affermare una posizione di giustizia nei confronti di tutti i
malati, senza esclusioni ed emarginazioni.
Di notevole
rilevanza anche la precisazione secondo cui gli interventi del Servizio
sanitario nazionale devono essere attuati «senza interferenze e sovrapposizioni di altri settori».
In altre
parole, alle esigenze diagnostiche e terapeutiche deve provvedere in modo
unitario e globale il comparto sanitario, senza che alcune attività vengano
demandate ad altri, in particolare al settore dell'assistenza sociale.
In tal modo,
si potrà porre termine alla assurda distinzione fra prestazioni sanitarie e
interventi socio-assistenziali di rilievo sanitario, interventi questi ultimi
inventati dai burocrati della sanità al fine di estromettere gli anziani
cronici non autosufficienti dalla competenza esclusiva del settore sanitario,
costringendoli quindi a dover accettare le prestazioni più scadenti del
comparto assistenziale e, nello stesso tempo, obbligandoli a versare somme
non indifferenti (1).
D'altra
parte, com'è ovvio, se l'ospedale (così com'è organizzato oggi) può far male
agli anziani malati, il ricovero in istituto è di gran lunga più negativo sotto
tutti i punti di vista. Fra l'altro, è noto che gli ospedali hanno compiti
curativi (e molti di noi possono dire grazie alle cure ospedaliere se sono
ancora vivi), mentre è evidente a tutti che la funzione assegnata da sempre
alle strutture dell'assistenza/beneficenza è quella di allontanare dal
contesto sociale le persone più deboli.
A nostro
avviso è assai importante che nell'intesa sia previsto che «gli interventi devono assicurare non solo le necessarie prestazioni mediche, infermieristiche e - occorrendo -
riabilitative, ma anche una adeguata qualità della vita». Ciò significa che il
personale del Servizio sanitario nazionale e degli enti privati deve assumere
tutte le occorrenti valenze umane e sociali. AI riguardo sono noti i positivi
effetti terapeutici derivanti dalla comprensione da parte del personale delle
esigenze psico-sociali dei pazienti, specie se anziani.
Certamente i
malati, soprattutto quelli curati a domicilio, possono esprimere esigenze non
di competenza della sanità, ad esempio quelle relative all'abbattimento di
barriere architettoniche e alla posa di sostegni particolari, oppure di natura
assistenziale (riguardanti coloro che sono sprovvisti di sufficienti mezzi
economici).
Per i malati
non autosufficienti può essere indispensabile un servizio taxi per accedere
alle cure ambulatoriali.
In questi
casi è ovvia la necessità di una stretta e tempestiva collaborazione dei
servizi sanitari con i vari settori di competenza (assessorati alla casa,
all'assistenza, ai trasporti, ecc.). Tuttavia è evidente che, se si vuole che i
servizi funzionino, è indispensabile che ciascuno di essi assolva compiti ben
precisi, disponga del necessario personale specializzato e di attrezzature
adeguate, in grado di fornire risposte efficaci ed efficienti.
Con una
chiara delimitazione dei compiti, si possono più facilmente superare le
notevoli e spesso inestricabili difficoltà connaturate alla cosiddetta integrazione
di servizi aventi competenze differenti, bilanci separati ed i cui utenti sono
titolari di diritti molto diversi e non unificabili (2).
Per un
funzionamento corretto dei servizi, è indispensabile che ne siano definite in
modo inequivoco le finalità ed i compiti.
Questa
condizione vale per tutte le attività (scuola, trasporti, casa, ecc.), siano
esse gestite da enti pubblici o privati.
D'altra
parte per i malati giovani e adulti non è - giustamente - prevista nessuna
integrazione fra sanità e assistenza, mentre è ovvia la necessità di una
stretta e tempestiva collaborazione fra tutti i settori tenuti a fornire
risposte alle persone in difficoltà.
Per quanto
riguarda le cure sanitarie domiciliar, l'intesa propone una organizzazione,
fondata sulla centralità del medico di medicina generale, in grado di garantire
nello stesso tempo la continuità terapeutica e le prestazioni specialistiche
eventualmente necessarie (3).
Nell'accordo
è anche sottolineata la necessità di predisporre centri sanitari diurni per i
malati di Alzheimer ed i soggetti colpiti da altre forme di demenza (4). È
questo un servizio non solo assolutamente indispensabile per i pazienti ed i
loro familiari, ma anche di gran lunga meno oneroso per la finanza pubblica del
costo della degenza in strutture residenziali.
In merito
alle residenze sanitarie assistenziali (RSA), nell'accordo è chiaramente
precisato che esse devono far parte del comparto sanitario (e non, in tutto o
in parte, di quello assistenziale) ed «essere gestite direttamente dal Servizio
sanitario nazionale o essere convenzionate con il Servizio
stesso».
Infine,
nell'accordo si sollecita l'istituzione in tutte le USL delle Unità valutative
geriatriche (UVG) con due importanti precisazioni: «I curanti partecipano a pieno titolo alle sedute
dell'UVG concernenti i loro pazienti», «In
ogni caso è indispensabile il consenso informato dell'interessato o, se
questi non è in grado di esprimerlo, del tutore o dei familiari» (5).
Ovviamente
occorre evitare che l’intesa una dichiarazione, anche se importante. Allo scopo
è necessario che tutte le forze professionali, sindacali e sociali interessate
operino per la sua attuazione e per l'estensione dell'iniziativa ovunque sia
possibile.
TESTO DELL’INTESA
L'Ordine dei Medici della Provincia di Torino e il
Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, presa in esame la
situazione degli anziani cronici non autosufficienti, concordano sull'esigenza
che le Autorità preposte diano attuazione alle norme del DPR 1° marzo 1994
"Approvazione del piano sanitario nazionale per il triennio
1994-1996" con particolare riferimento alle seguenti prescrizioni:
«Gli anziani ammalati, compresi quelli colpiti da
cronicità e da non autosufficienza, devono essere curati senza limiti di durata
nelle sedi più opportune, ricordando che la valorizzazione del domicilio come
luogo primario delle cure costituisce non solo una scelta umanamente significativa,
ma soprattutto una modalità terapeutica spesso irrinunciabile».
Pertanto ritengono che:
1) La competenza ad intervenire spetti al Servizio
Sanitario, senza interferenze e sovrapposizioni di altri settori.
2) Gli interventi devono garantire non solo le
necessarie prestazioni mediche di medicina generale e specialistiche,
infermieristiche e - occorrendo - riabilitative, ma anche una adeguata qualità
della vita. Allo scopo il personale dei Servizi Sanitari pubblici e privati
dovrà assumere direttamente tutte le valenze che concorrono ad assicurare ai
pazienti cure e nursing.
3)
La priorità delle cure domiciliari deve essere attuata sulla base dei seguenti
principi:
A
- responsabilità organizzativa del responsabile di distretto;
B
- riconoscimento della centralità del medico di medicina generale;
C
- utilizzazione degli specialisti ambulatoriali;
D
- incentivazione della medicina di gruppo;
E - costituzione in tutti i distretti sanitari di una
équipe infermieristica che collabori con i medici di medicina generale e con
gli specialisti del territorio;
F - istituzione di una équipe medica integrata, tra
medici specialisti interni e/o medici ospedalieri/universitari che, su
richiesta e con la collaborazione del curante, fornisca interventi medico-specialistici.
4 - Creazione di centri sanitari diurni avvalendosi
prioritariamente delle strutture territoriali ambulatoriali e del consulto
interspecialistico per i malati di Alzheimer e sindromi correlate allo scopo
di:
- provvedere ad una verifica periodica delle
condizioni psicofisiche dei pazienti;
-
garantire il monitoraggio delle terapie farmacologiche;
-
osservare e valutare 1e condizioni cognitive dei pazienti;
- assicurare i necessari trattamenti, in particolare
quelli diretti a favorire la massima autonomia possibile;
-
fornire adeguata consulenza ai familiari che accolgono a casa i loro parenti.
5)
Provvedere alla realizzazione di residenze sanitarie assistenziali; in grado di
assicurare nello stesso tempo le cure sanitarie e il massimo livello della
qualità della vita.
Le RSA potranno essere gestite direttamente dal
Servizio Sanitario Nazionale o essere convenzionate con il Servizio stesso.
In
ogni caso gli standards minimi dovranno essere identici per tutte le RSA.
6) Istituzione in tutte le USL e Aziende ospedalizzate
laddove esistano ospedali di riferimento con reparti di geriatria di unità
valutative geriatriche cui potrà ricorrere il paziente su richiesta del
medico di medicina generale nei casi in cui ritenga necessario un
approfondimento collegiale della situazione psico-fisico-sociale del paziente.
Tali unità valutative si avvalgono del medico di
famiglia, di medici specialisti (convenzionati interni) del territorio, di
medici universitari e/o ospedalieri.
L'intervento può anche essere richiesto dai medici
degli ospedali o delle RSA in cui il soggetto è ricoverato.
I
curanti partecipano a pieno titolo alle sedute dell'UVG concernenti i loro
pazienti.
In ogni caso è indispensabile il consenso informato
dell'interessato o, se questi non è in grado di esprimerlo, del tutore o dei familiari.
(1) Come è stato precisato da anni,
II CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti non è contrario al
pagamento di una quota della pensione da parte degli anziani malati cronici
ricoverati in strutture residenziali, ma ciò deve essere stabilito da una legge
dello Stato.
(2) In base all'art. 32 della Costituzione hanno diritto alle
prestazioni sanitarie tutti gli individui; gli interventi assistenziali,
invece, possono essere forniti esclusivamente (art. 38 della Costituzione) ai
cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere.
(3) A questo riguardo ricordiamo il
documento "Proposta di unificazione dell'assistenza domiciliare integrata
e dell'ospedalizzazione a domicilio", in Prospettive assistenziali, n. 107, luglio-settembre 1994.
(4) Si veda l'articolo
"Deliberato il primo centro diurno sanitario per i malati di
Alzheimer", in Prospettive assistenziali, n. 106, aprile-giugno 1994.
(5) Cfr. 'Medici e cittadini a confronto sul consenso informato",
in Diritti e solidarietà, giugno
1995.
(*) L'accordo è stato sottoscritto il
15 maggio 1996 dal Prof. Michele Olivetti, Presidente dell'Ordine dei Medici
Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Torino e da Francesco
Santanera, Coordinatore del Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti,
organismo del CSA - Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base.
www.fondazionepromozionesociale.it