Prospettive assistenziali, n. 116, ottobre-dicembre
1996
Notiziario dell'Unione nazionale delle associazioni
per la tutela mentale
ESPOSTO PENALE SULLA
GESTIONE DELLE PENSIONI DEI RICOVERATI NELL'OSPEDALE PSICHIATRICO DI COMO
Nel n. 114,
aprile-giugno 1996 di Prospettive
assistenziali abbiamo pubblicato la nota
inviata dal Ragioniere generale dello Stato in data 10 aprile 1996 in cui
segnalava che l'USL 5 di Como aveva trattenuto dalle pensioni dei ricoverati
oltre 35 miliardi senza averne alcun titolo.
Riportiamo
ora il testo dell'esposto penale presentato alle Procure di Como e di Milano
in data 20 settembre 1996 dagli On. Maura Cossutta e Giuliano Pisapia, da
Ornella Kauffman Bortolotti - Presidente del CLP di Milano, da Ernesto Muggia -
Presidente dell'UNASAM e - dai Consiglieri regionali della Lombardia Sergio
Cordibella, Franco Giorcelli e Pippo Torri.
Coloro che
avessero notizia di analoghe gestioni illegali delle pensioni di ricoverati in
altri ospedali psichiatrici sono pregati di informare l'UNASAM, Via M.A.
Colonna 57, 20149 Milano, tel. 02-39.26.57.92, fax 02/39.26.60.72.
I sottoscritti: Rappresentanti delle associazioni di
categoria, Deputati del Parlamento della Repubblica italiana, Consiglieri
regionali della Lombardia e famigliari dei degenti
premesso che:
- l'art. 32 della Costituzione afferma che: «La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e
garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge
non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona
umana»;
- secondo diverse leggi vigenti nel nostro ordinamento,
i malati cronici di qualunque patologia, quindi anche i malati di mente, hanno
gli stessi diritti degli altri malati e pertanto hanno anch'essi diritto a
beneficiare del Servizio sanitario nazionale (SSN);
in particolare:
- l'art. 2 punto 3 della legge 833/1978 prevede che
il conseguimento delle finalità del SSN deve avvenire mediante «la diagnosi e la cura degli eventi morbosi
quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata», nonché, come
precisa il punto 4, attraverso «la riabilitazione degli stati di invalidità
somatica e psichica»;
- l'art. 3 della legge 692/1955 afferma che
l'assistenza spetta «senza limiti di
durata nei casi di malattie specifiche della vecchiaia»;
- l'art. 29 della legge 132/1968 impone alle Regioni
di programmare i posti letto degli ospedali tenendo conto delle esigenze dei
malati «acuti, cronici e lungodegenti»;
- la legge 180/1978 inserisce i servizi psichiatrici
nei servizi sanitari generali onde evitare ogni forma di discriminazione, di
segregazione e considera i malati di mente non più devianti o alienati
irrecuperabili, bensì come persone con
malattia specifica e quindi con il diritto alle cure, alla riabilitazione e al
reinserimento;
- il Piano sanitario nazionale (DPR 1° marzo 1994)
stabilisce che «gli anziani ammalati, compresi
quelli colpiti da cronicità e non autosufficienti, devono essere curati senza
limiti di durata nelle sedi opportune»;
espongono i seguenti fatti:
- a far tempo dell'emanazione della delibera n. 275
del 24.2.1983 l'USSL 11 di Como (oggi USSL 5) ha iniziato la pratica di imporre
rette giornaliere ai pazienti dell'ex Ospedale psichiatrico San Martino,
dimostrando così di considerare i malati di mente non già come veri e propri
malati facenti parte del SSN, ma come soggetti appartenenti ad una imprecisata
e non normata categoria assistenziale; non quindi persone da curare, ma persone
da curare solo in parte o semplicemente da assistere o custodire. Va inoltre
considerato che tale posizione è stata pure sostenuta dalla Regione Lombardia
che l'ha sempre avallata fino in tempi recenti;
- la delibera in questione è stata impugnata con
ricorso davanti al TAR della Lombardia da alcuni degenti, dato che il pagamento
di una retta giornaliera, a carico dei malati psichiatrici, non è previsto da
nessuna legge: né dalla legge 833/78, né da alcun articolo della legge 180/78.
II relativo giudizio amministrativo è tuttora pendente. Occorre tenere
presente che il D.P.R. 7 aprile 1994 «Progetto-Obiettivo "Tutela della Salute
Mentale 1994-96"» ribadisce che tutti gli interventi a favore dei malati
di mente sono all'interno del Servizio sanitario nazionale;
- nel corso di questi anni l'USSL 11 ha continuato a
pretendere dai pazienti psichiatrici il pagamento delle rette, facendo
riferimento alla "rivalsa" stabilita dall'art. 73 del R.D. 16.8.1909
n. 615, nel quale si parla di "alienati di mente". È però da ritenere
che detta legge sia superata ed implicitamente abrogata dall'attuale legge 180
del 1978, per la quale non esistono più gli alienati; anzi, le parole
"alienati di mente" vengono abrogate onde evitare discriminazioni nei
confronti dei malati psichiatrici;
- peraltro, per ottenere il pagamento della retta,
l'USSL 11 di Como ha altresì avanzato delle pretese verso i parenti delle
persone assistite. Anche in questo caso la legge di riferimento, che avrebbe
autorizzato una siffatta rivalsa, cioè a dire la n. 1580/1931 è totalmente
superata e implicitamente abrogata sia dalla legge 180/78 che dalla legge
833/78. Né si può richiamare l'art. 433 del codice civile, il quale contempla
tutt'altro scenario, cioè i rapporti tra persona bisognosa e parenti.
Pertanto, l'intervento dell'ente pubblico che, in sostituzione della persona
bisognosa, chiede il pagamento di una retta ai parenti obbligati agli
alimenti, risulta del tutto arbitrario, anche perché la competenza in ordine
alla fissazione del quantum debeatur
spetta in via esclusiva all'autorità giudiziaria in sede di eventuale
contenzioso tra persona bisognosa e parenti;
- nel marzo del 1993, con una nuova delibera del
31.3.1993 n. 615, l'USSL 11 stabilisce l'aumento della retta giornaliera (che
da 20.500 passa a 30.000), avvertendo di ciò i pazienti solo a fine anno e
chiedendo comunque il pagamento delle somme arretrate.
Situazione nella Regione Lombardia
Nella Regione Lombardia sono ancora attivi n. 12 ex
ospedali psichiatrici con 2.700 degenti. Nessuna delle Aziende che amministrano
queste strutture applica rette simili al S. Martino di Como. Non solo, con la
delibera n. 275 del 19.9.1995 (Ufficio tutele), l'USSL 5 riconferma
l'accantonamento della quota retta, prevaricando quanto prevede lo stesso
progetto-obiettivo.
Possiamo sostenere che fra tutti gli ex O.P. della
Regione Lombardia soltanto ]'Azienda USSL 5 applica la retta a pazienti ancora
ricoverati, mentre le altre Aziende si sono preoccupate di gestire, custodire
e amministrare il patrimonio dei pazienti a favore degli stessi, utilizzandolo
nel migliore dei modi con l'obbligo di rendicontazione almeno una volta
l'anno. Non conosciamo, su tutto il territorio nazionale, una sola realtà che
abbia istituito il pagamento di rette nei confronti di ammalati psichiatrici
ancora ricoverati in strutture ex manicomiali.
In questo periodo (2 marzo í994) si costituisce
un'associazione di volontariato, l'ASVAP 5, che a tutt'oggi raccoglie fra i
parenti dei degenti e i degenti stessi n. 261 iscritti, la quale, a tutela dei
diritti dei ricoverati presso l'ex O.P., assume un'iniziativa volta a non far
pagare più le rette in quanto questa imposizione non risultava suffragata da
alcuna legge. La gran parte dei degenti ha aderito e in risposta l'USSL 11 ha
inviato a costoro un'ingiunzione di pagamento. Per poter ,esercitare
adeguatamente il diritto di difesa e procedere all'opposizione all'ingiunzione,
l'ASVAP 5 chiede ed ottiene dal giudice tutelare in data 24.1.1995 la nomina di
un tutore per i degenti in stato d'incapacità naturale di intendere e di
volere, che, non essendo stati ancora interdetti, erano privi di un
rappresentante legale.
Nel medesimo periodo l'ASVA.P 5 interviene di nuovo
nella vicenda per contestare non solo l'imposizione delle rette, ma anche le
modalità anomale con cui esse vengono riscosse e gestite. In particolare,
viene riscontrato che gli amministratori dell'ex ospedale psichiatrico San Martino
prelevano direttamente le pensioni dei ricoverati e ne trattengono poi una
quota percentuale quale onere a carico dell'assistito per il pagamento della
retta giornaliera. Ciò in forza di asserite deleghe rilasciate dai degenti,
deleghe la cui esistenza o validità è dubbia. II sospetto in merito è stato
avvalorato da una delibera n. 2388 del 23 dicembre 1993 pubblicata il 7
febbraio 1994, nella quale gli amministratori dell'ex O.P. S. Martino
stabilivano che la sottoscrizione di un certo regolamento da parte degli
interessati equivaleva implicitamente ad un rinnovo delle precedenti deleghe.
Tuttavia, non emerge da tali documenti con sufficiente chiarezza su quali fonti
si fondassero le precedenti deleghe. Inoltre, un eventuale rinnovo di dette
deleghe avrebbe dovuto essere sottoposto ad apposita ed esplicita
sottoscrizione da parte degli interessati, mentre ci sembra che, nella
fattispecie, il consenso di costoro sia stato ottenuto senza che potessero
avere la piena consapevolezza, poiché essi non sono stati messi nella
condizione di comprendere che, attraverso la sottoscrizione del
"Regolamento" avrebbero con ciò stesso "autorizzato" gli
amministratori a continuare il prelevamento diretto delle loro pensioni.
Mediante l'incameramento di tali somme, viene così
costituito un "Fondo non disponibile", che al 31.12.1995, ammonterebbe
a 35 miliardi, precisamente a L. 35.521.533.284.
Questa situazione viene denunciata da una lettera,
che alleghiamo alla presente, inviata dal Ragioniere generale dello Stato alla
Regione Lombardia. In essa si evidenzia, tra le altre cose, che malgrado
I'indisponibilità del fondo in parola, questo è stato nondimeno utilizzato
allo scopo di far fronte a momentanee esigenze di cassa in aperta violazione
dell'art. 50 della legge 833/78, nonché dell'art. 3, comma 5, punto F del
decreto legislativo 502/1992 e successive modifiche. II Ragioniere generale
dello Stato sottolinea inoltre che la fattispecie in questione presenta «non pochi aspetti di dubbia legittimità» nonché
comportamenti tali da «configurare precise
responsabilità da perseguire nelle sedi opportune».
Si rileva, infine, che la Regione Lombardia, pur
essendo stata sollecitata dal Ragioniere generale dello Stato a far conoscere
con la massima urgenza ogni utile elemento informativo sulla questione, ad
oggi non ha ancora fornito, a nostra conoscenza, risposta alcuna.
Ciò premesso, voglia accertare il Procuratore della
Repubblica
se, in base ai fatti esposti, si possono ravvisare a
carico degli amministratori dell'USSL 11 e dei rappresentanti della Regione
Lombardia di Como gli estremi di condotte penalmente rilevanti, con
particolare riguardo alle seguenti ipotesi di reato:
- abuso d'ufficio (art. 323 cp), poiché non vi sono
norme legislative, né nazionali né regionali, che giustificano l'introito delle
pensioni per conto dei ricoverati da parte dell'USSL 11;
- circonvenzione d'incapace (art. 643 cp), visto che
tali comportamenti avvengono nei confronti di persone in stato di infermità o
deficienza psichica;
- appropriazione indebita (art. 646 cp) delle
pensioni dei pazienti, dato che non risulta chiaro in base a quali norme venga
trattenuta, talora contro la volontà degli stessi pazienti, una quota
percentuale di dette pensioni per il pagamento di rette anch'esse prive di
valido riferimento normativo;
- omissione di atti dovuti (art. 328 cp), in specie
a carico della Regione Lombardia per non essere intervenuta a censurare gli
atti dell'USSL 11 (e poi 5) e per non avere tempestivamente risposto alle
richieste del Ragioniere generale dello Stato.
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