Prospettive assistenziali, n. 116, ottobre-dicembre 1996

 

 

Interrogativi

 

 

GLI ANZIANI MALATI CRONICI A PARMA SONO CURATI COME SI DEVE?

 

Alfazeta (n. 5, marzo 1996) pubblica un'inter­vista a Danilo Amadei, Assessore ai servizi so­ciali di Parma, da cui risulterebbe che «nelle strutture per anziani di Parma, gestite dall'IRAIA - un ente assistenziale a partecipazione comu­nale - da alcuni anni si sono realizzati interventi che mirano a creare una realtà la più vicina pos­sibile a quella di una "famiglia allargata": gruppi di 20-25 persone, con relazioni e spazi autono­mi; separazione fra lo spazio notturno - le came­re - dove si sta solo per riposare e quello diurno, utilizzato nel resto della giornata per attività di socializzazione e mobilizzazione, pasti, ecc.».

Ma l'Assessore Amadei ha visto che cosa succede all'IRAIA? Ha visitato solo l'istituto per anziani autosufficienti, come traspare dalle sue parole, o anche la struttura per vecchi malati cronici non autosufficienti? Se si tratta di malati - e spesso di malati gravi - come fa l'Assessore a dichiarare che «per superare il carattere "chiu­so" di queste strutture si organizzano concerti, feste, manifestazioni aperte alla città»?

È vero o non è vero quel che è stato scritto su "La Gazzetta di Parma" del 13 luglio 1996 che «essere anziani e ammalati a Parma significa troppo spesso vivere nel disagio»?

Che cosa risponde al Prof. Giorgio Ugolotti dell'Associazione nazionale dei Primari ospeda­lieri che denuncia il problema degli anziani cro­nici come «irrisolvibile, perdurando la situazione logistica attuale che se, scaricata sul singolo pri­mario, procurerà conseguenze laceranti per l'obiettività dei sanitari che si troveranno a opera­re non secondo scienza e coscienza, ma condi­zionati da incombenti motivazioni economiche o da minacce di ricorso alla magistratura»?

Per quali motivi, Signor Assessore, solo dopo molto tempo i NAS, vicino a Parma, hanno sco­perto e chiuso tre ricoveri abusivi per anziani (2 a Maiatico di Sala Baganza e 1 a Tabiano)? Era vero quel che allora (cfr. La Gazzetta di Parma del 20 agosto 1995) aveva dichiarato la Presi­dente dell'IRAIA, Marcella Saccani: «Le strutture abusive da una parte rappresentano il male estremo per quelle famiglie che non trovano ri­sposta nei servizi. (...) Sono il segnale preoccu­pante della fame di posti e, nello stesso tempo, il monito alle istituzioni».

Infine, può smentire che ancora oggi gli ospe­dali, in violazione alle leggi vigenti, dimettono anziani cronici non autosufficienti (come scrive­va la Gazzetta di Parma del 5 dicembre 1995); senza che siano disponibili validi servizi domici­liari e strutture sanitarie idonee per accoglierli?

 

 

I COMMERCIANTI SONO SEMPRE ARZILLI?

La pubblicazione "60 & più - La terza età in piena libertà", mensile della Fenacom - la po­tente Federazione nazionale dei pensionati del commercio - ha recentemente redatto un docu­mento rivolto a «coloro che sono stati chiamati a responsabilità di governo nelle Regioni per il prossimo quinquennio», ponendo «tutta l'espe­rienza accumulata in vent'anni, le nostre struttu­re, la professionalità dei nostri quadri a disposi­zione delle forze politiche per fornire qualificati contributi alla definizione dei futuri interventi per la popolazione anziana».

Nel documento non c'è una parola sul sempre più drammatico problema degli anziani cronici non autosufficienti. I commercianti non sono mai colpiti da malattie inguaribili e invalidanti?

 

 

IL MINISTRO DELLE FINANZE ATTUERÀ LE NORME SULLE EROGAZIONI LIBERALI AI GRUPPI DI VOLONTARIATO?

 

Riportiamo integralmente l'interrogazione pre­sentata in data 22 ottobre 1996 alla Camera dei deputati dall'On. Diego Novelli.

 

Al Ministro delle finanze.

«Per sapere quali iniziative intenda assumere per dare attuazione all'articolo 8 della legge­quadro sul volontariato (n. 266 dell'11 agosto 1991), in base al quale era stabilito che sareb­bero state "introdotte misure volte a favorire le erogazioni liberali in denaro a favore delle orga­nizzazioni di volontariato costituite esclusiva­mente ai fini della solidarietà, purché le attività siano destinate a finalità di volontariato, ricono­sciute idonee in base alla normativa vigente in materia e che risultano iscritte senza interruzio­ne da almeno due anni negli appositi registri". AI riguardo si segnala che, da un lato, sono tra­scorsi più di cinque anni, e, dall'altro lato, nume­rose sono le organizzazioni di volontariato che, pur svolgendo una attività estremamente utile per la collettività, non ricevono contributi di sor­ta dagli enti pubblici. Per le suddette organizza­zioni, molto spesso le erogazioni liberali di enti e persone private costituiscono lo strumento as­solutamente indispensabile per poter sopravvi­vere e operare».

 

 

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