Prospettive assistenziali, n. 115, luglio-settembre
1996
Libri
MARIA GRAZIA BERLINI e ANDREA CANEVARO, Potenziali individuali di apprendimento.
Le connessioni, le differenze, la ricerca partecipata, Collana
"Didattica Viva", Firenze, La Nuova Italia, 1996, pp. 154, L. 16.000.
II libro è dedicato «ai bambini, alle bambine che crescono e a quanti cammino con loro», con la seguente citazione da C.
Freinet: «Un ragazzo che vuole riesce sempre;
si tratta semplicemente di fare in modo che egli desideri».
Tutta la ricerca ha, appunto,
come sottofondo, il respiro di un'adesione empatica ai bisogni e alle
potenzialità di tutti i bambini, considerati nelle loro peculiarità individuali
e nelle loro "differenze", anche le più accentuate. II rigore pregevole
dell'indagine condotta acquista così una validità ancor più convincente, anche
perché si traduce in indicazioni operative - e didattiche, ma di una
"nuova didattica" - estremamente aderenti alla realtà e alla vita dei
bambini.
Sintesi, molto lucida e ricca,
di studi e ricerche avviati da molti anni presso la cattedra di pedagogia
speciale dell'Università di Bologna, risulta ancor più efficace perché si
presenta nel libro come frutto corale, sotto un'abile regia, di «una rete di pedagogisti, insegnanti e ricercatori» che hanno contribuito a «delineare itinerari di ricerca-azione riconducibili ai temi dello svantaggio, delle
difficoltà cognitive, della dispersione
scolastica», e nello specifico dell'handicap.
Soprattutto viene fornito un
quadro concettuale e operativo del progetto "Potenziali individuati di
apprendimento", nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di scienze
dell'educazione dell'Università di Bologna, I'IRPA (Istituto regionale per
l'apprendimento) e I'Asphi (Associazione per lo sviluppo professionale degli
handicappati nel campo dell'informatica).
Tali "Potenziali
individuali di apprendimento" sono analizzati come «diversi modi di imparare e di gestire le conoscenze, da parte degli
allievi», mentre si mettono a punto «strumenti
e metodologie operative, utilizzabili nei contesti istituzionali scolastici
ordinari, che consentano agli insegnanti di promuovere l'incontro» fra tali «diversi
modi di imparare» con «diversi modi di insegnare e diversi contenuti culturali
dell'insegnamento».
Grande spazio e attenzione sono
rivolti, fra le altre "differenze", all'handicap per il quale si
presentano modelli e strumenti che «favoriscono
I'integrazione e la valorizzazione delle potenzialità individuali, in situazioni in cui
"l'originalità" di ogni individuo può essere "ancora più evidente"». In particolare un'analisi molto
ricca è dedicata alla distinzione fondamentale fra deficit e handicap, al fine di un processo educativo
che punta a limitare e ridurre l'handicap, «in modo che la persona handicappata sia semplicemente una persona con un deficit o una incapacità co-' me tutte le altre
persone della società». Come pure si mette in guardia dal ridurre la persona
handicappata a una sola dimensione, in cui «l'incapacità
reale o presunta maschera le capacità».
La prospettiva educativa per la
riduzione dell'handicap, in definitiva, è quella "ecologica" che
supera la progressione stabilita a priori in sede tecnicistica, ma investe
tutta la personalità e fa appello a tutte le risorse vitali e ambientali.
Queste indicazioni poggiano
anche su un'analisi storica a partire dalle prime esperienze di Itard e
Séguin, e inoltre sono state validate con la realtà operativa in corsi di
aggiornamento per insegnanti e operatori di cui si dà ampio esempio, rimandando
anche a "Materiali interattivi per la formazione a distanza".
CRISTIANO CASTELFRANCHI - PAOLO HENRY - AGOSTINO PIRELLA,
L'invenzione collettiva - Per una
psicologia della riabilitazione nella crisi della psichiatria istituzionale,
Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1995, pp. 269, L. 26.000.
Gli autori del volume, due
psicologi e uno psichiatra, pur avendo una diversa formazione e differenti
esperienze professionali, hanno deciso di collaborare alla sua stesura perché
concordano sui seguenti punti:
- molto importanti sono le
esperienze di deistituzionalizzazione, intesa non solo come superamento degli
ospedali psichiatrici, ma «come una delle
risposte adeguate alla crisi, che è crisi delle risposte, crisi organizzativa e
professionale, ma anche crisi epistemologica e teorica»;
- l'esperienza, quindi, di «ripensare in modo radicale ai fondamenti della pratica e della teoria
della psichiatria»;
- la necessità di «discutere e riformulare gli approcci
teorici (...) che stanno accompagnando le varie esperienze riabilitative o di
cura»;
- l'importanza acquisita dalla
riabilitazione «come fase necessaria che
accompagna e segue la deistituzionalizzazione»;
- l'attenzione da porre in atto
nei riguardi delle nuove tecniche «capaci
di minacciare i diritti del paziente cittadino».
C. Castelfranchi, dell'Istituto
di psicologia del Consiglio nazionale delle ricerche, è stato responsabile del
progetto finalizzato "Prevenzione delle malattie mentali" del CNR; P.
Henry, primario psicologo, è il coordinatore del progetto di superamento
dell'ospedale psichiatrico di Grugliasco (Torino); A. Pirella, già
collaboratore di F. Basaglia, ha diretto gli ospedali psichiatrici di Gorizia,
Arezzo e Torino, curandone la trasformazione e il superamento.
ANGELO VENCHIARUTTI, La
protezione civilistica dell'incapace, Giuffrè Editore, Milano, 1995, pp.
649, L. 72.000.
II volume; che fa parte della
collana "II diritto privato oggi" curata da Paolo Cendon, tratta in modo
approfondito i complessi temi concernenti il sistema di protezione delle
persone che, pur avendo raggiunto la maggiore età, essendo colpite da
infermità di mente, da handicap intellettivo o da altre cause, non sono in
grado - in tutto o in parte - di tutelare i propri interessi morali e
materiali.
Gli argomenti presi in esame
sono: l'interdizione, l'inabilitazione, la protezione delle persone con
handicaps fisici e sensoriali, la condizione giuridica dell'anziano, il
procedimento relativo all'interdizione e all'inabilitazione (natura, fase
istruttoria, l'esame della persona coinvolta, il tutore e il curatore
provvisori, la sentenza, le spese, le impugnazioni e la revoca, ecc.), gli atti
di natura patrimoniale (amministrazione ordinaria e straordinaria, incapacità
legale e attività d'impresa, ecc.) e di natura personale (matrimonio,
separazione, successione, donazione, ecc.), la disciplina della tutela e della
curatela, l'attività negoziale dell'incapace, la responsabilità civile.
In appendice è riportato il
disegno di legge n. 776 "Istituzione dell'amministratore di sostegno a
favore delle persone impossibilitate a provvedere alla cura dei propri
interessi" presentato al Senato dal Presidente del Consiglio dei Ministri
e dal Ministro per la famiglia e la solidarietà sociale il 10 agosto 1994.
M. DURANTE, S. NASATO, T. RANDO, C. RICALDONE, T. ZORZI
(a cura di), Non voglio la luna. Percorsi
di integrazione sociale e lavorativa dei disabili, Edizioni del Cerro,
1994, pp. 163, senza indicazione di prezzo.
La prima parte della
pubblicazione è costituita da contributi teorici di carattere generale, mentre
nella seconda si tenta una riflessione sulle modalità dell'integrazione
lavorativa degli handicappati con particolare riferimento a quelli intellettivi
(gli Autori li definiscono psichici) ed ai malati psichiatrici.
Sono prese in considerazione le
iniziative assunte dalle ULSS del Veneto, che hanno svolto un ruolo di
mediazione con le realtà produttive, dopo il percorso formativo delle persone
handicappate. Per la ricerca del posto di lavoro le suddette ULSS hanno messo a disposizione dei
servizi operatori e strumenti di mediazione (tirocini formativi sostenuti da
borse di lavoro).
«Uno dei meriti del SIL (servizio di integrazione lavorativa) - rileva A. Saccardo, responsabile del servizio stesso - è
quello di avere attivato dei livelli di gestione politica del problema (...) promuovendo un coordinamento politico tra le
istanze che hanno responsabilità e competenza in materia».
Nel corso del convegno è stata
evidenziata la mancanza di una normativa per il diritto al lavoro degli
handicappati che detti precisi indirizzi anche sulle modalità del loro
collocamento, oggi frammentato e lasciato alla inventiva dei singoli operatori.
VINCENZO PAGLIA, Storia
dei poveri in Occidente. Indigenza e carità, Biblioteca Universale
Rizzoli, Milano, 1994, pp. 450, L. 18.000.
L'assistenza e la carità non
rischiano di perpetuare, anziché annullare, la condizione di povertà? Sulle
modalità di intervento nel campo caritativo si giocano, per venti secoli,
l'organizzazione concreta delle società, l'evangelizzazione, la riforma
religiosa.
II volume di Paglia, Parroco a
Roma della Basilica di S. Maria in Trastevere, è un grande viaggio che ci
dimostra come l'aiuto ai poveri sia sempre oscillato fra la difesa dell'ordine
pubblico e gli interventi tampone, senza alcuna azione reale diretta alla
prevenzione del bisogno fino ad arrivare al punto che «la paura delle sommosse, l'ascesa della borghesia, la valorizzazione della ricchezza come via alle
virtù squalificarono il culto di Francesco a Madonna Povertà» (p. 235).
Dagli elenchi dell'Inghilterra e
del Galles, redatti nel 1802-3, risulta che
«circa un milione di individui, pari all'11 per cento della popolazione riceveva l'assistenza pubblica (...); circa il 50 per cento (...)
erano fanciulli sotto i quindici anni, e dal 9 al 20 per cento anziani malati e invalidi» (p. 325).
Attualmente «lo scarto tra ricchi e poveri resta una sfida fra le più serie per il
futuro del mondo: o si annulla l'aspirazione all'uguaglianza, con tutti i rischi conseguenti, oppure si affronta la disuguaglianza
progettando una società più solidale» (p. 427).
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